Traduzione estratto: Dialoghi sulla tecnica, tattica e strategia schermistica


 

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Stefano  Gardenti

 

Dialoghi sulla

tecnica, tattica e strategia schermistica

 

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Dedicato a mia moglie Elena e ai miei

figli Marco, Tommaso e Carlotta

 

Introduzione
Di trattati di scherma sono pieni gli scaffali di tutto il mondo.

La maggior parte dei testi, antichi e moderni, essendo indirizzata prevalentemente agli addetti ai lavori, è espressa in modo cattedratico con un linguaggio conseguentemente molto tecnico.

Questo mio lavoro intende invece rivolgersi soprattutto al giovanissimo  schermitore che inizia a muovere con una certa autonomia i suoi primi passi sulla pedana; l’occasione è anche offerta in parallelo ai genitori che in tal modo possono conoscere il mondo frequentato dalla loro prole; la lettura può infine aiutare l’amatore master che si è accostato alla scherma da uomo maturo.

Il risvolto letterario è quello di un ripasso che all’inizio dell’anno viene svolto da un maestro con quattro suoi allievi, con i quali appunto parla e ragiona sulla tecnica schermistica.

Quindi nella prima parte in buona sostanza un trattato di scherma tendenzialmente completo per tutto ciò che concerne la tecnica di base del fioretto con i necessari cenni complementari riguardanti la sciabola e la spada; nella seconda parte invece un intrattenimento sui principi tattici e strategici che costituiscono l’ambientazione pratica dei principi tecnici; il tutto unitamente ad un esame grandangolare sulle arti varie dello schermitore.

Per facilitare l’esposizione della materia mi sono affidato alla forma del dialogo, di socratica memoria, strumento che permette d’instaurare con il lettore un rapporto spontaneo e confidenziale.

Il linguaggio, pur non escludendo molti termini tecnici specifici, è informato alla maggior semplicità e scorrevolezza possibile; il tutto poi è infarcito qua e là  da qualche battuta di spirito, che, oltre a tradire i miei natali fiorentini, ha il preciso scopo di alleggerire la materia e rendere piacevole e scorrevole la lettura.

Lo scopo di questa pubblicazione è soprattutto quello di fornire al lettore un’ulteriore occasione per appassionarsi alla nostra disciplina, proponendogli spunti e osservazioni da riprendere e approfondire in sala con il suo maestro ed i suoi compagni.

Ringrazio per la parte grafica mia nuora Marina Volpi, mia figlia Carlotta e mia moglie Elena, quest’ultima anche in veste di paziente correttrice di bozze.

M° Stefano Gardenti

 

 

       Tecnica

 

benvenuti

 

 

Prima giornata

 

 

volto-stefano-def-copia– Carlotta: Maestro Stefano, ma devo proprio farlo anch’io questo ripasso della scherma che comincia oggi?

 

– Maestro: Carlotta, hai fiducia in me?!

Vedi, l’esperienza insegna che quando dopo un’interruzione si riprende un’attività   sportiva è opportuno ripartire da zero, resettare come dici tu nel linguaggio dei computer, per poi ricostruire, magari approfondendo qualche aspetto, tutte le nostre conoscenze, cercando di mettere più ordine e più precisione nei nostri pensieri.

Non ti scordare che la Scherma prima si fa con la testa, poi con il corpo!

 

– Carlotta: Ma Maestro, sono ormai quattro anni che faccio scherma e le cose le so già fare bene: ti ricordi, ho anche vinto una coppa in una gara!

 

– Maestro: Carlotta, Carlotta, lascia da parte la superbia: non è da persone intelligenti e nella vita è solo un grosso freno a mano tirato; te lo assicuro.

Hai mai sentito di quel detto non si finisce mai d’imparare? Non crederai mica che significhi soltanto che ci sono sempre cose nuove da scoprire?! Si, spesso vuol dire anche questo, ma c’è un altro significato che è importante che tu capisca: quello che sappiamo già fare, possiamo cercare di farlo ancora meglio. Infatti è molto difficile che qualcuno sia giunto in qualche campo alla perfezione. Ne conosci forse qualcuno, Carlotta?!

Lo so che ci vuole molta umiltà per rendersene conto e non è certo facile capirlo soprattutto alla tua età, ma devi fidarti di me.

 

– Carlotta: Si, Maestro, ma questo cosa c’entra con la scherma?

 

– Maestro: Te lo dimostro immediatamente. Dimmi, sai che cosa è la botta dritta?

 

– Carlotta: Certo Maestro! Conosco quest’azione: quando vedo sul mio avversario un bersaglio scoperto vado direttamente a colpirlo.

 

– Maestro: Bene; e di solito quante volte in un assalto tiri questo tipo di stoccata?

 

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– Carlotta: Beh! Quasi mai; è una stoccata troppo semplice per poter riuscire a colpire il mio avversario: quando attacco preferisco lavorare sul suo ferro con una battuta o ricorro almeno ad una finta.

 

– Maestro: Lo vedi, Carlotta! La botta dritta è la prima azione che ti ho insegnato, la più naturale e la più semplice per chi comincia a tirare di scherma, ma tu praticamente non la usi mai.

Non sarà forse perché credi di conoscerla a sufficienza ed invece ne ignori molti aspetti importanti?

Te ne accenno solo alcuni: dare la precedenza al braccio armato, usare come propulsore soprattutto la gamba dietro, avvicinarsi all’avversario prima di partire in attacco, scegliere il tempo giusto …eccetera, eccetera.

E tu, Carlotta, conosci tutte queste cose e le sai già applicare al tuo meglio?

 

– Carlotta: Forse ho capito quello che mi vuoi dire: è come dici tu, non si finisce mai d’imparare bene.

 

– Maestro: Sono contento, perché finalmente sono riuscito a farti comprendere  questo grande segreto che è importante conoscere non solo nella scherma, ma anche nella vita.

E ti devo dire un’altra cosa: questo ripasso non lo facciamo da soli, tu ed io, nella solita lezione individuale, ma lo facciamo con gli altri tuoi compagni, tutti insieme. Ci sediamo in circolo, parliamo, discutiamo e soprattutto andiamo sulla pedana per verificare quello di cui stiamo parlando. Ognuno può, anzi deve, dire la sua.

Nota, Carlotta, ci sarò anch’io: alla mia età, pur da maestro, non ho ancora finito d’imparare!

Ma non perdiamo più tempo.

Marco, Tommaso, Elena: venite tutti qui con me e Carlotta.

Ragazzi, siamo pronti per questo viaggio nella scherma? Allora tutti in carrozza, si parte!

Prima fermata, le armi.

Innanzitutto dobbiamo tener presente che ogni arma è un vero e proprio attrezzo e come tale va conosciuto e usato nel migliore dei modi.

 

– Marco: Un attrezzo come un martello?

 

– Maestro: Si, come anche una zappa, una lima o quello che vuoi.

 

– Marco: Saper usare bene il martello è importante, Maestro. Le prime volte mi tiravo certe botte sulle dita; ora però sono diventato bravo a colpire solo i chiodi e quando sbaglio, giro il martello e so anche utilizzarlo per tirare fuori dal legno quelli che ho battuto male.

 

– Maestro: Visto che è importante saper usare bene un attrezzo e conoscerne tutti gli usi possibili!

Ora vi spiego come si usa l’attrezzo – arma: quando si inizia a fare scherma l’arma s’impugna e basta e dopo un po’ che la teniamo in mano comincia a pesare; poi quando il maestro ci fa eseguire un colpo ci sembra di sbandare da tutte le parti.

Consoliamoci: dobbiamo rinforzare un po’ i muscoli del braccio e soprattutto prendere confidenza col nostro attrezzo; ma questo non possiamo farlo subito, ci vuole molto esercizio, quindi tempo e pazienza.

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D’altra parte se anche i saltatori con l’asta riescono ad usare quella specie di palo così lungo, cosa volete che sia al confronto una delle nostre armi!

