Dedico questo lavoro ai miei tre
figli, che per primi hanno accolto
il mio messaggio sportivo
Capisaldi della materia schermistica
Contrasto dei pregiudizi ed evidenziazione dei vantaggi
Manifestazioni Propagandistiche
Incontri con classi scolastiche del ciclo secondario
Corsi di propaganda presso le scuole elementari
Introduzione
Ahimè, sono ormai passati ben sei lustri da quando da studente universitario arrotondavo le mie entrate lavorando per gli allora nascenti “Giochi della gioventù”.
Cominciai agli inizi degli anni settanta ad occuparmi della propaganda della nostra disciplina e in tutti questi anni ho avuto numerosissime esperienze nel settore: come assaltante accademico sia in prestigiosi ambienti che in feste paesane – come animatore di stand in mostre sportive – come organizzatore e come intrattenitore di corsi schermistici in scuole, pubbliche e private, di ogni ordine e grado ( elementari, medie, superiori ed università).
Sin dall’inizio mi sono reso conto che in queste attività divulgative non erano tanto necessarie profonde conoscenze di tecnica schermistica, quanto piuttosto altre capacità di relazione con gli individui con cui entravo in contatto: avevo bisogno cioè di imparare a comunicare.
D’altra parte estremamente varie tra loro erano le situazioni in cui venivo a trovarmi, come del resto estremamente vari erano anche gli ambienti; inoltre il tempo a disposizione per queste attività era molto fluttuante da caso a caso.
Quindi, al fine di ottimizzare le mie capacità di comunicazione, ho avvertito nel tempo la necessità di affrontare alcune letture, pur di carattere generale, sulla comunicazione, sulla psicologia e sulla pubblicità.
Nelle occasioni propagandistiche, che mano a mano ho avuto l’opportunità di portare a termine, ho sempre cercato di analizzare criticamente i risultati ottenuti, inserendo spesso a livello sperimentale nuove strategie e nuovi metodi di approccio.
Questo costante aggiornamento è stato reso necessario dal continuo evolversi in questi ultimi decenni dei costumi sociali, cioè del mutare continuo delle aspettative, degli atteggiamenti e del linguaggio degli individui.
Metto volentieri tutta questa mia esperienza a disposizione di chi, magari alle “prime armi” in questo settore, necessiti di qualche modesto consiglio.
M° Stefano Gardenti
Firenze gennaio 2002
Piano del lavoro
Poche, se non addirittura rare, sono le occasioni che la famiglia schermistica ha per poter lanciare il suo messaggio pubblicitario e far nuovi proseliti.
Di conseguenza cresce sempre di più la necessità di uscire dalle “sale” per andare a procacciarsi nuovi iscritti: la concorrenza, soprattutto quella del calcio, diventa sempre più schiacciante ed è indispensabile per la stessa sopravvivenza di molte società andare alla conquista di nuovi settori di “mercato”.
Ne consegue che queste limitate occasioni vanno sfruttate al meglio, cercando di conferire alle stesse la maggiore potenzialità divulgativa possibile.
Parlare di scherma non è difficile soprattutto per chi la ama e per chi frequenta l’ambiente da anni; ma parlare con lo scopo di procurare nuovi iscritti alla nostra federazione lo è senz’altro di più.
Parlare “per convincere” può essere interpretato come un’arte o come una scienza; la cosa importante è quella di rendersi conto che buona volontà e doti personali non sono di per sé sufficienti per conseguire il massimo risultato, ma che occorre in questa attività un’adeguata e specifica preparazione.
Un valente maestro, un campione o un capace dirigente non è detto che solo per i loro “titoli” siano dei valenti comunicatori; c’è anzi il grosso pericolo che ognuno si limiti all’ottica di sua spettanza: la parte tecnica il maestro, l’agonismo il campione e la parte politico-sociale il dirigente.
Al contrario possiamo fare una prima considerazione: affinché il messaggio abbia la sua efficacia maggiore, esso deve risultare il più completo ed ampio possibile.
Completo nel senso di contenere e quindi portare a conoscenza del pubblico il maggior numero possibile di sfaccettature della nostra disciplina; ampio nel senso di essere indirizzato a tutto il potenziale universo degli ascoltatori.
Una seconda considerazione è che il messaggio deve variare in funzione degli interlocutori. Cioè in caso di particolari situazioni il nostro intervento dovrà essere quanto più è possibile mirato, cioè adattato alle caratteristiche personali dei destinatari del messaggio stesso e al loro ambiente socio-culturale.
Il messaggio deve anche essere messo in relazione al luogo di attuazione e al tempo a disposizione: la costruzione dell’atto divulgativo nel suo complesso deve essere messa in stretta relazione con la dimensione spazio-temporale.
Il messaggio, poi, deve giungere all’intera unità di interesse: talvolta infatti la classe dei destinatari del messaggio non è unica, bensì duplice ed il contatto deve quindi risolversi in due messaggi distinti per forme e contenuti. Si pensi ad esempio ai soggetti che per la loro età, come i bambini, non sono in possesso di piena autonomia decisionale; in questo caso sarà di grande importanza estendere il contatto anche ai genitori, ai quali quindi dovrà essere destinato uno specifico messaggio complementare.
Il contenuto del messaggio divulgativo, attuato con tutte queste caratteristiche, deve essere la presentazione della sala di scherma come prestatrice di servizi: formazione complessiva degli allievi, cioè tecnica – fisica – psichica; preparazione all’agonismo; promozione di incontri non agonistici con altre sale; svolgimento di attività ricreative a scopo di socializzazione.
Inoltre, se possibile, l’informazione deve essere estesa a tutta una serie di accessori apparentemente di corollario, ma che alla resa dei conti spesso giocano un ruolo decisivo per l’iscrizione: il fatto che le lezioni sono impartite individualmente e quindi personalizzate, l’ostentazione dei “campioni” della società e dei loro allori, l’ubicazione della palestra, eventuali ampi orari di frequenza e quant’altro…sino addirittura a ricordare l’esistenza di un parcheggio privato nel caso in cui il Circolo ne disponga.
In ultima analisi il messaggio divulgativo deve tendere alla realizzazione di un ”contenitore”, dove confluiscano, da noi sollecitate e armoniosamente distribuite, sia emozioni e curiosità sulla nostra disciplina, sia informazioni di carattere pratico.
Per facilitare la comprensione del metodo di costruzione di questo variegato messaggio divulgativo e per una migliore comprensione delle relative problematiche, dividerò il lavoro in due parti: la prima teorica, la seconda di applicazione pratica.
Nella prima affronterò, senza tuttavia eccessivi approfondimenti, alcuni temi specifici: la comunicazione, la psicologia, la didattica e la scienza pubblicitaria.
Nella seconda fornirò la descrizione di alcuni contenitori-tipo da poter attuare in una serie di situazioni standardizzate.
Parte teorica
La Comunicazione
Premessa * Principi generali * Imprinting * Linguaggio verbale * Messaggi multilaterali
Premessa
Ciò che segue non vuole (e non può) essere un lavoro esaustivo sulla “Comunicazione”: ho limitato necessariamente la materia a ciò che, a mio parere, più direttamente interessa il nostro campo d’azione.
Rispettando la natura essenzialmente pragmatica di questo breve trattato, richiamerò qui di seguito solo concetti e metodi che abbiamo un eminente ed immediato valore applicativo per la nostra attività.
Peraltro nella bibliografia è indicata una serie di letture per chi sentisse la necessità di ampliare ed approfondire ulteriormente i singoli temi trattati.
Principi generali
La comunicazione è il passaggio di un’informazione dall’emittente al ricettore; la comunicazione volontaria, poi, cerca di effettuare un’azione sul ricettore, ossia di influenzarne la condotta e trarre effetti previsti, per ottenere ciascuno dei quali vengono utilizzate varie strategie.
Comunicare significa entrare in una complessa relazione con il destinatario del messaggio, instaurando tutta una serie di rapporti dai variegati aspetti, per i quali è necessario fare una serie di considerazioni.
Innanzitutto è utile precisare, sfatando un luogo comune, che comunicare non vuole dire solamente ricorrere a mezzi espressivi verbali (il linguaggio), ma anche ricorrere a gestualità, adoperare pause, ricorrere a diversivi, rispondere adeguatamente ad aspettative dell’uditorio e così via: non solo le parole, ma anche i gesti, i toni di voce, gli sguardi, i movimenti, le riposte date alle domande sono comportamenti e, come tali, comunicazioni.
Cercare di dare un pedissequo prontuario di questi elementi, oltre che noioso, sarebbe praticamente impossibile data la loro estrema variabilità in funzione delle diverse situazioni che si possono venire a creare nei singoli casi.
L’importante è che l’emittente sia consapevole che il messaggio verbale non costituisce il suo unico strumento espressivo: sicuramente ne rappresenta la componente maggiore e più significativa, ma occorre opportunamente miscelare le parole ad altri elementi comportamentali per raggiungere la massima potenzialità comunicativa.
In tal modo sicuramente saranno evitati noiosi “incontri ex-cathedra”, troppo astratti, cervellotici e noiosi per raggiungere con successo i nostri scopi pubblicitari.
Un altro concetto da tener presente è che il contenuto di una comunicazione è importante non si limiti all’enunciazione e quindi al trasferimento di una serie di informazioni amorfe, ma transitando da uno stato emotivo, deve tendere ad insediarsi quanto più è possibile nel territorio affettivo del ricettore. Ad esempio mostrare come si impugna un’arma non deve limitarsi alla sola spiegazione tecnica, ma deve essere un mezzo per proiettare la fantasia del ricettore all’incontro-sfida con l’avversario; l’emittente deve espressamente richiamare questa immagine, giungendo a creare, attraverso una spiegazione tecnica di per sé strumentale, una vera e propria emozione.
Di notevole importanza è anche un altro principio generale che deve necessariamente informare tutto il processo comunicativo e al quale si deve prestare costante attenzione, quello della semplicità: semplicità di struttura, semplicità di espressione e semplicità di linguaggio.
Per semplicità di struttura si intende la preordinata organizzazione del messaggio complessivo da presentare, cioè: scelta oculata della quantità opportuna delle informazioni finali da trasmettere (naturalmente in funzione dei tempi a disposizione), soglia qualitativa degli imput da comunicare (in funzione dell’età dei destinatari del messaggio) e concatenazione delle nozioni esposte (costruzione “strada facendo” del messaggio nella sua totalità). In altre parole si tratta della stesura di un vero e proprio programma di ciò che consideriamo essenziale e opportuno da comunicare.
La semplicità di espressione si concretizza invece nella scelta accurata e sintetica delle argomentazioni atte alla trasmissione del contenuto conoscitivo. La spiegazione di principi e di concetti deve cioè avvalersi di procedimenti ad alto valore espressivo. Ad esempio il ricorso al metodo della similitudine o a quello della diretta verifica sperimentale, dato il loro alto valore pragmatico, favoriscono non poco la comprensione anche dei contenuti più tecnici dell’oggetto della comunicazione.
La semplicità del linguaggio si realizza nella scelta di una terminologia che sia sempre alla portata dell’interlocutore; terminologia che quindi cerca di bandire a priori ogni termine che, sconosciuto o poco noto per il ricettore, possa impedire la piena comprensione del contenuto del messaggio. Approfondiremo questo importante aspetto in un successivo specifico capitolo.
Un altro elemento della comunicazione da tenere in doverosa considerazione è quello della capacità di improvvisazione e di adattamento.
Il ricettore, cioè il destinatario della comunicazione, il più delle volte non è un elemento solo passivo, vale a dire un elemento sul quale si interviene a senso unico, ma, reagendo soggettivamente alle nostre sollecitazioni, può attivare sue reazioni personali.
L’emittente, di conseguenza, deve attuare una funzione di controllo, di selezione e di valorizzazione di queste reazioni, cercando di utilizzarle per perfezionare e precisare il suo messaggio. Di controllo e selezione perché esse possono talvolta costituire il pericolo di perdersi in una costellazione di richieste di spiegazioni e precisazioni di poco significato e utilità; di valorizzazione, invece, se colgono un aspetto importante e significativo del messaggio e ne costituiscono quindi una spontanea e proficua occasione di approfondimento.
Soprattutto all’inizio del rapporto è opportuno sollecitare la proposizione di domande da parte dell’uditorio: innanzitutto esse faciliteranno l’instaurarsi del rapporto stesso, in secondo luogo consentiranno all’emittente di verificare la sua azione, infine indicheranno le parti della comunicazione di maggiore presa da poter sviluppare.
Da quanto appena detto si intuisce, quindi, l’inutilità di un messaggio precostituito nei minimi particolari e la necessità, per contro, della stesura di un canovaccio di riferimento, al quale rapportarsi via via per un’esposizione completa e sistematica degli argomenti che si vogliono trattare nel corso dell’intero incontro. Dare spazio agli interventi dei ricettori, come poco sopra ricordato, è importante, ma può esporre al rischio della perdita del filo del discorso generale; la presenza di un canovaccio rappresenta la garanzia di potersi in qualsiasi momento orizzontare nuovamente nel processo comunicativo.
Imprinting
L’imprinting è la prima impressione che, all’esordio di un incontro propagandistico, si genera nell’uditorio. Essa riveste una grande importanza: un inizio di contatto vivo ed interessante predispone ovviamente all’ascolto e quindi alla successiva ricezione del messaggio; al contrario un esordio errato nei tempi e nei modi può ingenerare delle grosse difficoltà nella prosecuzione di un ottimale rapporto comunicativo.
Il tempo da poter dedicare all’imprinting è naturalmente relativo alla durata dell’intero contatto, ma anche in caso di incontri di breve durata è consigliabile non sottovalutarne la portata.
Valutiamo alcune componenti ed aspetti di questo importante “vestibolo” del messaggio vero e proprio.
All’inizio tutti gli occhi sono puntati sull’emittente: in lui convergono elementi di curiosità, di attesa e di novità.
Per rispondere a tutte queste aspettative, prima di iniziare la trattazione del contenuto tecnico del nostro messaggio, è opportuno preoccuparsi di instaurare un rapporto umano con l’uditorio: una battuta spiritosa, una considerazione su qualcosa di attinente all’ambiente circostante o a persone presenti servono senz’altro a “rompere il ghiaccio”.
Evitare le presentazioni ufficiali: “ Sono il maestro… o sono l’istruttore…”; eventuali titoli tecnici o di merito possono semmai venir fuori, all’occasione, nei discorsi successivi.
Qualsiasi sia l’età del propagandista usare preferibilmente il nome di battesimo e non il cognome.
La postura del corpo deve essere corretta, preferibilmente in piedi; l’atteggiamento deve essere costantemente cordiale; con lo sguardo si devono ricercare ed incontrare gli sguardi di tutti i ricettori.
Tutta la strategia d’insieme tende quindi a favorire piacevolmente l’innesto dell’emittente tra i ricettori: non ci dovranno essere barriere di sorta derivanti da atteggiamenti “ex-cathedra”.
Grande importanza riveste anche la posizione fisica di partenza: l’emittente deve essere quanto più è possibile equidistante da tutti i ricettori, sia visivamente che acusticamente.
La posizione migliore è senza alcun dubbio quella ad anfiteatro: non solo tutti vedono e sentono in condizioni ottimali, ma l’emittente appare soprattutto fisicamente integrato al gruppo, con quale può quindi facilmente comunicare ed interagire.
L’iniziale posizione statica dovrà poi essere alternata da frequenti spostamenti nelle varie direzioni, sempre nell’ambito del semicerchio.
Tutti questi contatti diretti avranno lo scopo di cercare di far recepire il messaggio come se fosse personalizzato, cioè come fosse indirizzato singolarmente a ciascuno dei presenti, anziché diretto alla globalità degli ascoltatori.
L’abbigliamento, preferibilmente di foggia sportiva, dovrà richiamare in modo diretto la nostra disciplina: una tuta di un Circolo (magari con un logo composto da armi) o anche la sola parte superiore della divisa bianca.
Tutti questi elementi, dosati e rivisti in funzione delle diverse situazioni di evento di propaganda, devono in ultima analisi convergere nella gestione dell’imprinting, che, come già detto, può assicurarci “una buona partenza”.
Un’altra strategia da usare in questa iniziale fase di contatto è quella dell’interazione: il conduttore, cioè, appena presa la parola, solleciterà i ricettori a riferire al gruppo tutte le informazioni già in loro possesso sulla nostra disciplina, informazioni recepite da televisione, giornali o esperienze dirette.
In tal modo si farà subito percepire che il rapporto conoscitivo non sarà solo a senso unico, cioè dall’emittente ai ricettori, ma che questi ultimi potranno essere direttamente coinvolti nello svolgimento dell’incontro. Il ruolo attivo richiesto all’uditorio senz’altro influirà positivamente sull’attenzione e la partecipazione dell’intero gruppo.
