Quando l’arte del combattere
non era propriamente
…..sportiva!
Attenzione: scene cruente
Il gladiatore era un particolare lottatore dell’antica Roma. Il nome deriva da gladio, una piccola spada corta usata molto spesso nei combattimenti. La pratica dei duelli tra gladiatori proviene dall’Etruria e, come molti altri aspetti della cultura etrusca, anche questo fu adottato dai Romani.
La sua origine è da ricollegare all’istituzione del cosiddetto munus, un “dovere”, un “obbligo”, una munificenza privata di fornire un servizio o un contributo alla sua comunità. Nell’antica Roma, i munera erano quindi le opere pubbliche realizzate per il bene del popolo romano da soggetti facoltosi e di alto rango.
I munera si differenziavano invece dai Ludi, “giochi”, spettacoli sponsorizzati dallo Stato.
I munera gladiatoria, in particolare, erano dovuti all’abitudine dei personaggi più facoltosi di offrire al popolo, a proprie spese, pubblici spettacoli in occasione di particolari circostanze, per esempio duelli all’ultimo sangue fra schiavi in occasione del funerale di qualche congiunto. I munera potevano essere ordinaria, previsti cioè in occasione di certe festività, o extraordinaria per celebrare particolari occasioni.
Il primo spettacolo con gladiatori si svolse probabilmente nel 264 a.C. Nel 105 a.C. i giochi divennero pubblici.
Il numero degli spettacoli gladiatorii aumentò enormemente durante l’Impero. La dinastia Flavia, iniziata con l’imperatore Flavio Vespasiano, fece costruire il più grande e più famoso anfiteatro del mondo, l’anfiteatro Flavio, successivamente conosciuto con il nome di Colosseo.
Nel IV secolo, l’imperatore Costantino I, dopo aver abbracciato la fede cristiana, li proibì. La loro grande popolarità fece in modo che questi giochi continuassero più o meno saltuariamente nonostante le reiterate proibizioni, in particolare nelle città lontane dall’Imperatore e dalla sua corte dove gli ultimi spettacoli gladiatori arrivano ad essere celebrati nei primi anni del medioevo.
I combattenti potevano essere dei veri professionisti, nuovi gladiatori inesperti, condannati (criminali, schiavi, galeotti, prigionieri di guerra, cristiani, e via dicendo), o degli uomini liberi, senza distinzioni di razza, né di sesso (i combattimenti di gladiatrici, estremamente rari, erano sempre quelli più richiesti).
Molto spesso erano originari di terre lontane (per esempio Numidia, Tracia, Germania), e si proponevano volentieri, in modo da poter progredire in questa carriera.
La partecipazione del pubblico era numerosa e talora, come accadde nel 59 a.C. a Pompei, nascevano scontri tra le contrapposte tifoserie, specialmente quando arrivavano spettatori da città diverse da quella dove si svolgevano i giochiLe scuole di gladiatori
L’addestramento dei gladiatori al combattimento nell’arena avveniva in apposite scuole (ludi) gestiti da un proprietario chiamato lanista che affittava i gladiatori all’organizzatore (editor o munerarius) degli spettacoli gladiatorii, i munera, traendone il proprio profitto che non veniva meno neppure se il gladiatore fosse morto durante il combattimento; in questo caso infatti l’editor, oltre a pagare il prezzo d’ingaggio, risarciva al lanista anche il valore del gladiatore, una sorta di indennizzo per i suoi mancati guadagni futuri. L’attività del lanista era in genere poco stimata nel mondo romano e considerata di livello infimo.
Il lanista era di solito un ex gladiatore coadiuvato nella sua attività dai Doctores (o Magistri), abili ex gladiatori affrancati che, conclusa l’attività agonistica, erano stati insigniti del rudis (la spada di legno) ed elevati, pertanto, al rango di rudiarii.
I gladiatori si sottomettevano tramite giuramento al lanista, capo della familia gladiatoria con potere legale sulla vita e la morte di ogni membro del gruppo.
