…sulla scherma
Introduzione
Le fortune dell’uomo sono imponderabili: si può spaziare dalla mentalità romana del Faber est suae quisque fortunae alla teoria della predestinazione di Tommaso d’Aquino; ce n’è per tutti i gusti!
Quello di reale, che invece è incontestabile, è la ricchezza della disciplina della scherma alla quale chiunque può attingere a piene mani.
Metti nello shaker: mente e corpo, l’incontro di due volontà che si affrontano, eleganza e pragmatismo, modernità e sapore d’antico …ed ecco che emerge la tua dimensione di schermitore, ancora sulla pedana oppure vivo solo nei tuoi ricordi giovanili.
Con questo spirito, sulle tracce della celeberrima canzone di Mogol – Battisti, ho fermato queste brevi riflessioni e le offro volentieri alla sensibilità del lettore.
M° Stefano Gardenti
a Firenze nel marzo del 2018
1 Non dobbiamo mai scordare quanta fortuna abbiamo nel praticare la Scherma: fa evolvere le nostre abilità corporee e le coniuga con il nostro intelletto. In altre parole ci rende donne e uomini migliori per muoverci meglio nel mondo esterno anche senza armi in mano e al di fuori delle pedane.
2 Lo schermitore in pedana è un solitario: la maschera, alla foggia di quelle della tragedia greca, lo isola dal mondo. I suoni arrivano ovattati e, concentrandosi sull’avversario, tutto il resto resta sbiadito alla percezione.
Sotto la maschera si dialoga con se stessi: si osserva, si acquisiscono dati, si cercano soluzioni tecniche, si decide cosa e quando farlo. Tutto da soli.
3 La velocità è tutto per lo schermitore: velocità di spostamento per meglio attaccare l’avversario o, per contro, per meglio sottrarsi al suo attacco; velocità di percezione per recepire quanto prima l’iniziativa dell’antagonista e poter reagire; velocità di analisi al fine di trovare la “contraria” più conveniente; velocità di esecuzione del gesto tecnico per sorprendere l’avversario; velocità di verifica per rendersi immediatamente conto dell’esito del colpo.
Siamo dei velocisti.
4 Lo schermitore è un paziente costruttore di piccole vittorie (le singole stoccate) e di piccole battaglie (gli assalti); tutto questo al fine di vincere una specie di guerra (la vittoria in una determinata gara).
5 Il gusto e il piacere della vittoria hanno un valore secondario (ed eventuale) per lo schermitore: egli deve innanzitutto amare la competizione, lo scontro per lo scontro, il confronto per se stesso con un avversario; lo schermitore deve amare il battagliare.
Il risultato, sicuramente importante e lusinghiero, non deve essere determinante: il mezzo non deve confondersi con il fine.
6 Un match si può vincere grazie alla superiorità tecnica, si può vincere per la prestanza fisica, si può vincere per intelligenza, coraggio, costanza o altro, si può vincere anche grazie alla buona sorte.
Il più delle volte si vince per l’imponderabile combinato disposto di più di una di queste sfaccettature della realtà.
7 Fammi vedere come tiri e ti dirò chi sei: la pedana è una specie di specchio dell’animo dello schermitore.
Il suo carattere e la sua personalità si traducono, almeno statisticamente, nella scelta ricorrente di tattiche e di specifiche azioni. Per di più, approfittando della maschera che ne nasconde il volto e crea di conseguenza una frattura col mondo esterno, lo schermitore rivela i suoi genuini tratti psicologici: ecco che un timido diventa aggressivo con un’arma in mano, ecco che un gradasso nella stessa situazione smarrisce la sua spavalderia.
8 Anche un ottimo “scandaglio” o una conoscenza pregressa sulle attitudini dell’avversario mai potranno costituire una sicura certezza su ciò che quest’ultimo attuerà in fase difensiva: prima para sempre “di tasto “, poi quando sviluppiamo il nostro attacco invece para “di contro”; oppure prima para sempre, poi quanto sviluppiamo il nostro attacco esegue una “uscita in tempo”.
Questa incertezza, questa alea tecnica, costituendo una variabile non preventivabile in assoluto, costituisce in fin dei conti uno degli aspetti più affascinanti del tirare di scherma.
9 Tirare di scherma con un avversario è come discutere con lui: proponi un argomento e poi verifichi le sue risposte (ecco lo “scandaglio”); con certe parole provochi l’interlocutore (ecco un “invito”); trovi la giusta confutazione ad una sua argomentazione (ecco che “pari e rispondi”); lo confondi con tante parole per spiazzarlo (ecco il “traccheggio”); il tuo interlocutore perde un po’ la sua vis oratoria e tu intervieni prontamente (ecco un arresto); porti artatamente il discorso su certi argomenti che conosci bene per poi controbatterli (ecco un “controtempo”) …e così via.
Ecco perche nei trattati di scherma si parla di fraseggio schermistico.
10 Lo schermitore combatte sempre contro due avversari: prima ancora di affrontare chi vede sulla pedana attraverso le maglie di ferro della sua maschera, deve prima affrontare se stesso.