Partecipare ad un incontro di propaganda sulla scherma crea naturalmente tutta una serie di aspettative abbastanza intuibili, mutuate da film, da letture o da visione di trasmissioni sportive: “toccare” le armi, mettersi una maschera, capire come si fa, provare a fare un “duello”…
Contenuto dell’imprinting è quello di cercare di rispondere in prima istanza a questi desideri, ma senza entrare in prima battuta direttamente nel vivo della nostra lezione; piuttosto, tramite la gestione di queste aspettative, dovremo andare ad incentivare la voglia di imparare o comunque almeno il desiderio di saperne di più.
Maggiormente avremo alimentato e sviluppato il desiderio di conoscenza, più avremo garanzia di portare proficuamente a termine il nostro messaggio comunicativo.
Linguaggio verbale
Pur non rappresentando l’unico mezzo comunicativo, il linguaggio verbale costituisce senza alcun dubbio il veicolo privilegiato per trasferire dall’emittente al ricettore concetti, informazioni, istruzioni e anche stati d’animo.
Quindi anche in un’attività propagandistica il suo corretto uso costituisce un elemento di primaria importanza per la piena realizzazione del messaggio.
La caratteristica più importante del linguaggio verbale è che esso deve essere comprensibile per l’uditorio, cioè facilmente e chiaramente inteso senza fatica.
Per realizzare ciò il linguaggio deve innanzitutto essere informato alla semplicità: di terminologia e di contenuto.
In primo luogo semplicità di terminologia: uso di termini difficili e/o poco ricorrenti può infatti costituire un limite alla trasmissione di un messaggio o, impedendone il naturale svolgimento, può inficiarne intere parti. Nel nostro caso, oltre alla dovuta attenzione alla chiarezza della terminologia in generale, si deve limitare al massimo l’uso di termini tecnici, sostituendoli magari con termini mutuati dal linguaggio comune che ne richiamino più facilmente il contenuto: “colpire” invece di “botta dritta”, “liberarsi” invece di “eseguire la cavazione”, “scappare” invece di “difesa di misura” e così via.
Semplicità anche di contenuto: l’oggetto del messaggio, pur ovviamente potendo variare col prolungamento del tempo a disposizione, è meglio che non sia troppo difficoltoso e/o esteso, ma essenziale e limitato solo ai necessari capisaldi della materia oggetto di divulgazione. In tal modo la comunicazione risulterà più facile sia da comprendere che da ritenere. Nel nostro caso sarà sufficiente parlare di attacco tramite il “colpire” ( come sopra detto = botta dritta ) – difendersi:“scappare” ( = difendere di misura) e “parare” ( solo in dentro o in fuori – senza specificare “quarta” o “terza”).
Il linguaggio poi, ove sia indirizzato ad un gruppo omogeneo, deve essere mirato ai ricettori, cioè tendente a sfruttare terminologie, immagini o espressioni caratteristiche del gruppo stesso. Ad esempio, avendo a che fare con classi scolastiche delle scuole elementari, sarà da privilegiare l’uso di espressioni caratteristiche derivate da personaggi dei fumetti o televisivi a loro noti. Innalzandosi l’età, sarà invece doveroso un linguaggio più ricco e precisato.
Riveste particolare importanza anche il ritmo del linguaggio: un’esposizione troppo estesa nel tempo, senza attenzione a doverose pause, ingenera senz’altro nell’ascoltatore fenomeni di saturazione, influendo negativamente sul flusso comunicativo. Abbondare nel parlare e parlare troppo “ex-cathedra” in una situazione di propaganda produce solo effetti negativi; per contro l’introduzione dosata di interruzioni e diversivi rende senza alcun dubbio il messaggio più “concentrato” e più vivo, in una parola più efficace.
Infine è necessario tener conto delle modalità espressive del linguaggio, cioè al volume, al tono e all’emissione generale.
Volume e tono sono dati eminentemente tecnici e si risolvono in due ambiti, uno oggettivo e uno soggettivo: il primo consiste nella scelta oculata del luogo o dei luoghi da dove esporre il messaggio (ricordiamo l’ideale posizione ad ”anfiteatro” già citata precedentemente). Il secondo si risolve nell’attenzione prestata alla qualità della propria voce, operando affinché essa non risulti monocorde o atona, bensì, alternando sovente modulazione, abbia le caratteristiche della variabilità e della vivacità.
Per emissione generale si intende invece la capacità di colorire e di arricchire il proprio linguaggio con tutta una serie di accessori atti ad accrescerne il valore comunicativo. Ad esempio il ricorso all’onomatopeia, cioè alla riproduzione di suoni attraverso le parole, o più semplicemente il ricorso all’uso di veri e propri suoni. Ad esempio nel nostro caso esemplificare col suono “bum” il concetto di un affondo tirato con decisione, con “ta” quello della battuta sul ferro e così via. In ultima analisi il risultato a cui tendere, senza tuttavia eccessive pretese di arrivare ad un vero e proprio linguaggio teatrale, è quello di andare oltre l’uso delle sole parole, per riuscire ad attivare tutte le potenzialità contenute nel mezzo espressivo verbale.
Messaggi multilaterali
Talvolta per ottimizzare il messaggio propagandistico è necessario tener conto che il ricettore non è costituito solo da un soggetto, ma da classi di soggetti, simultaneamente destinatarie del messaggio stesso. In altre parole i nostri interlocutori non sono unici, individualizzabili cioè per specie determinate, ma molteplici e caratterizzati da diversi tratti psicologici, culturali ed emozionali.
Queste sono le situazioni che presentano maggiori difficoltà in quanto un messaggio troppo specificatamente indirizzato ad una classe di soggetti produce automaticamente col tempo l’esclusione della o delle altre classi di soggetti diversi. Ad esempio soffermarsi a presentare e ad approfondire alcuni temi comprensibili solo da un pubblico adulto provoca senz’altro noia e disattenzione nel pubblico di minore età; lo stesso, viceversa, accade se il messaggio risulta condotto in modo troppo elementare.
Anche per il linguaggio siamo esposti agli stessi pericoli: se troppo a lungo modulato per alcuni, diviene noioso o difficile, a seconda dei casi, per gli altri.
Quindi in questi situazioni comunicare efficacemente significa tener presenti le differenti esigenze delle diverse classi di ricettori: su un tessuto connettivo costituito da pochi e ben chiari elementi essenziali, alla portata di tutti, sarà necessario alternare, con oculato ritmo, concetti e linguaggio peculiari alle vari classi presenti.
Talvolta sarà anche possibile far interagire tali classi, mettendo a confronto i diversi “impatti” del messaggio comunicativo: il contemporaneo coinvolgimento di tutti produrrà sicuramente effetti positivi per la comunicazione nella sua globalità. Pensiamo, ad esempio, ad un assalto per principianti tra un figlio ed uno dei propri genitori.
Sullo stesso tema, è qui importante sottolineare il fatto che il concetto di multilateralità dei ricettori non è necessariamente legato alla contemporaneità dell’emissione del messaggio promozionale; ovvero il contatto con le diverse classi di ricettori può avvenire in tempi e luoghi diversi.
Pensiamo, ad esempio, ad un corso scolastico; non ci inganni il fatto che in questo caso abbiamo una situazione tra le più determinate: gruppi di bambini o ragazzi della stessa età, amalgamati tra loro dalla vita di studenti. E’ limitativo pensare che il messaggio promozionale si esaurisca con il contatto dei soli ragazzi: infatti essi fanno parte di una famiglia di cui condividono opinioni, scelte e decisioni. La nostra attenzione non dovrà quindi limitarsi al “soggetto diretto, cioè al ragazzo, ma dovrà anche tenere in giusta considerazione i ”soggetti indiretti”, cioè i suoi genitori.
A questi ultimi vanno indirizzate opportune notizie sui benefici dello sport in genere ed in specie della disciplina schermistica: molti bambini e ragazzi non praticano alcuno sport a causa dei genitori che non ne conoscono l’alto valore educativo o perché “bruciati” da precedenti esperienze negative nel settore.
Dopo avere interessato il figlio dobbiamo cercare di responsabilizzare questa classe di genitori, illustrando loro i vantaggi psico-fisici della scherma.
Potremo entrare in contatto con i genitori producendo un incontro con loro nelle stesse strutture scolastiche o invitandoli direttamente in Sala di Scherma; in alternativa potremo consegnare ad ogni allievo un volantino, una lettera esplicatica comunque indirizzata espressamente ai propri genitori (vedi la parte dedicata alla pubblicità).
Questo duplice contatto con il binomio figli-genitori darà completezza al nostro messaggio promozionale.
Aspetti psicologici
Premessa * Interesse * Saturazione attenzione * Importanza del gruppo
Premessa
Emittente e ricettori creano tra loro un rapporto biunivoco (come abbiamo già ricordato in altra parte di questo lavoro); in altre parole il rapporto non è a “senso unico”, ma piuttosto implica più direzioni, dall’emittente verso i ricettori, ma anche dai ricettori verso l’emittente.
Il messaggio divulgativo quindi non può essere confezionato in modo preordinato a “scatola chiusa”, ma deve tener giustamente conto dei risvolti che esso, nelle diverse situazioni, può suscitare nei suoi destinatari, interagendo talvolta copiosamente sull’emittente stesso ( ricordo il concetto di “canovaccio” già espresso in precedenza).
Intervenendo nel contatto divulgativo anche sfaccettature umane, affettive e umorali è necessario richiamare, pur in modo sommario, alcuni principi psicologici che, evidenziando i tratti peculiari del ricettore in genere, ci aiuteranno senz’altro a preparare un messaggio sempre più efficace. Conoscere tendenze, aspettative e caratteristiche dell’individuo in genere o addirittura di classi di individui già evidenziate dalla scienza psicologica può dare senza dubbio un importantissimo contributo ad una sempre più specifica preparazione nella nostra attività divulgativa.
Lo sforzo costante, anche in questa ottica, sarà quello di personalizzare il messaggio, cercando di tener presente nel nostro lavoro non solo i risvolti psicologici positivi dei soggetti destinatari (interesse), ma anche di evitare quelli per loro potenzialmente negativi (la saturazione attentava).
Interesse
Tra i risvolti psicologici positivi da sollecitare nel ricettore riveste una primaria importanza l’interesse conoscitivo.
A proposito dell’imprinting abbiamo già parlato di curiosità come proficuo stato psicologico di esordio del processo conoscitivo; con lo sviluppo del messaggio, questo stato iniziale, puramente emozionale, deve cercare di trasformarsi in interesse consapevole e costante, tendente pertanto alla ricezione del contenuto totale e finale del messaggio stesso.
Tempi e dinamica del messaggio devono quindi cercare di mantenere vivo questo peculiare stato, cercando di evitare ripetizioni di concetti e situazioni. Reiterazioni ed insistenze saranno ammesse solo in presenza di particolari e fondamentali insegnamenti di base, come ad esempio, nel nostro caso, la distribuzione del peso su ambedue le gambe o la velocità nel caso di affondo.
Ugualmente ci si dovrà astenere da eccessivi approfondimenti tecnici non consoni alla natura essenzialmente divulgativa della nostra attività.
Come per le altre componenti della comunicazione in genere, anche per la gestione dell’interesse sono di fondamentale importanza le pause: la tensione emotiva non può essere prolungata per lunghi periodi anche perché per mantenerla sono indispensabili continui ricambi. Quindi per gestirla al meglio è proficuo affidarsi a dosati intervalli.
L’interesse può essere mantenuto vivo anche cercando di intervenire emotivamente sui ricettori: dimostrare entusiasmo per quel che si dice, cercando di trasmetterlo, è senza dubbio un buon viatico.
Norme comportamentali a questo proposito non esistono: l’entusiasmo scaturisce in modo impulsivo e quindi non preordinato. Esso si basa sulle esperienze personali dell’emittente e consiste in un’estrinsecazione esclusivamente soggettiva della sua personalità. Le eventuali doti di estroversione dell’emittente incidono naturalmente in modo significativo sulla sua attività.
Il generico consiglio, comunque, è quello di “abbandonarsi agli uditori” e, se di caso, rivelare tutte le proprie eventuali sensazioni provate.
Saturazione attentiva
Un risvolto psicologico negativo dal quale guardarsi è quello della saturazione attentiva; essa si concretizza in una caduta dell’attenzione del ricettore con conseguente inefficacia parziale o anche totale del messaggio propagandistico.
Il fenomeno dell’instabilità attentiva non è come spesso si pensa un fenomeno esclusivamente legato all’età infantile, ma coinvolge ogni possibile uditorio.
Tanti e vari possono essere i fattori del sopravvenire di questo pericoloso e infruttuoso stato: errori commessi dallo stesso emittente o accadimenti distrattivi esterni al messaggio.
In riferimento a questi ultimi si sottolinea l’assoluta necessità di svolgere l’attività divulgativa in un ambiente concesso in esclusiva: soprattutto se si tratta di corsi scolastici nello stesso luogo non si devono svolgere altre iniziative o lezioni.
Comunque essenziale è riuscire a percepire immediatamente la presenza di elementi di disturbo, capirne le origini e cercare di contrastarli.
Continuare come se nulla fosse il proprio discorso servirebbe infatti a poco, perché, tra l’altro, lavorando in gruppo, la distrazione ha più probabilità di diffondersi a tutti i ricettori che quella di risolversi per proprio conto.
D’altra parte non ci si può certo affidare a continui richiami o imponendo una rigida disciplina: un marcato atteggiamento del genere, oltre che essere inopportuno per la natura propagandistica della situazione, rischierebbe di far cessare qualsiasi tipo di contatto proficuo con i ricettori.
Che fare dunque? Innanzitutto lasciare un ragionevole tempo fisiologico di sfogo, a cui far seguire un reinnesto vigoroso del messaggio, magari proponendo un nuovo argomento scelto tra quelli di maggior impatto psicologico: nel nostro caso mostrare e far maneggiare le armi, invitare qualcuno a mettersi una maschera, iniziare un assalto dimostrativo, o quant’altro.
Importanza del gruppo
La dottrina psicologica ha evidenziato che un insieme di persone unite da un comune intento, come nel nostro caso l’approccio conoscitivo alla disciplina schermistica, è un qualcosa che supera la mera somma dei suoi membri fisici: il gruppo diviene una realtà qualitativamente superiore con numerosi e variegati risvolti psicologici.
Nel gruppo è quasi sempre facilmente individuabile il leader: è su lui che dovremo incentrare la nostra maggiore attenzione ai fini non solo della verifica della bontà del nostro messaggio, ma anche per poterlo “utilizzare” come ulteriore e preferenziale mezzo comunicativo per l’intero gruppo. Indirizzeremo a lui i primi inviti a partecipare attivamente alla dimostrazione, chiederemo a lui le prime impressioni, sarà lui il nostro interlocutore privilegiato: la sua funzione di “apripista”, sbloccando psicologicamente i compagni, faciliterà non poco l’inizio della partecipazione collettiva.
Nel gruppo, poi, può liberamente svilupparsi quella importante dinamica psicologica che si basa sullo spirito di emulazione.
La possibilità di continui confronti con i compagni è il presupposto per lo sviluppo di questo importantissimo processo mentale. Se controllato, dosato e indirizzato al giusto fine, anche questo sarà un determinante strumento a disposizione dell’emittente.
Proponendo, ad esempio, alcune domande sulla parte del messaggio già svolto, assisteremo con grossa probabilità ad una vera e propria gara per rispondere o per eseguire motoriamente quanto appreso in precedenza.
Il gruppo consente anche di sfruttare uno dei maggiori mezzi di apprendimento, l’imitazione: infatti gli elementi più ricettivi al messaggio diventeranno quanto prima con il loro esempio i migliori collaboratori dell’emittente, propagandando e diffondendo all’interno del gruppo il messaggio.
Il gruppo, infine, permette l’attuazione di un fondamentale metodo di lavoro, il gioco sportivo; ma di questo argomento preferiamo trattare nelle successiva parte dedicata alla didattica.
La Didattica
Premessa * Capisaldi della materia schermistica * Cenni sul metodo globale * Imitazione * Valenza delle verifiche * Il gioco sportivo
Premessa
Anche la didattica, ovvero la scienza dell’insegnamento, può fornire alla nostra attività alcune preziose indicazioni: insegnare è trasmettere conoscenza e quindi comunicare.
Nel nostro caso non si tratta di un trasferimento completo e compiuto di un contenuto specifico, ma solo di un accenno di esso; per questo il nostro compito appare innanzitutto difficile in quanto dobbiamo operare in base ad un criterio selettivo, scegliendo di un’intera disciplina solo le parti salienti ed indispensabili per una sua presentazione esaustiva. E su tali parti per giunta non è neppure possibile soffermarsi a dovere per un certo approfondimento, tenendo conto, a secondo delle opportunità divulgative, del poco o pochissimo tempo a disposizione.