Dopo l’iniziale periodo di ambientamento il lanista decideva insieme al magister, che giudicava le caratteristiche fisiche, la mobilità e la perizia sul campo, e ad un medicus, che ne valutava invece lo stato complessivo di salute, l’assegnazione del novizio (tiro) alla classe gladiatoria più idonea curandone, con la dieta e la ginnastica, lo sviluppo fisico e la tonicità muscolare.
I gladiatori erano alloggiati in celle, disposte come in una caserma intorno a un’arena centrale
Costretti ad un durissimo allenamento quotidiano e all’osservanza di una disciplina ferrea, i gladiatori venivano introdotti gradualmente all’arte del duello, prima contro sagome umane (palum) e poi contro veri avversari ma usando armi fittizie, fino ad ottenerne dei validi combattenti e dei professionisti dello spettacolo, addestrati ai segreti e all’etica della professione che prevedeva l’accettazione della morte.
La prima scuola di gladiatori di cui si ha notizia è quella di Caio Aurelio Scauro a Capua che si occupava verso il 105 a.C. dell’addestramento dei gladiatori impiegati dallo Stato come addestratori dei legionari.
La più grande ed importante scuola gladiatoria dell’antica Roma era la Ludus Magnus, adiacente al Colosseo, al quale era collegata da una galleria sotterranea, intorno alla quale sorgevano il Ludus Matutinus, ove alla mattina si svolgeva la caccia alle belve feroci, il Ludus Gallicus e il Ludus Dacicus, altre due scuole che prendevano il nome dalla nazione dei gladiatori in esse ospitati.
Oltre a quella di Roma, le scuole più prestigiose erano quelle di Ravenna, di Pompei e di Capua. Fu proprio per la rivolta scoppiata nel ludus gladiatorius di Capua, diretto dal lanista Lentulo Batiato, e capeggiata dal gladiatore Spartaco (109 a.C.circa–71 a.C.), domata solo dopo una serie prolungata di costose campagne, a volte disastrose, condotte dalle truppe romane regolari che si decise in epoca tardo-repubblicana di regolamentare il reclutamento dei gladiatori. La paura di rivolte simili, il rischio che le scuole di gladiatori servissero alla formazione di eserciti privati e lo sfruttamento dei munera per acquisire vantaggi politici, indusse il Senato romano ad assumere dei provvedimenti di maggior controllo sui gladiatori, sugli spettacoli e quindi, di fatto, su tutto il circuito gladiatorio. In epoca imperiale con Domiziano ormai molte scuole di gladiatori erano state più o meno assorbite dallo Stato.
Secondo la cultura popolare, prima del combattimento i concorrenti si recavano sotto la tribuna dell’Imperatore, quando egli era presente, e urlavano: “Ave Caesar, morituri te salutant.”, (“Ave Cesare, coloro che si apprestano a morire ti salutano.”). Pare invece che la storiografia recente abbia confermato l’infondatezza di questa “notizia”. Si ritiene che la frase sia stata pronunciata da un gruppo di condannati a morte che, tentando di ingraziarselo, la scandirono prima di iniziare a combattere per l’imperatore Claudio. Per nulla intenerito, egli disse semplicemente “Continuate”.
I combattimenti opponevano sempre delle coppie di gladiatori differenti: Reziari, Secutores, Mirmilloni, Traci, Dimachaeri. Ogni categoria di gladiatori aveva le proprie peculiarità, in materia di equipaggiamento e di colpi permessi. Ogni categoria di gladiatori aveva dei vantaggi e degli svantaggi.