Comunque ci sono anche dei buoni consigli da dare subito a chi impugna un’arma. Chi se ne ricorda qualcuno?

 

– Elena: Io, Maestro.

 

– Maestro: Dicci tutto, Elena.

 

– Elena: Mi ricordo che ci hai subito detto di non stringere troppo la mano sul manico.

 

– Maestro: Molto bene: questa è la cosa più importante, perché se lo facessimo non potremmo poi maneggiare con destrezza e velocità la nostra arma.

Lo sappiamo tutti che nella scherma non ci vuole eccessiva forza: sono lontani i tempi di Excalibur, la spada di re Artù, o della Durlindana di Orlando, quello furioso; questi arnesi erano impugnati addirittura a due mani perché pesavano tantissimo.

Poi qualcuno impiegò la polvere da sparo nelle armi e con l’archibugio …addio alle corazze! Infatti non occorrevano più armi pesanti per penetrarle, ora bastava un semplice pallettone sparato.

Quindi alle ortiche anche gli spadoni e …tutti ad impugnare armi bianche leggere e maneggevoli per diventare più competitivi: infatti la velocità e la destrezza erano subentrate alla forza fisica.

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Anche nella scherma sportiva di oggi la maggior dote di base è l’agilità, possibilmente quella di un gatto.

Ricordatevelo bene: ogni manifestazione di forza ritarda il colpo, cioè lo rallenta e quindi costituisce un vantaggio per il nostro avversario.

Volete una prova inconfutabile? Ditemi se mai un gatto, che è un animale velocissimo, ha vinto mai una gara di sollevamento pesi…

 

– Marco: Ma, Maestro, i gatti non partecipano alle gare di sollevamento pesi!

 

– Maestro: Sicuramente no; ma, se partecipassero, perderebbero sempre! Eppure sono velocissimi.

Mi raccomando quindi: in pedana siate dei gatti e non dei forzuti!

Ora cominciamo pure a parlare in dettaglio della nostra arma e iniziamo da come s’impugna: ricordiamoci innanzitutto che le dita della mano hanno compiti differenti.

Chi vuol dire qualcosa in proposito?

 

– Carlotta: Io, Maestro.

L’indice, il pollice ed il medio devono guidare la nostra lama, mentre l’anulare ed il mignolo hanno solo il compito di aiutare a sorreggere l’arma.

 

– Maestro: Tutto vero.

 

– Carlotta: Maestro ci hai anche detto di stringere e allentare la nostra mano in differenti momenti.

 

– Maestro: Si, Carlotta, ma diciamolo meglio.

Quando s’impugna l’arma la nostra presa sul manico dipende da cosa stiamo facendo; quando non c’è contatto con la lama dell’avversario l’arma va tenuta con leggerezza, ma se, ad esempio, vogliamo fare una battuta e colpo, cambiamo l’uso del nostro attrezzo e quindi cosa dovremo fare?

 

– Carlotta: Stringere maggiormente la mano sul manico quando si batte e poi dopo aver colpito il bersaglio, allentare di nuovo un po’ la presa.

 

– Maestro: Perfetto, Carlotta! Questa è la famosa stretta in tempo dei trattati di scherma.

L’importante è aver capito che la mano deve variare la presa a seconda del tipo di azione che impostiamo o che subiamo. Comunque, ripetiamolo ancora perché è molto importante, dobbiamo applicare poca forza e solo quando è necessario.

 

Tommaso, le armi sono un tutt’uno o possiamo suddividerle in varie parti?

 

-Tommaso:  Maestro, lo sanno anche i bambini del primo corso! Le armi sono composte dalla lama, dalla coccia e dal manico.

 

– Maestro: Bene, ma sai aggiungere qualcosa?

 

-Tommaso: Certo, la coccia serve a proteggere la mano dai colpi, l’impugnatura serve a tenere l’arma e la lama è quella parte con in cima la punta.

 

– Maestro: E’ un po’ poco Tommaso, roba da primo corso, proprio come hai detto tu prima!

Ma non ti preoccupare: stiamo appunto facendo questo ripasso tutti insieme.

Comunque, conformazione a parte, vi ho sempre raccomandato di usare il fioretto, la sciabola e la spada in un certo modo ed ora è il momento di capire il perché.

A scuola il professore di fisica vi ha sicuramente parlato delle leve, cioè di quei meccanismi e di quelle situazioni che sperimentiamo molto spesso nella vita quotidiana.

 

– Elena: Si, mi ricordo del fulcro, cioè il punto di appoggio della leva, della resistenza, che è la forza da vincere, e della potenza, cioè la nostra forza applicata; le leve, a seconda delle reciproche posizioni di questi punti, possono essere vantaggiose o svantaggiose: sono di primo, secondo e terzo genere.

 

– Maestro: Brava Elena, ti meriti un bel dieci in Fisica; ricordami di chiamare il tuo professore.

Vedete ragazzi, la Scherma non è un mondo a sé stante: applichiamo principi e leggi che esistono anche fuori dello sport.

Dovete rendervi conto che l’uomo non è un sommergibile con tante camere stagne; non esiste ad esempio Elena – schermitrice, poi Elena – studentessa, poi Elena che gioca, eccetera, eccetera. E’ sempre la stessa Elena e ciò che sa o riesce a fare in un campo lo trasporta in tutti gli altri e viceversa. Riflettete su questo concetto, mi raccomando.

Ma torniamo alle nostre armi: sono leve che, se ben utilizzate, sono vantaggiose. Questo, ragazzi, è il punto: dobbiamo cercare di usarle sempre in questo modo e mi spiego: nella lama dobbiamo distinguere tre parti: quella forte, vicino alla coccia, quella media e quella debole, vicino alla punta.

Capite ora perché mi raccomando sempre di usare la lama nel modo corretto: se volete effettivamente dominare la lama dell’avversario con un vostro legamento dovete utilizzare la parte forte della vostra lama su quella debole dell’antagonista. Si tratta solo di applicare una legge della Fisica.

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Ma questo ripasso che stiamo facendo non serve solo a capire meglio in astratto, bisogna anche eseguire delle verifiche pratiche: non dimenticate mai che lo schermitore è prima un teorico, ma poi deve passare all’applicazione pratica.

Marco, vieni in pedana.

Ecco, lega con la parte forte della tua  lama, la mia parte debole.

Vedi, sto cercando di spostare il tuo ferro con tutta la mia forza, ma pur essendo fisicamente più forte di te, non riesco a farlo.

Ora effettuo io un legamento sbagliato, cioè uso la mia parte di lama medio – debole sulla tua parte medio – forte.

Applica un po’ di forza e cerca di contrapporti alla mia presa. Hai visto, tu che sei il più debole fisicamente, riesci ora a spostare la mia lama e a trasportarla dove vuoi.

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Quindi, ripetiamolo ancora una volta che non fa certo male: il rapporto vincente tra le lame dei due schermitori non dipende dalla forza applicata, bensì dalla scelta del grado dominante.

Qualcuno deve chiedere o dire ancora qualcosa sulla lama?

No?! Bene, aggiudicata la lama!

A questo punto dobbiamo parlare della coccia, cioè, come è già stato detto, della parte dell’arma che deve proteggere la mano.

Chi mi sa dire perché nelle tre armi ci sono tre cocce diverse?

 

– Carlotta: Io, Maestro.

 

– Maestro: Siamo tutt’orecchi, Carlotta.

 

– Carlotta:  Le cocce sono diverse perché i bersagli delle tre armi non sono tutti uguali: nella spada e nella sciabola la coccia è più grande perché deve proteggere la mano e l’avambraccio che sono bersagli validi, mentre nel fioretto è più piccola perché tali bersagli non sono validi.

