Ai miei tanti compagni
d’avventura nella scherma
Caro lettore, se mi leggi vuol dire che abbiamo almeno una cosa in comune, la Scherma.
Ciò m’induce a fraternizzare e quale modo migliore che darti subito del tu: senza barriere formali più facilmente riuscirò, speriamo, a perseguire il mio intento che consiste nel fornirti quanto promesso nel titolo che ti ho proposto, appunto l’ABC dello schermitore.
La questione è che i fatti della vita mi hanno portato a muovermi nel mondo della scherma non tanto in modo intenso (essa ha solo rappresentato un aspetto accessorio della mia esistenza), quanto piuttosto continuo (sono cinquant’anni che impugno le armi) e soprattutto variegato: sono stato atleta, presidente di giuria, tecnico delle armi, dirigente sportivo ed insegnante.
Questo multiforme tipo d’esperienza col tempo mi ha fatto penetrare in ogni minimo anfratto della nostra dimensione, contribuendo non poco anche alla mia formazione di uomo sociale.
La scherma, caro amico, mi ha donato: divertimento, amici, allenamento del corpo e stimolo per la mente, voglia di migliorami come persona, gioie e dolori, una piccola porzione di gloria personale, entusiasmo e delusioni e, grazie alle gare, mi ha fatto vedere anche un po’ di mondo.
Ma non è sicuramente tutto; sai quante cose ho dimenticato in questo fugace elenco (tanto mi sembrano ovvie)… ho trovato un modo proficuo di come passare il tempo, ho vissuto da ragazzo esperienze che mi hanno preparato alla vita del mondo esterno, ho trovato anche qualche fugace amore giovanile… insomma ho avuto ed ho una mia personale bellissima storia sportiva.
Ma riordiniamo un po’ le idee e facciamo qualche proponimento, così che tu possa da questa prefazione farti già un’idea di che cosa ti aspetta.
Te l’ho già detto, l’ABC della scherma e per ABC intendo tutto di tutto: un po’ di storia, molta tecnica, cenni di tattica e di strategia, qualche consiglio (spero buono) e qualche chiarimento; dimenticavo, anche qualche cenno di psicologia (che oggi sempre più spesso sostituisce il buon senso di una volta), un paio di raccomandazioni da tecnico delle armi e un po’ d’ironia sparsa qua e là, visto che sono fiorentino e non ne posso proprio fare a meno.
Beh! Con i proclami non sono andato male, vero?! Vediamo se ora sono all’altezza di mantenere tutte le promesse che ti ho fatto.
Scherzi a parte, una chiarificazione a cui tengo moltissimo: i maestri, nella scherma come in ogni campo della vita, sono importanti, anzi molto importanti; ma, secondo il mio parere, una cosa è fondamentale: che l’allievo, ad un certo punto della sua formazione, prima o poi si emancipi e parta, sacca delle armi in spalla, per la sua personale strada, ciò per evitare al discepolo di essere un vuoto ed inutile clone e per diventare invece un libero pensatore e gestore della propria esistenza
Di conseguenza non scrivo per formarti, ma per informarti; leggimi e non lesinare alle mie idee le tue critiche, tenendo sempre ben presenti i tuoi punti di vista e le tue personali conclusioni.
Il malcelato scopo di questo mio lavoro è quello d’indurti a pensare e a riflettere sulla scherma e non solo a farla sulla pedana: troppe sono le ottiche e troppi sono gli anfratti conoscitivi interessanti ed affascinanti da non dover trascurare.
Tra l’altro il combattere fa parte dell’esistenza umana ad ogni età e in ogni campo, la Scherma quindi c’insegna anche a vivere.
Or dunque seguimi che le cose da dire son tante.
maestro Stefano Gardenti
scritto a Firenze nel marzo del 2010
I siti posizionali delle linee di attacco e di difesa
Lo scandaglio ed il traccheggio
La formazione dello schermitore
Prima di aprire la sacca delle armi ti devo intrattenere pur brevemente su alcune considerazioni di carattere generale che informano tutto questo mio lavoro.