Da questa capacità di estrapolazione e soprattutto dalla capacità di trasmettere in tempi brevissimi i contenuti tecnici dipende in modo diretto la qualità della nostra “anteprima” propagandistica: operare didatticamente nel modo migliore risulta, per tutto quanto detto, di fondamentale importanza.
Capisaldi della materia schermistica
Come appena sopra accennato, è necessario innanzitutto effettuare una selezione nel copioso e complesso insieme di concetti e di nozioni tecniche che rappresentano la materia schermistica.
Ciò a prescindere dal tempo a disposizione: sia esso brevissimo (uno stand sportivo) o anche medio (un corso scolastico): in effetti il nostro scopo prioritario è quello di consentire al più presto ai soggetti interessati di “provare” a tirare di scherma con un minimo di qualità esecutiva.
Secondo la mia esperienza una riduzione ai minimi termini dello scibile schermistico non può prescindere dalla presentazione delle seguenti nozioni: saluto, guardia, spostamento sulla pedana, affondo, botta dritta, battuta e botta, cavazione, parate di quarta e di terza.
Questo per quello che attiene la parte squisitamente tecnica, mentre per la parte concettuale è necessario far riferimento alla contraria e alla finta.
Aggiungendo essenziali accenni sulla conduzione arbitrale dell’assalto (via, alt, punteggio e limiti del terreno) avremo completato la trasmissione di tutte quelle informazioni per tentare di attuare i primi incontri.
Come ben si vede, pur avendo effettuato una rigida selezione, il programma rimane alquanto nutrito.
Dovremo quindi naturalmente abbandonare ogni soverchia esigenza di esecuzione qualitativa da parte dei ricettori: sarà sufficiente la loro introiezione a livello concettuale. Il risultato dell’intera attività didattica dovrà essere valutato solo per il complessivo risultato di “anteprima” fornito ai ricettori.
La cosa importante è che, tramite le pur minime informazioni tecniche ricevute, i ricettori si possano calare nella situazione reale di un vero “assalto”, potendone quindi cogliere gli stati d’animo e il senso di “gioco”, in una parola provando direttamente le suggestioni che derivano da un “duello”.
Questo è l’obiettivo centrale del messaggio promozionale, tutto il resto costituisce un lavoro importante, ma solo preparatorio e strumentale.
Di conseguenza poche e rare devono essere le correzioni indirizzate ai neofiti, il disagio da loro provato sarà per gli stessi il più chiaro indice della consapevolezza della loro impreparazione all’attività e del limite che hanno in quanto ancora non schermitori.
Cenni sul metodo globale
Poco tempo a disposizione e numerose cose da trasmettere ci inducono a trovare un metodo di insegnamento diverso da quello tradizionale, che ha invece precisi e cadenzati ritmi di apprendimento in funzione della quantità di informazioni trasmesse.
Il ricorso al metodo globale, che tra l’altro ha grandemente influenzato ogni branchia dell’insegnamento scolastico della scuola primaria, può sicuramente darci un aiuto.
Suoi cardini metodologici sono: procedere dall’indeterminato al determinato, dall’insieme al particolare, dal tutto alle parti.
Mentre il metodo tradizionale inizia da procedimenti analitici per arrivare all’unità, ha cioè in pratica come punto di partenza il facile logico, ossia la conoscenza; il metodo globale, invece, parte dal facile psicologico, appunto perché ritiene che iniziare dal particolare rappresenti per il ricettore, soprattutto se di giovane età, una difficoltà e una specie di astrazione dalla realtà.
Anche senza essere esperti psicologi si può facilmente intuire che apparirà più semplice per i ricettori cominciare da un complesso generale di movimenti per poi giungere, in un secondo tempo, alla valutazione delle loro singole componenti.
Consideriamo, ad esempio, nel nostro caso l’insegnamento della postura di guardia.
Il metodo tradizionale si affida ad una serie complessa di precisazioni di partenza: piedi ad angolo retto, che si pongono ad una distanza tra loro di circa un piede, un piede e mezzo – gambe flesse in modo corretto – ginocchia divaricate – busto eretto – peso del corpo distribuito su entrambe le gambe – spalle profilate con una giusta angolatura – posizione del braccio armato – posizione dell’altro braccio. In questo modo si arriva sì ad una postura di guardia corretta, ma quanta fatica e soprattutto quanto tempo!
Il metodo globale affronta il problema da posizioni molto più ampie: si invitano i ricettori ad assumere la stessa postura dell’emittente; successivamente si effettueranno le necessarie correzioni, richiamando solo alcuni principi generali, come, appunto nel caso della guardia, il principio del rispetto dell’equilibrio.
In tal modo i tempi di apprendimento si riducono drasticamente ed i contenuti tecnici risultano inoltre facilmente recepibili da tutti.
Un altro interessante e proficuo modo di gestire la didattica consiste nel far partecipare attivamente il ricettore alla “scoperta” degli elementi base della materia oggetto di studio.
L’insegnamento non deve essere ridotto all’enunciazione di una serie di informazioni che il ricettore subisce passivamente, ma, al contrario, deve essere costituito da significative proposizioni dell’emittente che, tramite situazioni preordinate, deve sollecitare nei ricettori stessi le idonee risposte.
Un esempio nella nostra materia: dopo aver fatto conoscere l’esecuzione della “botta dritta” e il rispetto della “misura”, si richiama l’attenzione del ricettore sulla posizione del nostro braccio armato in guardia e lo definiamo “porta chiusa” (o semaforo rosso); successivamente, spostandoci in avanti e all’indietro, ad un certo punto mutiamo la posizione del nostro braccio in un “invito” e, definendola come “porta aperta” (o semaforo verde), sollecitiamo la risposta idonea (naturalmente l’esecuzione della botta dritta) senza richiederla esplicitamente. Continuando…dopo aver effettuato alcuni spostamenti sulla pedana senza più assumere posizioni di invito si potrà chiedere se c’è un modo di “aprire la porta”: quasi con certezza qualcuno “scoprirà” la battuta e botta. E così via anche per la cavazione, per le diverse “misure”, ecc…
Naturalmente l’esecuzione del gesto “scoperto” da solo sarà sicuramente di scarsa qualità: ad esempio la battuta risulterà troppo violenta o troppo debole e non sarà effettuata con e sui” gradi” giusti; oppure la cavazione sarà effettuata con un movimento eccessivamente largo o composto da due tempi, anziché da un unico e stretto movimento a spirale in avanti.
A seconda delle diverse situazioni di propaganda avremo più o meno tempo a disposizione per suggerire ulteriormente le necessarie correzioni, ma anche in questo caso cercheremo di sollecitare le idonee risposte dagli stessi allievi.
Operando in tal modo, cioè coinvolgendo direttamente il ricettore nel processo conoscitivo, di non poca importanza risulterà la positiva valenza psicologica delle scoperte personali.
Imitazione
L’imitazione costituisce il primitivo metodo di apprendimento dell’uomo: sin dai primi mesi di vita, quando ancora non si è sviluppato il linguaggio e tutto ciò ad esso connesso, l’imitazione è l’unico mezzo di evoluzione umana.
L’imitazione consiste nella riproduzione spontanea di modi di comportamento altrui ed è un procedimento attivo usato per rendersi conto personalmente di norme e leggi regolanti le azioni umane e gli eventi fisici.
Il travaso di informazioni avviene esclusivamente attraverso l’osservazione visiva dell’emittente, l’elaborazione a livello istintivo di uno o più contenuti ed il tentativo di attualizzarne l’oggetto.
La connotazione di immediatezza di tale processo conoscitivo ben si concilia con i tempi brevi o brevissimi che abbiamo a disposizione nella nostra attività di propaganda.
A questo proposito, per esemplificare, rimando al metodo globale di “messa in guardia” poco sopra citato.
L’imitazione, è bene sottolinearlo, non è un importante metodo di apprendimento consono ai soli bambini, ma esso si può proficuamente applicare anche a elementi di qualsiasi età.
L’emittente, quindi, deve essere a conoscenza di questa basilare e sempre attuale capacità del ricettore: anzi, quando opportuno, deve espressamente sollecitarla e armonizzarla nel suo lavoro didattico. Il “flusso imitazionale” non solo coinvolgerà più direttamente i soggetti, ma produrrà sicuramente un abbattimento significativo nei tempi di trasmissione dei vari contenuti tecnici.
Valenza delle verifiche
L’uso delle verifiche personali riveste grande importanza nel processo conoscitivo ed in quello, appena successivo, di introiezione del messaggio: l’enunciazione teorica uscente dall’emittente entra sempre a livello teorico nel ricettore; solo l’applicazione pratica effettuata da quest’ultimo rappresenta la fase finale dell’intera “comunicazione”.
Il risultato che il ricettore sarà riuscito a realizzare dovrà essere analizzato, insieme all’emittente, dal ricettore stesso. Ciò potrà essere effettuato sia in positivo che in negativo: in positivo verificando che l’applicazione sia consona a quanto richiesto, in negativo verificando le controindicazioni derivanti da un’applicazione diversa da quella trasmessa.
Ad esempio, nel nostro campo, dopo che il ricettore avrà assunto la postura di “guardia”, sarà proficuo far verificare che il peso ben distribuito su entrambe le gambe facilita lo spostamento sulla pedana e l’affondo.
Per contro, facendo sperimentalmente spostare il peso maggiormente su un arto, sarà altrettanto proficuo far verificare l’impaccio e le maggiori difficoltà incontrate per il movimento.
Il gioco sportivo
Il gioco sportivo, in quanto favorisce la libera esplicazione di tutte le attività della persona, in genere arreca notevoli vantaggi pratici e psichici.
Sotto il profilo psicologico una delle principali componenti del gioco è il divertimento, che rappresenta un vero e proprio fattore eccitante delle energie sia fisiche che mentali.
Il gioco può assurgere a vera e propria metodologia di insegnamento, cioè, pur conservando le sue componenti di allegro intrattenimento, può avere per contenuto un preciso fine di preparazione tecnica, anche di carattere superficiale quale quella che caratterizza un corso propagandistico.
Imparare a spostarsi sulla pedana può essere un “gioco”: fornite le informazioni base, si può dare l’iniziativa ad un elemento di ciascuna coppia di ricettori formata ed ogni “passo” giusto o errato commesso dall’antagonista può dare un punteggio; al termine della manche si invertono le parti.
Inoltre: appresa da parte dei ricettori l’esecuzione della botta dritta e della battuta e botta, l’emittente alterna a piacere per cinque volte con la propria arma il presupposto dell’una o dell’altra risposta motoria (invito o arma in linea); in caso di esecuzione giusta un punto va al ricettore, mentre in caso di esecuzione errata il punto va all’emittente.
In tal modo avremo, tra l’altro, calato subito il ricettore nel “gioco scherma”, facendogli percepire pragmaticamente il concetto di “contraria”, cioè l’intima essenza della nostra disciplina.
L’emittente, abbattendo barriere di confidenza e anche di età, diventerà agli occhi dei ricettori un compagno di gioco, creando anche sotto questo profilo un ottimale canale di comunicazione.
In ultima analisi, l’oggetto di trasmissione comunicativa (lo spostamento, la botta dritta, la battuta e botta…) non resterà solo in un ambito teorico, ma sarà subito recepita nella sua dimensione applicativa, contribuendo in tal modo a darne la migliore immagine reale.
Aspetti pubblicitari
Principi generali * Contrasto dei pregiudizi ed evidenziazione dei vantaggi * Elaborati pubblicitari
Principi generali
La pubblicità è il processo del far conoscere. L’annuncio pubblicitario, se ben riuscito, mette in attività una catena di processi mentali quali l’attenzione, la percezione intellettuale, la memoria, la rievocazione, l’immaginazione e la suggestione; tutti questi elementi naturalmente interagiscono tra loro in funzione delle varie situazioni e dei vari soggetti.
L’intento di un annuncio pubblicitario è quello di eccitare questa “corrente della coscienza”: deve non solo attrarre inizialmente l’occhio del pubblico, ma deve soprattutto volgere nei momenti successivi il suo interesse nella direzione voluta.
Qui entra in gioco la capacità persuasiva dell’autore del testo pubblicitario: l’interesse può esser volto in azione positiva quando vengono stimolati i sentimenti, le emozioni i desideri dell’individuo (vedi il paragrafo dedicato all’evidenziazione dei vantaggi per chi pratica la scherma); e ancor di più quest’azione può rimuovere i suoi dubbi intellettuali attraverso l’uso di un’argomentazione convincente e di una realistica interpretazione dei fatti (vedi lo stesso paragrafo dedicato al contrasto dei pregiudizi sulla nostra disciplina).
Elementi per il successo di una campagna pubblicitaria sono il coordinamento e la tempestività.
Coordinamento in quanto l’azione pubblicitaria deve essere ben organizzata nel senso di essere completa e ben strutturata.
Tempestività in quanto essa deve essere realizzata con una conveniente scelta del tempo, potendosi legare ad avvenimenti esterni di carattere locale (avvenimento sportivo della città) , nazionale (inizio dell’attività scolastica) o internazionale ( mesi post-olimpici). In altre parole si deve valutare con grande attenzione il momento più propizio per l’inizio della campagna.
L’azione pubblicitaria deve poi essere grandangolare, nel senso che è necessario investire energie e risorse in tutte le direzioni possibili. Ci saranno delle occasioni sicuramente più proficue, come ad esempio la possibilità di tenere dei corsi scolastici, ma non per questo si dovrà trascurare ogni altro mezzo per diffondere il nostro invito pubblicitario. Ad esempio gli articoli sui giornali relativi ai risultati agonistici delle varie competizioni locali dovranno sempre contenere le coordinate per raggiungere la o le società schermistiche presenti sulla piazza.
Inoltre sarà necessario prendere contatto con i canali televisivi delle cosiddette TV private, affinché tramite esse si possa raggiungere quella utenza locale vicina alla propria società.
Da non trascurare la presenza di manifesti nelle bacheche delle scuole, di circoli sociali e di quant’altro.
Periodicamente sarà proficuo indirizzare lettere a cral aziendali sia privati che pubblici e cercare di instaurare rapporti stabili nelle strutture pubbliche cittadine, come ad esempio i quartieri.
L’azione pubblicitaria deve poi essere costante, cioè non intermittente od occasionale. La pressione esercitata sull’utenza deve essere ricorrente e i canali attraverso i quali manifestarla devono avere il carattere della continuità, cioè devono essere realizzati instaurando rapporti costanti con i rappresentanti dei mezzi di comunicazione.
Un altro principio da tenere in considerazione è quello della territorialità, cioè dell’ambito fisico in cui poter sviluppare il proprio messaggio pubblicitario. Naturalmente per lavorare in economia è necessario individuare un’area circoscritta in cui poter concentrare la propria attività propagandistica; questo sia per evitare inutili sprechi di energie, sia per interessare progressivamente per “irradiamento” il territorio limitrofo alla propria società.
Questo territorio dovrà essere analizzato, scandagliando ogni ente (pubblico o privato), ogni attività commerciale (piccola, media o grande) e comunque qualsiasi altra realtà sociale con la quale poter interagire.
Contrasto dei pregiudizi ed evidenziazione dei vantagg
Il messaggio pubblicitario deve naturalmente contenere in primis tutte quelle informazioni tendenti a consentire al ricettore di avere una conoscenza dell’oggetto stesso della comunicazione.
Talvolta, ed è proprio il nostro caso, il messaggio deve anche avere la funzione di andare a contrastare, o almeno a mitigare, certi pregiudizi dominanti. Come è noto il pregiudizio è un giudizio preconcetto non basato su elementi reali, ma falsato in tutto o in buona parte.
Dalle mie esperienze dirette sono emersi i seguenti pregiudizi, che, molto diffusi, gravano non poco sulla diffusione della nostra disciplina: soprattutto pregiudizi di natura economica, pregiudizi collegati alla natura individualistica della nostra attività sportiva individuale e pregiudizi su un alterazione dello sviluppo corporeo.
Affrontiamo il primo: “La scherma è troppo costosa” si sente spesso dire, magari da chi spende cifre maggiori per andare a sciare dieci giorni all’anno! La nostra attività certo non è possibile farla gratuitamente, ma sicuramente è alla portata di gran parte delle attuali fasce sociali.
Per quanto riguarda la quota associativa, credo che il punto non sia quello della spesa in sé, cioè del suo valore assoluto, quanto nella mancata informazione di cosa, in genere, comporta l’iscrizione ad un Circolo di Scherma. E’ proprio da questo punto di vista che è possibile andare a contrastare questo pregiudizio di natura economica: vanno propagandate soprattutto le prestazioni di cui si fruisce frequentando la sala: sviluppo della persona nella sua dimensione fisio-psichica, cura dell’aspetto tecnico individualmente cioè in diretto rapporto con il singolo individuo e non in gruppo, realizzazione, attraverso l’attività agonistica, delle potenzialità dell’allievo, composizione in senso positivo della dimensione comportamentale…ed altro.