Inoltre nella sciabola la forma della coccia è diversa anche perché in questa specialità le stoccate si possono tirare non solo di punta, ma anche di lama: la forma allungata della coccia, che si chiama elsa, serve appunto a proteggere la mano da tali tipi di colpo.

 

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Maestro: Ottimo, credo di non poter aggiungere nulla.

Brava! E ora di che cosa dobbiamo parlare?

– Tommaso: Abbiamo finito, Maestro, perché del manico abbiamo già parlato prima.

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– Maestro: Calma, Tommaso! Possiamo aggiungere qualcosa.

Già da un po’ di tempo mi riproponevo di farvi un discorsetto, ragazzi.

Quando vi ho fatto vedere per la prima volta il fioretto e la spada vi ho mostrato le armi che tuttora usate; vi ho detto che il manico era anatomico in quanto si adattava alla forma della mano.

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Oggi voglio raccontarvi l’intera storia dei manici delle armi, almeno di quelli relativi alle armi sportive.

Una cinquantina di anni fa, nelle specialità del fioretto e della spada, c’erano due prevalenti scuole di scherma: quella l’italiana e quella francese.

La prima utilizzava armi con un manico detto appunto italiano, mentre la seconda si serviva del manico, guarda caso, francese.

Ognuna delle due scuole aveva sviluppato delle tecniche particolari, appunto in relazione ai manici adottati, e spesso venivano organizzate delle sfide col fine di dimostrare la supremazia dell’una sull’altra.

Guardate cosa vi ho portato oggi: due fioretti, uno con manico italiano ed uno con manico francese. Di spada c’è solo quella francese: l’italiana è così tanto tempo che non si usa che non esiste più nemmeno come cimelio!

Carlotta, tu hai preso il fioretto con manico italiano. Guardate, ragazzi, non converrà più usarlo, ma com’è bello:  i due archetti simmetrici, la stanghetta trasversale che si chiama gavigliano e il ricasso, che non è altro che la stessa lama dopo che è passata dalla coccia: è qui che si posizionano indice e pollice.

Lo hanno mandato in pensione dei grossi cambiamenti che ci sono stati nel modo di tirare di scherma: la sempre maggiore componente atletica, il modo di tirare la stoccata, i sempre più frequenti corpo a corpo e così via.

Alla fine il suo posto è stato preso dal manico anatomico, appunto quello che state usando voi.

Elena, tu invece hai preso una spada con manico francese; facci un po’ vedere come lo impugneresti.

 

– Elena: Non ne sono certa, questo sembra un   manico di scopa!

– Maestro: Elena, meno male che in sala non abbiamo degli ospiti francesi!

Scherzi a parte, ti ricordi che poco fa abbiamo parlato di come impugnare un’arma? Ti ricordi del ruolo delle dita – guida? Indice, pollice e medio?. Non pensare al tipo di manico, impugna l’arma seguendo questo principio.

Bene, devi solo correggere la posizione del pomolo, cioè la parte finale dell’arma, che deve stare nell’incavo della tua mano.

Ora va bene. Cosa ne pensi?

 

–  Elena: E’ un po’ strano, ma si può tirare lo stesso.

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– Maestro: Non solo si può tirare, ma si può anche fare due tipi di scherma un po’ diversi tra loro. Se lo impugni così, con la mano vicino alla coccia, puoi fare le stesse azioni che con l’anatomico; certo non hai la stessa saldezza di pugno, ma in certe occasioni ti puoi trovare addirittura meglio: pensa ad esempio al filo di quarta o al corpo a corpo, la tua mano è senz’altro più libera e puoi angolare più comodamente la tua arma.

Ma mettiamo che tu abbia l’esigenza di avere un braccio armato un po’ più lungo, magari stai tirando con un avversario più alto di te; prova ad impugnare l’arma con la mano lontana dalla coccia, cosa succede?

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– Elena: Si, sono più lunga, ma non riuscirei certo a legare e battere bene sul ferro dell’avversario.

 

– Maestro: Rifletti!  Non è che l’impugnatura di tipo francese sia perfetta; hai però la possibilità di usare l’arma in due modi alternativi: la tieni a mano piena per le azioni che prevedono il contatto con la lama avversaria, invece la tieni a mano allungata quando prevedi azioni a ferro libero.

Una precisazione: i due tipi di manico di cui stiamo parlando si applicano al fioretto e alla spada; la sciabola, invece, ha un solo tipo di manico.

Comunque, ragazzi, mi premeva farvi capire una cosa: non esiste solo il manico anatomico con la relativa tipologia di azioni schermistiche che conoscete; esiste anche il mondo del manico francese ed anche il mondo dei manici misti.

Chi vuole una guida per esplorare questo mondo può rivolgersi a me.

Il mio consiglio, per chi lo vuole accettare, è questo: fate qualche lezione con il francese e cercate di verificare in cosa consistono le differenze per almeno un mesetto.           Poi riordinate le idee e venite a riferirmi le vostre impressioni. Discutiamone, focalizziamo bene i vantaggi e gli svantaggi: data la mia lunga esperienza credo di essere un buon consigliere, ma la scelta finale, neanche a dirlo, sarà comunque solo vostra.

Infatti in pedana a sfidare gli avversari ci andate voi e non io!

Torniamo ora alle armi; sapete tutti che il Regolamento Internazionale stabilisce tutta una serie di minuziose norme sulle loro caratteristiche.

Non è che sia obbligatorio saperle tutte a memoria e saperle addirittura il secondo giorno che siamo entrati in sala, ma uno schermitore, mano a mano che frequenta una sala di scherma, le deve conoscere e non cascare dalle nuvole, come mi è capitato di vedere qualche volta in gara.

D’altra parte quando io ero giovane come voi non credo di avere mai visto un Regolamento in Sala, c’era solo il Maestro che ce ne parlava solo qualche volta e quindi imparavamo a nostre spese nel corso delle gare che disputavamo.

Voi, oggi, cari miei, avete Internet, basta andare sul sito giusto e trovate tutto quanto, addirittura in italiano. Quindi scaricate il Regolamento nell’archivio del vostro computer, perché ogni tanto ne riparleremo.

Per ora, velocemente, vi fornisco qualche estremo:

 

 

Fioretto: peso inferiore ai 500 grammi – lunghezza totale inferiore ai 110 cm. – lunghezza della lama massimo 90 cm. con sezione quadrangolare – curvatura della lama solo in senso verticale e solo in prossimità della sua parte mediana – coccia con diametro tra 9,5 e 12 cm e senza eccentricità, cioè la lama deve passare al centro di essa – punta con pressione che a riposo deve respingere un peso di 500 grammi, con corsa di accensione anche infinitamente piccola, ma con corsa totale di massimo un millimetro – isolamento della lama di 15 cm. dalla punta.

fioretti

 

 

Spada: peso inferiore ai 770 grammi – lunghezza totale inferiore ai 110 cm. – lunghezza della lama massimo 90 cm. con sezione triangolare –

spade

 

curvatura della lama solo in senso verticale e solo in prossimità della sua parte mediana – coccia con diametro massimo di 13,5 cm. con possibilità di eccentricità – punta con pressione che a riposo deve respingere 750 grammi, con corsa di accensione maggiore in 1 mm. e corsa totale superiore a 1,5 mm.

 

Sciabola: peso inferiore ai 500 grammi – lunghezza totale inferiore ai 105 cm. – lunghezza della lama massimo 88 cm. – coccia con sezione massimo 15 x 14 cm.

sciabola

 

Non abbiate paura, ragazzi, non v’interrogo! Ora no, ma fra qualche giorno sì!

Bene, o schermitori, siamo arrivati in fondo all’argomento arma, ci sono domande?

No?  Allora avete capito tutto! Vedremo, vedremo!

Facciamo comunque un breve riassunto delle cose principali.