Innanzitutto non credere che ciò che segue sia un trattato di scherma: sotto quest’aspetto manca sia di organicità che di sistematicità: si tratta piuttosto di una lunga chiacchierata su una delle più belle ed antiche discipline del mondo, una chiacchierata ideale da farsi tra schermitori già in possesso di qualche nozione tecnica; quindi non un manuale per accostarsi per la prima volta alla scherma, quanto piuttosto alcune pagine per cercare di approfondirla. Altrimenti per questa mia nuova fatica letteraria avrei adottato il titolo pomposo di trattato e non di quello di ABC, che sa tanto di Bignami scolastico.
In secondo luogo mi preme farti riflettere su una cosa basilare: combattere sulla pedana è un evento globale che richiede la partecipazione totale dell’essere.
La mente medita e premedita, il corpo cerca di mantenere al meglio le posture prescritte e di eseguire i movimenti acquisiti nella lezione con il maestro, la progressiva conoscenza della tecnica fornisce le modalità di combattimento più idonee, l’esperienza personale filtra gli accadimenti elaborando tattiche e strategie, il carattere colorisce i vari stati d’animo che si avvicendano durante il match, buon ultima la fortuna talvolta ci aiuta e talvolta ci abbandona…
Il risultato dello scontro, esprimendo il valore agonistico dello schermitore, è affidato alla sintesi pragmatica di tutti questi valori personali.
Mi raccomando, non trascurarne nessuno, perché tutti sono importanti e all’occasione possono diventare anche determinanti.
Terzo: questo è uno scritto sulla scherma in generale e non su qualcuna delle sue specialità ovvero il fioretto, la sciabola e la spada.
Non ti stupire; in effetti, pensaci bene, sono più le cose che accomunano le tre armi che quelle che le caratterizzano: si sta sempre in guardia, si esegue l’affondo e lo spostamento sulla pedana, si para o si esce in tempo e così via; per non parlare poi degli elementi fondamentali, la misura, la velocità ed il tempo, che tutte le specialità hanno in comune.
Ovviamente ci sono alcune differenze, come la diversità dei bersagli, il modo ti toccare (solo di punta o anche di lama) e la presenza o meno per l’attribuzione della stoccata vincente della ricostruzione del fraseggio schermistico dell’azione.
A questo proposito io ti parlerò sempre in generale e solo in presenza di alcune significative peculiarità, aprirò fugaci parentesi su questa o quell’arma in particolare. Insieme a te andremo infatti alla ricerca dell’esprit della scherma.
Ancora una considerazione: ma la nostra disciplina è una scienza o un’arte?
Bella domanda vero!
Secondo me poggia su entrambi questi piedistalli: è vera scienza quando i trattati, nell’elencare e spiegare posture ed azioni, si rifanno a noti principi di geometria e di fisica; è vera arte tutte le volte che lo schermitore personalizza qualche colpo.
E questo concetto, caro amico, ti responsabilizza: dopo un certo periodo di cosiddetto apprendistato sei chiamato ad esprimerti secondo le tue caratteristiche fisiche e caratteriali e secondo le tue scelte, sei chiamato a modificarti sempre al meglio, sei obbligato a progredire per tentare di uscire vittorioso negli assalti che dovrai disputare.
Dopo queste premesse e questi doverosi chiarimenti, ora comincio a parlarti di come essere schermitore.
Forse ti aspetti che io parta subito in quarta e, dopo tutte queste chiacchiere, finalmente cominci ad esporti qualcosa di pragmatico ed utile.
Abbi pazienza, questo è l’ABC della scherma e quindi non posso saltare alcuna lettera e devi permettermi di sviluppare in modo ordinato tutto quello che ho da dirti.
Apri dunque la tua sacca e guardaci dentro; cosa vedi?
Il tuo equipaggiamento? Divisa, armi e quant’altro?
Cominciamo proprio da qui.
Nella nostra attività la sicurezza è molto importante, direi fondamentale: non condividi?!
E allora vestiti sempre di tutto punto secondo le disposizioni del Regolamento quando sali sulla pedana, controlla te stesso e dai una guardatina al tuo avversario, tanto lo devi osservare per forza per studiarlo e controllarlo: zip della giubba, velcro del guanto, calzettoni su e tutto il resto devono sempre essere perfettamente a posto.
