Dedicato ai miei nipoti: Anna, Sebastiano, Edoardo, Margherita, Leonardo
Primi contatti e accoglienza del neofita
Ambientazione del luogo di gara: la pedana
Siti spaziali davanti al corpo
Introduzione
L’insegnamento è una delle attività più importanti per l’evoluzione umana: la staffetta culturale tramite la quale il docente consegna il “testimone” all’allievo ha consentito alla nostra specie clamorosi passi in avanti e, soprattutto di questi tempi, non si riesce ad individuarne nemmeno il traguardo. Il bagaglio esperienziale dei nostri predecessori non perisce con loro, anzi, condensato in leggi scientifiche – saggi – codici – trattati e quant’altro, costituisce per ogni nuovo giovane un “blocco di partenza” dal quale muoversi in modo vantaggioso per la sua esistenza, nella speranza di poter aggiungere qualcosa di personale a ulteriore beneficio dei posteri.
La responsabilità di ogni docente è quindi grandissima: penso in prima battuta all’importanza che riveste in ogni campo l’imprinting culturale, cioè al primo approccio ad una specifica materia, approccio che può condizionare non poco il più o meno felice prosieguo dell’apprendimento; penso alla passione che ciascun insegnante deve cercare di suscitare nell’allievo, vera scintilla esistenziale; penso ai “cattivi maestri” che, magari loro malgrado, possono portare messaggi completamente sbagliati o perlomeno fuorvianti.
La nostra disciplina non si sottrae a questi meccanismi psicologico – conoscitivi e, essendo in buona parte vera scienza, costituisce una lenta ed empirica costruzione di norme applicative.
La figura del maestro, oggi validamente affiancata da quelle dell’istruttore e del preparatore atletico, rappresenta da sempre la figura epicentrica di tutto lo scibile schermistico. Su questa “squadra” grava tutta la responsabilità del rapporto che l’allievo costruisce con la scherma: la prima fondamentale fase di accostamento con le conoscenze di base, la fase di fidelizzazione e di approfondimento, la fase agonistica vera e propria.
L’esordio in sala è ovviamente importantissimo: l’imprinting, cioè il primo contatto, è quello che vincola l’esordiente: la scoperta del concetto di “arma” – il gioco-scherma, cioè il divertimento – il valore aggiunto di far parte di un gruppo, appunto la Sala.
La seconda fase è altrettanto importante: la novità deve cedere il passo alla costanza, la curiosità alla conoscenza e alla specificazione ripetitiva delle posture e dei gesti tecnici.
Infine l’allenamento al competere con le relative copiose sudorazioni, la crescente padronanza di sé, fuori e dentro.
Temi sconfinati ed imi tutti questi, temi che devono essere affrontati con la dovuta preparazione senza lasciare nulla al caso.
Ed ecco l’arte e la scienza dell’insegnamento, cioè la didattica: non tanto regole e regoline auree da rispettare, ma soprattutto un ricco canovaccio che offra un ampio panorama dei temi e soprattutto dei metodi da non tralasciare, ma da approfondire, magari con un prudente contributo personale da sperimentare e vagliare criticamente volta per volta.
L’insegnamento è libero, sancisce anche opportunamente la nostra Carta Costituzionale; ma proprio per questo cresce la responsabilità di chi ha l’opportunità ed anche la fortuna di tramandare il sapere: non tutti coloro che mettono un piede in sala poi continuano a frequentarla per un congruo
numero di anni, ciò è statisticamente impossibile; ma ogni mancata adesione o successivo abbandono è una piccola sconfitta contro la quale si devono battere tutti coloro che amano questa disciplina.
Tutte queste considerazioni mi hanno indotto, nel mio limite, a scrivere quanto segue, attingendo all’esperienza dei miei trentacinque anni di insegnamento.
La scherma, e non sia pura autoreferenzialità, allena al meglio il corpo e la mente, costruisce l’autostima, insegna a combattere con rispetto l’avversario e fa conoscere tante persone e luoghi; non ultimo, il praticarla dona felicità in quanto in fin dei conti è un “gioco” estremamente divertente. Quindi in linea teorica appassionare alla scherma dovrebbe quindi essere una non difficile impresa.
Preambolo
La didattica, come sappiamo è la scienza dell’insegnamento, ma ancor prima di consistere in metodologie atte alla migliore trasmissione di specifiche nozioni presuppone una serie di importantissime considerazioni.
La prima è che tra insegnante e allievo sia sin da subito e poi pazientemente nel tempo costruito un ponte relazionale, cioè che sia curato l’aspetto umano del rapporto: la reciproca conoscenza, l’affetto e la stima devono supportare la trasmissione dello scibile.
La seconda consiste nel far capire, anche al bambino, che i frutti migliori si possono raccogliere solo c’è impegno e continuità nell’apprendimento e nell’allenamento successivo.
La terza che, a prescindere dopo una comune fase di partenza in gruppo, lo scopo dell’insegnamento non è quello di replicare una serie di cloni, ma piuttosto quello di andare a valorizzare le peculiari doti fisiche e psicologiche dell’allievo; per cui più esso matura, più le lezioni devono essere personalizzate.
La quarta che all’allievo sufficientemente maturo è necessario far comprendere che le nozioni trasmesse non hanno un valore estetico, ma al contrario squisitamente pragmatico; quindi ogni fraintendimento o allontanamento da esse ha come diretta conseguenza una minore efficienza di rendimento.
La quinta che l’allievo deve diventare consapevole che non si finisce mai d’imparare, ma che ogni sua postura o colpo è sempre passibile di un pur marginale miglioramento.
La sesta che quando l’allievo raggiunge un certo livello tecnico, l’insegnante deve riuscire a coinvolgerlo nell’impostazione della lezione: l’esperienza fuori pedana e quella in pedana devono assolutamente compenetrarsi.
La settima, quella più grandangolare, che l’insegnante non deve limitarsi a seguire la crescita solo tecnica dell’allievo, ma deve anche partecipare attivamente alla sua crescita caratteriale, di tattico e di stratega.
Da quanto appena elencato deriva un’importantissima notazione: la didattica difficilmente si applica per modelli preconfezionati, ma più l’allievo cresce, più essa deve connotarsi come arte camaleontica al fine di andare ad adattarsi specificatamente alle caratteristiche del singolo.
Se, quando l’allievo si presenta in pedana per la prima volta, il flusso delle informazioni segue un’unica direzione, più il tempo passa e l’allievo si evolve, più inizia una specie di doppio senso di circolazione di dati; questo sarà il periodo più fecondo ed impegnativo per il tandem maestro – allievo. In seguito, raggiunta la piena maturazione, l’allievo avrà soprattutto bisogno più di un allenatore che di un maestro propriamente detto.
Primi contatti e accoglienza del neofita
Ancor prima di parlare di prima posizione, guardia e similari, credo sia molto importante parlare dei primi istanti di contatto del neofita con il mondo scherma.
In effetti nell’esperienza del nuovo grandissima importanza riveste l’imprinting, cioè la prima impressione che il soggetto ricava dai contatti di esordio esperienziale in una nuova situazione ambientale.
Due sono gli elementi che contribuiscono a formare questo giudizio istintivo ed immediato: l’habitat e i soggetti presenti in esso.
Per quanto riguarda il primo, una certa importanza riveste il vero e proprio ambiente fisico, vale a dire la sala con tutte le sue caratteristiche: ubicazione, ampiezza e relativo numero di pedane, luminosità, attrezzature sia schermistiche che per la preparazione atletica. Come si dice l’occhio vuole la sua parte ed anche certe comodità, pur non essendo ovviamente condizionanti in senso assoluto, tuttavia favoriscono certo una prima buona impressione.
Questo vuol dire che i club che non dispongono di questo tipo di impianto devono chiudere o addirittura non aprire nemmeno i battenti? Ovviamente no; anche perché l’habitat è importante, ma il fattore umano lo è straordinariamente di più. Così, tanto per fare un esempio, la basilica di San Pietro non può non colpire per le sue caratteristiche storiche, architettoniche ed ecclesiali, ma la Porziuncola, la chiesetta originaria di San Francesco oggi contenuta ad Assisi in Santa Maria degli Angeli, sprigiona un altro tipo di fascino del tutto incomparabile.
Così dicendo, ho anticipato il valore delle considerazioni sul secondo elemento dell’imprinting, i soggetti della sala.
Il neofita ancora non sa come è strutturato un club di scherma, per cui per lui l’importanza dei soggetti è rivestita da tutto lo staff: maestro, eventuale istruttore ed eventuale preparatore atletico.
A seconda dell’organizzazione della sala, oltre che relazionarsi ovviamente con chi segue i suoi primi passi, deve entrare in contatto con tutti gli altri soggetti: il maestro, se non segue personalmente il neofita, non deve estraniarsi, ma farsi conoscere e percepire come colui che soprassiede al tutto, in una parola come capo; anche eventuali altri istruttori devono fare brevi incursioni, magari con battute scherzose al fine di farsi conoscere.
Uno dei contatti umani più importanti è rappresentato comunque dagli altri schermitori, magari quelli più prossimi di età, che sono già attrezzati per il libero assalto: è molto utile facilitare il dialogo tra questi tipi di soggetti. In effetti, assistendo a qualche match in sala, l’entusiasmo, la curiosità e la voglia di partecipare non possono altro che crescere a dismisura; domande, curiosità e anticipazioni sorgono spontanee e spesso rappresentano i prodromi di un’amicizia.
Insomma la sala, percepita inizialmente dal neofita solo come luogo dove fare la scherma, deve rivelarsi al più presto per quello che noi ben conosciamo: luogo dove assieme ad altri ci si diverte ad apprendere la teoria schermistica e a perfezionarne l’applicazione, luogo dove, allenando corpo e mente, cerchiamo di essere migliori; sono rare altre fucine di questo tipo: farne parte ci fa sentire componenti di un tutto.
Il neofita e i suoi genitori nel caso si tratti di un bambino devono percepire, a prescindere dal nome e dalle dimensioni del Club, di appartenere sostanzialmente ad una società di persone, il cui fine ultimo sia, ovviamente attraverso la pratica schermistica, di collaborare con la famiglia allo sviluppo globale dell’individuo, fisico, mentale, psicologico e sociale. Tale fine non esclude l’agonismo, tutt’altro, ma il Circolo deve garantire di gestire quest’importante molla con intelligenza, sensibilità e responsabilità: esser campione è un facile e diffuso desiderio, ma per molti, sicuramente i più, questo traguardo resterà solo un sogno. Applicarsi al meglio di se stessi in sala è un ovvio dovere di ogni schermitore, ma, secondo il mio parere, mai si dovrebbe scambiare il fine con il mezzo: l’avventura scherma deve essere vissuta con passione positiva, altrimenti è facile scadere in un tipo di passione di tutt’altro segno.
D’altra parte, come abbiamo ricordato poco sopra, la nostra disciplina ha tutte le componenti per essere praticata, amata e vissuta anche a prescindere dalle personali affermazioni agonistiche: divertimento, mantenimento della forma fisica e mentale, spirito di gruppo con gli amici di sala, fascino della tecnica schermistica.
Questo è il messaggio centrale che coloro che animano e conducono una sala devono trasmettere a chi ha la fortuna di varcarne la soglia: in una parola la passione per la scherma.
Approccio preschermistico
Ormai, fortunatamente anche per gli allievi, si è diffusa la metodologia dell’insegnamento soprattutto tramite lo sviluppo del meccanismo del gioco: non a caso i nostri padri latini un paio di migliaia di anni fa lo teorizzavano con la nota frase ludendo educere.
In effetti il gioco innanzitutto diverte, con il gioco si imparano cose nuove, si apprendono nuove norme comportamentali, si allenano corpo e mente, si stimola la competitività, si possono organizzare sia giochi individuali sia a squadre sviluppando quindi anche la socializzazione tra gli individui; compatibilmente con l’oggetto dell’insegnamento ed il rapporto con il discente è il mezzo d’insegnamento più proficuo, veloce e stimolante; nel contempo meno tedioso, meno stancante e meno monotono.
Un altro grandissimo pregio del gioco è quello di essere estremamente flessibile nel senso di poter essere adattato a varie tipologie di individui e per questo stimola non poco la creatività di colui che lo utilizza per trasmettere nuove informazioni e per allenare. A questo proposito trovate il mio lavoro “Il gioco nell’insegnamento della scherma” nella rubrica Libri e audiolibri sul sito passione scherma.it.
Il gioco quindi si presenta come metodologia fondamentale e ottimale per iniziare il rapporto con il neofita: in effetti non dobbiamo scordarci che lo schermitore, ancor prima di impugnare un’arma, deve essere in grado di padroneggiare nel migliore dei modi il proprio corpo.
Il preparatore atletico tramite il ludo sviluppa le cosiddette capacità coordinative e potenzia nel tempo quelle condizionali con lo specifico fine di coadiuvare, soprattutto nei bambini, la crescita armonica dell’individuo; sarà ovviamente sua cura personalizzare questo lavoro utilizzando, ove possibile, fioretti e maschere di plastica anche come semplici attrezzi utili a delimitare spazi.
In genere i corsi dei neofiti, impostati sul concetto di classe delle scuole dell’istruzione, sono organizzati in modo tale da intrattenere i bambini in giochi psico-motori collettivi, mentre a turno ad alcuni di essi è impartita la lezione individuale; a discrezione del maestro è anche molto utile inframezzare alcune lezioni di scherma collettive. In buona sostanza, molta attività motoria e piccole dosi di tecnica schermistica. A questo proposito trovate il mio lavoro “La lezione di scherma” nella rubrica Libri e audiolibri sempre sul sito passione scherma.it.
L’approccio tecnico
Premessa
Prima di addentrarci nello specifico vorrei fare, anche se in modo alquanto sintetico, alcune considerazioni molto importanti dal punto di vista generale: si tratta di enunciare principi – guida che secondo il mio parere devono costantemente informare le modalità del flusso di informazioni sia verso, ma provenienti dall’allievo. In effetti è assolutamente sconsigliabile il cosiddetto insegnamento ex cathedra, cioè un insegnamento preconfezionato e standardizzato. Ciò sia per l’insegnante che, ripetendo monotonamente le stesse lezioni, rischia un pericoloso tedio; ma anche per l’allievo che non può non intuire questo distacco dal punto di vista umano.
E’ invece importantissimo coinvolgere, naturalmente in funzione delle sue capacità intellettive, lo stesso allievo nella scoperta della tecnica schermistica; in altre parole posture e colpi, soprattutto quelli più semplici, possono essere anche intuiti nella loro essenza, se l’insegnante ambienta opportunamente la materia. In effetti alcune posture e gesti possono essere recepiti non come puri passivi indottrinamenti, ma come singole personali conquiste e quindi concorrere ad una più veloce introiezione del dato tecnico. In alte parole è necessario che l’insegnante faccia partecipare attivamente l’allievo.
Poi, dal punto di vista culturale, è consigliabile fornire sin da subito al neofita una giusta e progressiva ambientazione mentale; in effetti spesso si parte dalla B o dalla C senza tener conto dell’A. La storia delle armi e della scherma è ricca di aspetti interessanti e affascinanti: il passaggio da quelle pesanti a quelle leggere dovuto alla scoperta della polvere da sparo, la figura storica e letteraria del cavaliere, i duelli d’onore, la nascita della disciplina
schermistica sportiva e così via. Naturalmente chi entra in una sala non si iscrive ad un corso di storia delle armi o di costume, ma qualche notizia flash qua e là non è del tutto disdicevole e, se ben dosata, concorre ad aumentare il pathos intorno alla nostra disciplina. Importante, a mio parere, è anche presentare, pur sommariamente, le caratteristiche delle tre specialità, fioretto – sciabola – spada.
Entrando poi nello specifico: nella comunicazione dei dati iniziali più squisitamente tecnici l’insegnante deve ricorrere al cosiddetto metodo globale: si deve sempre partire dal facile psicologico dell’allievo e mai dal facile logico (già acquisito) dell’insegnante. Ad esempio la messa in guardia non deve essere impostata sulla trasmissione dei tanti dati tecnici corrispondenti alle numerose coordinate spaziali (piedi ad angolo retto, baricentro distribuito su entrambe le gambe …), ma quanto più è possibile al ricorso del meccanismo dell’imitazione; in effetti il numero delle necessarie correzioni da effettuare sarà molto inferiore rispetto al numero degli input teorici.
Molto proficuo è l’utilizzo dell’errore come forma di controllo sulla bontà dell’istruzione appena trasmessa; invece di attendere la sua spontanea manifestazione (immancabile statisticamente nel tempo), è opportuno crearla ad arte, invitando l’allievo a riprodurla sperimentalmente. In tal modo il discepolo sin da subito non solo avrà a disposizione un dato di natura positiva (si fa così), ma contemporaneamente avrà il suo contraltare negativo (non si fa così). Ad esempio a proposito della necessità di ripartire il peso corporeo su entrambe le gambe, si farà verificare in contemporanea all’allievo le difficoltà che subentrano se invece tale peso grava eccessivamente su uno dei due arti inferiori.
I fondamentali
Per fondamentali intendo la serie di nozioni necessarie alla costruzione iniziale dell’assetto dello schermitore senza che venga percepita la reale presenza dell’avversario.
Quindi in prima battuta senza che l’insegnante si ponga davanti a lui: come si impugna e come si comincia ad utilizzare il braccio armato – la prima posizione – la guardia.
In seconda battuta invece con la presenza di fronte del maestro che comincia ad adombrare quella dell’avversario: il saluto – lo spostamento sulla pedana – l’affondo.
Rapporto con l’arma
Premessa: L’ottimale maneggio dell’arma deriva in massima parte dall’utilizzo che ne viene fatto nel tempo, in una parola dall’esercizio e dall’esperienza; quindi è necessaria pazienza e vigilanza continua sia da parte dell’allievo, sia da parte dell’insegnante. Partire col piede giusto è però fondamentale in quanto errori trascinati nel tempo sono correggibili molto difficilmente.
Presentazione dell’arma: si mostra una qualunque arma, meglio se a ciascuno ne viene consegnata una, ammonendo subito sulla sua potenziale pericolosità ed esortando quindi a maneggiarla con grande attenzione verso gli altri, avendo cura, quando non viene utilizzata, a mantenerne la punta a terra.
Anche se si tratta di armi di plastica, è conveniente descriverne le singole parti: manico, coccia, lama con riferimento sia alla sua punta sia, se di caso nella sciabola, della sua parte laterale; si associano poi a queste singole parti le funzioni che sono chiamate a svolgere: quindi luogo dove la mano alloggia, protezione della mano (sia fisica che come bersaglio avanzato valido laddove sia tale per Regolamento), segmento a cui è affidato il dialogo tecnico col pari ferro dell’avversario.
Esercizi didattici: tutto deve essere chiaro e ben recepito: il conduttore può porre una serie di veloci e accattivanti quesiti per verificare lo stato di apprendimento.
