Medicina sportiva


 

Tutto sotto controllo

 

 

 

 

                                                         a cura del Dr.

                                 Antonio  Fiore

 

                                        President of Medical Commission F.I.E. 

                                                                                                                                                                        Medico Federale della F.I.S. Federazione Italiana Scherma

 

 

L’attività sportiva di coloro i quali non hanno un’età sportivamente parlando ‘giovanile’ (tralascio di definire gli elementi biomeccanico-antropometrici, metabolici, cardiologici, ormonali e spesso clinici che sentenziano, ahimé, la progressiva decadenza di alcuni parametri funzionali negli individui dopo i 35-40 anni), pur avendo avuto negli ultimi decenni un grande sviluppo dovrebbe essere focalizzata non solo sull’obiettivo competitivo-agonistico ma anche su altri elementi, più collegati a una realistica concezione di salute.
Ciò che caratterizza infatti i master di tutti gli sport (detti anche veterani, amatori, e chi più ne ha più ne metta), è una visione a mio avviso troppo spesso alterata della propria attività: la quale, in particolare nel caso dei runners, dei nuotatori, dei triatleti o dei ciclisti, presenta talora connotazioni ossessivo-compulsive che sfiorano aspetti di clinica psichiatrica.
Colpa delle endorfine, in effetti, che agiscono in modo analogo agli oppiacei.
Ad ogni modo, soprattutto nel caso degli sport di resistenza (ma anche in molti altri), non ha senso continuare ad allenarsi strenuamente sperando di migliorare le proprie prestazioni, perché l’allenamento non può compensare il decadimento fisiologico delle capacità emodinamiche del cuore.
Molto più sensato e razionale sarebbe, invece, praticare dell’esercizio per prevenire la sarcopenia, la perdita di qualità neuromotorie, la degenerazione delle cartilagini e i dolori in senso lato oppure, perché no, per dimagrire ed evitare di dover assumere la pillola per la pressione, quella per il colesterolo, quella per il diabete, ecc.
Non voglio fare troppi esempi ma, da medico, combatto purtroppo quotidianamente con la stupidità di runners, spesso over 50 e perfino over 60 o 70, i quali pretendono di correre non meno di una ventina di competizioni all’anno (in genere dai 5 ai 21 km) e perfino nove-dieci maratone, quando i professionisti (cioè soggetti nati per quello sport che non hanno altro da fare nella vita che allenarsi per quello sport) arrivano a correrne al massimo la metà proprio per dare un tempo adeguato all’organismo per i processi di recupero.
Conosco schermitori ‘anziani’ di entrambi i sessi che soffrono di irreversibili danni articolari (pregressi infortuni, osteroporosi, condropatie artrosiche o, più semplicemente, le tre cose insieme) i quali si ostinano a tirare senza nemmeno svolgere un programma efficace di esercizio fisico di supporto: non proprio una cosa intelligente, insomma.
Potrei citare, poi, le proteste che di norma hanno luogo quando si nega l’idoneità agonistica a persone ‘over’ con un reale rischio di morte improvvisa, le quali proprio non riescono a capire il concetto di prevenzione.
La massima percentuale dei ricorsi contro i giudizi di non idoneità formulati dagli specialisti in Medicina dello Sport, infatti, non viene dalle famiglie dei bambini affetti dal problema clinico (che sono ben liete di evitare rischi) bensì da persone ‘mature’ che spesso adducono, come motivazione al ricorso, il grave ‘danno psicologico’ derivante non tanto dall’impossibilità di praticare uno sport (nessuno, infatti, ti impedisce di metterti in tuta e di andartene a correre in un parco pur rischiando la vita, se vuoi) ma, essenzialmente, di non poter partecipare alle gare!
Tutto ciò è ridicolo ma evidenzia che c’è qualcosa che non funziona nel sistema e, in particolare, c’è un’evidente mancanza culturale, che si ricollega all’idea molto ‘italiota’ (non a caso l’Italia è uno dei Paesi più sedentari del mondo) che sport ed esercizio siano o debbano essere essenzialmente svago, divertimento, cioè elementi in qualche modo voluttuari della vita e non, viceversa, modalità insostituibili, irrinunciabili e fondamentali per ritardare i processi di invecchiamento, per tenere alta la qualità della vita, per prevenire e addirittura trattare una serie vastissima di disturbi o di vere e proprie patologie.
Lo sport e l’esercizio fisico, perciò, soprattutto in un età in cui bisogna letteralmente strappare al lavoro il tempo per allenarsi, dovrebbero avere in primo luogo una finalità di salute, non solo quella del divertimento e di un agonismo talora un po’ fine a sé stesso.
Che senso ha ostinarsi a praticare uno sport, ad esempio, pur sapendo che andrò incontro a un grave peggioramento della mia artrosi e, forse, alla necessità di una protesi?
Che senso ha svolgere un’attività di grande impegno per l’apparato locomotore se non si spendono almeno due-tre sedute settimanali in noiose, faticose, durissime sedute in palestra, a lavorare sulla forza, sulla resistenza, sulla propriocettività, sulla coordinazione, sulla flessibilità, sulla mobilità articolare?

 

 

 

Per una modalità di approccio corretta all’esercizio fisico, in particolare dopo i 40, è indispensabile avere degli obiettivi plausibili, un piano di lavoro, uno staff competente che ti segua nonché la possibilità di acquisire informazioni dettagliate mediante moderni test di valutazione che rappresentino un punto di partenza ma che, soprattutto, consentano di monitorare gli eventuali miglioramenti.

 

𝗠𝗘𝗧𝗢𝗗𝗢 𝗗’𝗨𝗥𝗧𝗢
Caratteristiche:
– Ideato da 𝙔. 𝙑𝙚𝙧𝙘𝙝𝙤𝙨𝙖𝙣𝙨𝙠𝙞𝙟, si differenzia dal metodo pliometrico per alcune
variazioni nei parametri di lavoro e per le diverse modalità del salto in basso, ove il piegamento degli arti inferiori avviene solo dopo aver toccato leggermente il terreno anche con i talloni.
– L’altezza di caduta varia in funzione della capacità di forza che ti interessa
sviluppare, per la forza rapida 75 cm., per la capacità reattiva 55 cm. e 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗮 𝗺𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗮 𝟭𝟭𝟬 𝗰𝗺.
Secondo l’Autore un notevole e brusco stiramento dei muscoli tesi è il risultato della mobilitazione “d’emergenza” di risorse motorie nascoste dell’apparato neuromuscolare, facendo del regime d’urto un mezzo di allenamento molto potente per lo sviluppo della forza esplosiva e della capacità reattiva dell’apparato neuromuscolare dell’atleta.
– È un metodo integrativo utile allo sviluppo della forza rapida se sei un atleta
altamente qualificato con un buon livello di adattamento dell’apparato locomotore (rafforzamento dei tendini e delle strutture articolari).
– Non utilizzarlo mai in maniera isolata, ma inseriscilo in un programma specifico m di miglioramento della forza veloce (solitamente nel mesociclo precedente la gara).

 

 

Workout of the day for over 60 yo