Abbiamo detto che il rapporto dello schermitore con l’arma è molto importante perché influisce sull’uso corretto di questo vero e proprio attrezzo: le dita devono essere poste ognuna nella sua giusta posizione – l’arma non s’impugna a piena mano, ma si privilegia l’uso del pollice, dell’indice e del medio – la presa sul manico non deve essere costante, ma deve variare in funzione delle varie situazioni.

Abbiamo parlato delle componenti dell’arma: lama, coccia e manico.

Siamo andati alla scoperta del manico francese e con quello italiano abbiamo fatto anche un po’ di storia della scherma.

Abbiamo visto che il Regolamento Internazionale stabilisce accurate norme per le caratteristiche delle tre armi.

Ecco, mi scordavo una cosa molto importante: nel caso d’impugnatura anatomica è necessario provare vari tipi di manico sino a trovare quello che calza meglio: sì, è proprio come una scarpa, che non deve essere né troppo stretta, né troppo larga.

Soprattutto voi, o giovani che crescete quasi a vista d’occhio, controllatelo di anno in anno: sul manico si deve stare comodi.

E, se avete due o più armi, furbacchioni, devono essere il più possibile uguali.

Basta! Delle armi non ne possiamo più!

Anche se oggi abbiamo sudato proprio poco, andiamo a fare una bella doccia e poi tutti a casa: ho visto che alla televisione c’è bel film con Zorro!

 

 

Quinta giornata

 

 

– Maestro: Rieccoci, ragazzi! Buona quell’aranciata dell’altra sera! Dovreste organizzare più tornei in sala!

 

– Elena:  Maestro, come si fa a diventare insegnante di Scherma?

 

– Maestro: T’interessa insegnare, Elena?

 

– Elena: Si, Maestro cosi riuscirei a bere gratis!

 

– Maestro: Elena, ora ti acchiappo!

 

– Elena: Sarà difficile: mi hai insegnato troppo bene a mantenere la misura!

 

– Maestro: Beh! Forse è meglio passare all’argomento della giornata.

Orbene è l’ora di parlare della difesa.

Nessuno schermitore può pensare di attaccare soltanto, come del resto non può solo cercare di difendersi: sono lo svolgimento dell’assalto e soprattutto la situazione del punteggio a richiedere quest’alternanza di attività.

Uno schermitore può esser portato per carattere o per preparazione a prediligere l’uno o l’altra, ma non occorre nemmeno spiegare il perché è meglio saper far bene entrambe le cose. Un tiratore deve saper far tutto.

Ma entriamo subito nel vivo della materia: quanti modi difensivi conosciamo?

 

– Tommaso: Due: uno basato sulla misura, uno attuato con la parata.

 

– Maestro: Continua pure, Tommaso.

 

–    Tommaso: Nel primo caso, per rendere inoffensivo l’attacco dell’avversario, si utilizza la misura, cioè s’indietreggia quel tanto da non essere raggiunti dalla stoccata.

 

– Maestro:  Certo: la propulsione dell’attacco è come la gittata di un cannone, basta indietreggiare anche di poco e, se hai fatto bene i calcoli, la palla sparata cade davanti ai tuoi piedi senza arrecarti alcun danno.

Per attuare questo tipo di difesa occorrono: buoni riflessi per percepire la partenza del colpo e buona capacità di arretramento.

Continua, Tommaso.

 

– Tommaso: Nel secondo caso invece si ricorre all’uso della propria arma, utilizzandola per deviare il colpo: lama e coccia fanno cambiare direzione alla punta avversaria, che altrimenti ci toccherebbe in un qualche nostro bersaglio. Questo tipo di difesa si chiama parata.

 

– Maestro: Beh, Tommaso, vorrei osservare che esiste anche una forma di difesa mista: in casi di attacchi particolarmente veementi, o comunque percepiti in ritardo, è necessario sia arretrare, sia simultaneamente parare.

Vai pure avanti.

 

–          Tommaso: Si, Maestro. Le parate sono quattro e …

 

– Maestro: Aspetta, Tommaso. Prima di parlare delle singole parate, credo sia opportuno fare, come al solito, una considerazione di carattere generale.

Ditemi un po’: la parata deve essere eseguita con la maggiore velocità possibile, vero?

 

– Carlotta: Certo Maestro, più veloce è, più sicuri siamo.

 

– Maestro: Questo è certo! Ma c’è un particolare che ancora mi sfugge: mettiamo il caso che io sia molto veloce a parare e l’avversario invece molto lento ad attaccarmi. Cosa devo fare appena vedo partire la sua stoccata, devo andare subito a parare?

 

– Carlotta: No, perché se lo anticipi con la tua velocità non troveresti la sua lama perché ancora non sarebbe sopraggiunta vicino a te.

 

– Maestro: Vedete, ragazzi, dobbiamo quindi fare un’importante precisazione: una cosa è la velocità di esecuzione della parata e su questa non si discute, perché più rapida è meglio è; un’altra cosa è l’istante in cui dar inizio alla parata stessa. Il momento propizio dipende dalla velocità dell’avversario nell’esecuzione del colpo; dobbiamo dar corso alla nostra parata solo quando la stoccata si avvicina al nostro bersaglio: né prima, perché non servirebbe a nulla, né dopo, perché ormai sarebbe troppo tardi.

Tra l’altro in questo modo si evita anche di cascare in qualche finta eseguita dal nostro nemico per ingannarci sulla vera meta finale del suo colpo.

Chiarito questo, Tommaso, quante dicevi che erano le parate?

 

– Tommaso: Quattro, una per ogni settore di bersaglio: la prima che tutela il petto, la seconda il fianco, la terza l’esterno alto e la quarta il ventre.

Per intercettare il colpo dell’avversario le parate si eseguono spostando la propria arma in direzione della linea d’attacco nemico: dalla posizione in cui ci si trova si va direttamente verso la lama rivale, percorrendo la strada più corta.

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– Maestro: Ecco, Tommaso, aspettavo proprio questa tua precisazione: chi, per difendersi, si sposta direttamente verso la lama dell’avversario, effettua una parata che tecnicamente si chiama parata semplice.

Esistono altri modi per effettuare una parata, Elena?

 

– Elena: Si ci sono le quattro parate di contro?

 

– Maestro: Vieni in pedana e aiutaci a capire.

Tirami una botta dritta al bersaglio interno basso.

Vedete, andando a parare verso il colpo di Carlotta, effettuo una parata semplice.

Ora osservate bene la strada che invece percorre la mia lama quando sulla stessa botta di Carlotta eseguo una parata di contro.

 

– Marco: Si, abbiamo visto bene: il tuo pugno ha effettuato una rotazione su se stesso e la tua punta ha descritto nello spazio un giro completo di 360 gradi attorno al suo ferro . In tal modo riusciamo a creare una specie d’imbuto spaziale, precisamente un cono, che raccoglie tutto quello che in quell’istante ci transita dentro.

 

– Maestro: E qual è tra i due modi di parare quello più sicuro, ragazzi?

 

– Marco: Non c’è un modo più sicuro dell’altro, Maestro! Bisogna vedere caso per caso e poi la cosa più importante è eseguire, alternandoli, tutti e due i tipi di parata: ci hai sempre detto che questo è il miglior modo per confondere le idee dell’avversario.

 

– Maestro: Eh, si, Marco, qualche buon consiglio sono riuscito a darvelo!

Ma sentite ragazzi, in relazione all’impatto con la lama avversaria, in quanti modi possiamo effettuare una parata?

 

– Carlotta: Due: di picco, se la nostra lama allontana dal nostro bersaglio quella avversaria con una specie di battuta; di tasto, se invece il contatto perdura sino alla fine della propulsione offensiva del colpo.

 

– Maestro: E quale delle due modalità è la migliore?

 

–    Carlotta: Maestro, è la solita storia: è necessario capire cosa ci conviene fare nelle varie situazioni e con i diversi avversari.