Come si impugna
Premessa: Come ben sappiamo, qui le scuole possono differenziarsi in relazione alla conformazione fisica del manico: anatomico (o ortopedico), francese (o liscio), forme miste e, solo per citazione storica in quanto non più utilizzato, italiano; per la sciabola invece il manico è notoriamente unico.
Postura: sappiamo che la relazione tra schermitore e attrezzo-arma costituisce la colonna portante per un buon rendimento sulla pedana; di conseguenza è di fondamentale importanza far incentrare la massima attenzione del neofita su come deve entrare in relazione con il manico.
Un primo concetto è quello dell’applicazione della giusta quantità di forza: si deve far osservare che anche se è l’intera mano che avvolge il
manico, sono tre le dita guida: l’indice che sorregge da sotto, il medio che serra verso la mano, il pollice che serra dal sopra; le altre due dita svolgono solo funzioni sussidiarie di sostegno. Cercando di ossequiare queste note l’allievo già capisce che il rapporto con il manico deve essere improntato alla leggerezza e non ad una stretta possente.
Esercizi didattici: utilizzando cerchietti di diametro variabile, invitare l’allievo a infilarci dentro la punta dell’arma, consigliandolo di rilassare braccio e mano per ricercare la massima fluidità e precisione.
Esercizi sull’errore: invitare l’allievo a stringere le dita della mano sul manico con la minima forza utile per poterlo sorreggere e quindi con un’energica battuta cercare di farglielo saltare di mano; subito dopo chiedergli di applicare la sua massima forza e nel contempo interrogarlo se in tal modo percepisce di essere in grado di spostare agilmente l’arma per il gioco dei cerchietti.
Il secondo concetto per ottimizzare la gestione della propria arma è quello della variazione nel tempo della forza applicata dalla mano, la cosiddetta stretta in tempo: all’allievo va fatto capire che sono le contingenze del rapporto tra i due ferri a condizionare questa forza.
Si invita l’allievo ad impugnare l’arma con leggerezza, in seguito si esegue sul suo ferro una serie di battute energiche intervallate nel tempo; poi si invertono le parti e sarà l’allievo ad effettuare le battute. Il più delle volte è lo stesso neofita che intuisce la situazione e stringe maggiormente la mano sul manico; l’importante è oggettivare subito con lui la cosa e rassicurarlo che con l’esercizio e il tempo il meccanismo diverrà spontaneo e automatico.
Esercizi didattici: Per allenare la stretta in tempo sarà proficuo fargli effettuare o subire battute sul ferro alternando velocemente il surricordato esercizio dei cerchietti.
Poi l’insegnante comincerà a far tirare all’allievo i primi colpi sul proprio petto; nell’istante immediatamente successivo all’impatto della punta dovrà col proprio ferro serrare energicamente la sua lama arcuata sul bersaglio, ciò al fine di sollecitare una maggiore presa sul manico da parte dell’allievo; subito dopo, riallontanandosi la punta, lo dovrà invitare a rilassare la mano.
Esercizi sull’errore: si chiede all’allievo di impugnare l’arma con poca forza quando avverte le battute dell’insegnante o è invitato a colpire il suo petto e per contro di stringere al massimo l’impugnatura quando si tratta di cercare di infilare agilmente i cerchietti lanciati per aria. L’allievo, verificando i risultati, sperimenterà personalmente i propri errori.
Posizioni del pugno
Il polso può ruotare parzialmente sull’asse dell’avambraccio e questo può assecondare moltissimo l’adattamento del braccio armato nelle varie contingenze e sulle varie linee d’attacco e difensive.
Il neofita ancora è completamente a digiuno di certe situazioni tecniche ambientali, ma è opportuno fargli comprendere sin da subito la piena potenzialità di movimento del braccio armato e questo sia in relazione alla rotazione del polso sia in relazione alla possibilità di creare il cosiddetto angolo al polso. Il neofita andrà ovviamente avvertito che queste evoluzioni non sono fine a se stesse, ma verranno utilizzate nelle future configurazioni tecniche.
Didattica: il conduttore fa eseguire all’allievo con il braccio armato in linea l’intero percorso delle cosiddette posizioni di pugno, quindi le quattro fondamentali e le tre intermedie; in andata e ritorno; con blocco parziale del giro e ritorno indietro.
Stessa cosa in relazione alle angolazioni del polso, magari, utilizzando la lama del conduttore, per far vedere gli effetti di deviazione che hanno su di essa.
Ambientazione del luogo di gara: la pedana
Premessa: molto importante è calare il neofita sin da subito nella dimensione spaziale in cui si muoverà e tirerà di scherma, parlo della pedana; senza entrare nei dettagli specifici delle varie linee, si presenterà al neofita il campo di gara, facendo presente che, violandone i confini, si è sottoposti a due tipi di sanzioni, cioè all’arretramento se si violano i confini laterali e addirittura all’assegnazione di una stoccata di penalità a favore dell’avversario, se si oltrepassa la linea finale.
Per i nostri fini tecnici, cioè per l’acquisizione del concetto di linea direttrice, siamo molto facilitati dalla larghezza ordinaria delle pedane più diffuse nelle nostre sale, come sappiamo in deroga delle norme internazionali; in effetti le piste in queste condizioni funzionano come binari indotti per gli spostamenti che effettueranno i due schermitori posti uno di fronte all’altro. E’ consigliabile, appunto per questo motivo, far lezione sempre su una pedana e, se la lezione fosse collettiva, è parimenti utile nei limiti del possibile, porre ciascun allievo su una propria pedana, al limite uno dietro l’altro ovviamente ad una certa distanza.
L’occasione sarà propizia per anticipare al neofita che un altro protagonista del match è il tempo: tempo effettivo di combattimento, che viene quindi contenuto tra l’ordine del via e quello dello stop. In generale: allo scadere del tempo regolamentare chi si trova in vantaggio vince, mentre in caso di parità si afferma chi mette la prima stoccata.
Esercizi didattici: si possono porre delle domande per verificare il grado di recepimento delle informazioni fornite. Ribadire nuovamente questi dati non sarà certo nocivo o noioso: repetita iuvant.
Prima posizione
Premessa: la cosiddetta prima posizione, come sappiamo, col passare del tempo finisce per essere alquanto abbozzata e personalizzata da ogni schermitore un po’ evoluto; ma nelle prime fasi deve essere fatta eseguire secondo i prescritti canoni.
Considerazioni: per il neofita invece viene a costituire una specie di parentesi formale per delimitare le attività di pedana, cioè la lezione, in seguito l’assalto e infine il match; egli dimostra tramite la sua corretta esecuzione a sé e agli altri la conoscenza e la padronanza del gesto tecnico; quindi grande ne è la portata psicologica.
Importante è anche l’aspetto tecnico: rispettando la postura dei piedi e il profilarsi del busto, il neofita non fa altro che posizionarsi correttamente ai “blocchi di partenza”, per poi scendere in guardia già parzialmente indotto.
Postura: piedi ad angolo retto con quello sotto il braccio armato davanti all’altro, peso equamente distribuito sui due arti, pugno armato al fianco opposto rispetto al braccio armato, maschera impugnata con la mano del braccio dietro nei pressi dello stesso fianco, busto profilato con spalle parallele alla linea dei piedi.
Didattica: come sopra accennato il metodo da seguire è quello globale, ovvero quello che si avvale dell’imitazione spontanea, seguita poi dalle eventuali correzioni da apportare a cura dell’insegnante; correzioni che devono sempre essere motivate e recepite nella loro essenza dal neofita. Importante che ci sia sempre qualcuno davanti che parimenti assuma la prima posizione, ciò al fine di calare il gesto nella realtà.
Esercizi didattici: due elementi assumono la prima posizione uno davanti all’altro; poi, ad un comando, di corsa con la punta dell’arma a terra si prende il posto del compagno e ci si rimette in prima posizione.
Il saluto
Premessa: al gesto del saluto va data la massima importanza, spiegando sia il suo significato storico, cioè l’accordo convenzionale che è prodromico allo scontro, sia quello sportivo, cioè di reciproca stima. I singoli movimenti del braccio armato vanno debitamente associati al loro diretto significato: l’arma in linea prelude lo scontro e l’arma flessa in una determinata direzione ha il valore di un saluto, ecco perché lo sguardo deve accompagnare la punta della propria lama.
Movimenti: partendo dalla prima posizione, l’arma transita dal sopra nei pressi del volto (per
la sciabola dal basso nei pressi del ventre) e viene completamente distesa in avanti; poi il braccio armato viene ripiegato quasi sino al volto e poi parzialmente ridisteso in avanti verso il maestro o l’avversario; nelle altre direzioni, comunque prima a sinistra poi a destra, si esegue lo stesso movimento solo se vi è qualcuno; alla fine si ritorna alla prima posizione di partenza.
Didattica: l’aspetto con cui si dovrà sicuramente combattere un po’ sarà quello della rigidità e della meccanicizzazione dei movimenti del braccio armato; per similitudine, come quando alle elementari (oggi definita scuola primaria) le poesie imparate a memoria vengono di solito ripetute con scarso sentimento. Il consiglio è quello di ribadire il significato delle singole gestualità: l’arma parzialmente flessa “saluta” chi si trova nella sua direzione.
La guardia
Premessa: la postura di guardia è forse l’aspetto tecnico che lo schermitore col tempo personalizza maggiormente. In effetti gli estremi spaziali che vengono forniti in sede di apprendimento non sono rappresentati da misure assolute, ma all’allievo vengono solo segnalati dei limiti da non violare, come ad esempio la distanza tra i due piedi o il grado di flessione delle gambe.
D’altra parte impostare una guardia, inutile dirlo, è di fondamentale importanza: in essa si staziona per quasi tutto il guerreggiare con l’avversario, da essa si parte in attacco o in essa ci si trincea per la difesa; parimenti, come ben sappiamo, le alterazioni posturali di una guardia non corretta non possono non influenzare negativamente gran parte dell’attività dello schermitore, come ad esempio la deambulazione, l’affondo, il ventaglio delle parate e quant’altro.
Postura: l’insegnante si porrà in piedi di fronte all’allievo e lo stimolerà a capire da solo quali sono i fondamenti della posizione che si deve studiare. O perché ha visto una gara di persona o alla TV, o perché ha visto un film di cappa e spada,
o perché ha osservato magari degli schermitori in sala, tende a mettersi subito in guardia, naturalmente con tutti i limiti del caso. Ebbene si dovranno evidenziare queste colonne portanti della guardia: – a) che non si può stare con le proprie spalle completamente di fronte all’avversario perché in tal modo diventa più difficile avvicinarsi o allontanarsi da lui; quindi ci si deve disporre reciprocamente in una posizione defilata; tra l’altro in questa posizione offriamo meno bersaglio ai colpi dell’antagonista – b) che le gambe vanno piegate, perché in tal modo, come degli elastici, devono essere sempre pronte a scattare in avanti o anche all’indietro – c) che tutte le parti del corpo devono essere equilibrate tra loro, altrimenti i movimenti sono sempre più impacciati, imprecisi e meno veloci; quindi è necessario assumere una posizione eretta e distribuire bene i peso del proprio corpo.
Tutto ciò abbozzato con parole semplici e sempre pronti a rispondere adeguatamente ad eventuali domande e dubbi dell’allievo da dissipare con esemplificazioni di ordine pratico; si passa poi a dettagliare le posture delle singole parti del corpo.
L’allievo, sempre in ossequio al metodo globale di cui al precedente capitolo, viene invitato letteralmente a copiare la guardia dell’insegnante; per cui: piedi ad una oculata distanza e perpendicolari tra loro con l’asse del piede avanti che transita sul tallone di quello dietro – gambe opportunamente piegate con le ginocchia proiettate sui relativi piedi – busto eretto, inclinato nel giusto grado rispetto alla linea direttrice e con le spalle alla stessa altezza – braccio armato flesso convenientemente e indirizzato verso l’antagonista – braccio non armato in posizione arcuata.
Didattica: il neofita, che naturalmente ha preso per oro colato ciò che ha visto e sentito con le opportune correzioni, al fine precipuo di introiettare l’insegnamento deve ora verificare personalmente la ratio di ogni singola postura; si tratterà di esagerare artatamente la posizione consigliata per scoprire cosa progressivamente comporta l’allontanarsi da essa.
Così si inviterà l’allievo prima a tenere i piedi molto vicini tra di loro e successivamente molto distanti; in entrambi i casi gli si chiederà poi di spostarsi in avanti e all’indietro (anche se ancora non è a conoscenza della giusta tecnica dello spostamento sulla pedana) e parimenti si farà con i piedi non in asse tra di loro. In tal modo il neofita si renderà conto che più ci si allontana da certi parametri più si incontrano delle difficoltà deambulatorie, sino proprio a renderle praticamente irrealizzabili.
Così si inviterà l’allievo a piegare esageratamente le proprie gambe in guardia e, di contro, a non piegarle per niente. Anche senza capire ancora nulla di tecnica schermistica, l’allievo percepirà proprio fisicamente di non dover mai assumere queste posture estreme. Parimenti si farà circa la perpendicolarità delle ginocchia rispetto ai piedi sottostanti, il ché gli farà comprendere la necessità di aprire con le gambe la propria guardia.
Così si inviterà l’allievo ad esagerare la posizione del proprio busto, inclinandolo in avanti o all’indietro, differenziandone l’altezza delle spalle o torcendolo oltremodo rispetto alla linea direttrice. Il neofita percepirà immediatamente le difficoltà derivanti da una posizione squilibrata, che addirittura configurerà come ridicola (torno a dire, ancora non intendendosene per nulla di tecnica schermistica).
Così si inviterà l’allievo a tenere il braccio armato sempre allungato oppure, nell’altro limite, a far toccare con il gomito il proprio busto. Nell’un caso rileverà quanto prima la stanchezza muscolare, nell’altro invece riscontrerà l’impiccio che comporta il contatto tra braccio e corpo.
Così si inviterà l’allievo a tenere il braccio non armato come vuole; quasi con certezza lo arcuerà indietro, non sapendo proprio come gestirlo (e ancora non è al corrente delle sue importanti funzioni di slancio in attacco e di riequilibrio nel ritorno in guardia; cose sulle quali ovviamente l’insegnante tornerà quando tratterà in dettaglio questi due movimenti tecnici).
Infine si dovrà spiegare all’allievo tramite dimostrazioni pratiche che lo schermitore in guardia rappresenta un unico sistema, per cui un difetto tende
a crearne un altro; ad esempio se la spalla del braccio armato è inclinata verso il basso, di questa postura ne risente anche il braccio armato stesso; oppure se il busto non è adeguatamente profilato ancora il braccio armato tenderà a spostarsi verso l’esterno della guardia.
Ovviamente tutte queste considerazioni andranno spalmate oculatamente nel tempo, passando dall’una all’altra, non appena il neofita avrà dato prova di aver bene assimilato mano a mano le regole posizionali.
Esercizi didattici: come sappiamo la postura di guardia non è statica, al contrario essa è sottoposta a perenne movimento; ne deriva che l’allievo evidenzierà quasi certamente delle difficoltà a mantenere nel tempo le singole giuste posizioni delle sue singole parti corporee. Ecco perché, ancor prima di apprendere la deambulazione tecnica sulla pedana e l’affondo, è consigliabile fargli vivere alcune situazioni nelle quali debba riprodurre nel più breve tempo possibile la postura di guardia. Ad esempio, si può far iniziare una corsa blanda o anche una marcia e, al battito delle mani convenzionalmente prestabilito, l’allievo si deve mettere in guardia e, subito dopo, al solito batter delle mani, riprendere a correre e così via; oppure dalla postura di guardia deve ruotare il proprio corpo di 90° alla propria sinistra o alla propria destra senza variarne mai l’assetto; si proverà anche nel tempo con 180°. Comunque per l’esordio è sempre consigliabile c’è il classico passaggio dalla prima posizione direttamente alla guardia e viceversa.
La presenza di un grande specchio in sala favorisce l’autocorrezione da parte del neofita: in effetti, come diceva un mio vecchio maestro, lo specchio per ogni schermitore ha la stessa valenza degli occhi severi del maestro, se non peggio di quella degli occhi del tuo avversario.
Didattica dell’errore: un altro interessante esercizio didattico è rappresentato dal fatto che il conduttore assuma artatamente, accentuando alquanto, vistosi errori nella propria guardia, in modo da andare a sollecitare la capacità critica dell’allievo; una volta sarà la distribuzione del peso sugli arti inferiori, una volta la posizione delle spalle, un’altra la postura dei piedi e così via.
Lo spostamento sulla pedana
Premessa: come abbiamo appena poco sopra ricordato la deambulazione tende ad influire negativamente sull’assetto complessivo del sistema- schermitore (la guardia), per cui andrà posta la massima attenzione sull’aspetto di interconnessione tra questi due fondamentali.
Grande attenzione va anche posta sulla cosiddetta linea direttrice, che come sappiamo, facendo giacere i piedi sottostanti ai bracci armati, facilità l’ottimale geometria dei colpi.
Dinamica: come sappiamo due sono le tipologie di spostamento, i passi e i balzi, caratterizzati i primi dal fatto che lo schermitore mantiene sempre a terra almeno un piede, i secondi dal fatto che li solleva contemporaneamente.
Passi
Passo avanti: – primo tempo: inizia il piede avanti, sollevandosi e ponendo il proprio calcagno a terra ad una dosata distanza in direzione dell’avversario; – secondo tempo: si richiama il piede dietro ricostituendo la guardia originaria e, in contemporanea, si pone a terra l’intera pianta del piede avanti.
Passo indietro: – primo tempo: inizia il piede dietro, sollevandosi e ponendo, in direzione opposta a quella dell’avversario, la propria punta a terra ad una dosata distanza; – secondo tempo: si richiama il piede avanti ricostituendo la guardia
originaria e, in contemporanea si pone a terra l’intera pianta del piede avanti.
Passo avanti incrociato: primo tempo: incrociando le gambe, si sopravanza rispetto al corpo l’intero piede dietro; – secondo tempo: per l’esterno, si sposta in avanti il piede avanti che era rimasto fermo, ricostituendo la guardia originaria.
Passo indietro incrociato: – primo tempo: incrociando le gambe, si sposta all’indietro rispetto al corpo l’intero piede avanti: – secondo tempo: per l’esterno, si sposta all’indietro il piede dietro che era rimasto fermo.
Passo laterale a destra o a sinistra: si tratta di uno spostamento verso l’esterno o l’interno della guardia, abbandonando, come
sappiamo, la linea direttrice; in genere si muove per primo l’intero piede avanti per andare verso il proprio esterno oppure l’intero piede dietro per andare verso il proprio interno.
Balzi
Balzo in avanti: la meccanica del colpo esige, per il maggiore effetto, il ricongiungimento dei piedi, seguito dalla spinta in avanti assicurata dalla gamba dietro; i piedi riconquistano il terreno in contemporanea.