E le armi?
Ricordati, non pensare alla specialità che prediligi; fai con me l’esperimento di parlare della scherma in generale.
Già le armi; non fare lo stesso errore che anch’io ho fatto per anni: non pensare che le armi si rompano e basta, accorgendotene magari quando si spezza la lama!
In effetti la loro funzionalità è anche sottoposta all’usura, più in particolare allo sporco che si accumula in specie nelle bussole dove avviene il contatto: la polvere e l’ossidazione innalzano progressivamente la resistenza per il passaggio del segnale e le stoccate, magari quelle decisive di un match importante, iniziano a non essere più segnalate non da un certo preciso momento in poi, ma solo progressivamente.
Controlla quindi spesso le tue armi, magari impara a farlo anche da solo senza disturbare il tecnico delle armi di sala; è sufficiente un piccolo set: cacciavite, cotonfioc e diluente nitro.
Il sospetto di avere un’arma non pienamente efficiente innervosisce e non credo proprio che sia il caso di caricare ulteriormente da un punto emotivo il match.
Lo schermitore per sua fortuna non mena le mani, ma per colpire l’avversario utilizza molto più nobilmente un attrezzo, appunto la sua specifica arma.
Del fatto che non si debba mettere in alcun dubbio il suo perfetto funzionamento abbiamo appena detto; ora dobbiamo cercare di vedere l’arma come una specie di appendice del nostro corpo, come uno strumento da utilizzare nel migliore dei modi.
Più saremo bravi a maneggiarlo, migliori possibilità avremo di riuscire a toccare l’avversario, pensaci bene: tutto il lavoro fisico dello schermitore, unito a quello tecnico e tattico, affida in ultima analisi le sue chances di vittoria proprio alla sua lama che deve raggiungere il bersaglio nemico.
Ti cito a questo proposito alcune regole auree che ogni trattato si affretta a precisare.
Cerca di non impugnare l’arma con eccessiva forza, affidandoti soprattutto all’indice, al pollice e al medio da utilizzare come dita guida.
Non coinvolgere più del dovuto la muscolatura della spalla che rischia di irrigidire il colpo e di far perdere al braccio quella destrezza così utile per svolgere il suo lavoro.
Varia la presa sul manico in funzione delle varie contingenze, attuando la cosiddetta stretta in tempo: ci sono alcuni istanti in cui è necessario aumentare la nostra forza, come ad esempio quando si lavora sul ferro dell’avversario o quando il nostro colpo impatta sul bersaglio avversario.
Il portamento del ferro è poi una delle conquiste più difficili per lo schermitore: occorrono molti esercizi e molta applicazione per padroneggiare il proprio ferro nelle evoluzioni spaziali che deve fare.
Non lo scordare e applica il metodo del salvadanaio: esercitati per pochi minuti a volta e, quasi senza accorgertene, dopo qualche tempo disporrai di un piccolo tesoro.
Amico, siamo finalmente all’esordio della parte squisitamente tecnica di questo ABC.
Devi subito renderti conto che siamo ancora soli su un ideale pedana, per cui l’avversario ancora non si staglia minaccioso dall’altra parte.
Siamo in una fase prodromica non solo rispetto al match, ma anche a qualsiasi tipo di rapporto con l’avversario: non dobbiamo relazionarci ancora in nessun modo con lui, quanto piuttosto potenziare al massimo i nostri fondamentali.
In poche parole dobbiamo analizzare insieme come utilizzare al meglio il nostro corpo per svolgere quelle due attività che costituiscono l’intima essenza di ogni combattimento, cioè l’attacco e la difesa.
Lo so che scalpiti e magari speravi che ti rivelassi subito il segreto del colpo delle cento pistole o quello ancor più celebre dei Gonzaga – Never.
Ma la fretta genera spesso errori e ti devo rivelare, se ancora non lo sapessi per tuo conto, che uno degli errori più pericolosi per lo schermitore è appunto quello di essere precipitoso.
Quindi stammi accanto e procediamo con giudizio.