Comunque una cosa appare subito chiara: chi para di picco non può rispondere di filo. Per fare un filo, cioè per scivolare sulla lama avversaria, bisogna prima instaurare un contatto duraturo, appunto come succede nelle parate di tasto.

 

– Maestro: Benissimo, ragazzi! Forse neanche D’Artagnan sapeva tutte queste cose!

A questo punto mi sembra opportuno fare alcune precisazioni circa la posizione spaziale delle parate, di qualsiasi tipo esse siano.

Ricordatevi che è fondamentale trovare attorno a voi, nelle vicinanze dei vostri quattro bersagli, le relative giuste posizioni. Esse devono garantirvi con sufficiente margine dal colpo che avete parato; ma guardatevi dall’effettuare delle parate troppo larghe, cioè esagerando la distanza dal vostro corpo: esse non solo comporterebbero uno spreco di tempo per far percorrere alla vostra lama uno spazio del tutto superfluo, ma renderebbero di conseguenza più lenta la vostra risposta, ovvero la rappresaglia dopo esservi difesi.

Inoltre una finta eseguita in attacco dal vostro avversario tenderebbe a spiazzarvi maggiormente.

Diversamente, eseguendo le parate vicino al vostro corpo, avrete tra l’altro più probabilità di riuscire a parare il colpo reale dopo non averlo trovato sul bersaglio solo oggetto di finta da parte del vostro avversario.

Ma ora viene il bello, miei prodi!

Tutte qui le parate? Non ce ne sono altre?

Che silenzio! Ma c’è rimasto qualcuno in sala?! Toc Toc, c’è nessuno?!

No? Allora parlo io.

Il termine parata di mezza contro  vi dice qualcosa?

Non ricordate quando vi dissi di chiudere gli occhi e di guardare con gli occhi della vostra mente?

 

– Elena: Maestro, Maestro ora mi ricordo tutto.

 

– Maestro: Dopo una spintina sono tutti bravi! Anche un sasso ruzzola da sé!

Dai Elena. Se chiudiamo gli occhi e pensiamo alla nostra punta, quando eseguiamo una parata di contro vediamo che descrive nello spazio un giro completo.

 

– Marco: Un angolo giro, Maestro; trecentosessanta gradi.

 

–   Maestro: Zitto, Marco! Sta parlando lei!

 

–   Elena:        Allora, mentre nelle parate di contro facciamo fare alla punta un giro completo, nelle parate di mezza contro basta farne metà.

 

– Marco: Un angolo piatto, Maestro.

 

– Maestro: Marco, per favore non fare il sapientino! Iscriviti pure subito a Ingegneria!

Quali sono dunque, Elena, le parate di mezza contro?

 

– Elena: Si para di mezza contro quando si passa dalla posizione bassa esterna, cioè quella di seconda, a quella bassa interna, cioè di quarta; e poi quando si passa dalla posizione esterna alta, di terza, a quella alta interna, cioè di prima.

 

– Maestro: Quindi per dirla in breve: dalla seconda alla quarta e dalla terza alla prima.

Fatene vedere un paio ai vostri compagni, ragazzi.

Visto che differenza c’è con le parate di contro?! Il movimento circolare non è completo.

E l’ultima tipologia di parate col ferro qual è?

Dai! forza! Serve a difendersi dai colpi di filo dell’avversario.

 

– Carlotta: Quelle di ceduta, Maestro.

 

– Maestro: Cioè, Carlotta?

 

– Carlotta: Quando l’avversario mi ha catturato il ferro con un legamento e mi accorgo che ha già cominciato ad attaccarmi di filo, cioè scivolando sulla mia lama, non mi resta altra risorsa che la parata di ceduta.

Si tratta di avere pazienza, cioè è necessario assecondare l’azione avversaria e, solo sul suo finire, quando sta per toccarci, senza mai staccare la nostra lama dall’altra, bisogna assumere la corrispondente posizione di parata.

In questo modo si riesce a ribaltare la situazione proprio un istante prima di essere toccati. Sai che delusione per l’avversario!

 

– Maestro: Precisa i colpi, Carlotta.

 

– Carlotta: In contrapposizione al filo di seconda, si cede in quarta; invece al filo di terza, si cede in prima.

Vieni, Marco, ricostruiamo questa azione in pedana. Io tiro i colpi di filo, tu para di ceduta.

Visto che brutta sorpresa per chi attacca! Quasi tocca, poi l’arma viene come risucchiata da un vortice e si ritrova toccato lui!

 

– Elena: Meglio quasi attaccare e prendersi una bella parata e risposta in pieno petto, vero, Maestro?!

 

– Maestro: Risposta? Elena, mi hai letto nel pensiero! Stavo appunto per chiedervi …e la risposta?

 

– Tommaso: Maestro, ci hai sempre detto che la risposta è la vendetta di chi è riuscito a parare.

 

– Maestro: L’espressione è un po’ colorita, ma rende molto bene l’idea.

Ma chi è questo impudente che osa attaccarmi! Sei uscito dalla tua guardia-castello, ti sei affaticato per raggiungermi e ora ti sei abbassato di fronte a me in affondo o magari sei sbilanciatissimo in frecciata? Devo punire la tua arroganza! Sono riuscito a neutralizzarti e ora tocca a me: beccati la mia risposta.

Sintetizzatemi queste frasi in due verbi, ragazzi.

 

– Marco: Parare e rispondere.

 

– Maestro: Certo! Parata e risposta sono due cose che devono stare sempre insieme, come Stanlio e Olio, come sale e pepe!

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Dopo la parata non dobbiamo assolutamente perdere l’occasione per fulminare il nostro avversario con una risposta: se si sceglie bene il tempo non si deve fare altro che muovere il braccio armato.

Certo bisogna far presto, l’avversario non sta certo lì ad aspettarti.

Una volta stabilito il contatto dominante della vostra lama su quella avversaria come si potrà tirare il colpo?

 

– Tommaso: Sia distaccando la nostra lama da quella avversaria, sia di filo, cioè strisciando su quest’ultima.

 

– Maestro: Bene, Tommaso.

 

– Elena: Maestro di fioretto e di sciabola si potrà anche rispondere al distacco perché c’è la Convenzione schermistica che ci protegge, ma di spada converrà sempre usare il filo.

 

– Maestro: Certo, Elena: è la solita vecchia storia!

Ora capisci perché quando si para di spada, diversamente dal fioretto, la punta deve essere mantenuta in direzione del bersaglio; lo si fa proprio per favorire la risposta di filo.

Ragazzi, ora però ho un dubbio!  Ma la risposta dopo una parata si esegue solo dalla propria guardia?

 

– Carlotta: Dalla guardia è meglio, Maestro, ma se l’avversario è particolarmente veloce a tornare in guardia lo possiamo inseguire, tirando la nostra risposta con l’affondo.

 

– Maestro: Brava Elena: come al solito sono le situazioni che si vengono a creare a dettarci un modo o un altro; l’importante, torno a dirlo, è non farla passare liscia a chi ha osato attaccarci.

Ogni parata senza la risposta è come una ciambella senza il buco! O una pastasciutta fatta senza mettere il sale nell’acqua!

Beh! Ora facciamo un po’ d’allenamento specifico. Dieci serie alternate di cinque attacchi ciascuno: attaccate in modo tale che il vostro compagno sia in grado di parare e rispondere, magari variando la velocità e i bersagli. Mi raccomando, non eseguite mai due parate consecutive dello stesso tipo, ma variatele sempre.

Può bastare così, ragazzi.

Venite qui: che affrontiamo l’ultimo argomento di oggi.

Ditemi un po’: ora che abbiamo appreso tutte le arti della difesa chi oserà mai più attaccarci?!

 

– Elena: Chi è più veloce di noi, Maestro.

 

– Maestro: Di sicuro, Elena, ma ciò non è del tutto vero: ora cercherò di dimostrarlo a te e ai tuoi compagni.

Mi serve un volontario; chi viene?