Balzo all’indietro: diversamente in questo caso si sbilancia leggermente il peso del corpo sulla gamba avanti, affinché possa più facilmente assicurare una spinta all’indietro; i piedi riconquistano il terreno in contemporanea.
Didattica: nell’insegnamento di questi gesti tecnici si dovrà prestare la massima attenzione anche per il fatto che i passi costituiscono i primi
fondamentali di carattere dinamico e quindi si baseranno su una postura preesistente, sull’innesto di una meccanica di spostamento e su un ritorno alla postura di partenza.
Pur ancora in assenza dell’avversario si dovrà istruire il neofita sulla geometria dello spostamento: in pratica si dovrà parlare dell’immaginaria linea direttrice sulla quale giace già la costruzione della sua guardia (se è corretta), guardia ovviamente indirizzata verso l’avversario e parallela ai lati della pedana.
Sarà anche necessario introdurre e sottolineare, naturalmente sintonizzandosi con il giusto linguaggio in funzione dell’età del soggetto, un principio generale che del resto vale per tutta la dinamica schermistica: la velocità non deve influire negativamente sulla qualità dei gesti tecnici; questo perché al valore velocità maggiore può corrispondere una progressiva degenerazione della precisione della punta/lama e/o della capacità di penetrazione. L’allievo deve subito capire che deve essere veloce sino a quando può essere preciso.
Didattica dell’errore: parimenti, tramite la riproduzione dei difetti sperimentati sulla pedana, si spiegheranno gli errori più comuni in caso di spostamento: – l’interessamento del corpo con il suo innalzamento, abbassamento o inclinazione in occasione dei passi – lo strascicamento dei piedi per terra che rallenta il movimento – l’abbandono della giusta direzione durante lo spostamento rispetto all’avversario.
Esercizi didattici: talvolta il docente deve artatamente effettuare degli spostamenti secondo la latitudine della pedana e verificare che l’allievo lo segua per impostare la nuova linea direttrice, pena magari un colpo di lama sulla maschera con il suono tung. Inoltre è fruttuoso organizzare, sotto varie forme, gare di passi o balzi in avanti e indietro, gare in cui, torno a dirlo, non è tanto importante arrivare al traguardo per primi, quanto piuttosto essere più veloci possibile, ma in modo corretto; il conduttore, a tal fine, potrà anche introdurre durante il gioco la squalifica, tipo quella che viene inflitta ai marciatori se non rispettano le regole della marcia.
L’affondo
Premessa: all’allievo, che del resto lo avrà visto e capito anche in modo autonomo, si deve far presente che gli schermitori si tengono e tengono l’avversario ad una certa distanza, la misura, per avere il tempo di organizzare una difesa in presenza di un suo attacco. Di conseguenza sorge l’esigenza di capire come fare a raggiungere i suoi bersagli, non essendo sufficienti ed idonei i passi avanti o i balzi avanti conosciuti dal neofita a questo punto della sua istruzione.
L’affondo (o allungo, nome che meglio esprime il gesto) rappresenta sicuramente una delle dinamiche più impegnative che lo schermitore è chiamato ad esprimere motoriamente sulla pedana; questo per tre diversi motivi: – innanzitutto perché la velocità della sua esecuzione deve essere espressa quasi sempre al massimo al fine di sorprendere l’avversario nelle cosiddette azioni di attacco semplice, ma anche in quelle composte per raggiungere il bersaglio dopo l’espletamento della o delle finte – in secondo luogo perché deve traslare l’intero suo corpo, torno a ribadire il più velocemente possibile, da una postura soggetta a determinati equilibri fisici (la guardia) in un’altra postura con altri e diversi bilanciamenti (appunto la postura finale di allungo) – terzo per il fatto che lo schermitore si deve porre il problema del subitaneo ritorno in guardia nel caso in cui il suo colpo non sia andato a segno.
Dinamica di andata: l’esordio dell’affondo si ha con l’inizio dell’allungamento del braccio armato, che al suo culmine, senza soluzione di continuità, ha cominciato, sbilanciandolo leggermente in avanti, a trascinare il corpo verso l’avversario; a questo punto la gamba dietro, aiutata dallo slancio verso il basso del braccio dietro, fornisce l’energia esplosiva per traslare in avanti il sistema-schermitore; il corpo si è naturalmente defilato e la gamba avanti ha il solo compito di fornire l’adeguato appoggio nella postura finale di allungo; per motivi di carattere geometrico e di equilibrio si dovrà rispettare la linea direttrice che ci rapporta spazialmente con l’avversario in modo ottimale.
Dinamica di ritorno: come l’andata in allungo è caratterizzata dalla coordinazione temporale di progressivi interventi da parte delle diverse parti del corpo, così, all’opposto, il richiamo in guardia è scandito dal contemporaneo e diverso intervento di ciascun arto superiore e inferiore: tutti questi arti che si erano completamente distesi, devono flettersi e tornare alle rispettive posture di partenza.
A questa meccanica c’è un’alternativa: il ritorno in guardia resta tale e quale con la sola sostanziale differenza che è la gamba dietro a ricomporre la posizione di partenza; la soluzione è consigliata quando l’avversario, non essendoci stato colpo, è solito arretrare e quindi questa dinamica serve a recuperare spazio a proprio vantaggio sulla pedana; non solo, ma è anche utilizzabile per reiterare immediatamente un proprio attacco, configurando quella che i trattati denominano ripresa d’attacco, annoverandola tra le azioni ausiliarie.
Fondamentale comunque è far capire all’allievo che la postura finale dell’allungo è consigliabile che non sia statica, ma dinamica: nel senso che l’apparato muscolare deve essere allenato non ad immobilizzare il corpo in allungo, ma sfruttando invece la sua elasticità, deve far rimbalzare il peso del corpo all’indietro, facilitandone il ritorno in guardia.
Didattica: come abbiamo illustrato in dettaglio poco sopra l’affondo ha due aspetti tecnici: quello dinamico, ovvero quello legato alla meccanica dello spostamento del corpo e quello posturale, ovvero quello connesso alla posizione finale in cui si arriva dopo l’allungamento del corpo.
Questi due diversi aspetti, naturalmente in relazione all’età del neofita, vanno fatti ben comprendere sin dal primo istante.
Entrando nello specifico della dinamica e della postura finale: il metodo globale, ossia quello costruito sull’imitazione di un modello presentato, anche in questo caso si dimostra il meno faticoso intellettualmente per il neofita, per cui l’insegnante eseguirà magari al rallentatore qualche allungo, richiamando localmente l’attenzione dell’allievo sul progredire dei gesti.
Il conduttore quindi inviterà l’allievo ad imitare i suoi allunghi. Si dovrà richiamare l’attenzione che, come era in equilibrio statico la postura della guardia, così dovrà essere anche quella finale dell’affondo.
L’allievo si dovrà trovare di fronte il conduttore che ovviamente farà da bersaglio ai suoi colpi; è fondamentale che il neofita non incontri alcuna difficoltà in ordine alla giusta misura dalla quale andare in allungo: prontamente il conduttore dovrà registrare in modo ottimale tale misura così da far concentrare l’allievo esclusivamente sulla meccanica del gesto, sollevandolo dalla preoccupazione dover per forza raggiungere il bersaglio.
Nelle successive lezioni si dovrà mano a mano, quasi impercettibilmente, aumentare la misura in modo tale da stimolare l’allievo a produrre la maggiore apertura del compasso delle sue gambe, sino ovviamente al suo limite personale. Si farà quindi osservare che lo schermitore ha un suo affondo standard in quanto a lunghezza, ma che talvolta, in presenza di specifiche contingenze, può anche produrlo, ovviamente entro un certo range, in plus o in minus.
Comunque, dopo alcune lezioni, all’allievo si dovrà comunicare un altro concetto o piuttosto un’altra metodologia esecutiva in economia: cioè che la postura finale dell’allungo in genere non deve concludersi in modo statico, ma subito avvicendarsi con il ritorno in guardia, sfruttando in modo ottimale il meccanismo del caricamento muscolare delle gambe.
A questo proposito, per acquisire la capacità di caricare e scaricare subito dopo l’energia potenziale acquisita degli arti inferiori in seguito alla compressione dell’allungo, è consigliabile prodromicamente far eseguire all’allievo esercizi di pliometria: salti da differenti altezze per poi rimbalzare a terra e produrre in continuità temporale successivi slanci in avanti.
Fondamentale è che venga recepito il concetto che tanto più le singole posture, quella in partenza di guardia e quella di arrivo in allungo, sono corrette, tanto più non solo sarà veloce e preciso di punta/lama l’attacco, ma anche tanto più sarà repentino il ritorno in guardia per fronteggiare, se di caso, la reazione dell’avversario se l’attacco primevo sarà stato infruttifero.
Come nel precedente caso dello spostamento sulla pedana inizialmente si dovrà vigilare molto attentamente sul fatto che la velocità non vada a discapito della precisione. La presenza di uno specchio in sala procurerà al neofita, anche in questo caso, l’opportunità di auto correggere i propri errori, almeno quelli più macroscopici.
Didattica dell’errore: poi, similmente ai precedenti gesti, si inviterà l’allievo ad assumere una guardia errata sia in relazione alla postura dei piedi, sia delle gambe e sia dell’equilibrio generale; ugualmente si procederà ad alterare in senso erroneo la postura di arrivo in allungo. Poi sia in andata che in ritorno si sottolineeranno con lui le progressive difficoltà incontrare rispetto invece alla situazione di pieno rispetto dei canoni tecnici.
Esercizi didattici: appena gli allievi avranno preso discreta confidenza col gesto tecnico, sarà opportuno eseguire una serie di allenamenti-gioco: – con due allievi, uno a sinistra e l’altro a destra, si deambulerà in avanti e indietro sulla pedana, poi si apriranno le braccia con le mani aperte, bersagli ai quali, in competizione temporale l’uno contro l’altro sino a un certo punteggio, i due allievi dovranno indirizzare i loro colpi (nella sciabola si possono utilizzare due maschere) – dalle spalle di un allievo si fa partire un oggetto, ad esempio una pallina da tennis o un guanto da scherma, oggetto che deve essere afferrato tramite un allungo – si lanciano cerchietti di diverso diametro davanti all’allievo, che tramite un allungo deve infilarli nella propria lama.
Potenziamento dell’allungo
Premessa: all’allievo si deve prospettare una possibile situazione: in caso di lunga misura dall’avversario oppure se quest’ultimo è solito arretrare per difendersi tramite la misura, l’antagonista non può essere raggiunto tramite il normale allungo; di conseguenza, per sviluppare una maggiore spazialità in avanti, si deve ricorrere a due possibili potenziamenti del proprio allungo: il raddoppio o il passo avanti affondo.
Il raddoppio si basa sul fatto che, prima di far esplodere il proprio
allungo, il piede dietro si congiunge con quello avanti; l’effetto sarà ovviamente quello di guadagnare nella proiezione in avanti l’ampiezza della propria guardia ovvero la distanza esistente in origine tra i due piedi.
Il passo avanti-affondo si basa invece sulla fusione di un passo avanti seguito senza soluzione di continuità dall’affondo; addirittura, al fine di guadagnare un tempo tecnico, l’allungamento del braccio armato non verrà effettuato dopo il passo come giusto prodromo dell’allungo, bensì in concomitanza del passo stesso.
E’ consigliabile, a questo proposito, far eseguire alcune sequenze, alternandole, sia di allunghi dove il braccio armato deve fondersi con l’affondo, sia passi avanti a fondo dove il braccio deve distendersi in concomitanza del primevo passo avanti.
Esercizi didattici: il conduttore può sollecitare l’esecuzione dell’allungo con una vasta gamma di segnali: vocali, sonori come un battito di mani, visivi come l’alzata di una mano; può far cadere un guanto che deve essere afferrato prima che tocchi il suolo o lanciare una pallina che deve essere presa dopo un rimbalzo per terra; può mettere anche in competizione due allievi armati per sollecitare agonisticamente la velocità del gesto (apertura delle due mani opportunamente protette da guanti), ma mai dovrà privilegiare la velocità a discapito dell’osservanza delle norme canoniche: lo schermitore stesso deve diventare un intransigente controllore della bontà dei suoi gesti.
Nel caso del ritorno in guardia il conduttore, al fine di sollecitare la sua esecuzione da parte dell’allievo, può anche roteare la propria lama o comunque tirare un colpo, che naturalmente l’allievo deve evitare con la velocità del suo rientro in guardia.
Siti spaziali davanti al corpo
Premessa: Siamo alla fine dei cosiddetti fondamentali, ovvero di quelle posture e dinamiche che sono avulse dalla presenza dell’avversario davanti a noi sulla pedana; già per l’affondo è stato necessario far riferimento alla sua pur teorica presenza per supportare logicamente alcune spiegazioni e in effetti si è accennato implicitamente alla misura e alla linea direttrice.
L’antagonista si fa sempre più immanente e dalla sua attività di attacco nasce per lo schermitore l’esigenza di potersi difendere dai suoi attacchi; il braccio armato è chiamato a questa importante funzione difensiva ed è opportuno rinvenire alcuni siti spaziali che possano in un qualche modo costituire i suoi riferimenti cardinali.
Posture: al fine di meglio organizzare la propria difesa col ferro, è fondamentale stabilire un rapporto tra posizione del pugno armato e bersagli sottostanti, sia rispetto a questi ultimi, sia rispetto della distanza da essi; in tal modo viene a costituirsi la trama delle linee difensive.
Linea interna alta, quella corrispondente grosso modo al petto – linea interna bassa, quella dell’addome – linea esterna alta, quella della spalla – linea esterna bassa, quella del fianco.
Didattica: fondamentale è che l’allievo percepisca sin dal primo istante la funzionalità di queste posizioni, che gli devono apparire non teoriche, ma assolutamente pragmatiche.
L’insegnante, dopo averlo messo in guardia e avere verificato il giusto defilamento del corpo, deve cominciare a percorrere con la sua punta (e/o lama nella sciabola) una linea d’attacco, invitando l’allievo a cercare di evitare di essere colpito; essendo di facile intuizione, quest’ultimo tenderà a deviare con il proprio ferro quello sopravveniente. Qui si dovrà intervenire sicuramente per registrare al meglio la posizione del pugno nello spazio e magari cominciare a mostrare la sua rotazione per una postura fisicamente più comoda (quello che i trattati denominano appunto pugno di prima, seconda …); si dimostrerà con esempi pratici come una posizione può essere insufficiente a tutelare il sottostante bersaglio o, al contrario, eccessiva. Si tranquillizzerà anche il neofita, specificandogli che col tempo sarà assolutamente spontanea l’acquisizione di questi posizionamenti, che del resto non sono assolutamente fissi ed immutabili, ma che in un certo range possono e devono adattarsi al colpo dell’avversario.
Importante sarà anche tener conto della situazione spaziale che si viene a creare con un avversario di mano diversa, ciò non solo e tanto per completezza espositiva, ma anche per cercare di evitare l’insorgere del diffuso timore del mancino per i destrimani e del mancino sul mancino.
Alternativa prospettica con l’avversario: l’occasione della specifica dei siti sui propri bersagli è un ottimo spunto per cominciare a parlare al neofita, o meglio per fargli vedere con esempi pratici, di ciò che è l’alternativa prospettica; con questo termine indico la situazione di reciprocità simmetricità concettuale e comportamentale che, come ben sappiamo, informa tutto il dialogo con l’avversario sulla pedana. Ad esempio, tornando allo spostamento sulla pedana precedentemente trattato, è conveniente far osservare che all’avanzare dell’uno, in genere corrisponde l’arretrare dell’altro e, giustamente, il contrario.
Riprendendo poi la questione dei siti spaziali davanti al corpo, si farà debitamente considerare il fatto che le stesse linee difensive, che generano i propri siti spaziali difensivi, rappresentano al contempo le linee di attacco dell’avversario: la geometria dei colpi è la stessa, solo che è vissuta con intenzioni e prospettive opposte.
L’istante sarà opportuno per cominciare, con prudenza, a parlare al neofita di contraria, cioè di quel concetto che si basa sull’ideazione e sulla successiva realizzazione di un’attività volta a neutralizzare l’iniziativa dell’antagonista, creando anche in contemporanea l’opportunità per ribaltare la dinamica situazionale a proprio favore per poter portare il proprio colpo.
Esercizi didattici: è sempre importante ribadire il concetto che l’esercizio, eseguito in competizione con se stesso o viepiù con l’avversario, non deve mai privilegiare la velocità rispetto alla bontà del gesto tecnico: la cultura che va fatta da subito abbracciare al neofita è che si deve eseguire un movimento il più velocemente possibile, ma comunque in forma corretta, altrimenti si deve pagare pegno a fattori fondamentali come la precisione di punta o capacità penetrativa.
Il conduttore, in questa ottica, deve iniziare a percorrere le linee offensive sui bersagli del neofita a velocità ridotta, incrementandola progressivamente sino a quando vedrà il rispetto dei canoni; potrà anche solo fingere i colpi, invitando l’allievo a seguire la sua lama, passando da un certo sito spaziale ad un altro; come ben sappiamo i progressi in questi campi si ottengono solo nel tempo con pazienza e applicazione.
Poi gli attacchi portati con l’allineamento del braccio potranno essere affidati, alternativamente, in sede di esercizi tra allievi, ma il conduttore dovrà sempre, almeno inizialmente, vigilare con grande attenzione. Invertendo nell’esercizio il ruolo, si favorirà, opportunamente commentato, il recepimento e la verifica del concetto di alternanza prospettica.
Rapporto con l’avversario
Ecco finalmente l’avversario davanti a noi sulla pedana: acquisiti i Fondamentali, inizia la relazione con un altro sistema-schermitore con il quale ci si deve confrontare.
Premessa: il futuro schermitore deve capire che gli elementi tramite i quali dovrà competere sono lo spazio, il tempo e l’attività del braccio armato; e questo in regime di perfetta reciprocità con l’avversario, ciò che ho già poco sopra definito alternanza prospettica.
Didattica: acquisito un minimo di meccanica circa lo spostamento sulla pedana e l’allungo, è consigliabile sedersi con l’allievo ad assistere ad un assalto tra compagni di sala; le stoccate andranno superficialmente commentate, invece sarà molto importante far conosce al neofita l’ambiente- combattimento e sottolinearne mano a mano gli elementi essenziali: la distanza tra i due schermitori, il suo mantenimento sino a quando uno dei due prende un’iniziativa d’attacco, la realizzazione di una difesa a cura di chi lo subisce, l’interruzione del combattimento in caso che ci siano stoccate oppure la sua prosecuzione in caso contrario, magari le sanzioni circa il mancato rispetto dei limiti della pedana, il conteggio delle stoccate, il conseguimento finale della vittoria di uno dei due contendenti e quant’altro.