La prima cosa da capire e capire bene è che il tiratore vive, o almeno dovrebbe vivere, in due dimensioni: quella dello scontro che ovviamente è quella finale e più appariscente, ma anche quella della preparazione allo scontro.
Nella prima ci troviamo di fronte all’avversario, interagendo con lui, e siamo chiamati a dar prova delle nostre capacità acquisite.
Nella seconda, invece, siamo soli su un’ipotetica pedana, dove non c’è nemmeno il maestro: siamo alla presa con i nostri fondamentali.
Ti chiederai, ma cosa sono questi fondamentali?
In pratica di uno ne abbiamo già parlato, è come riesci a maneggiare l’arma, e tra breve esamineremo altre cose come varie posture, quali la guardia e l’affondo, o atteggiamenti col ferro, o movimenti del braccio armato e così via.
Potresti dirmi, ma queste cose le faccio con il maestro, rappresentano la lezione.
A parte che la lezione non è solo studio dei fondamentali, ma anche tante altre cose, ti devo far capire una cosa della massima importanza.
Il maestro non ha solo te come allievo, anzi in genere si deve dividere tra tanti altri tuoi compagni, quindi il tempo che può dedicarti è relativo.
Quindi inciditi bene nella testa i canoni che il maestro ti comunica e poi esercitati anche da solo, su una pedana se ce n’è una libera oppure direttamente sul terreno; se c’è uno specchio, meglio, così puoi anche darti una sbirciatina dal di fuori; da solo o assieme ad altri compagni di sala… l’importante è esercitarsi nei fondamentali.
Se vuoi essere funzionale al massimo, adeguati ai canoni del trattato: le regole che il maestro ti comunica non hanno nulla di estetico, ma sono precise indicazioni come porsi nelle condizioni migliori per compiere determinati gesti.
Sei un po’ scettico? Allora per aiutarti ti porto un esempio.
Mettiti in guardia e sposta il peso del corpo su una delle due gambe; ora prova ad eseguire un passo muovendo per prima tale gamba!
Vedi, lo spostamento diventa più difficoltoso; se invece il peso corporeo è ripartito equamente sulle due gambe tutto avviene in modo più facile e quindi veloce.
Cosa mi dici?
Curare i fondamentali è faticoso?
Sono affari tuoi! Resta allora quello che sei e non progredire.
Non lo vedi fare agli altri tuoi compagni?
E cosa c’entrano gli altri con te! Se tu diventi più forte curando i fondamentali e loro, non facendolo, restano indietro, peggio per loro e soprattutto meglio per te quando l’incontri sulla pedana!
Insomma a questo punto credo che tu lo abbia capito: eseguire male i fondamentali è come se lo schermitore che affronta l’avversario si mettesse addosso una specie di zavorra che rallenta e rende più difficili i suoi movimenti.
Pochi schermitori eseguono bene i fondamentali e ancor meno sono quelli che li eseguono tutti bene; ne sa qualcosa anche ti sta scrivendo!
Consolati, anche un campione sovente non li esegue alla perfezione.
Perché non mi obietti che la cosa poco importa se lui è riuscito a diventare campione?!
Perché, caro mio, poteva vincere il titolo in modo più netto o, se questo non è sufficiente a farti capire, perché le sue stoccate avrebbero potuto essere così nette e belle da suscitare persino l’applauso del pubblico che tifava per il suo avversario!
Quindi non hai scampo: cura in modo appropriato i tuoi fondamentali e, se non lo fai, ricordati che io ti ho avvertito.
Eccoli i fondamentali, te li elenco velocemente per poi parlartene ad uno a uno: la guardia, gli atteggiamenti con l’arma, il lavoro e i siti del braccio armato, lo spostamento sulla pedana, l’affondo e la frecciata.
Come vedi non sono poi così numerosi, ma ricordati che sono i pilastri su cui lo schermitore costruisce la sua capacità di combattere.
La guardia è la migliore postura di attesa e di preparazione degli eventi; gli atteggiamenti con l’arma riguardano le possibili posizioni del ferro, che rendono attuabili o inattuabili certe iniziative proprie e/o dell’avversario in relazione a determinati siti spaziali; lo spostamento sulla pedana attiene alla spazialità dei colpi; infine l’affondo e la frecciata propongono di come riuscire a raggiungere il bersaglio nemico che sta al di là della misura.