Cercando di rendere pari le chance di ogni combattente, i Romani dosavano questi vantaggi e questi svantaggi. I combattimenti più classici mettevano di fronte:
· I Reziari contro i Secutores
· I Traci contro i Mirmilloni
Si gareggiava poi per trovare idee sempre nuove, traendo ispirazione da episodi mitologici
È da smentire la credenza secondo cui, al termine del combattimento, il gladiatore perdente fosse generalmente ucciso per giudizio della folla. È probabilmente vero che il pubblico esprimesse il suo gradimento e forse anche la volontà di concedere la vita o la morte; ma era estremamente raro che un gladiatore professionista fosse ucciso, perché questi atleti erano estremamente costosi da addestrare e mantenere. Soltanto chi si comportava vilmente era “condannato a morte” dal pubblico, il che accadeva comunque raramente: i combattenti di carriera erano esperti nel dare spettacolo e il pubblico non voleva vederli morire, affinché potessero tornare in futuro a dare spettacolo.
L’organizzatore, imperatore compreso, doveva pagare una cifra molto alta per ogni gladiatore ucciso. Non era perciò francamente incline a chiedere spesso la morte. e del resto se il gladiatore fosse stato ferito, poteva in qualsiasi momento interrompere il combattimento.]
Le hoplomachiae potevano essere simulate, con armi adattate per non causare ferite, nel prologo al combattimento vero e proprio con la prolusio o con la lusio nei punti salienti dei munera. Questi duelli simultanei incruenti tra gladiatori disarmati servivano alla loro preparazione per il vero scontro con l’uccisione dell’avversario.
È probabile che i primi tipi di gladiatori potrebbero aver lottato con armi simili a quelle dei popoli sconfitti da Roma ai cui nomi si richiamavano le singole figure gladiatorie.
Il Mirmillone è una delle prime figure gladiatorie e il suo armamento era costituito da una spada corta (il gladius) e da un grande scudo rettangolare ricurvo (lo scutum). Come indumento protettivo portava un parabraccio e uno schiniere che riparava fin sotto il ginocchio la parte inferiore della gamba sinistra. Portava un elmo con visiera e cresta diritta che era decorato, in aggiunta, con penne colorate. Combatteva contro il trace.
Il trace era armato con una spada a lama ricurva (la sica) ed uno scudo rettangolare piccolo e curvo molto leggero e portava un elmo crestato con visiera che era sormontato da una testa di grifone. Come abbigliamento protettivo portava nel braccio destro una protezione imbottita, la manica. Su entrambe le gambe portava una protezione imbottita, che arrivava bene oltre le cosce. A tale proposito indossava gambali che sormontavano il ginocchio.
L’hoplomachus assomigliava nell’armamento e nell’abbigliamento protettivo al trace, con l’eccezione del piccolo scudo rotondo e dalla forma ricurva e di una lancia da usare nello scontro ravvicinato (l’hasta). Era in aggiunta dotato di una spada corta, il gladius. In rari casi poteva anche lottare contro il gladiatore trace.
Il secutor (l’inseguitore) era un mirmillone specializzato nel combattimento contro il reziario. Per non offrire alcun punto d’aggancio alla rete lanciata dal suo avversario, indossava un elmo ovale dotato di piccolissime fessure oculari. Questa restrizione della vista lo proteggeva dal fatto che il reziario potesse cavargli gli occhi. Le sue armi erano una spada corta e dritta (il gladius) come pure un grosso scudo rettangolare (lo scutum). Una volta che fosse rimasto intrappolato nella rete del reziario, non c’era per lui quasi più scampo. Se al contrario il reziario avesse perso la sua rete, poteva difendersi dal secutor solo con l’aiuto del suo tridente. Nell’altra mano il reziario brandiva allora il suo pugnale.
Il reziario è un gladiatore apparso nel I secolo. La sua dotazione consisteva in una rete da lancio (la rete), un tridente ed un pugnale. Non aveva lo scudo, né indossava l’elmo. Gli unici indumenti protettivi di cui si serviva erano un paraspalla, il galerus e un parabraccio, la manica, che indossava sul braccio sinistro. Dapprima cercava di gettare la rete addosso al suo avversario. Quando il tentativo veniva respinto, cercava di sopraffarlo con il tridente e quando non ci riusciva, possedeva ancora il pugnale per il combattimento ravvicinato. Il suo avversario principale era il secutor.