Approfittando della contingenza delle azioni svolte dai due assaltanti, il conduttore deve richiamare l’attenzione del neofita ora sull’aspetto spazio, ora sull’aspetto tempo, ora sulle diverse attività del braccio armato e altro.
Calato, pur per interposta persona, nella realtà dello scontro, l’allievo sarà senz’altro facilitato nella comprensione degli elementi fondamentali del combattimento e, aiutato con costanza dall’insegnante, capirà la scansione nel tempo della sua formazione; in altre parole gli argomenti tecnici affrontati progressivamente dall’insegnante nelle varie lezioni formative non saranno percepiti come calati dall’alto per comporre un quadro che poi solo alla fine verrà completato e capito nella sua completezza; al contrario, l’apprendimento finale sarà perseguito tramite il cosciente collocamento di sempre nuove tessere tecniche.
Esercizi didattici: all’inizio di una nuova lezione conoscitiva, naturalmente stimolato – aiutato e supportato dall’insegnante in funzione della sua età, sarà talvolta lo stesso allievo a presagirne il contenuto; tra l’altro, operando in tal modo, crescerà la coscienza che la teoria schermistica non è altro che una costruzione logica che interconnette senza soluzione di continuità presupposti a necessarie risposte; in una parola, la cosiddetta contraria. Il vissuto e non il teorico rappresenterà in tal modo il veicolo di formazione del nuovo schermitore; in egual guisa di un buon professore di Scienze che non enuncia una legge e poi la fa verificare dai suoi allievi tramite esperimenti, ma, proprio al contrario, li aiuta ad estrapolare il principio dalla loro osservazione degli accadimenti in laboratorio.
La misura
Prima ancora di relazionarci direttamente con l’antagonista è necessario prendere coscienza di un parametro essenziale per dimensionare spazialmente la nostra attività, la misura.
In verità eravamo stati costretti ad accennare questo concetto quando avevamo illustrato al neofita il meccanismo dell’affondo: in effetti dovevamo fargli capire che il corpo doveva proiettarsi in avanti e coprire la distanza che separava la sua punta/lama da un bersaglio dell’antagonista.
Ora si tratta di schematizzare il fatto che la quantità di spazio tra i due contendenti può essere grosso modo di tre entità: quella alla quale si riesce a portare il colpo tramite la sola distensione del braccio armato (la cosiddetta stretta misura), quella in cui è invece necessario produrre l’allungo (giusta misura) e infine quella in cui, non essendo nemmeno sufficiente l’affondo, quest’ultimo deve essere preceduto da almeno un passo o un balzo avanti (lunga misura). E queste tipologie di distanza possono essere interpretate con diverso spirito ed intento: quello di poter colpire l’avversario in un suo bersaglio oppure, all’opposto, di non essere raggiunto dalle sue stoccate.
Va sottolineato l’ovvio concetto che, salvo particolari situazioni, la distanza statisticamente più utilizzata è quella della giusta misura, in quanto in contemporanea garantisce ai due contendenti uno spazio di sicurezza nell’ottica della difesa, ma al contempo è molto prossima anche a quella utile per giungere a bersaglio utilizzando il semplice affondo.
Didattica: sapendo effettuare l’allungo, ora il neofita dovrà sperimentare le tre situazioni spaziali di cui sopra; l’insegnante dovrà variarle nel tempo, innestando questi cambiamenti nel continuo spostamento in avanti e all’indietro a cui lo costringerà con il suo movimento sulla pedana; il compito da svolgere sarà quello di mantenere sempre invariata detta misura per poi portare il proprio colpo al momento opportuno.
Di fondamentale importanza è che venga subito recepito un concetto: la misura, che in fin dei conti costituisce un valore oggettivo, è soggetta soprattutto anche a valori soggettivi. In effetti, ad esempio, caratteristiche fisiche tipo l’altezza e quindi la lunghezza degli arti fanno sì che alla lunghezza del passo dell’uno non corrisponda spesso quella dell’altro; cosicché ogni schermitore dovrà, se di caso, equalizzare il numero dei passi. Il conduttore, al fine di sviluppare questa sensibilità, dovrà alternare artatamente l’ampiezza dei suoi passi.
Poi è consigliabile, sin da subito, far comprendere al neofita che si può anche giocare sullo spazio rappresentato dall’ampiezza della propria guardia: per guadagnare maggiore proiezione in avanti, come abbiamo già visto in precedenza, si può sfruttare il cosiddetto raddoppio, ovvero congiungere il piede dietro a quello avanti prima dello spostamento in avanti; come del resto si può ridurre la misura andando all’indietro facendo un raddoppio al contrario, ovvero lasciando fermo il piede posteriore congiungendogli quello anteriore. Si farà comunque presente che queste particolari meccaniche si dovranno applicare solo in determinate situazioni a venire.
Giochi didattici: una coppia di schermitori, uno di fronte all’altro, si sfidano in velocità di spostamento; alternativamente uno dei due comanda il gioco e vince chi riesce a toccare con la mano l’altro. Ogni altro gioco sulla misura è ben accetto: essa rappresenta il fondamento di ogni colpo, sia in attacco che in difesa.
Aspetto tempo
Se chiedete al neofita che significato può avere il tempo nella scherma, il 99,9999 (periodico)%, qualunque sia la sua età, risponderà la velocità.
Indubbiamente questa grandezza ha una basilare importanza nella conduzione di un match, ma all’allievo si cercherà di far capire che il tempo nella scherma non è solo velocità.
Sarà sufficiente prendere per la punta una qualsiasi arma, farla oscillare lentamente di lato e invitare l’allievo a cercare di prendere il guanto che intanto teniamo sull’altra mano; e questo senza essere toccato dalla lama che si muove. Magari dopo alcuni tentativi riuscirà in questo giochetto e allora si farà osservare che sì la velocità con cui si va a prendere il guanto è importante, ma che è necessario anche aspettare il momento opportuno per iniziare il movimento della mano, in altre parole scelta del tempo.
Poi si inviterà il neofita a far schioccare (sperando che ci riesca già) prima le dita della mano sinistra, poi quelle della destra con l’intervallo di tempo più breve possibile. Dopo si farà notare che il movimento delle dita della seconda mano possono muoversi solo dopo che quelle della mano sinistra hanno portato a termine il primo schiocco.
A questo punto, con parole equalizzate all’età del soggetto, si attirerà l’attenzione sul fatto che il tempo quindi non è solo velocità, ma anche scansione di tempi per movimenti successivi separati da un certo intervallo.
Dite poi al neofita che avete tre secondi per avanzare e colpirlo con il guanto, dandogli la possibilità di arretrare; muovetevi abbastanza lentamente, scandendo a voce alta ogni secondo; fatelo poi scappare senza colpirlo. Attirate quindi la sua attenzione sul fatto che anche questa è un’altra applicazione del tempo nella scherma: farlo passare per ottenere uno scopo utile.
Siamo ancora abbastanza lontani dalle nozioni tecniche che comporteranno una valutazione del tempo diversa da quella strettamente connessa alla velocità; tuttavia l’aver proiettato l’allievo in un prossimo futuro non potrà non produrre benefici effetti: probabilmente, soprattutto se molto giovane, non potrà capire appieno questi concetti, tuttavia comincerà ad intuirli e, quantomeno, avrà sempre più fiducia nell’insegnante come guida di un mondo così interessante e complesso.
Il messaggio che deve essere reiterato con costanza è quello che, nella preparazione allo scontro sulla pedana contro l’avversario, l’attività dello schermitore è il coacervo di una moltitudine di elementi: fisici, mentali, tecnici, caratteriali; tutto questo immerso nella dimensione spazio pedana e nella dimensione tempo pedana.
Attività del braccio armato
Premessa: quando si affronta questo argomento è molto utile richiamare il concetto dell’alternanza prospettica reciproca, citato anche in precedenza. Lo schermitore deve capire che ciò che si accinge ad apprendere dalla sua ottica vale in modo assolutamente identico anche per l’avversario; in parole povere quello che lui potrà fare con l’arma in pugno lo potrà fare nello stesso identico modo l’avversario (naturalmente la simmetria si altererà nel caso di schermitori di mano diversa, ma questo tema sarà affrontato a suo tempo).
Il neofita dovrà poi subito percepire, come categoria generale, che tutta la teoria dei colpi di attacco si basa sulla casistica dei possibili rapporti spaziali esistenti tra i due bracci armati.
Un secondo concetto da esemplificare dovrà essere quello dello sviluppo dell’assalto; al neofita sarà fatta presente da un punto di vista generale la mappatura spaziale esistente tra i due schermitori in guardia sulla pedana uno davanti all’altro: – al centro la zona di sicurezza che già conosce, la misura – proseguendo, rispettivamente a destra e a sinistra, i due bracci armati – infine i due sottostanti bersagli.
Ebbene la scherma consiste in un primo dialogo tra le lame, esaurito il quale, è poi necessario per chi prende l’iniziativa percorrere in velocità la misura; e questo è l’attacco. La seconda fase, sollecitata dalla prima, è quella dell’accoglienza della lama dell’attaccante che entra nello spazio di azione dell’attaccato; e questa è la difesa. Quindi schematizzando: lavoro del braccio armato di chi propone un’azione – transito nella zona misura – eventuale lavoro del braccio armato di chi vuole annullare questa azione per poi magari passare alla risposta o al contrattacco.
Le traiettorie dei colpi sono raffigurabili, anche concettualmente, come segmenti dalla natura geometrica diversa e composita, i cui estremi sono la posizione in cui si trova la punta/lama al momento dell’inizio della determinazione d’attacco e, in linea teorica, il punto del bersaglio che nelle intenzioni dell’attaccante dovrebbe essere raggiunto. Parimenti, le traiettorie dei colpi di difesa sono anch’esse descrivibili come segmenti diversi e compositi, i cui estremi sono la posizione in cui si trova la punta/lama al momento della necessità di parare il colpo dell’antagonista e il punto della lama avversaria sul quale appoggiarsi con il fine di deviarla dal proprio bersaglio.
Quindi quando i due schermitori si scambiano le frasi schermistiche lo spazio di potenziale contatto tra i ferri è rigurgitante di linee e traiettorie; un po’ come mostrano alcune foto in sequenza veloce o qualche video al rallentatore con la tracciante delle lame nello spazio.
Questo va fatto capire al neofita ancor prima di fargli toccare con il proprio ferro quello dell’avversario; magari si invitano due allievi evoluti in pedana a tirare come alla moviola per cercare di esemplificare il concetto.
Poi è consigliabile richiamare velocemente le nozioni di spostamento che hanno costituito l’oggetto delle precedenti lezioni; il fine è quello di far capire che lo schermitore non è altro che un sistema in movimento, appunto un sistema-schermitore; il dialogo tra i due ferri prosegue in un continuo spostamento, mantenendo al meglio le varie posture per poterne esprimere al meglio le potenzialità.
Non con questo che il neofita, ovviamente anche in funzione della sua età, possa apprendere appieno e subito cosa sia un assalto di scherma; per questo ci vorranno, come ben sappiamo, mesi e forse anni di praticantato.
Ma, muovendoci come sopra descritto, forniremo all’allievo quantomeno una specie di canovaccio culturale, che sicuramente favorirà la sua progressiva formazione, piuttosto che lasciarla allo spontaneo e magari disordinato assemblamento personale nel tempo.
Posture del braccio armato: in primis dovrà capire come potrà volontariamente posizionare la propria arma: – la potrà mantenere, a braccio flesso, nella classica posizione di guardia – la potrà porre in linea, ovvero, a braccio naturalmente disteso, in direzione di un bersaglio valido dell’antagonista – potrà spostarla dalla postura di guardia con lo scopo di lasciare scoperto un determinato bersaglio, configurando ciò che viene denominato invito – potrà relazionarsi con il ferro antagonista con lo scopo di dominarlo tramite il cosiddetto legamento.
Didattica circa:
Braccio flesso in posizione di guardia: il conduttore, producendo una deambulazione con velocità variabile ambo versi sulla pedana sino alla soglia delle capacità dell’allievo, lo costringerà a mantenere la misura; l’attenzione andrà riposta sul grado di scioltezza con cui l’allievo riuscirà a mantenere il ritmo.
- Braccio in linea: il conduttore, continuando nel tipo di deambulazione descritta al precedente punto, inviterà l’allievo ad effettuare a piacere dei veloci allineamenti del ferro che dovranno impattare il bersaglio in avanzamento; poi il braccio tornerà alla posizione di guardia e ricomincerà la deambulazione. Anche in questo caso il conduttore dovrà vegliare sulla scioltezza del braccio e delle gambe dell’allievo.
- Invito: il conduttore, sempre deambulando, chiederà all’allievo, magari invitandolo a coordinarsi con il movimento delle gambe, di scoprire, alternandoli, i suoi bersagli, ritornando poi nella posizione di braccio in guardia; dovrà vigilare con attenzione al fatto che i movimenti siano veloci, ma che non facciano sbandare il ferro; altresì controllerà la loro posizione spaziale, che non dovrà essere troppo distante dal bersaglio sottostante lasciato incustodito.
- Legamento: il controllore intratterrà l’allievo sul concetto di legamento, ovvero di quel rapporto tra i ferri che assicura a uno il dominio sull’altro. Chi esegue il legamento dovrà utilizzare il proprio terzo di lama vicino alla coccia e dovrà relazionarsi con l’ultimo terzo di quella antagonista. E’ utile accennare al fatto che il braccio armato costituisce una leva e per utilizzare una leva utile è necessario osservare certe posizioni reciproche tra i due ferri, appunto quelle precedentemente indicate. A comprova della bontà di quanto esposto, il conduttore, il più delle volte in possesso di una maggiore forza fisica del neofita, porrà il debole della propria lama sotto il forte di quella dell’allievo; poi comincerà progressivamente ad esercitare una pressione contro la lama del neofita senza riuscire per questo, appunto per i noti principi di Fisica, a spostare quella del più giovane e meno forte allievo.
Dopo aver esemplificato questi concetti sulla linea di quarta, che appare quella più spontanea e intuitiva, il conduttore accennerà pur in breve alle diverse tipologie di bersagli esistenti sul corpo dell’antagonista e illustrerà ed esemplificherà i legamenti anche sulle altre tre linee. In conseguenza di queste differenziazioni, l’insegnante passerà a specificare le posture del polso che, ruotando attorno all’asse dell’avambraccio, realizzano nei differenti siti la posizione muscolarmente più comoda; parlerà cioè dei cosiddetti pugni.
Sino a questo punto il conduttore avrà lasciato al facile intuito del neofita la scelta del tragitto da compiere per andare a catturare il ferro antagonista, cioè quello diretto, realizzato spostandosi nello spazio linearmente, ciò che in gergo si denomina legamento semplice.
L’esercitazione avverrà prima da fermo e, al momento ritenuto opportuno, deambulando e, a suo tempo, aumentando la velocità. Il conduttore chiederà all’allievo di effettuare un invito a piacere, poi sul suo bersaglio scoperto concederà la sua linea, affinché l’allievo possa effettuare il corrispettivo legamento; massima attenzione andrà riposta sulla qualità del gesto, apportando se di caso le dovute correzioni.
Quando l’allievo avrà dato sicura prova di aver ben recepito il concetto e soprattutto di saperlo applicare in modo soddisfacente, allora il conduttore, armi alla mano, cercherà di stimolarlo a trovare traiettorie spaziali diverse per realizzare i legamenti. Il fine, come abbiamo già avuto occasione di ribadire anche più volte, è quello di mettere l’allievo nelle condizioni ideali per poter scoprire da solo il successivo passo tecnico.
Ecco che sarà evidenziato il legamento di contro: la lama cattura quella antagonista non andandoci incontro in linea retta, ma avvolgendola con un movimento rotatorio del proprio ferro.
All’allievo andrà sin da subito fatto capire un paio di concetti: il primo è che lo schermitore può decidere su quale linea effettuare il proprio legamento, magari su quello che preferisce; il secondo, di carattere più generale, è che, avendo lui questa duplice opportunità, il suo avversario non è in grado di stabilire a priori il suo movimento.
Esercizi didattici: l’esercitazione sui legamenti, mantenendo le caratteristiche poco sopra espresse, potrà quindi variare e alternarsi, a piacere dello schermitore o a comando dell’insegnante, tra quelli semplici e quelli di contro; inizialmente da fermo, per poi passare in concomitanza dello spostamento in avnati o all’indietro, ponendo molta attenzione alla coordinazione del movimento del braccio armato rispetto a quello delle gambe.
Utilizzo della lama
Considerazione generale: il dialogo tra le lame, ad eccezione della botta dritta che lo esclude per definizione, costituisce il nucleo centrale della tecnica schermistica. Il fioretto, la sciabola e la spada, come ben sappiamo, non sono altro che attrezzi il cui utilizzo, sia in sé sia nel loro rapporto reciproco, è di grande importanza per la buona riuscita di un colpo.
Fondamentale quindi risulta la confidenza che ogni schermitore riesce ad avere con la propria arma: nella maneggevolezza ovvero nella capacità di gestire nel suo complesso l’arma, nella direzionalità ovvero nella destrezza di muoverla velocemente nello spazio, nella precisione ovvero nella possibilità di indirizzare punta e taglio della lama dove esattamente è necessario. Tutto questo, come abbiamo in precedenza ricordato, utilizzando il minimo della forza fisica necessaria e ricorrendo, all’occasione, alla stretta in tempo.
Didattica: il migliore rapporto con la propria arma si ottiene soprattutto con l’esercizio, quindi con una costante e ripetuta applicazione dei giusti movimenti del braccio armato con particolare riferimento all’articolazione del polso, che svolge una vera e propria funzione di fulcro.
All’allievo si dovrà quindi prontamente far capire che la sua capacità di maneggiare l’arma dipenderà in modo diretto dal tempo e soprattutto ovviamente dalla continuità del suo esercizio: mese per mese i movimenti saranno sempre meno impacciati, più veloci e soprattutto più fluidi.
In tema ci sono degli specifici esercizi che, pur essendo in gran parte decaduti come applicazione pratica durante il combattimento, conservano tuttavia tutto il pregio di concorrere alla formazione del maneggio delle armi: il cambio di legamento, il trasporto e il riporto.
Meccanica del cambio di legamento: da un proprio legamento, abbandonando il ferro avversario per il solo istante necessario per un veloce spostamento sulla linea opposta, si imposta un nuovo legamento dall’altra parte: da sinistra a destra e viceversa, da sopra a sotto e viceversa.
Meccanica del trasporto: in questo caso, senza mai disgiungere il proprio ferro da quello antagonista, si passa da un legamento ad un altro; di trasporti ne sussistono quattro: da quello di quarta a quello di seconda e viceversa, da quello di terza a quello di prima e viceversa.