 

– Carlotta: Vengo io

 

– Maestro: Carlotta, che onore!

Mettiti la maschera e cominciamo a muoverci in avanti e indietro, mantieni bene la misura e quando accenno ad una scopertura su un mio bersaglio toccami il più velocemente possibile con una …?

 

– Carlotta: Botta dritta, Maestro.

 

– Maestro: Bene, Carlotta.

Pronti, a noi!

Sei troppo lenta, Carlotta: ho parato il tuo colpo e ti ho toccato di risposta. Uno a zero per me.

Cerca di far meglio: piegati bene sulle gambe, concentrati, scegli bene tempo e misura e fiondati sul mio bersaglio.

Parato ancora, Carlotta! Due a zero.

Più veloce. forza! Vai al massimo!

Anche se hai fatto un ottimo affondo, ho toccato ancora io: tre a zero.

Non ci siamo, devi essere veloce come la luce!

 

– Carlotta:  Maestro è inutile tirarti la botta dritta, sei troppo veloce a parare.

 

– Elena:  Posso venire io e provare a toccarti?

 

–          Maestro: Certo, Elena, ci mancherebbe altro: non sono una proprietà esclusiva di Carlotta!

Bravissima, mi aspettavo da te proprio quest’azione!

Carlotta, hai visto come si fa?!

Non potendo sorpassarmi in velocità, Elena, è ricorsa alla finta dritta e cavazione e mi ha toccato: infatti, trovando la via sbarrata da una superiore velocità di difesa, l’ ha letteralmente aggirata .

 

– Carlotta: Maestro, non vale: tu mi avevi detto di toccarti di botta dritta.

 

– Maestro: E’ vero, Carlotta! Ma tu, quando sei in pedana, stai a sentire cosa ti dice l’avversario?!

 

– Carlotta: Ma tu sei il mio Maestro!

 

– Maestro: Eh no, Carlotta! Ve l’ho sempre detto che ormai siete degli schermitori fatti! E quando due schermitori si calano la maschera e si affrontano è guerra termonucleare, sempre e comunque!

 

– Carlotta: Non vale, hai sempre ragione tu!

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– Maestro: Sempre no, Carlotta, solo tutte le volte!

Vieni qui facciamo la pace: se mi sai parlare bene della finta, ti perdono.

 

– Carlotta: Innanzitutto vorrei dire che si deve ricorrere alle azioni con finta non solo quando abbiamo un avversario più rapido di noi: ad esempio i più veloci possiamo essere noi, ma, mettiamo dopo tanti assalti, cominciamo ad essere un po’ stanchi e quindi è consigliabile non affidarsi solo alla velocità.

 

– Maestro: Certo Carlotta: la velocità non è un concetto assoluto, ma relativo alle situazioni. Diciamo allora, con più precisione, che conviene ricorrere alle azioni d’attacco con finta tutte le volte che abbiamo motivo di temere le parate dell’avversario.

Ma cos’è questa finta, Carlotta? Ne parliamo da un bel pezzo, ma ancora non l’abbiamo inquadrata.

 

– Carlotta: La finta è una specie di bugia che si racconta all’avversario, sperando che ci caschi. E’ una bella trappola che gli tendiamo.

 

– Maestro: Non credo che nessun trattato di scherma definisca la finta così, Carlotta!

 

– Carlotta: Maestro, la finta è un far credere all’avversario di fare una cosa per ingannarlo e farne invece un’altra.

 

–          Maestro: Ora ci siamo quasi, Carlotta!

Precisiamo che la finta è la simulazione di un colpo, che ha lo scopo di indurre l’avversario ad aspettarsi la stoccata su un certo suo bersaglio, mentre, alla fine, lo raggiungiamo su un altro.

In pratica, minacciando un bersaglio, induciamo il nemico a proteggerlo con una parata, ma noi siamo pronti ad eluderla con una cavazione o una circolata e a colpire altrove.

 

– Marco: E’ proprio una bella invenzione la finta, Maestro!

 

– Maestro: Eh sì! Altrimenti solo Speedy Gonzales avrebbe fatto scherma!

Ma parlo solo io della finta?!

 

– Tommaso: La finta deve essere vera.

 

–  Maestro: Ah, sì? Perché c’è anche quella falsa?!

 

– Tommaso: No, volevo dire che va fatta bene, altrimenti l’avversario non ci casca e non va in parata.

 

– Maestro: Certo: la finta deve essere quanto più espressiva è possibile, cioè il colpo deve sembrare veritiero.

Cerchiamo di capire come si fa una bella finta.

E’ un po’ che non giochiamo a caccia all’errore, vero ragazzi?

Guardate un po’ come faccio una finta davanti a Tommaso.

 

–          Marco: No, Maestro; così Tommaso non ci crede proprio perché sei troppo distante; per fare una buona finta bisogna essere ad una misura tale che l’avversario possa credere veramente all’inizio di un attacco.

 

– Elena:   Neanche così, Maestro: sei troppo lento. L’azione deve essere abbastanza veloce per poter sembrare vera.

 

– Carlotta: No, Maestro, ancora non ci siamo; è meglio che tu distenda il braccio armato con la punta sul finto bersaglio: devi far prendere paura a Tommaso, altrimenti non ci crede e non va a parare.

 

– Maestro: Bravi ragazzi: fareste impallidire anche Ulisse, il noto tessitore d’inganni!

Ma di finte quante se ne possono fare?

 

– Tommaso: Tante, Maestro!

 

– Maestro: Andiamoci piano, ragazzi: i trattati si spingono sino alle doppie finte; c’è qualcuno che mi sa spiegare perché?

 

– Marco: Perché altrimenti non si finirebbe mai!

 

– Maestro: Beh questa diciamo che è la versione teorica della cosa; in pratica una successione troppo prolungata di finte, senza tirare il colpo, indurrebbe l’avversario a interromperla con colpo d’arresto. In altre parole gli forniremmo un’ottima opportunità di stopparci!

Ecco perché è conveniente fare al massimo due finte, come vi ho appena detto.

Ma poi, ragazzi: finta e finta ! Ma finta di che cosa?

 

– Elena: Delle tre azioni fondamentali d’attacco, Maestro: finta dritta, battuta e finta, finta del filo e finta di cavazione.

 

– Maestro: Perfetto, Maestra Elena!

 

– Elena:  No, Maestro, perfetto sei solo tu! E ci basti!

 

– Maestro: Sei anche spiritosa! Uno di questi giorni, prima o poi, dovrò sfidarti davvero!

Ora però mettiamo la marcia indietro: forse siamo partiti un po’ troppo di slancio con la finta.

Sapete che mi piace sempre affrontare i temi in generale.

Chi mi parla della struttura dell’attacco con finta, cioè chi è in grado di elencarci tutte le sue componenti?

 

– Marco: La finta è la prima cosa da fare, poi c’è il problema di evitare la parata dell’avversario e, alla fine, si deve toccare il bersaglio.

 

– Maestro:  Molto esauriente, Marco, bravo!

Della finta abbiamo già parlato abbastanza; ora è il turno di come sfuggire alla difesa del nemico.

Avete qualche suggerimento a tal proposito?

 

– Elena: La cavazione, Maestro.

Quando sta per arrivare la lama avversaria con la cavazione si passa alla sua sinistra, alla sua destra, sotto o sopra a seconda di quale bersaglio abbiamo falsamente minacciato.

Certo che se non scegliamo bene il tempo l’avversario riesce a parare e tutto va in fumo.

 

– Maestro: Eh sì! E’ un bel problema, ragazzi!

Comunque, se ci coordiniamo bene e non diamo soluzione di continuità all’azione dovremmo farcela.

Una cosa è sicura: dopo la finta non dobbiamo aspettare di percepire con i nostri organi di senso la parata dell’avversario prima di effettuare la cavazione, altrimenti le probabilità di riuscire a passare sarebbero veramente ridotte al lumicino.