E vediamoli, questi benedetti fondamentali.
Se un amico ti dice, stai in guardia, t’invita a stare attento; ecco lo schermitore deve stare attento ed anche pronto; pronto a fare due cose, ad attaccare o a difendersi dall’attacco dell’avversario.
Ti sto parlando di come posizionare il tuo corpo nelle migliori condizioni per agire o reagire con azioni di scherma.
A questo proposito dobbiamo tenere conto di tre esigenze: la direzione, l’equilibrio e la potenzialità.
Riguardo alla prima, cioè alla direzione, si tratta di assumere con il corpo una postura defilata rispetto all’avversario in modo tale da ottenere due utilità: potersi spostare agilmente in avanti e all’indietro e offrire meno bersaglio all’avversario.
Riguardo alla seconda, cioè l’equilibrio, tutto s’incentra sull’equa distribuzione del peso sulle due gambe, sempre allo scopo di mantenere, ti ricordi, una pari ambivalenza di movimento in avanti o all’indietro
. Riguardo alla terza, cioè la potenzialità, si tratta d’incamerare, tramite una giusta flessione delle gambe, una forza di propulsione esplosiva da poter esprimere nell’allungo al fine di poter raggiungere il bersaglio avversario..
In sintesi lo schermitore assume con tutte le parti del suo corpo quelle posture tali da garantirgli di stare in perenne agguato, pronto ad ogni evenienza si venga a configurare per una propria iniziativa o per un’iniziativa dell’avversario.
Stai pure in una guardia non sufficientemente corretta, ma vedrai progressivamente diminuire tutte le tue chanches, sia in difesa che in attacco.
Precisato tutto questo costruiamoci una buona guardia.
Indirizza il piede avanti verso l’avversario, allontanandolo da quello dietro di un giusto spazio (né troppo ampio, né troppo angusto); fai giacere il peso del corpo equamente sulle due gambe dopo averle flesse in modo adeguato (quindi né troppo, né troppo poco); profila il busto, concedendo tuttavia alle spalle un certo angolo rispetto alla direzione dell’avversario; posiziona le spalle alla stessa altezza e tieni alta la testa; il braccio armato tienilo in avanti parzialmente flesso, mentre quello dietro… tienilo pure come vuoi! Forse tenerlo in posizione arcuata è demodè, ma ricordati che anche questa parte del corpo che sembra secondaria svolge alcune funzioni della massima importanza; ma di questo ti parlerò a suo tempo.
Ah! Mi sono scordato di dirti che puoi anche respirare!
Non ti preoccupare; forse lo hai già sperimentato anche tu. La posizione le prime volte pare assurda, stancante e quasi ridicola, tuttavia mano a mano si capisce, si percepisce che questa è la posizione migliore per combattere: in guardia ci si sente più protetti ed è come se il corpo si caricasse di energia pronta ad esplodere; il corpo e la mente, la mente ed il corpo è come se si fondessero tra loro, più che nelle altre vicende della vita quotidiana.
Ora, come promesso e anticipato, ti deve pur frettolosamente parlare della guardia di sciabola e della guardia di spada.
La diversità dell’assetto, la cosiddetta guardia di terza, è da addurre al fatto che anche il braccio armato costituisce bersaglio valido e per di più nella sciabola i colpi possano essere portati oltre che con la punta anche con la lama.
Il braccio armato quindi è leggermente decentrato verso l’esterno della guardia: nella sciabola in tale posizione non solo risulta automaticamente tutelato il bersaglio esterno alto, ma anche la lama, tenuta in senso obliquo rispetto al terreno, è nelle migliori condizioni sia per portare il colpo di taglio, sia per parare i colpi di taglio dell’avversario.
Nella spada la coccia tende a proteggere il polso e contemporaneamente la punta, indirizzata verso l’avambraccio dell’avversario, costituisce una costante minaccia per dissuaderlo dall’effettuare azioni a ferro libero.
Sono questi i primi esempi che ti permettono di capire come lo schermitore, in presenza di particolari esigenze, modifichi e adatti le sue posture alle diverse situazioni e regole di combattimento.