Meccanica del riporto: anche in questo caso, essendo in un legamento, si mantiene costantemente il contatto tra la propria lama e quella dell’avversario; il movimento, aiutandosi anche con la coccia, consiste, tramite la rotazione del pugno armato nelle varie direzioni, nell’avvitare il proprio ferro attorno a quello antagonista, mantenendo lo stesso tipo di legamento.
Considerazione: avvicendandosi il pugno armato nelle varie posture spaziali, i frequenti cambiamenti aiuteranno l’allievo a ben familiarizzare spontaneamente con la rispettiva sua idonea posizione. Tutto ciò porterà grande beneficio all’intero portamento dell’arma.
Esercizi didattici: variando tra queste tre meccaniche, innumerevoli potranno essere le combinazioni con le quali il conduttore potrà intrattenere l’allievo; soprattutto sarà possibile impostare giochi a punteggio a seconda della scelta della tipologia dei movimenti; si potrà optare per la sola iniziativa vocale del conduttore, per la libera scelta dell’allievo, per una ripetizione di un certo numero costante di movimenti oppure per una loro continua variazione.
Bersagli
Premessa: Come sappiamo i bersagli sono di varia specie in funzione delle tre specialità: dal solo tronco del corpo nel fioretto, passiamo a tutto ciò che si trova al di sopra della cintura nella sciabola, per giungere all’intero corpo nella spada con in questo caso compreso addirittura anche il materiale come il passante.
Al neofita, che in esordio ovviamente conoscerà prevalentemente il tranquillizzante ed esteso bersaglio interno del suo maestro, dobbiamo comunque anticipare tutti questi dati, in quanto, in fin dei conti, tutto quello che si fa in sala è appunto incentrato sul cercare di colpire questi benedetti bersagli.
Didattica: inizialmente l’insegnante metterà a terra la sua arma e richiamerà l’attenzione dell’allievo sul fatto che i bersagli sono rappresentati, a seconda delle specialità, dalle varie parti del corpo: più estesi, esigui o molto esigui – più vicini (quelli dalla parte del braccio armato, piede e ginocchio) o più lontani – quelli di fronte (la parte anteriore del braccio armato, della maschera e tutta la linea laterale del corpo più vicina) o profilati – quelli a vista o quelli nascosti (la schiena).
Poi in conduttore prenderà l’arma e la porrà davanti a sé in parziale invito di quarta; farà quindi osservare che i bersagli corporei restano ovviamente tali e quali, ma la presenza della lama determina un’altra mappatura: interni (alla guardia) o esterni – sopra (al di sopra della lama) o sotto.
A questo punto si inviterà l’allievo a percorrere a velocità ridotta le quattro strade indicate, indicandogliele poi come linee d’attacco e specificandone il nome; subito dopo si farà assumere la postura di parziale invito di quarta all’allievo e le parti si invertiranno: in tal modo si evidenzieranno le corrispondenti linee di difesa. Si attirerà l’attenzione del neofita sul fatto che le linee sono coincidenti, ma si diversificano solo per l’ottica, ora d’attacco, ora di difesa.
Esercizi didattici: il conduttore varia gli inviti e l’allievo porta la punta sul bersaglio scoperto, specificando la definizione delle sue linee d’attacco; poi le parti saranno invertite e si denomineranno le linee di difesa.
Modo di tirare il colpo
Premessa: il neofita ovviamente ha già le sue difficoltà a vibrare i normali colpi rettilinei, ma, siccome avrà senz’altro occasione di vedere i suoi compagni di sala impegnanti nei liberi assalti, non possiamo non anticipargli almeno culturalmente i colpi di fuetto; anzi, con molta probabilità questa anticipazione andrà a sollecitare la sua fantasia.
Meccanica esecutiva: come sappiamo i colpi rettilinei sono quelli che fanno percorrere alla punta e/o lama il minor tratto possibile tra luogo di partenza per l’attacco e bersaglio; sono i più spontanei e quelli dotati di meccanica più semplice.
Già nella sciabola i colpi di cosiddetto molinello sono più complessi in quanto presuppongono al loro esordio un’idonea rotazione del polso.
I più complessi sono comunque quelli di cosiddetto fuetto: in questo caso, approfittando di un certo grado di flessibilità della lama, la punta di quest’ultima viene a produrre nello spazio un arco di cerchio grazie ad un movimento repentino del polso subitamente arrestato; sarà l’occasione per ricordare all’allievo il concetto di stretta in tempo, che deve necessariamente far parte del meccanismo del colpo.
Ma forse ciò che sorprenderà maggiormente il neofita, sarà il cosiddetto colpo lasciato; l’esempio è presto fatto: si chiede all’allievo di tenere il braccio armato in linea e poi, indirizzando il nostro avambraccio verso la sua punta, ci spostiamo in avanti sino ad infilzarci da soli.
Esercizi didattici: da fermo, appunto per incentrare tutta l’attenzione dell’allievo sulla natura dei colpi, se ne possono riprodurre tutte le diverse tipologie; ovviamente i colpi diretti e quelli lasciati saranno i più semplici, mentre quelli di fuetto, piuttosto che essere ben eseguiti, costituiranno istanti di ilarità vista la loro grossa difficoltà esecutiva.
Ribadisco il concetto già precedentemente espresso: vedere e/o intravedere ciò che sarà oggetto del futuro apprendimento non può non costituire un grosso incentivo per la voglia di imparare; queste anteprime, se ben gestire nella cadenza e nel tempo, sono i migliori coadiutori per la futura crescita tecnica del giovane schermitore.
Azioni semplici di offesa
Premessa: Eccoci, veramente; inizia l’illustrazione di come colloquiare con il nostro avversario: non utilizziamo parole, ma la nostra lama svolge una funzione pari a quella della nostra lingua e in effetti i trattati parlano di fraseggi schermistici.
Ancor prima di passare ai fatti tecnici, è necessario far capire al neofita che lo scontro, l’assalto è una successione logica nel tempo di antefatti, fatti e derivati. Come si dice comunemente uno comincia, l’altro, se ci riesce, reagisce di conseguenza e spesso può rispondere non in un sol modo, ma può optare tra varie soluzioni; il dialogo concatenato poi prosegue sino alla realizzazione del colpo oppure, concludendosi con un nulla di fatto, si interrompe per poi riprendere successivamente.
Per esemplificare, se possibile, sarà molto utile far assistere il neofita allo scambio di alcune stoccate tra due schermitori di un certo livello, pregando questi ultimi di rallentare i loro movimenti e magari alternare ad uno stesso attacco reazioni difensive diverse.
Il neofita a questo punto deve ben introiettare i concetti delle due diverse attività di scontro: l’attacco e la difesa, concetti che, a parte allievi di tenere età, hanno già sicuramente recepito dalle loro diverse esperienze di vita pregresse.
La precisazione, che va subito fatta,per fugare qualsiasi dubbio in proposito, è che l’iniziativa d’attacco non consiste solo nell’avanzare verso l’avversario, ma, pur implicando ovviamente l’avvicinamento a questo, nell’eseguire necessariamente un gesto tecnico che ha la finalità di toccarlo.
La difesa, per contro, è una reazione all’attacco e quindi avverrà solo dietro il suo originario stimolo.
Ed ecco che è arrivata l’ora di far capire un altro concetto schermistico fondamentale, quello della contraria.
Come sappiamo nella ricerca di quest’ultima è fondamentale lo studio della situazione, cioè l’osservazione di ciò che fa l’avversario; e, parlando di attacco, ovviamente ci riferiamo in che posizione tiene il proprio braccio armato. In applicazione del concetto di alternanza prospettica, già citato più volte, il conduttore inviterà l’allievo a ricordare quali atteggiamenti poteva assumere con la sua lama nei confronti del suo antagonista; ora dovrà ragionare in senso inverso, ovvero osservandoli eseguiti da quest’ultimo.
Ogni postura del ferro avversario viene a costituire un presupposto geometrico-concettuale diverso, al quale dover applicare in genere una contraria di diversa natura esecutiva.
Tipologie di attacco semplice:
Presupposto – il ferro dell’avversario è in una posizione di invito, che quindi lascia scoperto un determinato bersaglio: la contraria è la Botta dritta.
- Presupposto: – il ferro dell’avversario domina il nostro tramite un suo legamento: la contraria è la Cavazione.
- Presupposto: il braccio dell’avversario è tenuto nella postura di guardia o in quella di linea: la contraria è la Battuta e colpo o, in alternativa, la presa di ferro e filo.
Mostrata materialmente in pedana, seppur in modo sommario, questa carrellata di colpi, sottolineando la natura geometrico-spaziale dei presupposti che quindi vengono a determinarli, andrà spiegato all’allievo il filo conduttore tra queste stoccate: la velocità di esecuzione in rapporto alla potenziale reazione difensiva dell’avversario. In altre parole questi colpi hanno la loro ragion d’essere nel fatto di sorprendere l’antagonista in modo tale da non consentirgli di riuscire a difendersi, almeno compiutamente.
La botta dritta
Come sappiamo è il colpo che si realizza andando direttamente a colpire un bersaglio raggiungibile e incustodito dall’avversario.
Meccanica esecutiva: faremo presente all’allievo che il modo statistico più ricorrente per realizzare la botta dritta è l’affondo o allungo che si dica. Richiameremo la meccanica di questo gesto che abbiamo precedentemente illustrato parlando dei Fondamentali: si parte dalla postura di guardia, distendendo il braccio armato in modo naturale, coinvolgendo,
senza soluzione di continuità, le gambe.
La botta dritta può anche adattarsi alle due altre teoriche misure: in quella stretta è sufficiente distendere il braccio, in quella lunga è invece necessario ricorrere all’esecuzione del passo avanti – affondo.
Didattica: il concetto da far reperire all’allievo è che questo tipo di colpo, come tutti gli altri denominati appunto attacchi semplici, deve essere prescelto dopo aver sufficientemente valutato il fatto di avere una velocità esecutiva maggiore rispetto a quella dell’antagonista nella sua difesa: il colpo deve letteralmente fulminarlo.
Ecco che in questa necessità di essere veloci riappaiono dei concetti precedentemente illustrati all’allievo, concetti che vanno doverosamente rinfrescati: la velocità esecutiva non deve andare a detrimento della precisione del gesto tecnico, altrimenti si rischia di non toccare – c’è il raddoppio per cercare di potenziare spazialmente l’allungo – la botta dritta va tirata al momento opportuno, ad esempio quando siamo il più possibile vicini al bersaglio.
Esercizi didattici: il conduttore effettua un invito alternando tutte e quattro le linee, tutte e tre le misure e la velocità esecutiva; intanto pone grande attenzione alla qualità esecutiva dell’allungo.
Giochi didattici: il conduttore tiene nella mano qualche guanto e, in occasione dell’invito, ne lascia cadere uno a terra; la stoccata dell’allievo dovrà arrivare a bersaglio prima che il guanto atterri (inizialmente ritarderà l’apertura della mano, concedendo quindi più tempo all’allievo).
La cavazione
Partendo da una posizione di sudditanza, ovvero da sotto un legamento dell’avversario, si va direttamente a colpire il bersaglio nella direzione opposta del legamento stesso.
Meccanica esecutiva: con movimento spirale in avanti, in contemporanea, ci si svincola dal legamento antagonista e si distende il braccio armato per poi coprire la distanza che ci separa dal bersaglio con la linea o con l’affondo.
Considerazione: con la cavazione inizia il rapporto fisico con la lama dell’avversario, in effetti la botta dritta ai fini del suo successo presupponeva che i ferri non entrassero mai in contatto tra di loro.
Questo implica un’attenzione particolare per il conduttore: stiamo parlando di come dare il ferro all’allievo.
Inizialmente il rapporto spaziale deve essere tale da mettere quest’ultimo nelle ottimali condizioni di eseguire il colpo: per esempio se il conduttore effettua il legamento troppo vicino a sé o all’allievo oppure troppo all’infuori rispetto alla linea prescelta, ovviamente offre all’allievo un imprinting spaziale non ideale per apprendere in tutta tranquillità il gesto tecnico e conseguentemente ne inficia il buon apprendimento.
Nel proseguo del tempo invece le cose si invertiranno, nel senso che il conduttore non offrirà più il suo ferro in modo ideale, ma ne vizierà artatamente qualche modalità spaziale, in modo tale da stimolare l’allievo a ricercarne personalmente le coordinate migliori per la partenza del proprio colpo.
Variando poi in modo continuo questi presupposti non farà altro che riprodurre in pedana l’ambientazione reale che l’allievo si troverà a vivere nel corso del match.
Didattica: il conduttore deve portare l’allievo alla scoperta personale della cavazione; pertanto, dopo aver eseguito un legamento sul suo ferro e avergli ricordato che nessuno anche se di forza superiore lo può spostare, lo esorta a trovare il giusto spostamento spaziale per arrivare a bersaglio.
Siccome il meccanismo è di facile intuizione, in genere l’allievo riesce a portare il colpo, ma subito dopo si dovrà con molta probabilità precisare il gesto, spiegando: – che ai fini della velocità la traiettoria deve essere vicina al ferro dell’avversario – che l’inizio dell’affondo deve fondersi esattamente con la parte finale del completo allineamento del braccio armato, ciò per assicurare la precisione di punta o di lama e la relativa penetrazione.
Esercizi didattici: prima da fermo poi in movimento progressivo, si fanno effettuare delle cavazioni su tutte le quattro linee; in un secondo momento, mettendosi d’accordo con l’allievo, in presenza di una leggera pressione sul ferro da parte del conduttore; in seguito la cavazione sarà invece eseguita a scelta di tempo da parte dell’allievo, magari approfittando di una leggera stasi nel movimento del conduttore.
Quando l’allievo avrà preso una certa confidenza con questo colpo, il conduttore potrà, sia da fermo che in spostamento, variare anche più di una volta il suo legamento. A questo punto si spiegherà che la cavazione potrà essere eseguita anche di anticipo, ovvero, intuendo la traiettoria del ferro avversario e scegliendo il giusto tempo, andare a colpire senza essere nemmeno sfiorati dalla lama del conduttore. Fondamentale è spiegare subito la natura diversa del colpo: partendo dal legamento dell’avversario si tratterà di un colpo di attacco semplice, anticipando invece il movimento di ricerca del ferro da parte dell’avversario si tratterà di un’uscita in tempo; si dovrà quindi anticipare, pur in breve, il concetto che si può attaccare non solo con un proprio movimento, ma anche su un movimento dell’avversario.
La casistica delle possibilità tecniche a questo punto dovrà essere integrata, appena il conduttore lo riterrà opportuno, anche dalla prima parte del meccanismo del filo sottomesso. Artatamente il legamento sul ferro dell’allievo sarà vistosamente effettuato in modo errato, ovvero utilizzando il debole della propria lama sul suo forte; l’allievo sarà stimolato ad osservare proprio questo e invitato a trovare una soluzione acconcia; il più delle volte, intuendo la giusta strada, quest’ultimo, spostando la sua lama, invertirà il dominio tra i ferri e si ritroverà in un suo legamento. Ovviamente ci fermeremo in quanto la prosecuzione di filo ancora non è nel bagaglio tecnico dell’allievo. In tal modo avremo comunque stimolato nell’allievo l’attenzione sulla qualità dei gesti dell’antagonista, tanto utile, come ben sappiamo, per la successiva elaborazione delle azioni ausiliarie.
Giochi didattici: adattandosi progressivamente allo sviluppo della velocità dell’allievo, il conduttore potrà cercare di parare il colpo e, in caso di intercettazione del ferro, potrà tirare degli appariscenti e sonori colpi alla sommità della maschera; potrà anche sfidare l’allievo al conteggio dei suoi colpi vincenti o perdenti.
Considerazione: impalpabile compito dell’insegnante sarà quello, proprio approfittando dell’ambito scherzoso del gioco, di stimolare progressivamente nell’allievo la sua migliore prestazione veloce, sempre mantenendo però la massima attenzione sulla qualità del gesto in applicazione; in questo senso il conduttore deve esercitare una vera e propria capacità ermeneutica nei confronti dell’allievo; quasi mai o comunque rare volte dovrà dichiararsi soddisfatto del suo colpo messo a buon segno, ma deve sempre apparire almeno come parzialmente insoddisfatto.
La Battuta e colpo
Considerazione generale: con la battuta e colpo (e con la successiva stoccata in studio, la presa di ferro e filo) il rapporto tra le lame, iniziato in posizione di sudditanza con la cavazione, diventa ora attivo; cioè lo schermitore impara ad intervenire meccanicamente sul ferro antagonista.
La battuta e colpo consiste quindi nella percussione della lama dell’avversario, al fine di spostarla dalla posizione in cui si trova e quindi procurarsi una linea di accesso ad un suo bersaglio.
Meccanica esecutiva: come sappiamo due sono le modalità spaziali di intervento, la prima, denominata battuta semplice, è quella che percorre in linea retta lo spazio che inizialmente separa i due ferri, la seconda, denominata battuta di contro, che invece prima di procurare l’urto gira attorno alla lama antagonista. Gli effetti geometrici ovviamente sono diversi: rispetto all’esecutore la battuta semplice sposta la lama dell’avversario nella stessa direzione dell’inizio del colpo, mentre la battuta di contro nella direzione opposta; in altre parole la natura della battuta influisce sulle linee di attacco.
Didattica: la prima cosa da far comprendere all’allievo è che non c’è alcuna necessità di esagerare nell’applicazione della forza e questo per due motivi.
Il primo consistente nel fatto che, utilizzando un principio della fisica, c’è un modo ideale per ottenere lo spostamento più ampio del ferro avversario: la parte medio-forte della nostra lama deve colpire quella medio- debole dell’antagonista.
Il secondo basato sulla considerazione che, se devo utilizzare molta forza nella battuta, anche la mia lama ne subisce l’effetto e quindi diventa meno governabile dalla mia mano.
Ma, oltre al preciso luogo dove battere, lo schermitore dovrà essere anche invitato a rispolverare un concetto espresso nelle precedenti lezioni, la stretta in tempo: l’arma, lo ricorderemo, va impugnata con leggerezza, ma, laddove intervengano dei fattori esterni, allora la forza della mano deve accentuarsi per sopportare le sollecitazioni dell’urto al fine di mantenere sempre il miglior rapporto possibile con il manico dell’arma.
L’occasione della rievocazione della stretta in tempo potrà essere utilizzata per richiamare l’attenzione dell’allievo sul fatto della costruzione, nozione su nozione, della tecnica schermistica: come i numeri e le lettere anche i colpi della scherma si intersecano sempre a determinare sempre nuove configurazioni, mantenendo tuttavia la loro natura di partenza.
Un’altra importante precisazione sarà quella di attendere un parziale riallineamento del punta rispetto al bersaglio di destinazione prima di produrre l’allungo; in tal modo si cerca di conferire al colpo quella precisione messa a rischio dalla dinamica dell’urto della lama sulla lama.