Dobbiamo invece aver fiducia sulla prefigurazione dell’azione che ci siamo fatti tramite lo scandaglio: dobbiamo quindi partire già con l’idea di quale tipo di cavazione effettuare, eseguendo tutta l’azione modulandola alla velocità di reazione dell’avversario che abbiamo appunto spiato e saggiato.

Tutto qui?! Non c’è altro?!

 

– Marco: Maestro, ma se l’avversario invece di difendersi con una parata semplice, cioè andando direttamente verso il mio attacco, effettua invece una parata di contro, cosa succede?

 

– Maestro: Osservazione molto intelligente, Marco.

E’ vero, ragazzi! Pensateci bene.

Per evitare una parata semplice basta far fare alla propria punta un giro di 180 gradi nello spazio, mentre per evitare una parata di contro questi non bastano e bisogna completare tutto il giro di 360 gradi, come quello che sta appunto compiendo la lama dell’avversario. Sbaglio o ne abbiamo già parlato prima?!

Uno di voi venga qua a fare una dimostrazione pratica.

Io mi scopro sul bersaglio interno basso; tu, Tommaso, credendo che io pari di tasto, cioè andando direttamente in quarta, effettua una cavazione; io, invece, vero volpone, parerò di contro di terza.

Fai l’azione: pronto, via.

Visto, ragazzi, che la cavazione di Tommaso è stata insufficiente per sfuggire alla mia parata; solo una circolata evita di essere catturati da una parata di contro. In pratica si corre davanti alla sua lama, anticipando il suo percorso.

Ma torniamo, alla nostra azione da svolgere: chi mi dice come reagirà l’avversario alla mia finta? D’altra parte, lo abbiamo appena detto, non è quasi possibile stare a vedere che tipo di parata esegue e poi applicare la contraria.

E allora?!

E allora, se lo uso bene, ho lo scandaglio; e se lo scandaglio non basta, mi affido al mio naso; poi c’è il coraggio, anche la buona stella; per ultimo anche un pizzico d’incoscienza e un po’ di fortuna.

Questo è il bello della scherma; ve l’ho detto tante volte: in tutte le azioni si può solo ridurre il rischio, mai eliminarlo del tutto.

D’altra parte, pensateci bene: uno è lì che si arrovella tra cavazione e circolata, poi l’avversario sul più bello, quando gli facciamo la finta, ci piomba addosso con una bella uscita in tempo, infischiandosene di parare!

Ecco perché dico e sostengo che il difetto maggiore che uno schermitore possa avere è quello di ripetersi nelle stesse azioni: più lo fa e più è prevedibile e quindi battibile.

Ragazzi, ora vi propongo un gioco strizza – cervelli.

Abbiamo appena detto che i trattati si fermano alla doppia finta; quindi quante parate si devono evitare in questo tipo di azioni composte?

 

–  Carlotta: Due, Maestro.

 

–  Maestro: E sin qui ci siamo!

Quanti tipi di parate possono essere opposte al nostro attacco?

 

– Carlotta: Due: quelle semplici e quelle circolate.

 

– Maestro: E in quante e quali combinazioni questi tipi di parate possono essere eseguite?

 

– Carlotta: In quattro, Maestro: due parate semplici, due parate circolate, prima una semplice e poi una circolata, prima una circolata e poi una semplice.

 

– Maestro: Se non vi comincia a far male la testa, ditemi quante sono le azioni fondamentali di attacco.

 

– Marco: Quattro, lo abbiamo già detto varie volte: botta dritta, battuta e colpo, filo, cavazione.

 

– Maestro: Benissimo! E allora quante azioni composte di doppia finta avremo la possibilità di fare in relazione ai tipi di parate dell’avversario?

 

–  Marco: Quattro per quattro: sedici, Maestro!

 

– Maestro: Anche bravi in matematica: l’ho sempre detto che la scherma è uno sport per geni!

Sentite, geni, chi si avventura a descriverci qualche doppia finta, prima con le parole, poi facendolo vedere con me in pratica?

 

– Tommaso: Vengo io, Maestro.

 

– Maestro: Bene, Tommaso: cosa mandiamo in scena?

 

– Tommaso: Scelgo la botta dritta su un invito di quarta dell’avversario: se prevedo che l’avversario farà due parate semplici il mio attacco dovrà essere di finta dritta e doppia cavazione; se farà due di contro, finta dritta e doppia circolata; se inizierà con una parata semplice seguita da una di contro, finta dritta cavazione e circolata; se al contrario prima parerà di contro e poi semplice, finta dritta circolata e cavazione.

 

 

 

 

2-finta-dritta-e-doppia-circolata

3-doppia-finta-dritta-circolata

4-finta-dritta-circolata-e-cavazione

– Maestro:  La teoria è da 10 e lode!  Vediamo ora la pratica.

Mi raccomando, vai piano piano, dobbiamo renderci conto di tutto quello che avviene, dobbiamo capire tutte le fasi del meccanismo del colpo.

Un applauso a Tommaso, non poteva essere più bravo!

 

– Tommaso: Maestro il merito è tuo: un giorno mi hai detto che era faticoso e soprattutto inutile imparare a memoria tutte e sedici le azioni composte. Era più facile tenere a mente le quattro categorie di possibili parate e metterle in relazione, a seconda dei casi, alla botta dritta, alla battuta e colpo, al filo e alla cavazione; poi la denominazione del colpo deriva dal primo movimento che si finta.

 

– Maestro: Grazie, sono commosso.

Comunque è proprio vero: con questa scorciatoia mentale possiamo facilmente ricostruire tutte e sedici le azioni composte senza affaticare il disco rigido della nostra testa.

Ora statemi bene a sentire, perché, ormai mi conoscete bene, io ho il pallino, oltre che delle categorie, anche dei concetti generali.

Cerchiamo d’individuarne qualcuno a proposito della differenza che c’è, ad esempio, tra una botta dritta e una finta dritta e cavazione.

 

– Tommaso: Maestro, la prima azione non ha una finta, che invece c’è nella seconda.

 

– Maestro: Bene, Tommaso, hai evidenziato l’elemento che può contraddistinguere due categorie; ora prendi in considerazione le conseguenze del fatto di usare o meno una finta.

 

– Tommaso: Credo che nel primo caso sono molto più libero e indipendente che nel secondo: infatti nella botta dritta mi devo solo preoccupare di sorprendere il mio avversario e non mi interessa come si difenderà, anzi questa è un’eventualità che spero non si verifichi; diversamente nell’azione con finta dipendo da lui: non voglio toccarlo subito, ma prima devo sorpassare, dopo averla ben studiata, la sua linea difensiva.

 

– Maestro: Bene, Tommaso! Quindi possiamo distinguere una categoria di azioni semplici, cioè quelle il cui sviluppo avviene senza eludere alcuna parata, e una categoria di azioni composte, cioè quelle che invece presuppongono di eludere una o più parate dell’avversario.

Bene, bene! Allora, facciamo un po’ il punto.

Della finta abbiamo parlato, di come eludere la o le parate dell’avversario anche; a questo punto dobbiamo solo raccogliere il frutto di tutte queste cose: andare a toccare finalmente il nostro avversario.

Spero che sia subito chiaro questo schema: In caso di finta semplice: se l’avversario applicherà una parata semplice, il bersaglio che dovremo colpire sarà quello opposto alla direzione della sua parata; se invece applicherà una parata di contro, il bersaglio resterà lo stesso sul quale abbiamo fatto la finta iniziale.

In caso di doppia finta: in presenza di due parate dello stesso tipo, cioè due semplici o due circolate, il bersaglio finale coinciderà con quello della finta iniziale; in presenza di due parate difformi, quindi una semplice seguita da una di contro o viceversa, il bersaglio finale sarà quello opposto a quello della finta iniziale.

Non male! Ricordatemi di scrivere alla Settimana Enigmistica …cercano collaboratori per il mistero della Sfinge!