Dopo essersi seduti in guardia (sì, in gergo si dice proprio così), ora ti parlo di quello che sembra essere il prim’attore del match, cioè il braccio armato.
A questo proposito c’è subito da correggere questo diffuso, ma erroneo senso comune: nello schermitore non ci sono parti corporee più o meno importanti.
Anzi è assolutamente vero il contrario, cioè che ognuna di esse, coordinata con tutte le altre, costituisce un tutto unico funzionale; ancor più, il sistema – schermitore si basa su un’assoluta cooperazione di ogni componente non solo fisico (quindi arti, mani, piedi e busto), ma anche intellettivo (tra cui anche logica, fantasia ed esperienza) e anche emotivo (tra cui anche forza di volontà, coraggio e costanza).
Il braccio armato non costituisce altro che la parte apicale di tutto lo schermitore nel suo insieme; tienilo sempre bene a mente.
Precisato questo importantissimo concetto, esaminiamo un po’ quale uso può farne lo schermitore ed in quali situazioni posturali può porlo.
Innanzitutto può tenerlo davanti a sé nella posizione di guardia; oppure spostarlo in una certa direzione lasciando di conseguenza scoperto un bersaglio e questo è il cosiddetto l’invito; può distendere tutto il braccio indirizzando la punta verso un bersaglio valido dell’avversario e questo è il cosiddetto braccio in linea di offesa; può infine cercare d’imbrigliare e di sottomettere la lama nemica e questo è il cosiddetto legamento.
Come vedi, questi che ti ho elencato sono tutti gli atteggiamenti possibili: stando in guardia si resta in attesa degli sviluppi della situazione, stando in invito s’induce e si chiama l’avversario a compiere determinati atti, stando in linea di offesa si minaccia l’avversario costringendolo a certe iniziative, effettuando un legamento si cerca in partenza di dominare la sua lama.
Qui, amico mio, è necessario cominciare a capire una cosa molto importante: lo schermitore, per poter raggiungere il bersaglio avversario, deve ovviamente riuscire a sorpassare indenne la barriera costituita dalla sua lama.
Quindi tra i due ferri si viene a costituire tutta una serie di potenziali rapporti spaziali che, come vedremo tra non molto, originano i diversi colpi fondamentali d’attacco.
Devi capire un’ulteriore cosa: che tramite il proprio atteggiamento con l’arma si condiziona la possibile contraria dell’avversario: in effetti non concedendogli il ferro, ad esempio, gli si inibisce ogni azione su di esso (come le battute o i legamenti); peraltro, con il medesimo atteggiamento, ci si espone ad altre azioni di natura opposta, ad esempio, continuando come poco sopra, ci si espone alla sua botta dritta.
In altre parole la postura di ciascuno dei due ferri rappresenta reciprocamente per i due contendenti un’occasione o al contrario un’interdizione per poter sviluppare un certo tipo di colpo.
Quindi ogni atteggiamento comporta simultaneamente vantaggi e svantaggi: esaminiamoli insieme.
L’invito scopre sì un bersaglio, peraltro ne copre un altro e, provocando l’avversario, può attirarlo in una trappola tecnica.
L’arma in linea di offesa costituisce una minaccia per l’avversario (soprattutto nelle armi convenzionali dove garantisce la precedenza nella ricostruzione dell’azione), tuttavia esaurisce preventivamente lo spostamento in avanti del braccio e lo espone maggiormente alle azioni sul ferro dell’avversario.
Il legamento si prefigge l’utile scopo di dominare la lama nemica spostandola anche dalla linea di offesa, ma contemporaneamente scopre il proprio bersaglio opposto al legamento e durante la sua realizzazione si offre all’elusione in tempo che può effettuare il ferro antagonista.
Ribadiamo questi due fondamentali concetti che abbiamo espresso in una manciata di righe: l’interdipendenza dei ferri nell’inizio dell’espletamento di ogni colpo e l’assoluta bivalenza di ogni atteggiamento o azione che lo schermitore mette in campo.