Didattica generale: con questa tipologia di stoccata si può riutilizzare il metodo della verifica tramite un’esecuzione volutamente errata, cosicché l’allievo si renda materialmente conto di ciò che essa comporta. Ad esempio si può chiedergli di eseguire la battuta in concomitanza con l’inizio del movimento delle gambe atte a generare l’allungo: con questa modalità esecutiva difficilmente si riesce a toccare in modo utile l’avversario. Subito dopo sarà invitato a battere, poi riallineare completamente il braccio armato ed infine ad eseguire l’affondo: il conduttore si affretterà a ritornare con il braccio armato in guardia, dimostrando all’allievo che anche questa strada non è la migliore da percorrere. Come sappiamo, tra questi due estremi c’è la meccanica migliore.
Continuità didattica: tornando alla didattica: al momento opportuno, al fine di completare l’argomento battute, il conduttore illustrerà all’allievo due altre modalità di intervento sulla lama dell’avversario: lo sforzo (o battuta di potenza) e la battuta di passaggio.
Il primo consiste, alzando leggermente il ferro, nello strisciare con autorevolezza sui gradi della lama avversaria dai gradi deboli a quelli più forti: l’effetto è quello di un allontanamento del ferro dell’avversario con modalità inconsueta.
La seconda si esegue strisciando con la propria lama su quella dell’avversario con movimento dall’avanti all’indietro, al disopra o al disotto, ottenendo lo stesso effetto di una battuta semplice seguito da finta; il vantaggio di questo colpo consiste nel risparmio di un movimento, quello della finta.
Considerazione generale: secondo me, ovviamente appena è possibile, è opportuno presentare all’allievo tutte le combinazioni possibili circa un determinato meccanismo tra i ferri; non solo acuiremo la sua curiosità, ma tenderemo anche a completare i suoi schemi logici in riferimento alle potenziali evoluzioni tra di loro delle lame dei due combattenti.
Esercizi didattici
Considerazione generale: cominciando i colpi conosciuti ad essere in buon numero, appena il conduttore lo riterrà opportuno, dovrà alternarli in serie ovvero a richiederne l’esecuzione da parte dell’allievo senza schemi prestabiliti. Ad esempio dopo l’esecuzione di qualche battuta e colpo, si assumerà un invito per far eseguire una botta dritta oppure si eseguirà un legamento per ottenere una cavazione.
Lo scopo è quello di sviluppare nell’allievo una specie di riflessologia pavloviana differenziata, nel senso di ottenere quasi in modo automatico ad una certa proposizione diversa le idonee risposte nel tentativo di riprodurre anche in lezione il sequel di un ipotetico match.
Tornando alla specifica battuta e colpo: sequenze sulle varie linee di battute semplici, poi di battute di contro, poi sequenze miste; da fermo, in avanzata o in arretramento; a stretta misura per far utilizzare solo la distensione del braccio armato, a giusta misura per ricorrere all’allungo e a lunga misura per il passo avanti affondo; a propria scelta di tempo e in tempo.
Giochi didattici: il conduttore, quando riterrà l’allievo all’altezza, dando convenzionalmente il via per la battuta, effettuerà delle cavazioni in tempo per non farsi trovare il ferro e l’allievo, senza sbandierare cioè con movimenti dosati, dovrà, secondo le istruzioni ricevute, o battere sulla linea opposta o battere di contro.
Il filo
Considerazione generale: il filo è il colpo che richiede il contatto più prolungato tra il proprio ferro e quello dell’avversario; in effetti in tutte le altre azioni o si cerca di evitare del tutto la lama dell’antagonista oppure la si percuote perché si allontani dalla nostra il più possibile.
Meccanica esecutiva: dopo aver rapportato il nostro ferro in modo utile e corretto con quello antagonista, cioè dopo aver realizzato un buon legamento, si configura opportunamente il pugno armato spezzandolo rispetto alla linea d’attacco e, facendo scivolare la propria lama su quella dell’avversario, otteniamo il duplice effetto di avere spianata la strada verso il suo bersaglio e contemporaneamente di far invece divergere la sua dal nostro; il principio fisico che sta alla base di questo meccanismo è quello del cuneo.
Didattica: in genere l’insegnante presenta questo colpo facendolo partire da un preesistente proprio legamento. Tuttavia sappiamo bene che questa configurazione è del tutto scolastica, in quanto nella realtà del match nessuno schermitore fa stazionare la sua lama sotto il controllo stabile del legamento dell’antagonista, non volendo ovviamente concedergli questo effettivo vantaggio non solo di ordine fisico, ma anche convenzionale nel fioretto e nella sciabola; il filo in effetti è preceduto dalla ricerca del ferro avversario, definita come presa di ferro: tra l’una e l’altro, meno tempo ci corre, più l’azione è in grado di sorprendere la difesa avversaria.
Inutile dire che il filo rappresenta un’obbligata opportunità per riordinare le idee sul legamento e verificarne la qualità esecutiva che riesce ad esprimere l’allievo. Il fatto sta, come appena sopra accennato, che dalla presa di ferro, senza alcuna soluzione di continuità, si dovrà passare direttamente all’esecuzione del filo: ogni difetto della prima si trasmetterà al secondo, anche sino al punto di renderlo praticamente impossibile.
I movimenti, alquanto complessi, andranno cadenzati partendo da un ritmo abbastanza lento e innalzando progressivamente i tempi di esecuzione; arrestandosi, come abbiamo detto anche altrove, quando la velocità va a detrimento della geometria dei movimenti e/o della loro doverosa progressione.
Si dovrà certamente lavorare sull’attesa da parte dell’allievo nel coinvolgimento delle gambe per l’esecuzione dell’affondo: il lavoro complesso del braccio armato dovrà avere tutto lo spazio fisico necessario per compiere i prescritti movimenti ed il suo progressivo allungamento, seguito appunto dagli arti inferiori, dovrà esprimere la migliore penetrazione possibile.
Esercizi didattici: far eseguire i fili sulle quattro linee partendo dai rispettivi legamenti – idem, ma facendoli precedere senza soluzione di continuità dalle rispettive prese di ferro.
Continuità didattica: sempre al fine di completare gli argomenti e quindi consentire all’allievo una regolare e progressiva conoscenza per argomenti, consiglio, appena possibile, di trattare anche il tema dei fili preceduti da trasporto. Il filo, come ormai l’allievo sa, controlla la lama dell’avversario e proprio su questa applica la relativa meccanica; esiste anche un modo per avviluppare maggiormente la lama antagonista, limitandone non poco la possibilità di effettuare lo svincolo in tempo.
Fianconata interna
Meccanica esecutiva: partendo dal legamento di terza, assumendo il pugno di quarta e con opposizione a sinistra, si trasporta la lama dell’avversario da destra verso sinistra in senso spirale, dirigendo la punta verso il bersaglio interno basso.
Didattica: due cose vanno raccomandate all’allievo; la prima, di prestare la massima attenzione nella graduale e completa distensione del braccio armato in armonia con i due gesti della presa di ferro e poi del trasporto – la seconda, come già accennato poco sopra, di pazientare nel coinvolgimento delle gambe per effettuare l’affondo, in modo tale da assicurare al colpo il maggior grado di penetrazione e di precisione possibile.
Fianconata esterna
Meccanica esecutiva: partendo dal legamento di quarta, girando il pugno in quarta o seconda posizione con opposizione a destra, si trasporta la lama dell’avversario da sinistra in basso a destra in senso spirale, dirigendo la punta verso il fianco antagonista.
Didattica: stesse considerazioni appena esposte per la fianconata interna
Esercizi didattici: conoscendo a questo punto tutte le tipologie di filo, l’allievo può essere invitato liberamente ad alternarle, ovviamente a seconda di come il conduttore porrà la sua lama nello spazio; naturalmente le sequenze potranno essere: sempre fili semplici, sempre fili con trasporto o alternati.
La difesa
Considerazione generale: per motivi di sistema espositivo trattiamo ora la difesa, ma il concetto deve essere ovviamente introdotto dal conduttore subito dopo aver illustrato e fatto seguire per la prima volta la botta dritta, che notoriamente è il primo naturale colpo di attacco che si insegna. In effetti le categorie attacco / difesa non sono solo di facile intuizione, ma sono anche di pubblico dominio già nelle giovanissime leve.
Didattica: dobbiamo prestare la massima attenzione affinché la costruzione della logica schermistica dell’allievo non avvenga per categorie distinte come se i singoli colpi fossero, ad esempio, delle perfette camere stagne di un sommergibile; al contrario, la consequenzialità deve rappresentare il fil-rouge che necessariamente lega in una pressoché infinita sequenza un certo atteggiamento, un susseguente colpo avente la natura di contraria, una contraria a questa contraria e così via.
Quindi, a mio parere, conosciuta la botta dritta, l’allievo deve subito essere messo in condizione di capire come neutralizzare questo colpo.
Qui iniziano delle difficoltà di carattere sistematico, per cui il conduttore dovrà prestare la massima attenzione: la botta dritta costituisce uno specifico colpo, invece la difesa assurge ad un concetto che può essere realizzato con varie modalità.
L’allievo deve essere messo in condizione di capire che il problema nasce quando la punta e/o la lama dell’avversario sta per raggiungere un suo bersaglio e quindi, qualsiasi sarà il colpo tirato dall’avversario, per evitare di essere toccato potrà difendersi con modalità diverse. Ecco la difesa di misura, la difesa col ferro, la difesa mista; taceremo ovviamente sulle uscite in tempo data la particolare complessità tecnica dell’argomento.
L’istante è veramente delicato e l’allievo dovrà interiorizzare vari concetti: la connessione tra iniziativa di attacco e realizzazione della difesa, la specificità tra un certo tipo di attacco e un certo tipo di parata da eseguire, l’opportunità, dopo l’esito positivo di una parata, di lanciare la risposta sull’avversario, la possibilità di continuare il combattimento in caso che non ci siano stoccate andate a bersaglio.
In una parola l’allievo deve con la sua arma iniziare, magari balbettando, a pronunciare un fraseggio schermistico. Naturalmente in questa prima fase il suo movimento logico-applicativo deve essere a senso alternato, cioè attacco in una direzione, difesa dalla direzione opposta, contro difesa e seguenti sempre con direzioni in alternanza; come abbiamo appena sopra accennato, evitare la comune direzione simultanea, caratteristica delle uscite in tempo.
Meccanica esecutiva:
Difesa di misura: in questo caso l’efficacia del colpo avversario viene neutralizzata arretrando sulla pedana, portandosi quindi fuori della sua gittata.
Difesa col ferro: qui il protagonista diventa il ferro che, in agguato nei pressi dei sottostanti bersagli, svolge il compito di intercettare quello antagonista, deviandone la traiettoria al di fuori di essi; il meccanismo è detto parata.
Difesa mista: non è altro che il coacervo tra queste due precedenti tipologie di difesa; l’occasione di utilizzo è il più delle volte dovuta alla particolare veemenza dell’attacco dell’antagonista oppure a un colpevole ritardo nell’organizzazione della difesa col ferro.
Ma dedichiamo la nostra attenzione alle parate: come sappiamo le esse si differenziano tra di loro: – in riferimento alla traiettoria di intercettamento: parate semplici, di contro e di mezza contro – ai tempi di contatto: di appoggio o di picco – a particolari meccanismi applicabili sulle caratteristiche del colpo d’attacco: parate di ceduta.
Per la traiettoria: – semplici quelle che si spostano direttamente verso la lama sopravveniente e quindi si spostano da una linea a quella opposta – di contro quelle che, circumnavigando attorno alla lama avversaria, non si spostano dalla originaria linea – di mezza contro quelle che con il ferro descrivono solo un radiante di 180 gradi.
Per i tempi di contatto: di tasto, quando il contatto tra le lame perdura in modo continuativo anche se per un brevissimo periodo – di picco, quando invece il contatto si risolve solo in un urto
Per particolari meccanismi: subendo un’azione di filo, sul finire del colpo avversario si sposta adeguatamente il proprio polso indirizzando la punta sul bersaglio avversario, con il risultato che quella dell’avversario diverge dal nostro corpo, mentre la nostra colpisce il suo. Ceduta di quarta sul filo antagonista di seconda e ceduta di terza sulla fianconata interna.
Didattica tecnica in generale: iniziando a parlare di difesa, innanzitutto si deve far incentrare l’attenzione dell’allievo sul fatto che si possono utilizzare due tecniche, magari poi anche in simultanea.
Sarà lo stesso conduttore a mostrare all’allievo le varie tecniche difensive: quest’ultimo sarà invitato a produrre un certo tipo di attacco e sperimenterà visivamente come esso sarà neutralizzato dall’insegnante.
Il conduttore chiederà all’allievo di eseguire una botta dritta e prontamente eseguirà un passo indietro per non essere colpito; l’allievo percepirà all’istante il senso e la meccanica di questa difesa; il conduttore dovrà solo sottolineare che il suo successo è vincolato alla capacità di arretrare che deve essere superiore a quella di avanzamento dell’avversario.
Poi il conduttore farà eseguire un’altra botta dritta al suo bersaglio interno e prontamente eseguirà una parata di quarta (quella più spontanea); anche in questo l’allievo vedrà realizzato in pratica ciò che ha intuito o visto in precedenza magari in un film o similari. Per rimarcare la meccanica il conduttore potrà chiedere all’allievo tramite un suo invito a tirare nell’intero ventaglio degli altri bersagli.
Infine il conduttore inviterà l’allievo ad effettuare la botta dritta dopo aver eseguito in precedenza un passo e il conduttore arretrerà parando; l’allievo da questa situazione percepirà che i due meccanismi difensivi osservati in precedenza possono essere anche combinati tra di loro. Il conduttore specificherà che tale evenienza è dovuta ad un attacco particolarmente irruento dell’avversario oppure ad un ritardo nella percezione dell’inizio dell’iniziativa antagonista.
Esercizi didattici circa la difesa di misura: il conduttore invita l’allievo a subire le sue iniziative d’attacco e a cercare di neutralizzarle con il solo arretramento; – inizialmente effettuerà attacchi piuttosto lenti, incrementandone successivamente la velocità – varierà anche la quantità dello spostamento in avanti. E’ possibile inserire la situazione-gioco, introducendo un punteggio tra colpi andati a segno e mancati. Si dovrà comunque vigilare che l’allievo non allunghi troppo la misura iniziale con l’avversario e soprattutto che poi non arretri eccessivamente rispetto all’effettiva gittata dell’attacco dell’avversario.
Didattica generale delle parate semplici col ferro: all’allievo si deve subito far capire che questa tipologia di difesa ha due ambiti: uno prettamente difensivo che consiste ovviamente nel deviare la lama dell’avversario affinché non raggiunga un bersaglio utile – uno offensivo, nel senso che è utile e opportuno sfruttare la situazione di rapporto spaziale e posizionale per tentare di colpire l’antagonista di rimando.
In esordio è utile ricordare all’allievo il concetto di stretta in tempo, che ormai comunque dovrebbe ben conoscere e applicare dovutamente; in effetti la meccanica del colpo richiede una certa quantità di forza e, pur senza esagerare, è il caso di incrementare la presa della mano sul manico.
Per quanto riguarda i siti spaziali dove intercettare i colpi in arrivo, si deve far espresso riferimento a quando si sono studiati i legamenti: ovviamente una cosa è legare un ferro, un’altra intercettare un colpo sopravveniente; per cui si tratterà di ricercare nello spazio la sua effettiva traiettoria, senza però mai commettere l’errore di difendere un bersaglio con una parata non idonea, come ad esempio su un colpo indirizzato al nostro petto parare di quarta innalzando troppo il pugno, anziché utilizzare la più conveniente parata di prima.
Altrettanto importante è sottolineare con l’allievo l’aspetto temporale della parata: ovviamente essa non può essere in ritardo rispetto al colpo, altrimenti non servirebbe allo scopo che si prefigge; ma ugualmente non può essere nemmeno in netto anticipo, in quanto anche in questo caso rischierebbe di non intercettare il ferro avversario. Quindi la parata deve aspettare al varco la lama nei pressi del bersaglio sottostante ed intervenire al momento opportuno, in quel breve lasso di tempo che garantisce il sicuro intercettamento.
Ultimo, ma fondamentale aspetto è anche quello del giusto rapporto fisico da instaurare tra le due lame: la parte finale di quella antagonista deve essere catturata dal cosiddetto forte del paratore, addirittura aiutato dalla parte laterale della coccia.
Didattica delle parate di tasto: come appena sopra detto, la parata deve rappresentare l’anticamera della risposta, quindi il conduttore nel caso delle parate che prolungano di un certo istante il contatto tra le lame, appunto quelle di tasto, deve dettare a voce una specie di cadenza musicale: ta a a – là; ciò a sottolineare la tempistica della durata della parata in relazione a quella della risposta. Ovviamente si muterà nel tempo la velocità dei colpi di attacco, il loro indirizzo sui vari bersagli e l’utilizzo della giusta o della lunga misura.
Didattica delle parate semplici di picco: in questo caso, risolvendosi la parata in un procurato urto su quella antagonista, la cadenza musicale a voce sarà: ta – la; appunto a sottolineare la tempistica della meccanica del colpo. Soprattutto in questo caso si dovrà raccomandare la stretta in tempo; poi, come al solito, il conduttore varierà i suoi colpi di velocità, bersagli e misura.
Didattica delle parate di contro: quanto prima il conduttore, anche a livello di sola esemplificazione dimostrativa, presenterà all’allievo la meccanica delle parate di contro; rimandandone, magari a breve, la trattazione e la specificazione. In effetti, sempre allo scopo di facilitare nell’allievo la costruzione logico-geometrica dei colpi, è opportuno offrire al più presto l’intero ventaglio delle diverse soluzioni tecniche di una certa situazione.
Il conduttore, tirando al rallentatore il colpo, solleciterà l’allievo a trovare una meccanica diversa da quella delle parate semplici; subito , o opportunamente aiutato, quanto prima l’allievo troverà la soluzione delle parate di contro. Ovviamente si dovrà intervenire sulla precisazione del gesto, ad esempio prestando attenzione alla rapidità del polso e all’esiguità del movimento circolare; ma, operando in tal modo, sicuramente l’allievo sarà stato proficuamente coinvolto nella psicologia della scoperta del nuovo colpo. Superfluo ricordare le variazioni con cui il conduttore nel tempo dovrà sollecitare le parate e le relative risposte da parte dell’allievo.
Didattica delle parate di mezza contro: valgono le stesse considerazioni fatte per le parate di contro.
Didattica delle parate di ceduta: come sappiamo qui il meccanismo si fa alquanto più complesso e in questo caso la materia è di esclusiva competenza del conduttore.