Comunque una raccomandazione tanto preziosa da tenere chiusa in una cassetta di sicurezza della banca: per tenere a mente tutte queste cose cercate di usare gli occhi della mente, che vedono meglio e prima di quelli divisi dal naso.

Imparare le cose a pappagallo non serve a niente, cercate sempre di capire tutto e bene; io sono qui apposta per dissipare qualsiasi vostro dubbio.

Ora, se le vostre signorie me lo concedono, vorrei concludere l’argomento degli attacchi con finta.

State bene a sentire.

Primo consiglio prezioso: applicate la doppia finta solo quando è strettamente necessario, non pensiate che con più finte si riesca a toccare meglio l’avversario.

Infatti è vero esattamente il contrario: più lungo e complesso è il nostro attacco, più sono le sorprese che ci può fare il nemico; come abbiamo già detto prima può ad esempio tirarci un colpo di arresto o avere tutto il tempo di scappare velocemente.

Secondo consiglio prezioso: non fidatevi della prima impressione, ma scandagliate, scandagliate e scandagliate. Abbiamo già visto che non possiamo esser sicuri al cento per cento di come l’avversario reagirà al nostro attacco, ma almeno cerchiamo di ridurre le possibilità d’insuccesso: cerchiamo veramente di vedere e di capire come si difende il nostro avversario prima di dare fuoco alle polveri e partire in attacco, lancia in resta.

Terzo consiglio non prezioso, ma ovvio: fate bene la o le finte, perché l’avversario non è gentile e para solo perché voi state attaccando con la finta; siete voi che dovete mandarlo in parata e, così facendo, costringerlo a scoprire un suo bersaglio.

Quarto consiglio nudo e crudo: se avete paura della parata avversaria non attaccate. Mentre nelle azioni d’attacco semplice la parata è una spiacevole evenienza che cerchiamo di evitare anticipandola con la velocità della nostra aggressione, diversamente nelle azioni con finta siamo noi stessi a provocarla per poi cercare di eluderla. Averne paura è quindi un controsenso: sarebbe come andare al cinema a vedere un film horror e poi coprirsi gli occhi in preda al panico! Nessuno ci può costringere ad andare al cinema o a fare un’azione d’attacco con finta!

Tutt’al più, se vi prendono all’improvviso i dubbi  sulla finta, fermatevi e non date corso all’attacco. Macchine indietro tutta e ritornate nella guardia-castello. Vuol dire che sarà per la prossima volta!

A proposito della punta o della lama, un’ultima considerazione: è chiaro che per dare veridicità alla finta è necessario mandare avanti il pungiglione della nostra arma; è soprattutto questo, unitamente allo spostamento in avanti del corpo, che impressiona il nostro avversario e lo induce a difendersi.

E’ chiaro che facendo così, cioè avvicinandoci e sostando con la nostra lama nei pressi di quella avversaria per il tempo necessario alla finta, ci esponiamo alla rappresaglia del nostro nemico, che appunto s’incentra sull’intercettare il nostro colpo con la parata. Ma non abbiamo altra scelta: più da lontano minacceremo il bersaglio, meno saremo creduti e costruiremo quindi la nostra azione con finta su fondamenta inconsistenti; meno indurremo l’avversario a spostarsi verso la nostra finta, più lui sarà pronto a parare sulla linea finale del nostro attacco.

Ma non solo: distogliendo o comunque non minacciando direttamente con la nostra punta un bersaglio dell’avversario, favoriremmo, nello sviluppo del nostro attacco condotto in modo errato, la sua uscita in tempo. Infatti lui potrebbe saltarci addosso come un avvoltoio e noi, avendo la punta per aria, non potremmo più toccarlo perché troppo vicini.

E poi non possiamo non pensare alle armi convenzionali, vero ragazzi?!

 

– Marco: Certo, Maestro! Ci hai fatto leggere con i nostri occhi quello che il Regolamento Internazionale stabilisce per definire un attacco corretto: “A braccio naturalmente disteso, la punta deve minacciare in modo costante un bersaglio valido dell’attaccato”.

 

– Maestro: Pura verità!

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–          Marco: C’è quindi la possibilità di sbagliare, vero Maestro, dando per buono un attacco tenendo solo conto di chi per primo muove solo il corpo, tenendo o addirittura tirando indietro il braccio armato; spesso i presidenti di giuria lo fanno.

– Maestro:   No comment, ragazzi!

Comunque, fermiamoci!

Come abbiamo già detto varie volte questi non sono più solo fondamentali di scherma: rischiamo di sconfinare in argomenti tattici e strategici. Temi e discorsi interessanti e affascinanti, ma da fare in altra sede, solo dopo aver esaurito quelli strettamente tecnici.

Ora però m’insorge un dubbio: ma la finta la posso applicare solo in attacco?

 

– Elena: No, Maestro, la possiamo applicare anche in difesa, quando dopo aver parato lanciamo la nostra risposta.

 

– Maestro: Fammi un esempio, Elena.

 

– Elena: Non so; riesco a parare di quarta e, invece che tirare subito la risposta al bersaglio interno dell’avversario, sapendo che lui contropara velocemente, finto soltanto la risposta e poi eseguo una cavazione o una circolata, eludendo il suo tentativo di difendersi dopo il suo attacco.

 

– Maestro: Le cose stanno proprio così. Brava Elena.

Ricordatevi che la finta è uno scatolone molto grosso: contiene tutte le azioni della scherma. Ogni mossa, qualunque essa sia, può essere solo accennata per indurre in errore l’avversario.

Ma state attenti perché la finta non è il rimedio a tutti i mali: usatela, ma non abusatene.

Ora andate in pedana ed esercitatevi ad effettuare delle parate e risposte con finta.

Ehilà! Fuori è già buio pesto: anche stasera abbiamo fatto tardi, ma gli argomenti erano molto interessanti.

Un riassuntino veloce veloce s’il vous plait e poi tutti a casa.

 

– Marco: Abbiamo cercato di sviscerare in tutti i suoi aspetti la difesa dello schermitore.

E’ stato detto che il primo e più ricorrente metodo di difesa si basa sull’uso della misura, cioè arretrando sull’attacco nemico.  Poi è stata la volta della difesa col ferro, ovvero della parata.

In relazione a come viene mossa l’arma nello spazio abbiamo parlato di parate semplici, che vanno ad intercettare il colpo per la strada più corta e di parate di contro, quelle che si avvitano sulla lama avversaria. Sono anche state scoperte le parate di mezza contro, che fanno percorrere nello spazio una distanza tra l’angolo piatto e quello giro. Infine abbiamo esaminato le parate di ceduta, vero toccasana contro le azioni di filo con cui l’avversario cerca di toccarci.

E’ stata evidenziata la possibilità di eseguire una parata di picco o una parata di tasto: tutto dipende per quanto tempo la lama dell’attaccato viene a contatto con quella dell’attaccante.

Abbiamo esaminato anche il dopo-parata, cioè la risposta. Come dice lo stesso termine, la risposta è quanto dovuto all’avversario che ha tentato di attaccarci.

Ogni volta che una parata non è seguita da una fulminea risposta possiamo tranquillamente parlare di un’occasione perduta per chi ha subito l’attacco.

L’ultimo argomento affrontato è stata la finta, ovvero quell’ingegnoso sotterfugio che ci permette di annullare un’eventuale marcata differenza di velocità rispetto all’avversario. Quindi essa rappresenta un vero e proprio equalizzatore che sicuramente va ad esaltare la componente raziocinante dello schermitore.

Ci siamo addentrati nel labirinto delle finte e doppie finte, sfruttando come filo di Arianna la divisione in categorie delle numerose, possibili azioni.

 

–          Maestro: Esaurientissimo, Marco, complimenti.

Ciao, ragazzi, alla prossima;  vado a prendere una pillola contro il mal di testa!