In sintesi in modo migliore per contrastare questo pregiudizio sul costo della scherma è quello di illustrare la quantità e la qualità dei servizi resi. Essi tendono, come già detto, non solo a divertire l’allievo, ma concorrono soprattutto alla sua formazione ed evoluzione fisica, psichica, sociale, culturale e caratteriale. Iscrivere un figlio ad una sala di scherma significa anche “investire” sul suo futuro. .
Passando ai costi dell’attrezzatura si possono fare le seguenti considerazioni: in genere i circoli possiedono un certo quantitativo di materiale da mettere a disposizione dei principianti, poi esiste un mercato dell’usato a cui poter attingere o, nel caso di crescita, da incrementare, ricavandone un certo valore da reinvestire. Si tratta quindi di impostare e di incoraggiare nella propria sala questi meccanismi e di renderli noti anche in sede di propaganda.
Il secondo pregiudizio, che sopra abbiamo menzionato, è quello basato sulla considerazione che la scherma, essendo uno sport individuale e non di squadra innesterebbe in tono minore quei dinamismi di socializzazione, ritenuti molto importanti per bambini e ragazzi.
Una prima osservazione può essere fatta in relazione alle situazioni che in concreto si verificano nelle cosiddette attività di gruppo: gestirne le dinamiche psicologiche (protagonismo eccessivo, timidezza, relazioni interpersonali, mantenimento della condotta…) presenta notevoli difficoltà anche nel nostro campo quando svolgiamo attività di preparazione atletica o attività paraschermistiche; figuriamoci quando si tratta di gestire la formazione agonistica di una squadra con un prestabilito limite di atleti da far scendere in campo, relegando altri “in panchina” (le scelte dell’allenatore). Di tutto questo risentono indiscutibilmente in senso negativo i rapporti tra i ragazzi.
Prima o poi nelle compagini delle squadre emergono, spesso anche in termini esasperati, problemi attinenti la “formazione tipo”, le ”riserve istituzionali”, l’individuazione del “titolare”…E spesso le valutazioni non rivestono carattere assoluto, ma sono riferite a cosiddette “scelte tecniche” del mister o del coach di turno, cioè legate a criteri soggettivi e naturalmente insondabili e incontestabili! Di tutto questo risentono indiscutibilmente in senso negativo i rapporti tra i ragazzi.
Per contro nelle sale di scherma, come del resto in ogni altro sport cosiddetto individuale, non esiste questo genere di controindicazioni o almeno non è presente in modo così ingerente e condizionante come nelle altre attività sportive di gruppo: ognuno, tranne le rare competizioni a squadre, naturalmente è libero di partecipare liberamente a tutte le prove agonistiche.
Le relazioni sociali tra i tesserati dello stesso circolo non conoscono in genere precisi e invalicabili limiti di età, sesso, valore tecnico o altro: tutti insieme formano la squadra del club e, pur ognuno nel proprio ambito, vivono insieme, incontrandosi in pedana, la realtà sociale del gruppo
. In un ambiente di questo tipo il ragazzo non solo ha maggiori opportunità di contatto ed interazione con soggetti a lui diversi, ma ha sicuramente un ambiente meno oppressivo e condizionante dove poter sviluppare serenamente rapporti interpersonali con i suoi variegati compagni.
Anche questo è quindi un aspetto del quale è senz’altro proficuo parlare nel nostro messaggio propagandistico.
Infine esiste, pur mitigato in questi ultimi anni, un pregiudizio relativo ad una presunta alterazione fisica dovuta alla natura di attività corporea asimmetrica.
Fortunatamente anche le più recenti indagini della medicina sportiva hanno evidenziato l’importante ruolo che gli sport di destrezza giocano nella formazione fisio-psichica dell’individuo. La nostra disciplina assomma a tali benefici anche indubbie influenze positive sulla formazione del “carattere”: non è raro trovare la scherma su giornali, più o meno specializzati, tra i primi sport più indicati per la gioventù.
Far riferimento a questi articoli, o più semplicemente allegarli ad eventuali volantini pubblicitari, è la strada più breve per sfatare certi pregiudizi.
Elaborati pubblicitari
Viene definita pubblicità diretta quella affidata alla diffusione di cataloghi, opuscoli, pieghevoli, volantini, cartoline o altro: gli elaborati pubblicitari
In questi casi il messaggio propagandistico è realizzato, in tutto o almeno in parte, tramite la produzione di un manufatto cartaceo esplicativo sui nostri “servizi”.
Con l’avvento del computer è stata resa possibile la sua produzione diretta, evitando i costi di grafica e di stampa a cura di professionisti. Con rinomati programmi d’impaginazione si possono realizzare anche in proprio lavori di discreta qualità, giungendo anche a personalizzarli nelle immagini grazie all’uso dello scanner.
Qui di seguito riportiamo qualche suggerimento per un’ottimale composizione di questo ausilio propagandistico.
Nella costruzione del messaggio deve innanzitutto prevalere il principio della semplicità di concezione: esso cioè deve limitarsi all’essenziale, senza essere appesantito da soverchie specificazioni.
Interessante è sottolineare il fatto che lo spazio bianco del bozzetto non deve essere inteso come un vuoto da riempire, bensì come un elemento vitale per il ritmo della composizione.
Deve inoltre essere ricercato l’equilibrio, cioè una soddisfacente armonia risultante dalla corrispondenza degli elementi contrapposti (come il sopra accennato rapporto dei bianchi e dei neri), delle illustrazioni e del testo. La loro distribuzione deve concretizzarsi in una combinazione armoniosa e gradevole se vorrà prima attrarre e poi mantenere desto l’interesse del lettore.
Attenzione deve essere prestata anche al ritmo, cioè alla posizione che i singoli elementi occupano nel campo della composizione. Infatti l’occhio umano ha una naturale inclinazione ad inserirsi in un manifesto cominciando dall’angolo superiore sinistro, indirizzandosi poi verso il basso per poi uscire per il bordo inferiore destro.
Una regola generale è che la metà superiore del bozzetto deve essere più carica della metà inferiore: infatti tirando una linea orizzontale sulla metà di un foglio rettangolare , per un fenomeno ottico la sezione della parte inferiore risulta alla percezione visiva più piccola. Il centro di equilibrio di un annuncio pubblicitario si trova per questo a circa un terzo di distanza dal limite superiore; qui risiede il centro ottico, dove naturalmente si deve collocare il contenuto principale dell’intero messaggio. Da questo nucleo centrale dipendono in modo diretto la vigoria ed il ritmo dell’intera composizione.
Di conseguenza gli elementi accessori del bozzetto dovranno essere riportati discosti da questa zona.
Nella produzione di elaborati cartacei esiste una tipologia di bozzetti statici e un’altra di bozzetti dinamici.
Nei primi, prevalendo la simmetria degli elementi, si produce un effetto globale di stasi ed il messaggio risulta fermo e deciso.
Nei secondi, invece, impostando “fuori squadra” tutti o alcuni elementi, si realizza un effetto di movimento, per cui il messaggio risulta vivo e pulsante.
Gli elementi del bozzetto pubblicitario sono: titolo, illustrazione, testo, decorazione, nome e indirizzo della ditta, tagliando per la risposta.
La valenza e l’efficacia del messaggio pubblicitario dipendono dalla loro chiara e logica combinazione.
Il titolo è il pezzo di apertura e rappresenta un eminente accorgimento per fermare l’occhio del lettore e indurlo a continuare la lettura.
L’idea espressa nel titolo imposta il tono del testo o delle illustrazioni sottostanti; esaminiamone la vasta tipologia.
Possono esserci titoli che ingenerano interesse, altri a carattere introduttivo, altri informativi, altri problematici; ancora, imperativi o tendenti ad impressionare.
I titoli devono essere tanto brevi quanto è compatibile con una resa chiara e convincente del messaggio pubblicitario. Un titolo vigoroso si può sviluppare utilizzando anche tra le sette e le dieci parole; comunque, se si superano le cinque, è buona regola disporle su due o anche tre linee.
L’illustrazione è la riproduzione sul bozzetto di un’immagine. Il suo uso è consigliato in quanto le immagini diffondono le idee con una velocità maggiore delle parole, naturalmente purché siano di per sé esplicative. E’ importante tenere sempre un giusto rapporto tra scritti e disegni.
Il testo è rappresentato dalla descrizione e dalla specificazione del prodotto o del servizio offerto. Naturalmente è qui necessario un ampio potere di sintesi.
La decorazione o bordura è rappresentata da quei tratti aventi una esclusiva funzione di abbellimento. Un loro eccessivo uso rende sicuramente sovraccarico il bozzetto: ne è consigliato l’impiego solo lungo la base del manufatto.
Per nome e indirizzo della ditta si intendono tutti quei dati che ovviamente servono all’utenza per rintracciare il prestatore di servizio: oltre alle tradizionali coordinate, se disponibili, sono da indicare anche e-mail e siti Internet.
I tagliandi per la risposta, inseriti a piè del manifesto-madre o integrati sui singoli volantini, hanno l’importante funzione di pro-memoria; inoltre possono svolgere anche il ruolo di “buoni” per una eventuale partecipazione gratuita ad un numero prestabilito di lezioni.
Un’ultima doverosa attenzione va indirizzata ai mezzi tipografici, cioè al tipo di scrittura alla quale si ricorre per esprimere il titolo ed il testo.
E’ necessario prestare la massima cura per la leggibilità del carattere tipografico, sia dal punto di vista della scelta del carattere, sia della sua dimensione minima: la funzione principale della scrittura è quella di assicurare la precisa e rapida comprensione del messaggio.
Si tenga presente che le lettere maiuscole rallentano la percezione visiva: frasi con lettere tracciate con spessore uniforme si leggono meglio che non quelle con brusche variazioni.
I manufatti cartacei, così composti, possono avere diversi impieghi: innanzitutto, se di grosso formato, possono essere affissi nelle bacheche di scuole, circoli di vario genere e in altri luoghi frequentati dal grosso pubblico.
Altrimenti, se di dimensioni più piccole, possono essere distribuiti al pubblico, congiuntamente o meno a collaterali iniziative propagandistiche.
Un accordo può essere preso anche con i commercianti della zona limitrofa alla sala: nei loro locali viene esposto un poster pubblicitario con il logo del negozio o dell’impresa commerciale sul quale è offerto, a nome dell’esercizio stesso, un corso gratuito a tutti i clienti.
Parte pratica
Premessa
Dopo aver fornito nella prima parte di questo lavoro una panoramica pur superficiale di tutti quei concetti e metodologie, mutuati dalle scienze umane, che possono intervenire in ausilio in un’attività divulgativa, affronto ora la descrizione di alcuni contenitori-tipo: cioè passerò in rassegna alcune tipologie più ricorrenti di situazioni propagandistiche in relazione a stereotipi contesti ambientali.
Naturalmente, pur scendendo anche nel particolare, la mia intenzione è solo quella di aiutare il propagandista a preparare un “canovaccio” da seguire poi in seguito nella sua applicazione anche parziale: ricordo infatti, come già altrove affermato, che i ricettori non sono soggetti completamente passivi al messaggio divulgativo, ma sono invece delle entità che con proprie peculiarità “reagiscono” al messaggio stesso anche in modo differente tra loro.
In precedenza abbiamo anche verificato che, sotto diversi aspetti, è anche molto fruttuoso coinvolgere i ricettori nel processo conoscitivo.
Per tutto questo si intuisce che solo il propagandista, calatosi nella realtà dei singoli casi, potrà di volta in volta “saggiare il polso” alla situazione ed attuare con la sua sensibilità e la sua progressiva esperienza le strategie migliori per rendere più efficace possibile il suo messaggio.
Manifestazioni Propagandistiche
Premessa * Assalti accademici * Incontri-sfida * Forme miste * Stand Sportivi * Incontri con classi scolastiche del ciclo secondario
Premessa
Nell’attività propagandistica possiamo effettuare una prima macrodistinzione tra manifestazioni e corsi: la prima tipologia di contatti ha come caratteristica comune la brevità e l’unicità del contatto tra emittente e ricettori, mentre la seconda ha uno spazio temporale più ampio, di media o addirittura di lunga durata, concretizzandosi in più incontri successivi.
La manifestazione ha anche come ricorrente connotato quello della volontarietà: il contatto è liberamente instaurato e poi successivamente interrotto dal ricettore, che non sottostà quindi ad alcun condizionamento esterno (esso non fa parte di un gruppo organizzato): una volta instaurato il rapporto, esso dura sino a quando la comunicazione suscita interesse ed attrazione sul ricettore.
Si intuisce come in queste situazioni sia di fondamentale importanza incentrare il messaggio su ciò può esercitare maggiore suggestione ed attrattiva: assistere ad incontri dal vero, entrare in contatto fisico con il materiale schermistico, addirittura provare, pur con tutti i limiti del caso, a fare un assalto.
Assalti accademici
La caratteristica peculiare di questa situazione propagandistica è costituita dal fatto che i ricettori hanno solo la funzione di osservatore. In altre parole essi rappresentano solo un pubblico passivo e non sono direttamente coinvolti nell’azione.
La manifestazione ha per lo più un preciso orario di inizio e di fine: si tratta di organizzare un vero e proprio “spettacolo”.
Risulta quindi di fondamentale importanza tener conto di tempi e ritmi di realizzazione di questo intrattenimento: infatti la nostra disciplina è molto tecnica, difficilmente apprezzabile nei suoi diversi contenuti dai profani.
Ne consegue che il “programma” non deve essere ripetitivo, ma vario ed interessante; di non eccessiva durata, ma conciso ed esauriente.
Traducendo in pratica queste esigenze si deve prestare attenzione che:
- tutti gli assali siano diversi tra loro per arma, sesso dei tiratori, per categorie di età (evitare quindi inutili e noiosi “assalti doppioni”)
- siano possibilmente proposte tutte le specialità (fioretto, sciabola e spada – sia femminile che maschile)
- gli incontri non siano ad un numero eccessivo di stoccate (situazioni uguali prolungate nel tempo possono annoiare)
- gli schermidori, se abbastanza esperti, prendano accordi per realizzare in pedana azioni di contenuto spettacolare (azioni veloci con rapidi spostamenti, frecciate, secche parate e risposte, urlo dopo le stoccate…)
- sia enfatizzata la forma: presentazione dei partecipanti, saluto al pubblico con l’arma, lettura di eventuali palmares, creare artatamente una situazione per poter illustrare la “filosofia del touché”…
Lo speaker, che dovrà collocarsi naturalmente nelle condizioni migliori per essere udito dall’intero pubblico, gioca un ruolo centrale in questo tipo di manifestazioni: dovrà rendere il più possibile “leggibili” per il pubblico inesperto le varie situazioni che si presenteranno in pedana e riempire gli spazi tra i vari assalti.
Suoi compiti precipui sono: fornire via via una succinta presentazione delle varie specialità, magari illustrando con la collaborazione degli schermitori pronti per l’assalto il meccanismo di registrazione delle stoccate; spiegare le stoccate più significative (è quindi consigliabile che coincida con il ruolo di presidente di giuria); cogliere qualsiasi situazione che possa suggerirgli una considerazione sulla nostra disciplina; rispondere ad eventuali domande poste dal pubblico…
Un interessante innesto tra gli incontri può essere rappresentato da una brevissima lezione tenuta da un maestro, meglio se impartita a due allievi diversi per età ed arma, in modo tale da evidenziare al pubblico i vari gradi di apprendimento della nostra disciplina. Anche in questo caso lo speaker potrà presentare e spiegare le azioni mano a mano fatte svolgere sulla pedana.
Se il tempo a disposizione è alquanto ampio è consigliabile organizzare una manifestazione a carattere ciclico: cioè lo stesso programma prestabilito si dovrà svolgere, anziché una sola volta, in due o più ripetizioni (ovviamente in funzione degli assaltanti a disposizione). In tal modo, oltre che mantenere il più proficuo ordine per i “diversi” assalti nel tempo, sortiremo l’effetto che lo spettatore non perderà alcuna parte dello spettacolo, che, seguito nella sua totalità, avrà sicuramente un impatto più completo.
Nei momenti più opportuni lo speaker deve occuparsi anche della “pubblicità diretta”, cioè dare indicazione sulla o sulle sale di scherma cittadine. Un’attività di volantinaggio completerà e rafforzerà il messaggio propagandistico.
Incontri – sfida
Una variazione degli assalti accademici può esser costituita dagli incontri –sfida, cioè da veri e propri match agonistici.
La differenza tra queste situazioni naturalmente non è per il pubblico di natura tecnica: un osservatore occasionale, in genere, non può esser in grado di discernere la “veridicità” di un incontro.
In questi casi si tende piuttosto a sfruttare l’emotività che può suscitare nel pubblico la dinamica di una vera competizione. La spettacolarità della nostra disciplina è innegabile ed il richiamo ad un concetto, pur edulcorato del “duello”, esercita un notevole fascino. Se è concesso vorremmo richiamare lo spirito delle “giostre medioevali”.