In fase di allenamento deve sconfiggere la stanchezza e l’indolenza; poi, nell’istante in cui salito sulla pedana si sta calando sul volto la maschera, deve combattere contro le proprie paure e talvolta contro i fantasmi della sua mente; infine, centrando nella realtà dello scontro, deve vincere incertezze e dubbi.
Dopo questa sua personale battaglia, solo dopo, ecco l’avversario, quello vero.
11 La pedana ti induce ad essere selettivo; l’avversario attrae tutta la tua percezione: suoni e immagini sono i suoni che esso produce e i cambiamenti che effettua con tutto il suo corpo. La tua mente diventa come si presume sia quella di un predatore: il fine è solo e soltanto quello di prevaricarlo. La Scherma ti allena alla concentrazione.
12 Sulla pedana si sale in due, ma uno solo ne scende vittorioso. La vittoria non si ottiene per caso, ma è il frutto di un fortissimo volere che soprassiede al tuo corpo e alla tua mente: la volontà può moltiplicare le tue possibilità e tu sei battuto solo quando sei raggiunto dall’ultima stoccata del tuo avversario. La Scherma ti abitua a combattere.
13 Timori, paure, dubbi, incertezze, esitazioni, indecisioni (anche se non in modo uniforme ed evidente) albergano in ogni uomo. Sulla pedana questi stati d’animo possono tarpare le ali dello schermitore ed è da come impara a gestirli che dipende gran parte delle sue fortune come agonista. La scherma ci allena a controllare le nostre emozioni.
14 I risultati che si ottengono sulle pedane dipendono in grandissima parte dall’allenamento a cui lo schermitore si sottopone. La preparazione atletica aumenta in generale la resistenza alla fatica e nello specifico la risposta motoria oltre che le modalità della stessa; la preparazione tecnica ottimizza il gesto specifico alla teoria schermistica, inquadrandolo nell’ambito di una tattica e, per ultimo, in una strategia d’assalto. La Scherma ci fa capire che per raggiungere un risultato ci vuole costante applicazione e sacrificio.
15 La teoria schermistica si basa su concetti di Fisica, di Geometria e di Statistica: in effetti forze, stati di equilibrio, traiettorie, direzioni, caratteristiche dell’avversario sono i pilastri mentali dello schermitore. L’eterno duello tra colpo e contraria, protraibile in teoria sino all’infinito, costituisce un perfetto gioco ad incastro per le menti dei due combattenti sulla pedana. La Scherma ci abitua alla razionalità.
16 Il ludo, il cosiddetto gioco, ha sempre rappresentato un istante magico per l’uomo: il ludo appassiona, costituisce comunque un’occasione di crescita, ti consente di scaricare le tensioni quotidiane, talvolta serve addirittura ad apprendere. E lo schermitore sulla pedana si diverte.
17 Quanti avversari lo schermitore può trovare sulla pedana! Caratteristiche fisiche, tendenze tecniche, istintualità difensive e quant’altro danno luogo a un ricco campionario di antagonisti. Tener presenti tutti questi dati aiuta non poco sulla pedana: maggiori sono le informazioni sull’avversario, più oculato può essere il rinvenimento della contraria migliore da applicare al singolo caso. Lo schermitore si abitua quindi ad essere un paziente catalogatore ed archiviatore.
18 La scherma, invero come molte altre attività sportive, può essere praticata sino a tarda età; addirittura anche sotto forma di agonismo tramite i master. Un buon motivo quindi per tenersi in forma fisica e mentale anche quando la gioventù è passata. Per di più tiriamo di scherma sotto il tetto di una palestra in inverno e d’estate siamo quindi liberi di andare al mare a fare qualche altra cosa. Lo schermitore è quindi anche un fortunato!
19 La nostra tradizione, il fatto che impugniamo comunque delle armi anche se inoffensive, le regole comportamentali che apprendiamo dai nostri maestri quando entriamo in sala, il tipo di ambiente in cui lo schermitore si trova a vivere la sua esperienza, la presenza di un presidente di giuria che fa rispettare un Regolamento (e se l’assalto è autogestito dai due antagonisti ancor di più), tutto ciò ci induce alla correttezza e all’osservanza di regole scritte e non scritte, in una parola al rispetto di chi affrontiamo sulla pedana, il ché è anche doverosamente reciproco. La Scherma ci sollecita ad essere buoni cittadini, osservanti delle leggi.
20 La scherma è indubbiamente uno sport individuale: indubbiamente in una gara a squadre non ci si può passare al volo un’arma, ma si tratta solo di sommare singole prestazioni. Tuttavia non abbiamo squadre di un numero limitato di compagni come nel calcio, nella pallacanestro, nella pallavolo e simili: qui conto il sesso, l’età (almeno sino a 20 anni) o la bravura. La squadra di uno schermitore è invece ( per sua fortuna) tutta la sala a cui appartiene, senza alcuna distinzione di sorta; in genere una grande famiglia.