Credo che la cosa più difficile da far capire, o meglio far digerire, all’allievo risieda nel fatto che, come ben sappiamo, la prima fase dell’inizio del filo avversario non va assolutamente contrastata, ma anzi ossequiata; solo nel momento finale, tramite l’opportuno movimento del pugno armato, si possono ribaltare le sorti del colpo. Il consiglio è quello di esasperare la lentezza del filo che si esegue sull’allievo, sollecitando vocalmente l’istante più proficuo per l’esecuzione della parata di ceduta; successivamente, in relazione al tipo di risposta avuto dall’allievo, si deve incrementare la velocità, senza più dare il via vocale alla parata.
Esercizi didattici: mano a mano che le tipologie di parata vengono assimiliate dall’allievo, se ne possono fare eseguire svariate sequenze, combinandone la natura, la velocità (sia crescente che decrescente) e la misura. E’ possibile creare ad hoc delle gare tra conduttore ed allievo, stabilendo tutta una serie di punteggi, ad esempio non riconoscendo la validità della parata, se non è seguita da una risposta valida.
La risposta
Considerazioni generali: come sappiamo la risposta è l’atto dovuto dopo una riuscita parata col ferro; la giusta vendetta che l’attaccato indirizza sul baldanzoso attaccante.
La questione riveste un’enorme importanza statistica: in effetti ad ogni chance dell’attacco è doveroso contrapporre una chance della difesa, altrimenti con probabilità questo dato, appunto statistico, potrebbe alla fine indirizzare altrimenti la direzione della vittoria.
Questo appena espresso è il significato pregnante della risposta, il concetto che va subito fatto ben introiettare all’allievo: la risposta deve quasi diventare un riflesso pavloviano, cioè un’azione automatica.
La questione essenziale, anche questo è fondamentale che venga subito compreso dal neofita, è che una buona risposta nasce non solo ovviamente da una buona parata, ma anche da un equilibrata postura generale del corpo del paratore: in effetti meglio esso sarà posizionato sia in generale che alla giusta distanza dall’attaccante, tanto più sarà nelle condizioni di poter sferrare una risposta vincente; al contrario, la sua reazione dopo la difesa avrà scarse possibilità di andare in porto, se non addirittura impossibile nella sua realizzazione, come ad esempio nel caso di un’eccessiva misura.
Meccanica esecutiva: come sappiamo le varie categorie sono quelle della risposta diretta oppure della risposta con finta; la risposta a ferro libero oppure quella eseguita di filo; quella immediata o artatamente ritardata nel tempo per far saltare appunto gli schemi temporali dell’avversario.
Didattica tecnica: il docente deve inizialmente a blanda velocità indirizzare i suoi colpi sulle varie linee, invitando l’allievo a rispondere in scioltezza; in seguito deve incrementare ovviamente la velocità e non dare riferimenti fissi all’allievo nel senso di rendere imprevedibile le successive linee del suo attacco.
Talvolta deve sviluppare i suoi colpi in modo tale da rendere difficoltosa la risposta, tipo arretrare subito dopo la parata o stringere eccessivamente misura; questo sarà un invito all’allievo a registrare al meglio le coordinate spaziali della sua parata al fine della migliore risposta.
Al di là di specifici allenamenti sulle parate, queste ultime devono essere sapientemente alternate ai colpi fatti giungere sul bersaglio in occasione di azioni di attacco fatte portare dall’allievo: questo non solo per allenare la sua capacità reattiva, ma anche per dargli il pieno senso del fraseggio schermistico, che va portato a termine sino alla sua conclusione.
Soprattutto con i neofiti è proficuo, naturalmente con i dovuti modi e con tono scherzoso, andare a “punire” una mancata risposta con un colpo sulla sommità della maschera, magari accompagnato da un suono tipo tung: l’arte della stimolazione dell’io dell’allievo è una delle più difficili da trattare, tenuto anche conto della diversità anche marcata da personalità a personalità.
Azioni composte
Considerazioni generali: Illustrate le azioni semplici di attacco e contrapposte le relative parate con cui tentare di neutralizzarle, si prospetta per l’allievo un significativo balzo in avanti nella tecnica, se vogliamo un vero e proprio salto qualitativo hegeliano: le cosiddette azioni composte.
Queste azioni, come ben sappiamo, sono costituite da tre fasi ben distinte: la finta, l’elusione della parata dell’avversario appunto indotta dalla finta stessa, infine, una volta spianata la strada, il raggiungimento del sospirato bersaglio antagonista.
Didattica generale: in genere il concetto di finta è già conosciuto dall’allievo, a meno che non si tratti di una giovanissima leva; tuttavia il meccanismo tecnico è così laborioso e cadenzato che quasi sempre sfugge al comprendonio di chi sta imparando a muoversi sulla pedana.
Allo scopo di sollecitare il concetto di finta autonomamente da parte dell’allievo , il consiglio è quello di inscenare la seguente pantomima: si fa finta di tirare una pacca sulla testa dell’allievo che tenterà di parare il colpo alzando le braccia per difendersi, mentre poi invece si pesta uno dei suoi piedi con il nostro.
Ebbene richiamando questa sceneggiata, si passa alle cose serie: si produce un invito di quarta e gli si chiede di tirare una botta dritta al bersaglio esterno; quando arriva il colpo, prontamente lo si para; si passa nuovamente, con lo stesso atteggiamento, a richiedere una nuova botta dritta, sollecitando una maggiore velocità esecutiva e si para ancora il colpo; dopo avere effettuato un terzo inutile tentativo, riferiamo all’allievo che, essendo più lento di noi, non vincerà mai; oppure …ecco che dobbiamo stimolarlo a trovare la strada della finta, magari per aiutarlo lo si può invitare a tirare il colpo al rallentatore e al rallentatore noi eseguiremo la parata. Facilmente, magari in modo maldestro e scoordinato, verrà scoperta la famosa finta. A questo punto faremo scindere il gesto nelle tre fasi sopra accennate e, sempre al rallentatore, faremo nuovamente tirare il colpo che, essendo il nostro invito in terza, arriverà nell’ampio e confortante bersaglio interno. Appena il gesto sarà di fattura tecnica passabile, si passerà alle altre tre linee d’attacco, partendo ovviamente da diversi tipi di invito.
Didattica tecnica:
Le raccomandazioni per l’allievo di solito sono le seguenti.
Per quanto riguarda la finta: essa deve essere verace, quindi deve essere effettuata ad una distanza plausibile – si deve allungare tutto il braccio armato ma non si deve sbilanciare troppo il corpo in avanti.
Per quanto riguarda l’elusione della parata dell’avversario: la traiettoria con cui si vuole sfuggire alla ricerca del nostro ferro da parte di quello dell’antagonista deve essere la più breve possibile e quindi si deve lavorare soprattutto di dita e di polso.
Per quanto riguarda il raggiungimento del bersaglio: solo dopo aver ingannato la lama dell’avversario ci si può allungare nell’affondo, se anticipassimo l’uso delle gambe perderemmo senza alcun dubbio la nostra precisione di punta.
Soprattutto si deve far capire all’allievo che nelle azioni composte deve applicare due tipi di velocità: in effetti dopo la finta, si deve letteralmente aspettare l’esecuzione della parata da parte dell’avversario e adattarsi ai suoi tempi di reazione, quindi in questo caso la nostra sarà una velocità relativa; solo dopo aver visto sfilare il ferro ingannato dalla nostra finta ed evitato tramite la nostra elusione potremo infine scatenare tutta la nostra velocità consentita, che quindi sarà una velocità assoluta, cioè svincolata da qualsiasi altro evento.
Questo è un concetto alquanto ostico, per cui è consigliabile molta pazienza e soprattutto molto esercizio, partendo da velocità esecutive molto blande, per poi accrescerle mano a mano. Le tre fasi non possono ovviamente sovrapporsi, ma devono essere congiunte in continuità in modo ideale.
Esercizi didattici: inizialmente il conduttore, richiamando la dinamica della cavazione effettuata dal proprio legamento, farà eseguire all’allievo una serie di svincoli nel vuoto in tempo, magari creando anche serie continue di movimenti.
Tutte le volte che riuscirà a trovare il ferro farà un punto e il gioco si interromperà al raggiungimento di un certo punteggio. Ovviamente incrementerà la sua velocità di movimento in funzione della capacità dell’allievo di riuscire a cavare.
Dapprima sarà consigliabile lavorare soprattutto a stretta misura, ciò al fine di evitare un eccessivo affaticamento dovuto all’affondo, poi si potrà passare alle altre due distanze dall’avversario.
Il conduttore andrà a parare solo le finte a suo giudizio ben eseguite, restando invece immobile su quelle sbagliate. Magari anche in questo caso si può innestare un sistema di punteggio per stimolare ulteriormente l’allievo: un punto per il conduttore in caso di finta errata, sino ad massimo di punteggio.
Al solito si può utilizzare fattivamente l’uso della voce per accompagnare ritmicamente lo scandire dell’esecuzione delle varie fasi del colpo.
Quando l’allievo sarà in grado: sequenze di finta e cavazione sui vari bersagli e sulle varie misure.
Continua la didattica generale: sinora al nostro allievo avremo solo e soltanto chiesto la finta dritta e cavazione sulle quattro diverse linee.
Approfitto per ricordare un altro aspetto molto importante: l’allievo, anche se alquanto giovane, deve cominciare ad utilizzare lo specifico linguaggio tecnico, appunto in questo caso finta dritta e cavazione; non si tratta di inutile nozionismo, ma della necessità di dare ordine alla progressiva costruzione logico-sistematica che avviene nella sua giovane mente di schermitore; non solo, ma in tal modo beneficerà anche il rapporto con il maestro, con il quale comincerà a comunicare anche in modalità esoterica.
Ma torniamo alle finte; un bel giorno, quando lo riterremo opportuno, prenderemo il nostro allievo e lo ricaleremo pari pari nella situazione della scoperta della finta dritta e cavazione, solo che questa volta gli richiederemo di effettuare un attacco di battuta e colpo.
Non tutti, ma scommetteteci numerosi allievi, memori della meccanica della finta in occasione della botta dritta, la riprodurranno in questo specifico caso della battuta e colpo.
Ancora in questa entusiastica fase di scoperta, faremo accenno anche alle altre azioni di attacco semplice, cioè alla cavazione e al filo. Ecco che l’allievo capirà la categoria “finta” e sarà un divertimento andare insieme alla scoperta delle singole meccaniche.
Didattica tecnica specifica:
Nella battuta e cavazione: all’allievo andrà fatto presente che la funzione della finta sarà svolta dalla stessa percussione sul ferro avversario, che solo per questo sarà indotto alla parata senza la ostentazione della punta e/o lama all’indirizzo di un suo bersaglio.
Nella finta di cavazione e cavazione: liberatasi la lama dal legamento antagonista, il braccio si deve distendere completamente tanto da indurre l’avversario ad andare in parata, che già si congettura di eludere con un’altra cavazione, ma in questo caso non più a propria scelta di tempo, bensì in tempo.
Nella finta del filo e cavazione: in questo caso, dopo aver effettuato la presa di ferro, il filo va solo fintato strisciando sulla lama antagonista e sul finire dello stesso con un movimento strettissimo si evita la parata indotta dalla nostra continuata e crescente pressione sulla sua lama.
L’allievo deve capire e introitare il concetto che tutte le azioni con finta per il loro successo presuppongono: il completo espletamento della finta nelle diverse meccaniche dei singoli colpi; la scelta di tempo idonea per effettuare nel preciso istante utile l’elusione del ferro dell’avversario; infine il veloce indirizzo del colpo sul prescelto bersaglio antagonista. Tutte queste fasi devono essere portate a totale completamento e collegate il più possibile tra di loro: solo in tal modo il colpo risulterà fluido e dotato dell’idonea capacità di penetrazione.
Esercizi didattici: le combinazioni da miscelare tra di loro sono veramente molteplici e il conduttore ha veramente l’opportunità di sbizzarrire la sua fantasia. Per lui un consiglio: potrebbe stabilire delle combinazioni costanti con cui iniziare tutte le sedute di lezione in modo dar far riscaldare l’allievo mentalmente; in seguito può invece prospettare nuove situazioni in cui sollecitare la sua percezione e la sua prontezza di riflessi.
Didattica generale continua: tutto bene, l’allievo ha preso confidenza con le azioni di finta e comincia quindi ad allenarsi con colpi dal contenuto meccanico sempre più complesso.
Poi un giorno, se magari l’allievo stesso non ha già posto spontaneamente la questione, proponendogli un’azione di finta e cavazione (questa volta partendo dal nostro invito di quarta per fare in seguito finire il colpo sul più ricettivo e comodo bersaglio interno) invece di parare di tasto di quarta, eseguiamo una parata di contro di terza, che, come ben capite, intercetta necessariamente il ferro dell’allievo anche se quest’ultimo effettua una cavazione. Forse stupore, riesecuzione della stessa azione al rallentatore, magari qualche parola di aiuto …e verrà scoperta la categoria delle finte circolate: finta dritta e circolata, finta di cavazione circolata (o più sinteticamente controcavazione), battuta e circolata, finta del filo circolato.
Seguirà una breve panoramica esemplificativa per far capire le varie meccaniche dei singoli colpi, che dovrebbero essere quasi sempre intuite; il conduttore interverrà, se di dovere, sulle specificazioni necessarie alla migliore esecuzione qualitativa.
A questo punto si dovrà sollecitare nell’allievo un ragionamento: ma allora, quando si decide di attaccare con finta un avversario, dovremo farlo con un attacco semplice o con un attacco di contro?
La soluzione del quesito non è poi così difficile, comunque non dovremo mai fornirla direttamente, ma sollecitarne la scoperta direttamente a cura dell’allievo. Ed ecco che si capirà l’importanza dell’osservazione delle caratteristiche e delle abitudini tecniche dell’avversario: solo vedendo come esso si comporta potremo avere i dati necessari per trovare la contraria più idonea, altrimenti il rischio di fallimento è notevole; diciamo almeno il 50% perché in genere le sue modalità difensive sono le surricordate parate semplici oppure quelle di contro. L’allievo dovrà anche capire che una buona finta deve sorprendere l’antagonista e in questo caso la sua risposta sarà spontanea; ricavato questo dato dall’attività di provocazione nei suoi confronti, il cosiddetto scandaglio, il gioco può partire nel giusto senso.
In conclusione si dovrà far ben capire che l’esito positivo di un’azione con finta sarà condizionato da due fattori: il primo di avere messo a nudo la parata istintiva dell’avversario, il secondo di applicare il relativo meccanismo di finta nei modi e nei tempi prescritti.
Esercizi didattici: il primo fine è quello ovviamente di far acquisire all’allievo una certa fluidità meccanica nello svolgimento dei colpi, quindi si possono inserire dei giochi a punteggio diversificato, che premino non solo la riuscita finale del colpo, ma anche la sua qualità esecutiva; un punto nel primo caso, due punti nel secondo e ciò sino al conseguimento di un certo punteggio totale stabilito in partenza.
Il secondo fine, più delicato, è quello di esercitare l’allievo allo studio delle caratteristiche tecniche dell’avversario; in questo caso il gioco- allenamento potrebbe imperniarsi, tenuto conto dei diversi atteggiamenti ostentati dal conduttore con il proprio ferro, nell’alternare la natura delle parate nel tempo: ad un primo scandaglio il conduttore può ad esempio accennare una parata semplice e l’allievo deve subito dopo eseguire la relativa acconcia azione di finta; ad un secondo scandaglio il conduttore può o non può variare il suo accenno di parata e quindi costringere via via l’allievo ad uniformarsi al suo input.
Didattica: Fate subito un esempio: invitate l’allievo a farvi una finta in dentro e colpo infuori – voi effettuate una parata di quarta e fatevi toccare, commentando subito dopo che il suo attacco ha avuto successo – fate ripetere la stessa azione e, dopo aver accennato la parata di quarta, andate in terza neutralizzando il colpo d’attacco, commentando subito dopo che invece in questo caso ha avuto successo la difesa.
Analizzate ora assieme all’allievo le varie possibilità che hanno determinato i due esiti del colpo: grado di qualità del colpo di attacco (cioè gestualità – misura – scelta di tempo), grado di qualità della parata, rapporto tra le velocità esecutive dei due contendenti.
Bene tornate alla solita azione di finta in dentro e colpo in fuori: ora il conduttore non abboccherà alla finta e non si sposterà all’interno, ma andrà direttamente in terza a parare. Analizzando l’accaduto, emergerà appunto quella dicotomia sopra accennata tra teoria e pratica.
In base a quest’ultima considerazione l’allievo con più cognizione di causa potrà seguire il file rouge della teoria schermistica: colpo diretto – parata; colpo fintato – doppia parata; colpo con doppia finta – tripla parata e così via. C’è una causa, l’iniziativa di uno dei due contendenti, e c’è un effetto che è la reazione dell’altro tendente in prima battuta ad annullare il colpo d’attacco e in seconda battuta ad approfittare della situazione per lanciare un colpo di rimando, la risposta. In teoria questo dialogo tra le due lame potrebbe durare all’infinito; in pratica però, tranne i casi in cui nessuno raggiunge un bersaglio e si resetta il colpo tornando in guardia, il discorso si interrompe quando uno schermitore commette un errore.
Esercizi didattici: il conduttore inizierà su una determinata linea (è preferibile cominciare da quelle orizzontali in quanto sono le più usuali) producendo un’azione di finta dritta, inducendo l’allievo ad effettuare al fine di difendersi una successione di due parate di tasto; il tempo dovrà essere alquanto rallentato all’inizio e la velocità dovrà essere incrementata progressivamente sino alla percezione del limite dell’allievo, spingendosi leggermente oltre per andare a stimolare le sue capacità e vigilando sempre sulla correttezza e scioltezza del gesto; determinante sarà la qualità della risposta che l’allievo sarà in grado di tirare. Successivamente si inviterà l’allievo ad effettuare come ultima una parata di contro.
Siccome sappiamo che le linee, limitandosi a quelle classiche, sono ben sei e le successioni delle due parate, alternando le varie tipologie, sono quattro e, tenendo infine conto che la gamma delle azioni ne contempla quattro, si capisce quanto il docente possa sbizzarrirsi in questo tipo di allenamento.
L’importante è capire che prendere confidenza con questa tipologia di meccanica tecnica complessa sarà non solo utile alla possibilità dell’allievo di vibrare tali colpi nella realtà dello scontro con l’avversario, ma anche e soprattutto per allenare la sua gestibilità del braccio armato con i suoi specifici equilibri, capacità di spostamento veloce e di precisione di punta. Un lavoro, si fa così per dire, di sudore e sangue, ma di vitale importanza per la crescita tecnica globale dell’allievo.
Uscite in tempo
Considerazione generale: questo argomento rappresenta uno degli aspetti più ostici di tutta la tecnica schermistica.
In effetti il cosiddetto tirare addosso rappresenta per molti neofiti una normale reazione all’attacco dell’avversario, reazione il più delle volte eseguita con modalità assolutamente irrazionale. Invece, come sappiamo, l’uscita in tempo non è altro che una particolare tipologia di contraria.