Il pericolo, sempre in agguato, è comunque quello della ripetitività delle situazioni: se la manifestazione vuole avere, oltre a finalità autocelebrative destinate ad intenditori, anche funzioni di propaganda non si può trascurare il suo ritmo.
Quindi far effettuare assalti non troppo prolungati nel tempo, di armi diverse, magari con la formula a staffetta per dare una continuità sino al risultato finale.
La presenza di atleti blasonati, ai vari livelli, può senza dubbio costituire un richiamo aggiuntivo, ma in loro assenza, sempre col fine di attrarre il pubblico, si potrà ricorrere magari all’abbinamento di un atleta o di un’ intera squadra a realtà locali, come ad esempio una contrada, un rione, o una fazione…
L’ostentazione di un titolo o di un premio da conquistare come meta dello “scontro” può naturalmente innestare ulteriori dinamiche psicologiche.
Anche in questo tipo di manifestazione lo speaker riveste una funzione fondamentale: dovrà presentare i partecipanti, dare brevi spiegazioni di contenuto tecnico, riempire le pause con argomentazioni inerenti alla nostra disciplina e, soprattutto, sottolineare le situazioni emotive che via via si presenteranno in pedana (il recupero di uno svantaggio nel punteggio, la pericolosa vicinanza di uno dei due contendenti al limite posteriore della pedana, la contesa su una stoccata decisiva…).
Tutta la manifestazione deve ruotare attorno alla capacità illustrativa dello speaker che, nei momenti più idonei, dovrà anche lanciare un messaggio specifico, presentando il o i circoli di scherma cittadini con tutti i dati utili per poterli contattare.
Anche in questo caso è auspicata un’azione di volantinaggio.
Forme miste
Assalti accademici ed incontri-sfida possono naturalmente convivere nell’ambito della stessa manifestazione propagandistica.
Anzi, se il loro svolgimento è dosato con cura, possono integrarsi a vicenda: un assalto accademico, magari svolto a velocità ridotte, può, attraverso una presentazione esauriente dello speaker, rappresentare un sintetico excursus nella tecnica , sia a livello generale, sia a livello di singola specialità. Naturalmente anche una breve lezione tra maestro e diversi allievi può svolgere questa importante funzione di ricognizione conoscitiva. Quindi ad una prima fase illustrativa seguirà la fase applicativa.
Con tale “anteprima” il successivo match reale ha senz’altro maggiore probabilità di essere compreso attraverso le precedenti chiavi di lettura fornite.
Si tratterà in questa forma mista di prestare maggiore attenzione al dosaggio degli “ingredienti”: interventi agili e snelli da innestare in una cadenzata serie di eventi.
Anche in questi casi è opportuno ricorrere, dopo brevi cenni verbali, ad un’attività di volantinaggio.
Stand sportivo
Questa situazione propagandistica è caratterizzata da varie e precise condizioni particolari.
Innanzitutto la manifestazione non è in esclusiva, ma si svolge in un habitat dove contemporaneamente in vari siti si svolgono altre attività propagandistiche concorrenti: il pubblico deambula per visionare l’intera manifestazione.
Da qui una prima ovvia necessità di mettere in risalto qualcosa che eserciti un forte richiamo sul pubblico: ad esempio due sciabolatori che si scambiano alcune stoccate spostandosi velocemente, un maestro che impartisce una veloce lezione ad alta voce o quant’altro di contenuto altamente spettacolare. A questa fase di “richiamo” si fa seguire doverosamente una fase esplicativa ed esemplificativa.
In secondo luogo la manifestazione non ha un preciso orario di inizio per il pubblico, il quale affluisce disordinatamente in modo continuo, magari addirittura per ore.
In tali condizioni è intuibile che la formula di un unico programma non è facilmente e soprattutto proficuamente attuabile. Occorre quindi elaborare una diversa metodologia di realizzazione del messaggio, che tenga conto della estrema variazione del flusso del pubblico.
In questi casi è consigliabile creare vari centri di interesse. Il concetto è quello di costituire alcune “stazioni,” che abbiano lo scopo di informare, di esemplificare e di proporre un’esperienza diretta della nostra disciplina. In tal modo non solo avremo offerto un’ opportunità comunicativa a grand’angolo della nostra materia, ma avremo anche offerto contemporaneamente ad un gran numero di ricettori la possibilità di entrare in contatto diretto con l’aspetto che più direttamente interessa.
Esemplificando: punto storia della scherma: dove in breve si illustra l’evoluzione delle armi da taglio e la loro trasformazione in armi sportive; punto materiale: dove si presentano le nostre attrezzature con particolare riferimento alle tre armi (facendole direttamente impugnare con prudenza ai ricettori); punto prova di coraggio: dove il ricettore è invitato a mettersi la maschera, sulla quale saranno indirizzati colpi di taglio e di punta da parte dell’emittente; punto tecnico: dove si spiegano sinteticamente i principi e le convenzioni della nostra disciplina; punto lezione: dove si impartiscono brevissime ed elementari lezioni; punto assalto: dove con il materiale di plastica i ricettori possono effettuare, pur con tutti i loro limiti, alcune stoccate sotto il controllo ed i suggerimenti di un emittente; punto video: dove in un impianto il pubblico può assistere alla visione ciclica di materiale propagandistico federale o anche prodotto in proprio (magari con la visione della propria sala e di prestazioni dei propri allievi); punto informazioni: dove si possono chiedere tutti i dettagli circa la frequenza della sala di scherma e dove si possono ritirare eventuali volantini esplicativi o buoni di frequenza gratuita.
Inaugurazioni e celebrazioni
Talvolta è richiesta la partecipazione della nostra disciplina in occasione dell’inaugurazione di impianti sportivi e/o di palestre oppure, più genericamente, in occasione di celebrazioni pubbliche. Si tratta nella sostanza di fare da cornice ad un avvenimento sportivo o culturale.
In questi casi lo spazio temporale a disposizione è quasi sempre molto angusto, dieci o quindici minuti al massimo.
Il nostro messaggio, non potendo ricorrere che in minima parte a parole e concetti, dovrà quindi essere affidato soprattutto alle immagini.
Nelle manifestazioni che si svolgono in habitat sportivi, dove quindi non dovrebbe mancare lo spazio, può essere proficuamente utilizzata la forma coreografica.
In essa partecipano diversi elementi senza che alcuno abbia una parte centrale: il messaggio è affidato ad una visione generale del tutto, magari specificata nel dettaglio da un capace speaker che via via ne presenta le singole componenti.
Ad esempio: all’inizio tutti i partecipanti fanno ingresso contemporaneamente ed in modo ordinato nello spazio destinato all’esibizione; si dispongono in fila e salutano con l’arma il pubblico; poi si formano le coppie per arma, avendo l’accortezza, se possibile, di ben miscelarne la composizione: due bambini con le armi di plastica – due giovani fiorettisti in completo, anche se non ci sono le apparecchiature elettriche (quindi per un fine puramente estetico) – coppie più adulte di sciabola e di spada – una coppia di master ; al centro un maestro che impartisce ad alta voce una lezione ad un giovane allievo. Insomma ci dovrà essere la presenza più composita possibile: uomini e donne, tutte le specialità, tutte le età, assaltanti e maestro.
In tal modo le parole, nel limite del possibile, saranno sostituite dalle immagini che si affolleranno sul “palcoscenico”.
Come sopra accennato indispensabile sarà l’intervento dello speaker che darà la chiave di lettura delle varie situazioni: attirerà l’attenzione del pubblico man mano sulle singole coppie sottolineandone e specificandone in breve le peculiarità.
Procedendo in tal modo avremo associato all’indubbia suggestione, derivante dalla visione di insieme degli schermidori in azione, anche un minimo di conoscenza della nostra disciplina.
Nelle manifestazioni che fungono da cornice ad avvenimenti culturali è difficile che si possa fruire di un habitat molto ampio, talvolta non è nemmeno a disposizione l’intero spazio di una pedana pur non regolamentare.
Alla forma dell’assalto accademico (comunque sempre commentato da un valente speaker) si può alternare una lezione impartita da un maestro ad un allievo di livello medio-superiore.
Un microfono senza fili potrà essere utilizzato per far udire a tutti i “comandi” e le considerazioni del maestro.
Far partecipe il pubblico dell’intimo colloquio tra insegnante e allievo crea, per brevi periodi, una vera suggestione: le parole ed il tono del maestro (ora di soddisfazione, ora di rimprovero, ora di sprone), le spiegazioni e le dimostrazioni pratiche possono far percepire in modo esauriente quale sia il rapporto che si instaura nella lezione.
Le azioni fondamentali fatte eseguire alquanto lentamente all’allievo costituiranno una lectio brevis per l’intero uditorio, che con molta probabilità sarà indotto a vivere emotivamente il ruolo di allievo.
La lezione dovrà avere quindi la funzione di un breve ma completo excursus nel mondo della tecnica e della tattica schermistica: attacco, difesa, finte, uscite in tempo, controtempi.
A conclusione della lezione sarà opportuno accelerare i tempi di esecuzione e incentrare la scelta su alcune azioni di alto contenuto spettacolare: ad esempio azioni in frecciata o, nella sciabola, azioni di attrito prolungato (cioè una concatenazione di parate e risposte).
Incontri con classi scolastiche del ciclo secondario
Il nuovo assetto della scuola pubblica ha facilitato non poco l’ingresso delle diverse discipline sportive durante le ore di educazione fisica: transitando dal Consiglio di Istituto, ovvero l’organo centrale della scuola, è sempre più facile entrare in contatto con gli alunni delle scuole medie e delle scuole superiori.
I professori “cedono” ai propagandisti alcune ore e, sotto la loro supervisione, è possibile portare il proprio messaggio pubblicitario.
Va subito fatta una considerazione: gli elementi che riusciamo a contattare in queste occasioni hanno almeno undici–dodici anni, sino ad un’età di diciotto – diciannove; quindi parte di loro, lo confermano le statistiche, svolgono già attività sportive o parasportive anche da vari anni.
Il nostro messaggio è quindi destinato anche a soggetti già in partenza non interessati al messaggio stesso: il nostro sforzo propagandistico può sembrare di scarsa utilità.
Invece bisogna considerare il fatto che non solo non è la gran parte dei ragazzi ad essere già impegnata in altre attività agonistiche, ma che, al contrario, pochissimi sono quelli che, pur a vari livelli, risultano tesserati per una qualsiasi federazione sportiva.
Inoltre, anche tra quelli che hanno già scelto uno sport, non tutti si sono “accasati” felicemente, per cui, non è detto che non possano “convertirsi” alla nostra disciplina.
Per tutto questo reputo che possa essere per noi alquanto fruttifero visitare anche queste scuole di grado più elevato delle elementari.
L’età piuttosto avanzata di questi ragazzi probabilmente non ci consentirà di farne dei grandi campioni, ma sicuramente con il nostro interessamento a loro indirizzato avremo onorato un grande ideale sportivo e soprattutto avremo allargato la base dei soci paganti della nostra Società.
Comunque credo che un corso propagandistico destinato a questa tipologia di scuole non debba essere troppo prolungato; e questo sia per le caratteristiche dei ricettori, sia perché solitamente le nostre energie propagandistiche non sono inesauribili ed è sicuramente prioritario indirizzarle verso le scuole elementari.
In base alle mie esperienze credo che si debbano produrre al massimo due incontri per classe : in una sola ora, che poi è sempre accademica, si riesce ad impostare ben poco, in più di due si rischia di disperdere le nostre energie, come sopra accennato.
Questo duplice incontro ha anche una sua specifica valenza psicologica: l’esordio tende con la sua iniziazione ad incuriosire e interessare i ricettori, mentre la pausa tra i due incontri crea in genere delle aspettative; il secondo ed ultimo incontro, basato quasi esclusivamente sull’esperienza personale, dovrebbe sviluppare tutta la sua potenzialità pubblicitaria, andando ad incidere sui soggetti sensibili.
Prima di passare al dettaglio di questi due incontri è necessario osservare che nelle occasioni propagandistiche presso le scuole medie l’emittente può essere efficacemente affiancato da una figura molto importante: il tutore.
Questo personaggio, scelto di età vicina a quella dei ricettori, può giocare un ruolo molto importante.
Una sua prima funzione sarà quella di fare da supporter al propagandista: renderà possibile tra l’altro un mini-lezione esplicativa o, in caso di due “tutori”, un breve assalto dimostrativo. Alla fine del corso gli schermidori-tutori potranno accettare anche qualche “sfida”con le armi di plastica da elementi della classe.
Ma la più importante valenza sarà quella psicologica: i ricettori vedranno all’opera dei coetanei e ne riceveranno appropriati stimoli. Vestiti di tutto punto con l’attrezzatura da gara potranno essere liberamente “intervistati” e, grazie all’uniformità di linguaggio e modo di sentire, comunicheranno ai coetanei in modo diretto le loro informazioni e le loro sensazioni.
Operando nelle scuole superiori il tutore risulta inutile, se non addirittura controproducente: l’età dei ricettori è tale per cui la loro personalità è in stato di avanzata formazione e non necessitano quindi di alcun “interprete” per poter recepire il messaggio.
Tra l’altro il grado di autodeterminazione di questi soggetti è tale che ci esenta dal ricercare un contatto anche dei loro genitori, per cui il nostro lavoro propagandistico si esaurisce con il contatto con loro instaurato.
Quella che segue è la descrizione particolareggiata di due incontri successivi di un’ora ciascuno tenuti a classi di scuola secondaria; naturalmente non vuole essere “il” modo assoluto con cui svolgere le due lezioni, ma costituire solamente un esempio da cui liberamente prendere spunti e suggerimenti per la propria attività.
Prima lezione:
Come già affermato in altra parte di questo lavoro, l’innesto del rapporto con la classe, o imprinting, riveste grandissima importanza. Prima di affrontare la nostra materia è infatti necessario avviare un processo che tenda ad “avvicinare” l’uditorio:
“Salve sono … (nome di battesimo) e sono venuto a parlarvi del mio sport, la scherma (intanto ci siamo avvicinati con le nostre tre armi agli allievi seduti in semicerchio). Ma che bella palestra avete! Quante classi ci sono in questa scuola? …
Sentite, invece di cominciare io a parlarvi della scherma, ditemi piuttosto voi tutto quello che sapete sul mio sport…qual’è la sciabola tra queste tre?…
E dopo alcune risposte.
Sentite facciamo un gioco, io vi dico alcuni motivi per i quali fare scherma e, alternandoci, voi dite a me i motivi che sinora vi hanno indotto a non farla…
Comincio io; la scherma è un’attività sportiva e lo sport è un mezzo per migliorare noi stessi, sia fisicamente che intellettualmente (mens sana in corpore sano!), anche se non si diventa “campioni” riusciamo ad evolverci un bel po’!
Tocca a voi… di solito i ricettori fanno riferimento al fatto che la scherma è poco conosciuta, costa troppo, è troppo aggressiva, non è uno sport di squadra…
Naturalmente è impossibile dare qui un prontuario delle contro-deduzioni…l’importante sarà rispondere in modo conciso e convincente
Ma ora vi voglio dire un altro motivo per cui a giovani della vostra età farebbe piacere entrare in una sala di scherma (questo è un messaggio da indirizzare prevalentemente ai ragazzi più adulti). Si prende un’arma, si mette per terra e ci si passa sopra.
Vedete, entrare in sala è come superare una soglia di un mondo dove prevale la libertà. Nessuno, come al contrario avviene in uno sport di squadra, ti può imporre di fare o di non fare una cosa.
Certo bisogna aggiungere delle considerazioni: io mi alleno solo con le lezioni del maestro per la tecnica e non faccio mai preparazione atletica, poi vado alle gare e dopo un paio di assalti non ce la faccio più dalla fatica. Inversamente mi alleno solo con la ginnastica perché il maestro nelle lezioni mi tratta sempre male, poi vado alle gare e non ho speranze perché gli altri hanno tecnica maggiore della mia.
E allora? Siamo sì liberi, ma se non interpretiamo bene questo favoloso stato siamo i primi noi stessi a pagarne le conseguenze.
Ma sentite, ragazzi, facciamo un esperimento?
Si scelgono cinque o sei ragazzi ; si fanno uscire dal gruppo e, dopo averli fatti piegare sulle gambe con le palme delle mani a terra, si comunica loro di eseguire velocemente un balzo verso l’alto slanciando anche le braccia per verificare la loro agilità e la loro velocità.
Diremo che l’ordine di esecuzione sarà rappresentato dalla nostra battuta di mani (nel dare questa informazione cercheremo di farla poco risaltare); subito dopo grideremo ad alta voce:”via”. Tutti, o quasi tutti, i soggetti di solito effettueranno il balzo anche in presenza del comando errato! Ci mostreremo perplessi e senz’altro qualcuno, soprattutto tra quelli che non hanno preso parte al test, si renderà conto dell’errore commesso dai compagni.