Il pontarius era una variante del reziario. Difendeva un piccolo ponte (il pons) avente due rampe d’accesso. Da entrambi i lati un secutor attaccava e cercava di salire su questa piattaforma. In aggiunta al suo equipaggiamento abituale, ovvero il paraspalla galerus e il parabraccio lorica manica indossata sul braccio sinistro, il pontarius possedeva un grosso quantitativo di proiettili, presumibilmente pietre di media dimensione.
Lo scissor poteva presentarsi come avversario del reziario; indossava, esattamente come il secutor, un elmo ovale con feritoie oculari, teneva nella mano destra una spada corta e dritta, il gladius, mentre il braccio destro era protetto da una manica. La cosa particolare dello scissor era che non disponeva dello scudo (scutum), ma che sul braccio sinistro indossava un tubo a forma di tronco di cono, che ricopriva l’intero avambraccio. All’estremità di questo tubo c’era un fusto corto da cui spuntava una lama a forma di mezzaluna. Con un’arma di questo tipo poteva stracciare la rete del reziario o parare i colpi del suo tridente. Analogamente, con un colpo tagliente poteva quasi squarciare il proprio avversario. Dato che non poteva proteggere il proprio corpo con uno scudo, indossava una lorica hamata o una lorica squamata che scendevano fin oltre il ginocchio.
Il provocator è conosciuto fin dalla tarda Repubblica e, come gli equites, combatteva sempre contro gladiatori della stessa classe; portava un elmo senza cimiero né la celata, ma con una visiera. Era equipaggiato con uno scudo rettangolare di dimensioni medio-grandi (lo scutum), una protezione di metallo sul petto a forma di mezzaluna (il pectorale) e una spada a lama corta e dritta (il gladius). Inoltre, per proteggersi indossava uno schiniere nella gamba sinistra ed una manica nel braccio destro.
C’erano anche donne che hanno combattuto nell’arena non appena si cominciarono a diffondere i combattimenti. Potrebbero aver combattuto secondo una qualsiasi delle classi gladiatorie, ma entrambe le gladiatrices rappresentate indossavano un equipaggiamento da provocator.
L’essedarius era un altro tipo di gladiatore che combatteva solo contro gladiatori della stessa classe. Il nome deriva da essedum, termine che indicava un carro celtico. Si suppone che gli essedarii aprissero il combattimento sul carro e quindi, analogamente agli equites, scendessero e continuassero a combattere a piedi. L’essedarius era equipaggiato con una manica nel braccio che brandiva la spada a lama corta, il gladius, mentre portava fasciature corte su entrambe le gambe. Indossava inoltre un elmo che nei primi tempi assomigliava a quello del legionario e successivamente a quello del secutor.
Il dimachaerus combatteva con due pugnali e portava una protezione del corpo, fasciature sul braccio ove teneva il pugnale e nelle gambe, talvolta anche schinieri, ma nessun elmo.
Il sagittarius (ovvero l’arciere) corazzati e provvisti di elmo.
L’andabata i cui occhi erano in qualche modo bendati, sia tramite una fascia sugli occhi o tramite un elmo privo delle fessure oculari. Questo gladiatore era fortemente vincolato al suo udito, poiché le possibili reazioni del pubblico o il rumore del respiro potevano dargli una indicazione sulla posizione del suo avversario.
Il laquearius (il combattente con il lazo), che catturava coloro che fuggivano con un lazo.
Il paegniarius non era equipaggiato con armi mortali; i combattenti portavano una frusta nella mano destra e una tavola di legno allacciata sul braccio sinistro
Il veles era invece dotato di un equipaggiamento minimo o assente
Il venator combatteva contro animali selvatici. .
Il crupellarius era coperto da una pesante armatura.
Lo scaeva era un gladiatore che combatteva come un mancino ed era ritenuto così importante che era menzionato a parte. Se si confrontavano due mancini, il confronto veniva detto pugna scaevata.