Consentimi un’ultima raccomandazione di ordine pratico: tieni in genere abbastanza flesso il braccio armato; così facendo otterrai tre utilità: una sua migliore gestibilità in generale, una difesa col ferro più prossima ai tuoi bersagli scoprendo in tal modo le eventuali finte dell’avversario e soprattutto una maggiore espressione spaziale laddove tu debba portare un attacco o lanciare una risposta dopo una parata.
I siti posizionali delle linee di attacco e di difesa
Come t’immagini bene, per sviluppare un attacco sui diversi bersagli si devono percorrere diverse traiettorie e, per contro, per difendersi da tali attacchi, il pugno armato deve operare in determinate porzioni di spazio.
In relazione alle parti corporee dello schermitore in guardia s’individuano quindi quattro siti rispetto ai quali possono nascere od essere neutralizzate le azioni ideate dalla tecnica schermistica: alti (petto o spalla e bassi (ventre e fianco).
Ma non ti devi scordare un altro fatto importante, cioè la presenza della lama avversaria: quindi le azioni, difensive od offensive che siano, devono riferirsi anche alla sua postura rispetto al ferro: interne o esterne alla guardia, sopra o sotto il ferro stesso.
Anche a questo proposito ti do un consiglio: se non hai motivi particolari in senso contrario, quando sei in guardia mantieni sempre una posizione mediana tra questi siti spaziali; in tal modo potrai spostarsi verso di essi in modo più agile e veloce.
Come ben sai lo scopo dello schermitore, in un certo senso il suo goal, è quello di riuscire a raggiungere il bersaglio valido dell’avversario.
Di strade per arrivare a destinazione non c’è una sola, ma varie e alquanto diverse tra loro; indaghiamo insieme.
La più semplice, la più diretta è quella della traiettoria lineare: la punta o la lama partono da un certo punto dello spazio e arrivano a destinazione percorrendo la strada geometricamente più breve.
Una seconda possibilità è quella di ricorrere alla flessibilità della propria lama, effettuando un fuetto: realizzando una specie di colpo di frusta si ottiene che la punta descriva nello spazio una traiettoria curvilinea.
Lo stesso percorso può essere ottenuto anche uncinando il colpo, ovvero facendo percorrere all’intero braccio armato un movimento ad arco di cerchio.
Un colpo infine, oltre che essere tirato, può anche essere lasciato, nel senso che allineando il proprio braccio armato e indirizzando opportunamente la punta si può toccare solo per effetto dell’avanzamento dell’avversario.
Come vedi di tecniche per colpire ce ne sono molte e, come al solito, non ce n’è una migliore o una peggiore, ce n’è solo una più o meno opportuna a seconda delle diverse situazioni.
Pensaci bene: la stoccata rettilinea è quella di più facile realizzazione, ma indubbiamente è quella più facilmente intercettabile e quindi maggiormente esposta alle parate dell’avversario; quella di fuetto è quasi impossibile pararla, ma l’esecuzione è alquanto impegnativa e deve essere perfetta per riuscire ad innescare la segnalazione; la stoccata ad uncino sviluppa una notevole forza di penetrazione, ma se il colpo va a vuoto ci vuole un po’ di tempo per riprendere il pieno controllo del braccio armato; il colpo lasciato è la soluzione ottimale in specialità come la spada dove ci sono gli esigui bersagli avanzati, tuttavia la prolungata postura di braccio in linea di offesa espone non poco alla presa di ferro dell’avversario che sta appunto marciando in avanti.
E’ come ti ho detto poco fa: ogni situazione tecnica o spaziale suggerisce già di per sé il miglior modo per espletare il colpo; si tratta, mio caro, di prestare al fatto la dovuta attenzione e soprattutto guardati dalle mode dilaganti dell’ultim’ora; lascia questi atteggiamenti agli altri e avrai un’occasione in più per batterli.
Ho già attirato la tua attenzione sull’importanza del rapporto che lo schermitore instaura nel tempo con la propria arma.
In questa ottica abbiamo poco sopra esaminato come lo schermitore può colpire l’avversario, incentrando la nostra attenzione sul cosiddetto portamento del ferro.
Si tratta ora di capire quanto importante sia anche il maneggio dell’arma, ovvero il miglior modo di utilizzare quello che, come ti ho già detto, costituisce un vero e proprio attrezzo.