A questo punto, parlando velocemente e marcando il tono di voce sulle altre parti del discorso, invertiremo il comando:” scattare in alto al –via-“. Quindi batteremo le mani. Molti dei ragazzi, sbagliando ancora, effettueranno il salto. Ciò susciterà ilarità e maggiore curiosità nel gruppo.
Infine, ammettendo il precedente inganno, richiameremo ancora l’attenzione sulla velocità di esecuzione del gesto atletico e ribadiremo senza possibilità di fraintendimento che la partenza sarà decretata dalla nostra battuta di mani.
Solo che non la effettueremo: infatti, facendole passare vicino tra loro, faremo solamente una finta. Qualcuno, ancora sbagliando, effettuerà il balzo.
Rimanderemo quindi a posto i ragazzi del test e cercheremo di interpretare con l’intero gruppo l’accaduto.
Vedete, ragazzi, c’è qualcosa che non va!
Nel corso della breve indagine verrà sicuramente evidenziato che gli errori di comportamento sono derivati da una errata risposta (l’autput) agli stimoli esterni (gli imput); a questo punto metteremo in relazione questo tipo di errori con i benefici che un’attività sportiva può esercitare per contrastarli.
Faremo osservare come solo un’errata concezione di sé stessi ci vede ora, sportivi, ora studenti, ora nelle pause di tempo libero; l’essere umano (qui ci faremo dire il nome del o della ragazza più vicina e lo ripeteremo come esempio) è un individuo globale, è sempre lui; quello che apprende in una sua dimensione non resta solo una capacità di questa dimensione, ma diventano patrimonio dell’intero e globale individuo.
Si fa poi osservare che ogni persona ha la sua potenzialità: c’è chi può diventare un campione del mondo e c’è chi nemmeno campione provinciale.
L’importante è rendersi conto che uno deve tendere ad arrivare comunque al suo massimo grado di possibile espressione: anzi ha più necessità di fare attività sportiva “l’imbranato”, perché per lui lo sport è come uno sciroppino!
Meditate gente, meditate!
Un’altrettanto divertente alternativa può esser rappresentata dal test del salto della corda: come noto questo elementare esercizio dà un indice ben preciso del grado di coordinazione motoria dei vari soggetti.
Purtroppo il valore medio, anche in ragazzi di età avanzata, è molto basso, per cui o non troveremo alcun “volontario” o, nel più dei casi, assisteremo a buffe esibizioni.
Facile, insieme all’intera classe, trarre la relativa morale!
Entrambe le esperienze hanno lo scopo di far verificare a ciascuno i propri limiti motori e di suscitare il desiderio di migliorarsi: anche se non avremo portato un solo iscritto nella nostra sala di scherma, avremo compiuto un meritevole atto pubblicitario nei confronti della più ampia categoria dello “Sport”, come valore morale ed evolutivo della persona.
A questo punto un breve riferimento alla storia delle armi e alla loro evoluzione sportiva: la spada di re Artù, Excalibur, o quella di Orlando, Durlindana, e le necessarie corazze pesantissime, poi la scoperta della polvere da sparo ed il mutare delle armi pesanti in armi leggere. Infine la loro trasposizione in chiave sportiva
Ma per fare la scherma è necessario essere coraggiosi, chi è il più coraggioso della classe? …
Al volontario si fa mettere una maschera, sulla quale con molta teatralità si indirizzeranno colpi di punta e di taglio, accompagnandoli con brevi urla come nell’assalto.
Approfitteremo dell’occasione per dare brevi cenni sulla sicurezza : come si compone l’attrezzatura agonistica e avvertimento di non “giocare” a scherma neanche con un dito!
Ma ora passiamo a fare qualcosa di pratico…
Si scelgono due volontari e si dispongono l’uno davanti all’altro dopo fatto riferimento alla zona-pedana, magari approfittando delle linee di gioco presenti sul terreno della palestra.
Logicamente la posizione ad anfiteatro iniziale viene mutata ed i ricettori si dispongono in linea retta parallela alla pista, seduti a terra a distanza di sicurezza.
Vi descrivo un’arma: punta, lama, coccia e manico ( alternativamente si toccano con l’indice le parti indicate).
L’arma si impugna così: indice a supporto inferiore, pollice sopra e le altre dita a reggere il manico.
Imitatemi e assumete questa posizione (la prima posizione).
Poi ci si avvicina al gruppo di ricettori e si chiede cosa si ha in mano. Si risponderà : un fioretto, una spada o una sciabola ( a seconda dei casi).
No! Io ho in mano una delle cose più orribili e spaventose che l’uomo abbia potuto inventare nella sua evoluzione: ho in mano un’arma.
Ma la scherma ha reso possibile una sua eccezionale trasformazione: da cosa cruenta a gioco.
Ecco perché, visto le nostre origini, lo schermitore deve assolutamente imporsi di tenere un comportamento leale e sportivo. Ci pensate che il calcio, che è di per sé un gioco gioioso che si fa con una palla, spesso trascende in violenza sul campo e sugli spalti. Cosa accadrebbe se lo stesso succedesse ad una gara di scherma: una battaglia con le armi! Una strage!
Capite ora perché all’inizio e alla fine di ogni assalto si deve salutare l’avversario; e si fa così: arma in linea (e si fa fare il gesto ai due ricettori uno di fronte all’altro), piegando il braccio al gomito e portandosi la coccia vicino al volto è come dire “ciao”, facciamolo per l’avversario, poi verso sinistra ed infine verso destra.
Rimandiamo quindi, ringraziando, a posto uno dei due volontari: all’altro si dice imitami… come non si può fare nei compiti in classe!
Ora vi parlo della postura, della posizione che lo schermidore assume per poter al meglio tirare di scherma…
Ci si pone in guardia e si corregge eventuali errori commessi dal ricettore-imitatore.
Si fa esplicito riferimento alla ricerca del baricentro (punto di incontro delle mediane in un triangolo, vero?!).
Bene, ora cerchiamo di imparare a spostarci sulla pedana: nella vita quotidiana la deambulazione avviene avvicendando gli arti inferiori, portando quello dietro anteriormente e così via. Ma guardate cosa avviene se applichiamo lo stesso metodo che che ci siamo messi in guardia.
A questo punto si simula l’errore, dimostrando visivamente che così facendo si cascherebbe per terra al secondo passo quando le gambe si incrocerebbero ineluttabilmente.
Allora per spostarsi nella scherma occorre prestare attenzione a muovere per prima la gamba avanti per andare avanti e la gamba dietro per andare indietro. E vale la legge del “due”, cioè due soli movimenti.
Detto ciò, si mostra lentamente l’esecuzione più volte in avanti e indietro.
Ma prima di fare eseguire lo spostamento a…(nome di battesimo del ricettore impegnato in pedana) devo parlarvi del concetto di “contraria”: contraria è un concetto, contraria è l’essenza del gioco-scherma; contraria è utilizzare la contromossa a quella dell’avversario,
A questo punto ci si rimette di fronte al ricettore in guardia e, dopo aver fatto un passo avanti (o uno indietro), si sollecita il ricettore a fare la” contraria”.
Il ricettore quasi sempre intuisce che il suo compito è quello di “mantenere la misura”, per cui, dopo qualche passo avanti e passo indietro, si sollecita il gruppo-pubblico a fargli un applauso.
Ringraziamo l’allievo e richiediamo la presenza di un altro volontario, chiamandolo in seguito col nome di battesimo.
Con lui facciamo il “ripasso” del saluto, della messa in guardia e dello spostamento in avanti e indietro.
Vi ricordate della distribuzione del peso su entrambe le gambe? …(nome di battesimo del ricettore sulla pedana) ti spiacerebbe, sbagliando, spostare quasi tutto il peso del corpo sulla gamba anteriore?! Per favore, prova ora a spostarti velocemente in avanti.
Il ricettore ovviamente non riesce a muoversi bene.
Grazie, prova ora sulla gamba posteriore e spostati all’indietro. Producendosi lo stesso risultato, si sottolinea ancora l’importanza della ottimale distribuzione del peso del corpo su entrambe le gambe.
Ora vi parlerò dell’azione più faticosa dello schermitore: l’affondo.
Si esegue l’affondo e si chiede al gruppo: l’affondo a cosa serve? Si evidenzierà tra le risposte date quella esatta, cioè che serve a raggiungere l’avversario.
Ci si rivolgerà al ricettore in pedana, invitandolo ancora una volta ad imitarci.
Lo consiglieremo di fare buon uso del braccio non armato per tendere le spalle durante l’affondo. Faremo ripetere l’esecuzione due o tre volte.
Chi dice che la scherma, almeno nelle sue azioni fondamentali, è troppo tecnica per essere compresa dai profani?!
Cercherò di dimostrarvi, che ponendo …(nome del ricettore) in certe condizioni, sarà lui stesso a “scoprire” l’azione da fare.
Guardate la mia coccia e pensate che la posizione attuale (si mostra la coccia al centro della guardia) sia come un semaforo, come una porta chiusa.
Vediamo se … (nome del ricettore) saprà applicare la “contraria giusta”.
A questo punto si fa effettuare una serie di passi avanti e indietro all’allievo, poi, lentamente, si passa all’invito di terza, dicendo: e ora?
La quasi totalità dei ragazzi, intuendo, esegue l’affondo sul bersaglio interno scoperto; altrimenti sarà sicuramente qualcuno del pubblico a suggerirgli l’azione.
Faremo fare un paio di affondi invitando di terza; poi diremo: ma le “porte” di una casa non sono tutte uguali e ci scopriremo all’esterno con un invito di quarta.
Dopo che l’allievo avrà toccato un altro paio di volte passeremo infine all’invito di prima, facendoci colpire al fianco.
Rimanderemo il ricettore a posto e lo sostituiremo con un altro nuovo.
Ripasso veloce di tutte le azioni svolte; poi dopo qualche passo avanti e indietro senza invito diremo: …(nome del ricettore) passano i minuti e le ore, ma nessuna porta si apre! Tu cosa fai per entrare in bagno quando la porta è chiusa?
Qualcuno del gruppo dice spesso “la sfondo” oppure “busso”; se ciò avviene, sottolineiamo la comicità della risposta e ridiamo con tutto il gruppo.
Più semplicemente!
Alla fine qualcuno dice “la apro”.
Benissimo! Vediamo, quando io metto in linea la mia lama come fa …(nome del ricettore) ad aprire la porta.
Di solito l’allievo intuisce e, battendo più o meno correttamente sulla lama, effettua la “battuta e botta”. Se necessario specificare che la battuta va fatta in modo veloce e seguita subito dall’affondo.
Gratificare quindi con un “bravo” l’allievo che la esegue, sollecitando un applauso del gruppo.
Dopo qualche allineamento sulla linea interna del ricettore, si ricorda che prima avevamo detto che le porte non sono tutte uguali e quindi si passa a mettere in linea la nostra arma all’esterno dell’allievo.
Lui risponderà con la battuta di terza e affondo.
Dopo un paio di esecuzioni si passerà con lo stesso procedimento alla battuta di “seconda”.
Breve pausa con qualche considerazione estranea alla scherma, poi si inviterà un altro ricettore sulla pedana.
Consueto ripasso, sottolineando che le istruzioni per l’esecuzione delle varie contrarie non vengono ormai più date con la voce ma semplicemente con i gesti tecnici.
Ora con …(nome del ricettore) dopo le azioni di attacco, dovremo vedere cosa?
Qualcuno solitamente indovina: la difesa.
Ci si avvicina all’allievo in guardia e si fa osservare che il loro compagno in guardia in funzione della posizione della sua arma determina su se stesso quattro settori di bersaglio ai quali potere indirizzare i colpi. Avremo l’accortezza di porre l’allievo in pedana in guardia di fronte al gruppo e, per far meglio intendere le zone, soffermeremo la nostra lama sulle quattro diverse zone.
Bene guardate come… (nome del ricettore) farà a parare.
Iniziando da quella di “quarta”, senza denominarle, visiteremo quindi tutte e quattro le parate.
Si rimanda a posto il ricettore e se ne cerca un altro.
Bene, ora io e …(nome del ricettore) faremo un gioco: se … eseguirà il colpo giusto farà un punto lui, altrimenti in caso contrario il punto lo farò io.
Si approfitterà di questa occasione per parlare in breve dell’agonismo, facendo riferimento soprattutto ai diversi effetti che può avere sul rendimento dello sportivo all’atto pratico.
Diremo che per esperienza propria conosciamo degli schermitori che fanno ottime lezioni, ma che durante lo svolgimento di un vero assalto non riescono ad esprimersi altrettanto bene; mentre altri, all’apparenza meno preparati tecnicamente, all’atto pratico dell’assalto riescono ad ottenere risultati impensabili.
Ricollegheremo quindi questo concetto a quella visione globale dell’individuo accennata nella prima parte dell’incontro, riconoscendo all’agonismo, se ben gestito, un’ulteriore importante funzione di formazione personale.
Concluderemo l’assalto a punteggio con l’allievo, avendo l’accortezza di fare in modo di farlo sempre vincere.
Per finire vi propongo un altro gioco; mi servono quattro o cinque volontari, che si mettano in fila e in guardia davanti a me, come se io fossi lo sfidante di ciascuno di loro.
Appena i ricettori si sono disposti come richiesto.
Questo è il gioco dei riflessi e degli inganni: guardate solo le mie mani e non fatevi fuorviare da quello che dico o dal movimento del mio corpo.
Associate al numero uno espresso dalle dita delle mie mani un passo avanti, al numero due un passo indietro, al numero tre fermi come delle statuine, al quattro linea-affondo-in guardia.
Si fa eseguire qualche prova, poi, informando che chi sbaglia viene eliminato, si comincia il gioco.
Inizialmente sia con la voce, sia con il proprio corpo si ossequiano i gesti richiesti (ad esempio al gruppo il numero uno e noi un passo indietro), poi si alternano ordini distonici (ad esempio si grida “affondo” mostrando il numero tre).
Successivamente, quando gli allievi migliori tendono a non sbagliare più, si innesta un altro comando.
Ascoltate, ho bisogno di un aiuto da parte del gruppo: osservate i vostri compagni e aiutatemi ad eliminare quello che esegue il movimento per ultimo.
Arrivati al vincitore, si ripete la gara, magari con ragazzi diversi.
Alla fine si cercherà di far riflettere ulteriormente i ricettori sul fatto che la concentrazione ed il suo esercizio non sono importanti solo per la scherma, ma per tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Chiuderemo questo primo incontro preannunziando che nel corso del secondo saranno disputati dei “veri” assalti.
Consegneremo infine a ciascun ragazzo un minifascicolo sulla scherma, sul quale ciascuno potrà ritrovare, anche sotto forma di disegno, alcune delle informazioni ricevute nel corso delle lezioni (vedi appendice).
Ciò potrà esser utile sia come ulteriore spiegazione delle informazioni tecniche ricevute, sia come promemoria generale. Inoltre, contenendo anche nozioni non affrontate nel corso della prima lezione, potrà costituire per il lettore uno stimolo a porre domande e chiarimenti all’inizio del secondo incontro.
Seconda lezione
Quando i ragazzi entreranno in palestra troveranno una “pedana” o qualcosa di simile: uno spazio delimitato da nastro adesivo colorato, una macchina segnalatrice delle stoccate e, da una parte, un rullo, una spada ed un passante.
Il conduttore con abbigliamento da gara, con l’aggiunta di un manicotto da lezione di spada (per evidenziare anche il bersaglio avanzato), impugnerà un fioretto di plastica e spiegherà quindi che l’incontro non esporrà nessuno a pericolo: l’allievo potrà colpire con l’arma metallica il conduttore protetto dall’attrezzatura regolamentare, mentre il conduttore potrà colpire con la finta arma l’allievo protetto solo dalla tuta sportiva.
La situazione mette quindi in condizione l’allievo di verificare la propria stoccata vincente tramite l’accensione del proprio segnalatore visivo e sonoro, mentre il conduttore, data la sua incontrastata superiorità tecnica, rende evidente le proprie stoccate fermando a piacere la sua punta di plastica sul bersaglio grosso dell’allievo. In sostanza si tratta di realizzare quello che i trattati di tecnica chiamano spratico di assalto.
A questo punto con un paio di volontari si rinfrescano le azioni ed i concetti esposti durante la prima lezione.
Poi si forniscono concise istruzioni per dirigere l’assalto: “via”, “alt”, chi supera il limite posteriore della pedana è toccato…
Alcuni volontari fungeranno da Presidenti di giuria.
A sorpresa il primo sfidante invitato sarà proprio l’insegnante della classe presente al minicorso; ciò susciterà naturalmente l’ilarità degli allievi.
Poi si inizierà il primo match con i ragazzi alle tre stoccate ed il conduttore a voce alta commenterà via via le azioni dell’allievo, confermandone la bontà, correggendo gli errori commessi e mostrandone la giusta esecuzione.