Tutto nasce, e il ribadirlo sempre all’allievo non è mai superfluo, dall’attento esame di ciò che avviene sulla pedana. Lo schermitore, l’abbiamo detto più volte, deve essere un attento osservatore e catalogatore dei gesti tecnici dell’antagonista: se statisticamente siamo in grado di prevedere come sarà effettuato un certo tipo di attacco e a quale nostro bersaglio finirà, il nostro vantaggio sarà veramente cospicuo in quanto toglieremo all’attacco stesso uno dei suoi maggiori pregi ovvero l’imprevedibilità. E questo non tanto perché potremo aspettarlo al varco, come si dice, in parata e passare poi alla nostra risposta, ma perché potremmo renderci conto di una modalità alternativa alla difesa col ferro e costruire proprio sulle caratteristiche dell’attacco stesso una nostra diversa contraria vincente.
Didattica generale: il modo migliore per far comprendere al neofita lo spirito del concetto di uscita in tempo è sicuramente quello, come al solito, di metterlo in condizione di intuirlo da solo.
Dopo averlo spronato ad osservare i vostri movimenti, cominciate ad attaccarlo a velocità moderata con una successione sempre più numerosa di finte ai vari bersagli e inducetelo di fatto a parare l’ultimo colpo; dopo alcune stoccate di questo tipo, all’improvviso, chiedetegli se c’è, oltre la parata, una possibilità di fermare questo tipo di attacco; subito dopo accentuate in modo esagerato l’altezza della vostra linea d’attacco e chiedetegli anche in questo caso se ci si può difendere senza usare il proprio ferro in parata; la passata sotto dovrebbe essere facilmente intuita.
A questo punto comincerà a farsi strada nell’allievo l’idea che, di fronte all’attacco dell’avversario, possono essere attuate delle metodologie difensive alternative.
Richiamando opportunamente il concetto di contraria, uno degli elementi centrali di tutta la tecnica schermistica, si incentrerà l’attenzione sul fatto che questi modi di contrapporsi all’attacco dell’avversario, denominati appunto uscite in tempo, sono assolutamente da sintonizzare sul colpo vibrato dall’antagonista, ovvero sarà proprio la modalità esecutiva di quest’ultimo a suggerire cosa fare.
Anche se ovvio, sarà proficuo sottolineare all’allievo il fatto che, mentre la tecnica della parata e risposta è composta da due diversi movimenti del braccio armato e quindi da due tempistiche esecutive, il colpo di uscita in tempo è unico, cioè con modalità varie si prefigge di opporre all’attacco avversario un solo intervento, in una parola difesa e attacco in simultanea.
E’ necessario far capire che la componente essenziale e più importante delle uscite in tempo, naturalmente oltre l’attuazione delle specifiche tecniche delle singole tipologie teorizzate, risiede nella scelta del tempo; è di facile intuizione che, essendo un colpo costruito meccanicamente su un altro, i tempi di esecuzione debbano essere sincronizzati in modo ottimale: un ritardo od anche un anticipo nell’uscita in tempo non può altro che, oltre che rendere improduttivo il proprio colpo, facilitare addirittura quello dell’avversario.
Tirando sul tirare vanno sottolineati due altri fondamentali aspetti: quella decisione che deve informare ogni colpo dello schermitore, esponendoci oltremodo in queste situazioni estreme, deve ancor più essere rimarcata, rifuggendo quindi da titubanze ed esitazioni. Inoltre la precisione del colpo è ciò che soffoca e interrompe l’attacco antagonista; in caso contrario quest’ultimo ha la strada spianata verso i nostri bersagli.
Meccanica esecutiva
E’ consigliabile iniziare dalle uscite in tempo basate sul concetto di schivata: la passata sotto e a seguire l’inquartata. Tali colpi risultano di facile comprensione logica e soprattutto di relativa facile esecuzione tecnica.
Il conduttore, come sempre, esordirà con lentezza al fine di controllare la meccanica esecutiva dell’allievo; in seguito, incrementando la sua velocità, solleciterà la ricerca della scelta di tempo, che, come abbiamo appena ricordato, costituisce una fondamentale componente in questa tipologia di colpi.
Si passerà poi al colpo d’arresto, prestando la massima attenzione al fatto che l’allievo comprenda che tale colpo è teorizzato in contrapposizione ad un attacco composto da parte dell’antagonista e non certo, chiudendo magari gli occhi, nel tirare sul tirare. Sarà proficuo far eseguire in pedana entrambe le dinamiche, per evidenziarne la completa differenza situazionale.
Seguirà, per ordine di difficoltà, lo svincolo in tempo, quello che i trattati tradizionali identificano con la cosiddetta cavazione in tempo, tralasciando colpevolmente il caso in cui l’avversario ricorra ad una presa di ferro di contro. Il concetto è veramente elementare e di facile comprensione; una specie di “acchiappino” tra le lame: una si muove per intercettare l’altra e quest’ultima con movimento anticipato cerca di sottrarsi al contatto; l’effetto spaziale che si crea è che la lama intercettante si allontana dai suoi sottostanti bersagli, lasciandoli quindi incustoditi e alla mercè della punta dell’altra che invece è rimasta vicino ad essi. Il conduttore dovrà effettuare dei legamenti progressivamente più veloci e magari in un secondo tempo composti da due movimenti, sollecitando l’allievo a rimanere sul posto e a vibrare il colpo al momento opportuno, cioè a quello in cui la lama antagonista si sarà vanamente spostata nello spazio.
In seguito, con prudenza e grande attenzione, si potrà affrontare l’argomento contrazione: in effetti, come ben sappiamo, in questo tipo di uscita in tempo, in aggiunta alle più generali componenti tecniche, è previsto un delicato intervento del proprio ferro, che deve andare ad occupare la linea d’attacco che sta percorrendo il ferro antagonista e che deve deviare il colpo, facendolo passare tangente al proprio bersaglio, grazie ad una opportuna opposizione di pugno, che ha anche il compito di riuscire a posizionare la punta sull’avversario; in pratica si realizza meccanicamente una specie di scambio ferroviario, grazie al quale la traiettoria del colpo dell’avversario viene deviata all’esterno e prosegue nello spazio senza procurare danni, mentre lo stesso antagonista va ad impattare sulla nostra punta che a sua volta va verso di lui. Dovremo infine anche ricordargli di allentare leggermente la presa sul manico al fine di rendere più efficaci le opposizioni di pugno.
L’appuntata e l’imbroccata, ormai relegate a colpi solo teorici vista l’evoluzione della scherma di questi ultimi decenni, a mio parere andranno a suo tempo comunque illustrate all’allievo come possibili meccaniche, come colpi storici al fine di completare la sua conoscenza della tecnica schermistica.
Esercizi didattici: credo sia molto utile per l’allievo provare e percepire lo stato di cocente delusione provato da colui che subisce un’uscita in tempo; in effetti lo stato mentale di colui che si determina ad attaccare resta veramente sorpreso quando constata di essere ripagato della stessa moneta: attacco su attacco. Per cui prima di studiare con l’allievo una determinata uscita in tempo è opportuno fargli eseguire per alcune volte quei gesti tecnici sui quali il conduttore costruirà la stessa uscita in tempo in discussione.
Un altro aspetto sarà quello di alternare in modo continuo nel tempo da parte del conduttore quelle diverse tipologie di attacco atte ciascuna all’applicazione di una determinata uscita in tempo; ciò per facilitare la meccanicizzazione dei singoli diversi gesti. Questo unitamente alla continua variazione della velocità da parte del conduttore dello sviluppo dell’attacco; ciò per sottolineare il fatto che l’uscita in tempo deve sintonizzarsi perfettamente con la reale esecuzione temporale dell’avversario.
Il controtempo
Considerazione generale: nei trattati più ci allontana dalle cosiddette azioni semplici, più ci si addentra ovviamente nella complessità della tecnica: è questo il caso appunto del concetto di controtempo. Superfluo sottolineare il fatto che solo un allievo abbastanza maturo può seguirci in questo settore di teorizzazione dei colpi: anche se in fin dei conti la meccanica non cambia, cambia tuttavia l’ambientazione situazionale del colpo.
Sinora il nostro allievo è a conoscenza che, se lo vuol fare, può prendere un’iniziativa d’attacco; che poi sia realizzata in modo diretto con un’azione semplice oppure in modo indiretto con un’azione composta poco importa: è lui che vuole cercare di toccare l’avversario con un’azione di prima intenzione, avente il fine specifico di violare la difesa attuata con il ferro, effettuata tramite una o più parate di qualsivoglia genere.
E’ appunto su quest’ultimo presupposto che il conduttore deve richiamare l’attenzione dell’allievo: il controtempo nasce dal fatto che l’antagonista, subendo l’attacco, decide di non ricorrere alla difesa col ferro, ma invece di tirare sul tirare, cioè realizzando una uscita in tempo. Ovviamente il meccanismo delle parate in questo caso non ha alcuna applicazione pratica, per cui per risolvere a nostro vantaggio la situazione è necessario rinvenire un altro tipo di congegno tecnico, appunto il cosiddetto controtempo.
Tra l’altro l’occasione è proficua per ricordare al discepolo che tutta la teoria schermistica è un gioco di incastri: tu fai questo? Allora io faccio quest’altro! Chi sceglie le tessere giuste di questa specie di puzzle ha sicuramente più probabilità di portare la stoccata vincente.
All’allievo si deve far subito capire la cosa più importante: il controtempo non consiste in uno specifico meccanismo tecnico, come ad esempio le varie uscite in tempo in relazione alla tipologia dell’attacco subito, il controtempo non è altro che l’indurre l’antagonista a produrre un particolare movimento con il proprio corpo e/o con il proprio ferro sul quale reagire prontamente. In altre parole, tramite la finta di un proprio attacco, non si tratta altro che di provocare artatamente la sua uscita in tempo, sulla quale poi intervenire oculatamente al fine di neutralizzarla per poi infine tirare il nostro colpo conclusivo.
Meccanica esecutiva
Per facilitare l’introiezione del meccanismo controtempo è utile che l’allievo capisca bene le tre distinte fasi che lo compongono: l’adescamento dell’antagonista, il disinnesco del suo attacco, il proprio colpo finale.
Il primo consiste, come appena sopra detto, nel provocare tramite un finto attacco l’avversario al fine di scatenare la sua uscita in tempo. Si consiglierà a questo proposito di “mascherare” la propria iniziativa: l’attacco dovrà artatamente risultare lento e titubante per attirare ancor più nella rete l’antagonista; si consiglierà anche di mantenere in partenza una misura leggermente più lunga: in effetti garantirà di avere a disposizione lo spazio necessario per realizzare comodamente la seconda e la terza fase del controtempo.
Il secondo consiste nel neutralizzare l’indotta uscita in tempo: si sarà congetturato in precedenza il tipo di meccanica in funzione delle caratteristiche dell’azione messa in campo dall’avversario, quindi una battuta, una presa di ferro o addirittura una nostra uscita in tempo. L’allievo dovrà capire che il proprio intervento dovrà essere caratterizzato dal giusto tempismo e dalla perentoria esecuzione, oltre ovviamente a sintonizzarsi tecnicamente sul colpo dell’antagonista: ogni ritardo o titubanza ingripperà sicuramente e progressivamente il meccanismo tecnico.
L’ultimo, cioè il colpo finale, naturalmente sarà figlio del tipo di colpo tramite il quale si sarà neutralizzata l’uscita in tempo dell’avversario. L’allievo dovrà recepire che sarà l’utilizzazione del filo, laddove tecnicamente possibile, quella ad offrire le migliori garanzie di successo, soprattutto anche per la situazione di vicinanza con l’antagonista.
Esercizi didattici: sarà proficuo, al fine della migliore introiezione concettuale da parte dell’allievo, non sviluppare subito tutte e tre le fasi sopraccennate; si inizierà a ripetere alcune volte la prima per poi aggiungere la seconda e dopo altre volte la terza. Tenuto conto della lunghezza del fraseggio, in questa prima fase i movimenti, a velocità ridotta, dovranno essere, come dire, robotici ovvero sviluppare qualitativamente in modo più che soddisfacente la meccanica prescelta. Progressivamente si curerà l’aumento della velocità, richiamando l’attenzione dell’allievo sul fatto che quella della prima fase, cioè quella della provocazione, dovrà essere ridotta per irretire l’antagonista; che quella della seconda fase sarà una velocità relativa, cioè relativa ai tempi di esecuzione dell’uscita in tempo dell’avversario, in effetti la nostra azione di annichilimento dovrà sovrapporsi ad essa senza né anticiparla, né postergarla; che solamente nella terza ed ultima fase, quella del nostro colpo programmato, si potrà finalmente ricorrere alla propria velocità assoluta per “fulminare” l’antagonista.
Molto utile sarà anche far capire che dopo una certa determinata prima fase di provocazione, la seconda, quella di neutralizzazione dell’uscita in tempo, potrà essere portata a termine non da un colpo esclusivo, ma da un ventaglio di diverse soluzioni tecniche, come abbiamo già elencato, ad esempio battute, prese di ferro, entrambe sia di tasto che di contro, e anche da idonee uscite in tempo.
La finta in tempo
Considerazione generale: siamo ai confini della galassia tecnica schermistica e, come ben sapete, non tanto e solo per la difficoltà delle evoluzioni del nostro ferro nello spazio, bensì per la complessità dell’iter intenzionale.
In effetti lo schermitore, che come abbiamo appena visto ha risolto con il meccanismo concettuale del controtempo il problema dell’avversario che su un suo attacco non para ma esce in tempo, deve dipanarne un altro, il definitivo in sede casistica: cosa fare se si percepisce che l’antagonista marcia in controtempo?
Questo quesito va posto all’allievo ancor prima di farlo scendere in guardia sulla pedana: in effetti anche in questo caso è molto positivo coinvolgerlo nella scoperta diretta di ciò che rappresenta la cosiddetta contraria al controtempo e, trattandosi anche in questo frangente non di un meccanismo tecnico, ma solo di un’impostazione tattica del fraseggio schermistico, il più delle volte costituisce una sua personale conquista.
Come sappiamo la soluzione transita dall’uso del concetto di finta: siccome il controtempo viene costruito su un’uscita in tempo, a chi subisce tale controtempo sarà sufficiente non limitarsi ad eseguire appunto l’uscita in tempo, ma piuttosto solo a fintarla al fine di eludere il controtempo ed essere finalmente in condizione di portare il proprio colpo finale.
L’allievo deve quindi capire che In questo caso le fasi dell’iter del fraseggio sono quattro e precisamente: adescamento dell’avversario con un falso attacco, risposta con una uscita in tempo solo fintata, elusione del meccanismo di controtempo messo in atto dall’antagonista, stoccata conclusiva.
Un errore di traiettoria del ferro o un’asincronia tra le prime tre fasi della finta in tempo, inficiano in modo irreparabile la stoccata.
Interessante sarà, tramite uno studio parallelo tra controtempo e finta in tempo, intrattenere l’allievo circa la fondamentale distinzione procedurale del colpo: mentre infatti nel primo la determinazione d’attacco (in altre parole chi parte per primo) è prodotta da colui che congettura l’intero colpo, invece nella seconda questa determinazione viene assunta dall’antagonista.
L’allievo non si deve scoraggiare di fronte alla complessità del meccanismo del colpo, anzi, spronato dal conduttore, deve prendere progressivamente possesso di tutti gli estremi spaziali e temporali che lo caratterizzano, essendo consapevole, come detto in esordio di capitolo, che la finta in tempo costituisce la procedura tattica più complessa della tecnica schermistica.
Detto questo, ben si comprende che l’argomento sarà affrontato dall’insegnante solo dopo che l’allievo avrà dato prova certa di saper padroneggiare il proprio ferro e, se mi permettete, di saper “solfeggiare” tutte le varie componenti tecniche presenti nei trattati.
A questo proposito, conoscere e saper applicare con sufficiente correttezza una finta in tempo deve rappresentare per l’allievo una specie di esame di maturità; che poi nel concreto del match possa o sappia applicare questo colpo non è poi così importante; importante è che conosca i confini della galassia tecnica.
Meccanica esecutiva: Il consiglio, come al solito, è quello di frammentare il lungo fraseggio schermistico, nel senso di iniziare con il primo gesto una prima volta e poi ripeterlo; aggiungendo poi il secondo gesto per poi ripeterlo; successivamente si passa al terzo e alla sua ripetizione; così sino al completamento dell’intero meccanismo.
La velocità, ovviamente, sarà ridotta inizialmente per poi accelerare progressivamente sino a quella reale dello scontro.
Conclusione
Il cammino, come avete visto, non è stato breve: lungo, ma anche entusiasmante, se solo si pensa a quanto tempo abbiamo passato insieme al nostro allievo e considerando il fatto che, partendo da come si impugna un’arma, siamo pervenuti a quell’intrico di lame che è rappresentato da una finta in tempo andata a buon fine.
In fin dei conti anche noi, accompagnando l’allievo alla scoperta della teoria schermistica, abbiamo ripercorso per l’ennesima volta questa affascinante costruzione logica.
Ma dobbiamo essere consapevoli di un fatto molto importante: che in questo rapporto di conoscenza, tanto abbiamo dato, ma tanto talvolta abbiamo anche preso.
Questo non solo per l’intenso e ripetuto senso di vitalità che la gioventù degli allievi dispensa già di per sé, ma anche per l’utilissima possibilità di poter esaminare criticamente gli innumerevoli risvolti delle loro personalità, dei loro carismi e dei loro limiti personali.
In effetti il concetto fondamentale della Scienza della Didattica, come ormai è universalmente riconosciuto, si basa sulla capacità del docente di sintonizzarsi sul linguaggio, sulle potenzialità e sui limiti del singolo discepolo; ogni neofita, pur essendo poi al limite catalogabile in gruppi rispetto alle sue caratteristiche, rappresenta di per sé un unicum, al quale l’insegnante si deve rapportare in maniera univoca.
Questo indirizzo, comportando di conseguenza una certa libertà di metodologia d’insegnamento, deve responsabilizzare al massimo ogni docente, che deve procedere, soprattutto agli inizi della propria carriera, in modalità molto guardinga, non potendo disporre dei suoi allievi quali cavie di pur legittimi personali convincimenti.
E’ in questo senso che deve essere interpretato questo mio lavoro: non regole più o meno auree, ma solamente miei canovacci, anche se talvolta abbastanza particolareggiati, di un’esperienza personale, che, come tutte le altre, si rapporta tra l’altro anche ad una certa epoca e a un certo luogo.
Insegnare è sicuramente una Scienza, ma è anche un’arte; e come tale è personale e irripetibile; il saperne trasmettere l’essenza nel miglior modo possibile è un rigoroso dovere professionale.
Maestro Stefano Gardenti
Firenze marzo del 2021