Per eliminare i tempi morti derivanti dalla “vestizione” degli assaltanti si consiglia di portare un passante in più in modo tale che durante una sfida il successivo concorrente abbia la possibilità di prepararsi anticipatamente con l’aiuto dell’insegnante.
Mano a mano che gli assalti si avvicendano sull’improvvisata pedana, facendo tesoro delle esperienze dei compagni precedenti, gli allievi hanno quindi l’opportunità di migliorare la loro condotta di gara.
Naturalmente la qualità di esecuzione, sia tecnica che tattica, lascerà non poco a desiderare, ma in un lasso di tempo di sole due ore saremo riusciti a trasmettere a tutta la classe i principi fondamentali della nostra disciplina e a far provare a molti di loro le sensazioni di un vero assalto.
Un’ultima considerazione. La brevità della durata del messaggio può, contrariamente a quello che si possa pensare, avere un suo effetto positivo: la natura sostanzialmente esperienziale del secondo ed ultimo incontro è facile che vada a sollecitare con la sua indubbia carica suggestionale la curiosità ed il desiderio di ripetere l’accaduto.
In questi casi sarà quindi opportuno elaborare un volantino che non solo fornisca tutte le indicazioni del caso per raggiungere la sala di scherma, ma che evochi anche nella grafica il ricordo dell’accaduto e stimoli la fantasia con immagini ad effetto, come ad esempio l’esecuzione di una frecciata.
Inoltre sarà proficuo consegnare ai ragazzi delle scuole medie una lettera esplicativa sulla nostra disciplina da consegnare ai propri genitori: in tal modo, oltre che avere contattato direttamente i potenziali neoschermidori, avremo anche fatto giungere le nostre considerazioni a coloro dai quali direttamente dipendono.
L’indicazione, infine, della possibilità di svolgere gratuitamente un certo periodo di prova presso un circolo di scherma completerà l’intero messaggio comunicativo.
Corsi di propaganda presso le scuole elementari
Premessa * Caratteristiche generali * Descrizione del corso
Premessa
E’ tramite questa attività che possiamo e dobbiamo trovare la maggior parte delle nostre nuove leve, pur nella consapevolezza dell’impari lotta contro il calcio-pigliatutto.
Infatti i bambini, soprattutto quelli delle prime classi, con molta probabilità non hanno ancora scoperto il mondo dello sport e non hanno ancora optato per una disciplina: pertanto essi rappresentano un bacino di potenziale utenza di grande portata.
Tra l’altro, impostando un rapporto di reciproca soddisfazione con le singole scuole, sarà possibile ripetere l’esperienza nel corso degli anni, garantendoci quindi una sorgente costante a cui poter attingere all’inizio di ogni stagione sportiva.
In genere le ore in cui poter svolgere il nostro lavoro coincidono con le ore dedicate settimanalmente nella scuola all’educazione motoria.
Sotto questo profilo, proprio per non deludere le aspettative in noi riposte come coadiutori della crescita psico-fisica degli allievi, si deve prestare attenzione a non sviluppare esclusivamente un “discorso scherma”; al contrario si deve cercare di valorizzare al massimo l’insegnamento e l’applicazione della nostra disciplina quale momento di evoluzione motoria dei bambini.
Risulta quindi opportuno inserire nel nostro programma tutta una serie di tangibili obiettivi di crescita motoria: coordinazione, equilibrio, scelta del tempo, velocità…
La nostra abilità è riposta nel realizzare tutto questo in chiave schermistica, attraverso esercizi e soprattutto giochi legati alla nostra disciplina, che abbiano ovviamente tra i primi risultati anche quello di far divertire in modo costante i ragazzi.
Per esperienza diretta sento di poter affermare che in questi primi istanti di contatto (che coincidono poi anche con l’intero corso) non è tanto e solo “la scherma” la cosa che attrae, cioè non è tanto il contenuto della cosa in sé; ma piuttosto è il rapporto che l’educatore riesce ad instaurare con il gruppo: i suoi “giochi” e la sua simpatia.
In altre parole è l’habitat a rappresentare il valore primario; e l’habitat è costituito dai compagni (in questo caso sono già tutti compagni di classe) e, come appena detto, dalle doti dell’insegnante.
Ripeto che queste considerazioni di partenza sono della massima importanza: piacevole sarà la scherma, se piacevole sarà stare con i compagni e piacevole l’allenatore.
I risultati del corso scolastico non dipenderanno dal valore tecnico espresso dal propagandista, ma dalla sua preparazione e dalla sua capacità di rispondere in prima istanza a queste esigenze.
Caratteristiche generali
Quando il contatto tra emittente e ricettori non si risolve in uno o al massimo in due incontri, ma si ripete più volte nel tempo, entriamo nel settore dei corsi di propaganda.
Il tempo a disposizione si dilata ed è quindi possibile impostare un messaggio incentrato anche sui contenuti tecnici oltre che su aspetti generici e accessori.
La quantità degli “imput” da poter inviare aumenta notevolmente ed insorge di conseguenza la necessità di un vero e proprio “programma” da stendere preventivamente e da svilupparsi in progressione, pur con tutte le possibili variazioni del caso.
Il corso viene tenuto al di fuori della sala di scherma e si basa appunto sulla necessità di esportare la conoscenza della nostra disciplina per poi importare nel nostro ambiente nuovi adepti.
Un altro aspetto che caratterizza un corso di propaganda è rappresentato dalle caratteristiche della classe dei ricettori, che tendono in questi casi a raggrupparsi per tratti omogenei, primo tra questi l’età.
A differenza di quasi tutte le occasioni divulgative sino ad ora considerate, ciò faciliterà non poco il nostro compito per quello che riguarda la specificità ed unicità del messaggio comunicativo: linguaggio, psicologia, contenuti e quant’altro saranno tratti comuni a tutto l’universo degli uditori.
Inoltre, come ricordato precedentemente circa ” l’importanza del gruppo”, sarà possibile innestare tutta una serie di sinergismi potenzialmente presenti in ogni insieme di individui omogenei.
Due sono le variabili che possono caratterizzare un corso scolastico di propaganda schermistica per le scuole elementari: il tempo di sviluppo del corso e il numero di partecipanti al corso.
Sulla variabile tempo di sviluppo del corso, nell’ipotesi in cui si possa direttamente determinarne la durata, è possibile fare le seguenti considerazioni: abbiamo in precedenza visto come i contatti per le scuole medie e per le superiori si perfezionino in un paio di ore; qui nel caso delle elementari, tenendo conto della minore età degli alunni, il corso deve avere una durata più ampia, ma non deve comunque “sforare” un massimo numero di ore.
In altre parole, giunti ad un certo traguardo, è inutile e anzi controproducente continuare l’azione propagandistica in un ambiente scolastico, che può e deve essere sostituito da quello più consono, cioè la vera sala di scherma.
Tra l’altro, attardandosi troppo nella scuola, c’è il rischio di soddisfare eccessivamente e in un ambiente non consono l’interesse per la nostra disciplina e di farla percepire solamente come una “materia” scolastica.
Scopo precipuo del corso, ricordiamolo, non è tanto divulgare la scherma da un punto conoscitivo, ma procurare alle sale nuovi iscritti.
Da tutte queste considerazioni credo si possa affermare che la durata ideale di un corso destinato alle scuole elementari sia tra le cinque e le sei ore. Vedremo tra breve nello specifico come impiegarle.
Una seconda variabile da tenere in giusta considerazione è quella del numero di partecipanti al corso: chiaramente un numero eccessivo di elementi può costituire un fattore altamente negativo per il naturale e normale svolgersi del lavoro. Questo non solo per l’insorgere di eventuali problemi di comportamento (condotta), ma anche e soprattutto per poter proficuamente e con ordine attivare tutti quei potenziali sinergismi derivanti dall’appartenenza ad un gruppo di lavoro.
Parimenti un numero troppo esiguo di bambini limiterà quest’ultimo aspetto e farà venir meno un utilissimo strumento comunicativo.
Per esperienza indichiamo tra i quindici e, al massimo, i venti gli elementi costitutivi del gruppo ideale per poter promuovere un buon messaggio.
Tra l’altro, nella maggior parte dei casi, tale numero è compatibile con quello che di norma forma una classe.
L’equipaggiamento durante la fase squisitamente didattica sarà costituito dai fioretti di plastica in dotazione ai Giochi della Gioventù, che com’è noto, garantiscono l’uso anche in assenza di divisa regolamentare. Mentre per gli assalti finali a punteggio sono consigliate le armi (sempre di plastica) di nuova concezione, che tramite un sistema a micropile riescono ad assolvere la funzione di evidenziazione della materialità della stoccata.
Per le maschere sarà meglio far ricorso a quelle di ferro, anche se non più conformi per le gare; ciò non solo per migliorare la loro capacità visiva, ma soprattutto per attenuare il disagio che in genere deriva ai neofiti dal loro iniziale uso.
Per evidenziare meglio il bersaglio valido sarebbe opportuno disporre di semplici coprimaglia di stoffa con legacci laterali, magari colorati in modo diverso.
Infine alcune osservazioni, anche se abbastanza ovvie, in relazione al periodo più opportuno per lo svolgimento di questi corsi scolastici.
E’ consigliabile non protrarli dopo le vacanze pasquali: infatti non si potrebbe dare alla loro fine quella naturale continuazione, almeno per qualche mese, nella vera sala di scherma.
Parimenti è da evitare che le vacanze natalizie o pasquali cadano durante il loro svolgimento: il ritmo del messaggio propagandistico potrebbe risentirne e far venir meno quella continuità temporale e quel crescendo progressivo, che se ben cadenzati, rappresentano la maggior garanzia del successo finale dell’intero nostro lavoro.
Descrizione del corso
Passiamo ora a descrivere lo svolgimento del corso scolastico, che avrà in genere per destinataria una sola classe delle scuole elementari e si protrarrà per circa tre settimane con una cadenza bisettimanale per un totale di circa sei ore.
Come esposto nella parte teorica, il primo contatto deve essere rivolto soprattutto ad instaurare un rapporto umano tra emittente e ricettori, garanzia necessaria per proseguire proficuamente il lavoro divulgativo. Questo atteggiamento deve naturalmente essere ancor più marcato rispetto agli alunni della scuola superiore.
Il secondo aspetto dovrà esser quello di rispondere al più presto alle generali e facilmente intuibili aspettative dei ricettori: “toccare le armi”, saper riconoscere le tre armi e i loro bersagli validi, “vedere” e “fare” subito qualcosa…Il pragmatismo dei ragazzi ci sconsiglia di far precedere l’inizio della pratica da una serie di riflessioni, come invece abbiamo già visto per i ragazzi più grandi.
Una funzione molto importante la potrà svolgere, se reperibile, il tutore, cioè uno schermitore di età molto prossima a quella dei ricettori. Egli svolgerà un insostituibile funzione di trasmissione di informazioni primarie e, soprattutto, di sensazioni emotive. Domande e risposte, proprio per il fatto della coincidenza di età, si intrecceranno tra i ragazzi velocemente, supportate da anche da un linguaggio comune.
Primo incontro
Buongiorno, bambini. Come state? Io mi chiamo … (nome di battesimo) e, siccome la scherma mi piace tantissimo, vado nelle scuole per raccontarlo a tutti i bambini come voi perché vengano con me nella mia sala.
A proposito, quasi lo dimenticavo, saluti dai vostri compagni Ciccio-studio e Ciccio-sport che ho incontrato per la strada prima di venire qui ( si precisa che Ciccio-bello è un tipo di bambolotto molto diffuso tra le bambine, ma di conoscenza anche dei bambini).
I bambini si stupiscono e ridono.
Si! Ciccio-sport e Ciccio-studio bambini come voi!
I bambini urlano domande.
Ma voi chi siete: Ciccio-studio o Ciccio-sport?
Tutti (naturalmente) urlano Ciccio-sport.
E fate bene, perché Ciccio-sport è alto, bello, potente; guardate che salti fa (si balza in alto e in largo); però, c’è un però! Se a Ciccio-sport la maestra chiede quanto fa uno più uno (qui si mettono vicini i due propri indici), Ciccio-sport risponde undici! E se gli chiedono di fare un tema non riesce a mettere insieme più di dieci parole.
Qui c’è qualcosa che non va!
E allora, voi, chi volete essere?
Qualcuno (sempre) risponde: Ciccio-studio.
E fate bene perché Ciccio-studio per fare le operazioni è come se avesse in testa una calcolatrice e quando deve fare un tema consuma non meno di dieci grossi fogli bianchi!
Eppure anche qui c’è qualcosa che non va! Perché se qualcuno chiede a Ciccio-studio fai un salto, ecco come lo fa (si simula un salto piccolo e goffo) e se deve correre, guardate (si corre in modo buffo).
Pensateci bene! Vi chiedo ancora:voi, chi volete essere?
L’emittente non si preoccupi, perché c’è sempre qualche bambino che indovina: voglio essere tutt’e due!
Vedete, bambini, perché sono venuto oggi? Io vi posso aiutare, con le vostre maestre, a essere insieme Ciccio-studio e Ciccio-sport.!
A questo punto ci si avvicina con le nostre tre armi sportive al gruppo che abbiamo invitato a sedere per terra ad anfiteatro.
Raccontatemi voi tutto quello che sapete sulla scherma.
In questo primo dialogo si colgono le occasioni per presentare le nostre tre armi e per descrivere come è composta ciascuna di esse. E’opportuno non scendere in minuziose precisazioni che altrimenti annoierebbero i bambini.
Si mostrano due fioretti di plastica che saranno usati per il corso (con e senza segnalatore di stoccate) e si illustra il modo per impugnarli.
Si fa presente che la scherma si fa solo con la maschera, altrimenti può essere pericolosa.
E ora chi viene a fare la prova di coraggio?
A questo punto si procede come descritto in precedenza per i ragazzi delle scuole superiori; qui è il caso di far provare almeno tre volontari.
Bene, cominciamo ora a fare qualcosa.
Si formano tante coppie e si dispongono i singoli bambini gli uni davanti agli altri (se il numero degli allievi è dispari, l’elemento in più farà coppia con l’emittente o con il tutore, se presente).
Vedete, ciascuno ha di fronte a sé il proprio avversario; lo schermidore è un cavaliere e quindi come prima cosa lo saluta Guardatemi e copiate; qui la maestra non si arrabbia se copiate, anzi è molto contenta! (si procede come già illustrato per le scuole superiori).
Ora mettiamoci in questa posizione che si chiama guardia, copiatemi ancora e state attenti a sentirvi in equilibrio sulle gambe piegate.
Si fanno le correzioni del caso per i soli eventuali macroscopici errori.
Bene, ora impariamo ad andare avanti e indietro (stessa procedura che per gli adulti).
OK ragazzi, lasciamo per un po’ la scherma ed esercitiamoci ad essere veloci, perché nella scherma occorre essere veloci davvero.
Si dividono i presenti in due squadre, che si dispongono in fila indiana; alla maggiore distanza consentita dalle dimensioni della palestra si mettono due oggetti (birilli o quant’altro) che rappresenteranno le due “boe” verso le quali i concorrenti dovranno correre per poi girare e tornare indietro; a ciascuna squadra si da un testimone (ad esempio un guanto da scherma); al “via” partono i primi frazionisti, ai quali si succederanno tutti gli altri; naturalmente vince la squadra che finisce per prima.
L’esercizio risulta molto divertente, utile sotto il profilo atletico e soprattutto come interruzione della lezione tecnica. (Questo ed altri esercizi con relative variazioni sono stati da me descritti in un mio precedente lavoro: “La scherma a sette anni”).
Benissimo, ora tutti a sedere per vedere come si fa l’affondo (gli allievi si dispongono a sedere per terra in linea retta).
Ora guardatemi bene e state attenti a come faccio io: comincio col braccio armato, poi uso la gamba e vo affondo. Attenti che lo rifaccio.
Ora, ad uno ad uno, impugnate il fioretto di plastica e fate almeno tre affondo davanti a me e ai vostri compagni.
Le eventuali correzioni fatte ai singoli saranno utili a tutti i ricettori.
Concluderemo questa prima lezione con un gioco: il gioco dell’attenzione. (si procede come per le superiori al gioco “dell’uno, due, tre e quattro”).
Alla fine si salutano singolarmente i ragazzi “battendo il cinque” (come si usa nella pallacanestro); a qualcuno all’improvviso si sottrarrà la propria mano, obbligandoli a ripetere il gesto; per altri si alzerà in alto la mano, obbligandoli anche a saltare per il saluto.
Come si vede il programma di questo primo incontro, come del resto lo saranno quasi tutti gli altri, è piuttosto intenso: l’importante è non perdere mai il senso del “ritmo” e andare a contrastare con tatto, ma anche con fermezza, tutte le naturali tendenze dei bambini a soffermarsi troppo su particolari di poca importanza o a precorrere i tempi anticipando dei contenuti che la nostra struttura precostituita del messaggio colloca in fasi di apprendimento successive.
Alla fine della lezione può essere consegnato a ciascuno dei ricettori lo stesso mini-fascicolo sulla scherma di cui abbiamo fatto cenno a proposito delle scuole medie (vedi la parte degli allegati).
Secondo incontro
Questo appuntamento, come del resto anche il terzo, dovrà esser di alto contenuto tecnico.
Parleremo delle azioni fondamentali di attacco: la botta dritta, la battuta e botta, mettendole subito il relazione alle diverse distanze di esecuzione.
Dovremo naturalmente sorvolare sulla esecuzione qualitativa di tali azioni, essendo sufficiente la sola loro comprensione concettuale e la relativa introiezione. In tale fase sarà oltremodo proficuo ricorrere a tutti quei metodi di insegnamento esposti in questo lavoro nella parte teorica dedicata alla didattica: in sintesi si tratterà di far partecipare attivamente i ricettori alla fase di apprendimento, coinvolgendoli in prima persona nell’attività conoscitiva. La tecnica schermistica, almeno in questa sua parte elementare, apparirà per loro senz’altro di più facile acquisizione, scoprendola personalmente piuttosto che tramite gli imput esterni dell’emittente, che quindi verrà a svolgere solo una funzione di suggeritore.
Rieccoci qui ragazzi, ci siete tutti quelli dell’altra volta?
A proposito ho incontrato qui fuori Ciccio-lealtà e mi ha detto di salutarvi tanto!
I ragazzi ricollegano subito il personaggio a quelli della volta precedente (Ciccio-studio e Ciccio-sport) e chiedono spiegazioni.
Ciccio-lealtà è colui che fa questo: in precedenza abbiamo preso accordi con l’insegnante per simulare un assalto; durante questo l’emittente fa finta di cadere e di perdere il fioretto; l’insegnante si avvicina ..
Alt! Ragazzi ditemi come si comporta in questo caso Ciccio-lealtà (e si indica l’insegnante con l’arma in mano).
Talvolta le risposte sono molto buffe: ammazzalo, fallo fuori, finiscilo…
No ragazzi, ecco come si comporta Ciccio-lealtà: come da precedenti accordi l’insegnante aiuta l’emittente ad alzarsi, raccatta l’arma, gliela consegna e insieme ricominciano a duellare.
Bene,dopo aver visto cosa significa essere leali e sportivi, ora parliamo di scherma…
Per le azioni sopra menzionate si procede in modo sostanzialmente uguale a quello descritto per i soggetti più adulti.
Trattandosi, come sopra detto, di una lezione piuttosto densa di contenuti, è importante tenere costantemente d’occhio la tensione attentava dei ricettori, concedendo, se di caso, brevi pause e diversivi pur attinenti la materia: infatti bastano pochi elementi distratti per rischiare di inficiare tutta la lezione.
Dopo aver fatto eseguire individualmente le azioni schermistiche a circa la metà degli allievi…
Ragazzi, nella scherma è necessario usare bene le gambe; devono essere come degli elastici caricati pronti a schizzare via; facciamo questo gioco…
L’emittente si procura una sedia o quant’altro gli consenta di aumentare la sua altezza; invita gli allievi a formare un cerchio ruotante e via via che si passa vicino a lui si deve colpire con la propria mano quella dell’emittente, che si innalza ogni giro sempre più su.
Non ho mai visto tanti canguri così bravi, ma ora torniamo alla nostra scherma.
A questo punto si esaurisce la serie di esercizi individuali con i restanti allievi.
Terzo incontro
Anche in questo appuntamento si parlerà soprattutto di tecnica, la difesa.
“Faremo”scoprire la parata di terza e quella di quarta per difendersi dai colpi portati dall’avversario: anche in questo caso il metodo sarà quello già descritto per le scuole superiori.
Come al solito dovremo limitare al minimo le osservazioni relative alla qualità di esecuzione del gesto tecnico, magari facendo risaltare il concetto che una parata ben eseguita rende possibile una risposta veloce ed efficace, mentre una parata “molto larga” talvolta ne impedisce anche l’esecuzione.
A proposito, saluti da Ciccio-pazienza!
Chi è Ciccio-pazienza? Ma allora non conoscete proprio nessuno!
Ascoltate, vi racconterò la sua storia. Ciccio-pazienza era un bambino ancora non troppo grande come voi.
Un mese voleva fare tennis, poi un altro mese fare calcio, poi fare nuoto…
Alla fine si accorse di non avere imparato proprio nulla di nulla e si convinse, che dopo avere fatto una scelta, sarebbe stato meglio avere pazienza e imparare finalmente qualcosa.
Ciccio-pazienza ci vuole proprio nella scherma, perché non è uno sport che si fa subito subito, ma occorre imparare piano piano.
Ma ora vi sfido ad uno ad uno!
Il conduttore affronta in rapida successione tutti gli allievi; il gioco consiste nel portare cinque attacchi al ricettore che deve parare e rispondere in modo corretto; i cinque attacchi si devono portare con velocità crescente: rallentato il primo, più veloce il secondo e così via; l’ultima stoccata per la rapidità deve risultare imparabile per i primi ragazzi; in tal modo si tiferà di volta in volta proprio per trovare qualcuno che riesca in questa impresa.
Quarto incontro
Completeremo la parte strettamente tecnica facendo “scoprire” la finta e cercando di applicarla alle azioni già conosciute.
Tutti gli allievi dovranno eseguire con l’emittente alcune azioni di finta.
Non ci crederete, ma ho incontrato qui fuori Ciccio-lottatore
Chi è?
Ciccio-lottatore è colui che non va alla gara solo per partecipare e basta. Ma, attenzione, Ciccio-lottatore non è neanche chi vince e poi perde troppo tempo a considerarsi bravo. Ciccio- lottatore è chi perde impegnandosi al massimo e chi vince senza fare troppa scena!
Ma ora, finalmente, cominceremo a fare i veri duelli.
Faremo “costruire” direttamente ai ragazzi con del nastro isolante la “pedana” dove gareggiare, spiegheremo in modo elementare la “convenzione” del fioretto, illustreremo le competenze del presidente di giuria e dei giurati (che naturalmente sostituiranno come nei tempi passati il segnalatore elettrico, ma solo per sorvegliare che la stoccata registrata dai ”fioretti automatici” sia giunta in bersaglio valido, appunto sui pettorali di stoffa colorata).
Naturalmente faremo eseguire alcune prove esemplificative di assalto tra il conduttore e alcuni ricettori, cercando di fornire loro pochi ed elementari modelli tattici di pedana.
Di fondamentale importanza sarà richiamare l’attenzione del gruppo sulle responsabilità del presidente di giuria (sempre un ragazzo): la sua autorità dovrà essere indiscussa, ma costantemente supportata da attenzione e coscienza, oltre che controllata dal ricettore.
Quinto e sesto incontro
Istruiti i ”giocatori”, si tratterà ora di divertirsi a giocare.
La formula consigliata, con tanto di cartellone scritto, risulta senz’altro quella della staffetta: con tale formula non solo tutti i ricettori si alternano individualmente a turno sulla pedana, ma si coinvolgono anche come squadra.
La tensione emotiva non verrà meno, anzi si moltiplicherà ed avrà un effetto trascinante: basterà mettere in palio il titolo di squadra campione della classe e vedrete che tifo e che partecipazione.
In caso di più corsi tenuti nella stessa scuola si potranno anche promuovere incontri interclasse con tanto di folto pubblico.
In tutta questa attività il ricettore, avendo pienamente completato il suo messaggio comunicativo, dovrà stare in disparte: tale messaggio, essendo stato impostato in modo grandangolare, consentirà piena autonomia ai ricettori, che dovranno quanto più è possibile autogestirsi.
Com’è ovvio ricorrentemente ci sarà bisogno del ricettore per dirimere controversie o per avere interpretazioni autentiche di situazioni anomale, tuttavia sottolineiamo che il suo ruolo dovrà sempre essere di consulenza esterna.
A metà dello svolgimento degli assalti sarà proficuo innestare alcuni giochi di abilità motoria (corse brevi, percorsi di agilità…). Magari in questa attività parallela si potranno assegnare dei punteggi che andranno a sommarsi a quelli conquistati con la prova di scherma.
In tal modo, oltre aver realizzato un più composito divertimento, sarà ancora una volta sottolineato per i bambini il binomio scherma-abilità motoria.
Alla fine del corso, magari se tenuto a più classi, è auspicata l’organizzazione di un mini-torneo da tenersi sempre nella scuola preferibilmente in orario extrascolastico.
Tale opportunità ci consentirebbe non solo di organizzare un piccolo “spettacolo”, ma ci procurerebbe un diretto incontro con i genitori dei bambini, ai quali poter indirizzare uno specifico messaggio.
Considerazioni finali
Mossi dalla necessità di rinfoltire le fila degli iscritti delle nostre società, si deve uscire allo scoperto e, come ci hanno insegnato alcune strategie commerciali, è doveroso andare alla ricerca sul territorio esterno di aree di mercato.
Nel corso di questo lavoro abbiamo cercato di affrontare il problema della propaganda schermistica da tutte quelle ottiche che potevano convergere nel dare alla nostra attività pubblicitaria le maggiori possibilità di successo, cioè procurare nuovi iscritti alla società.
In nostro intento principale è stato quello di sottolineare il fatto che tale importante e talvolta vitale attività non può essere impostata solo con la buona volontà e con l’improvvisazione: abbiamo già osservato che le occasioni pubblicitarie che ci sono offerte non sono numerose e che la concorrenza è schiacciante, quindi dobbiamo sempre poter operare al meglio. Ogni occasione propagandistica va cioè accuratamente preparata, dopo averne attentamente vagliato le peculiari caratteristiche.
Tale preparazione teorica naturalmente dovrà essere integrata dall’esperienza che mano a mano sarà incamerata nel corso degli incontri promozionali tenuti nel tempo da ciascun operatore nel settore.
Il terreno di ricerca più fertile per la nostra attività è senz’altro quello costituito dalle scuole elementari: ciò, oltre che per i motivi esposti in precedenza, soprattutto per il fatto che è tra questi giovanissimi che potremo trovare i futuri campioni che dovranno difendere i nostri colori nelle competizioni internazionali.
Tuttavia credo di avere sufficientemente ribadito l’importanza del reperimento anche di neoschermidori “più maturi”, meno interessanti magari sotto il potenziale profilo agonistico, ma estremamente utili per le “casse” sociali.
Da qui la necessità di affrontare il tema della propaganda in modo grandangolare, cioè indirizzandola in tutte le direzioni di successo possibili.
Ed inoltre nello sviluppo dell’attività promozionale è necessario confermare i propri sforzi di anno in anno: la continuità è importante non solo sotto la prospettiva di consolidare nel tempo certi canali che si sono riusciti a creare, ma è fondamentale anche nella vita giornaliera della sala: sia sotto il profilo tecnico (gli allievi più anziani “allenano” quelli più giovani), sia sotto il profilo sociale (in un gruppo è meglio che ci sia la presenza scaglionata di tutte le età).
La sala di scherma è oggi una realtà troppo composita per poterla limitare, come invece era possibile alcuni decenni fa, al mero svolgimento di un’attività tecnica-agonistica: in essa sono confluite crescenti esigenze di socializzazione, problematiche connesse all’intrattenimento di elementi di quasi tenera età, nuove prestazioni di servizi in relazione alla preparazione atletica e infine, cosa recentissima, questioni di riassetto del sistema economico federale di sostentamento.
Da qui l’esigenza di un generale sforzo per “stare dietro ai tempi”. Basti pensare alle possibilità derivanti dall’apertura di un sito su Internet o anche alla adozione di formule di promozione commerciale: un certo sconto sulla quota sociale se si presenta procura un uovo iscritto al circolo.
Tra l’altro, per mia esperienza diretta, sono convinto che la scherma in sé non costituisca da sola l’elemento determinante per “conquistare” l’utenza; ovviamente ne costituisce l’elemento centrale, ma soprattutto in funzione dell’età dei ricettori varie possono essere le motivazioni che spingono a iscriversi ad una sala.
Più l’età è bassa, meno il fattore scherma incide: saranno l’ambiente e l’attività offerti dall’insegnante, da una parte, e la composizione del gruppo, dall’altra, a esercitare una funzione quasi decisiva.
Invece più l’età si innalza, più la scelta sarà maggiormente indotta dall’attività schermistica vera e propria.
Ecco perché per l’attività destinata alle scuole elementari abbiamo introdotto tutta una serie di attività non solo schermistiche, ma anche e soprattutto ludiche e paraschermistiche. La tecnica schermistica in questi casi è stata diluita con varie forme di contatto che abbiano prevalentemente la funzione di far divertire il ragazzo in gruppo con i suoi compagni.
Negli incontri con i ragazzi mano a mano più grandi, pur non disdegnando la formula del gioco, abbiamo mirato ad un contatto più consapevole, cioè più direttamente collegato alla conoscenza diretta della tecnica schermistica e soprattutto delle varie sfaccettature derivanti dall’espletamento del libero assalto.
Comunque in entrambi i casi tutto il lavoro di propaganda, per non essere fine a sé ma per garantire un rifornimento continuo e reale al serbatoio degli iscritti, dovrà poi necessariamente trovare nella sala un’idonea accoglienza.
A questo proposito sono convinto che, anche al di là di parziali periodi di prova gratuita, anche tutto il primo anno di frequenza debba costituire un appendice dell’iniziale opera di propaganda.
Sappiamo tutti infatti che l’iniziazione della nostra disciplina, sia per la grossa componente tecnica di base, sia per le difficoltà di natura economica per procurarsi l’attrezzatura, costituisce un grosso banco di prova per tutti: passano mesi prima di poter “provare” il primo libero assalto.
Figuriamoci poi per bambini o ragazzi molto giovani! Aggiungiamoci anche giovani del terzo millennio, cioè per lo più abituati dalla cultura imperante a non aspettare più di tanto e ad avere tutto e subito!
Talvolta risulta sbagliato il modo di approccio con questi ragazzi: facciamo cominciare l’attività troppo presto e ci scordiamo di quanti anni hanno, li carichiamo di lavori ripetitivi e non teniamo conto che la ripetitività e la noia sono un nemico mortale; pretendiamo subito da loro un perfezionismo tecnico e non pensiamo di poterli esasperare. Purtroppo ci scordiamo spesso che sono bambini e i bambini amano divertirsi; e se non si divertono più cercano altri ambienti.
Da qui il fenomeno di elementi transeunti anche per un solo anno nelle nostre sale: il paziente ed intenso lavoro di iniziazione del maestro va in fumo, cosa molto frustrante ed anche antieconomica per il circolo.
A cosa è servito tutto il nostro sforzo propagandistico per portare nuovi elementi nella nostra sala?!
Avere successo con una attività propagandistica significa portare numerosi ragazzi in sala a provare, ma è il risultato di questa prova, in genere il primo anno, che è determinante per appassionarli alla scherma.
Come ho appena sopra accennato, è quindi mia convinzione che nel loro primo anno di vita schermistica il bambino o il ragazzo debbano subire uno speciale “trattamento” che, continuando a sollecitare come nella fase di propaganda sue precise istanze, vada ad innestare in questi neofiti profonde motivazioni per continuare l’attività nel tempo.
Non potendo essere schermidori completi è necessario ideare ed attuare per loro tutta una serie di attività sostitutive, che abbiano una funzione di preparazione e di attesa del libero assalto.
Il segreto del successo risiede nella capacità di miscelare tutto ciò che compone la nostra attività: preparazione fisica in termini ludici, approccio alla tecnica in modo vivace e partecipativo, costante attività agonistica di sala sia atletica che di specialità, attività ricreative parallele, incontri con rappresentanti di altre sale anche prima e al di fuori degli appuntamenti agonistici federali…
Comunque questa non è la sede idonea per sviluppare tali problematiche legate ad una presunta “fase due” in sala.
Tuttavia sono convinto che sia di fondamentale importanza mettere in relazione il lavoro propagandistico portato a termine fuori della sala di scherma con il tipo di lavoro che in essa viene svolto per i neofiti.
Solo una continuità ideale e pratica tra le due attività potrà garantire ogni anno al circolo un costante flusso di neoschermitori motivati e determinati a reiterare nel tempo la loro frequenza.
Bibliografia
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Ricci Bitti La comunicazione come processo sociale Il Mulino Bologna
Marletta La comunicazione situazionale Skill Milano
Aspetti psicologici
Marzi Psicologia – corso introduttivo G. Barbera Firenze
Harlow Psicologia come scienza del comportamento Mondadori Milano
Bernardi Il nuovo bambino Milano Libri- Milano
Didattica
Gordon Insegnanti efficaci Lisciani Firenze
Genovese Manuale di gestione della classe Angeli Milano
Mazzotta Didattica del gruppo Lisciani Firenze
Aspetti pubblicitari
Gill Psicologia della pubblicità Giunti Firenze