Sai già dell’importanza fondamentale della stretta in tempo, cioè della variazione di applicazione di forza della mano sul manico in funzione delle diverse contingenze di rapporto con il ferro avversario.
Ora devi solo capire che questa abilità lo schermitore non la consegue solo e soltanto con l’attenta applicazione dei precetti teorici, ma soprattutto
dopo un lungo periodo di esercitazioni e di applicazione.
La teoria schermistica si preoccupa anche di questo, mettendo a disposizione dello schermitore un insieme di movimenti utili non tanto come vere e proprie azioni, quanto piuttosto per ottenere un buon rapporto con l’arma; sono tre.
I cambiamenti di legamento: lo schermitore, partendo da un certo suo legamento, lo abbandona per un istante, fa circumnavigare il proprio ferro sulla linea opposta, ricatturando e trascinando infine la lama dell’avversario sul legamento opposto.
I trasporti: in questo caso, senza mai abbandonare il contatto con la lama avversaria, lo schermitore muta la posizione del proprio dominio. A causa di questo specifico meccanismo i trasporti sono realizzabili mediante due sole circuitazioni: andata e ritorno dal legamento di quarta a quello di seconda e andata e ritorno dal legamento di terza a quello di prima.
I riporti: l’esecuzione consiste, partendo da un determinato legamento, in un avvitamento completo di 360° attorno alla lama avversaria senza mai perderne il contatto, per tornare allo stesso legamento di partenza.
Ti confermo che tutte queste evoluzioni servono prevalentemente ad imparare a gestire la propria arma; con l’eccezione dei trasporti che possono avere un’interessante applicazione anche nell’esecuzione di due particolari tipi di stoccata d’attacco, la fianconata di seconda e la fianconata interna.
Nel primo caso dal proprio legamento di quarta con movimento spirale in avanti si tira dalla posizione di seconda un colpo al fianco dell’avversario.
Nel secondo dal proprio legamento di terza con movimento spirale in avanti si tira dalla posizione di prima un colpo al bersaglio interno basso dell’avversario.
Per cercare di farti capire meglio il tipo di questi meccanismi ti ricordo il nome della specie con cui i trattati denominano queste due stoccate d’attacco: fili preceduti da trasporto.
Se pensi al suo sinonimo, cioè al termine allungo, forse percepisci subito e meglio di cosa si stia parlando.
Alcune righe sopra abbiamo detto che per giungere a bersaglio è necessario annullare la distanza di sicurezza che si frappone tra i due contendenti; ebbene la soluzione statisticamente più utilizzata dagli schermitori sulla pedana è appunto l’affondo.
L’avvicinamento del proprio ferro al bersaglio si ottiene sommando lo spostamento in avanti ottenuto dalla distensione completa del braccio armato all’ulteriore spostamento ottenuto proiettando in avanti tutto il corpo.
Per sortire il migliore effetto, cioè l’ottimale rapporto tra velocità e precisione del colpo, è necessario rispettare tutta una serie di tempi e specifiche posture delle singole parti del corpo: il braccio armato si muove per primo e si distende completamente trascinandosi dietro senza soluzione di continuità tutto il corpo, che riceve il maggior impulso dal repentino distendersi della gamba dietro accompagnata anche dallo slancio del braccio dietro, che ha anche il compito di profilare tutto il corpo.
Intanto il piede avanti è restato indirizzato verso l’avversario e l’apertura delle gambe non deve mai essere eccessiva.
Prime due considerazioni sulle quali attiro la tua attenzione: a differenza di quello che si potrebbe pensare non è la gamba sotto l’arma che si proietta in avanti; essa garantisce solo l’atterraggio e l’assetto nella nuova postura; il sussidio del braccio dietro deve però dare ulteriore slancio e parallelamente profilare in modo assoluto il corpo.
L’essenziale è che devi capire che andare in affondo significa partire da un certo sistema di equilibri fisici (la guardia) per giungere ad un altro (appunto l’affondo
Ciò pone due ordini di problemi: produrre un attacco efficace, cioè che sia in grado di raggiungere fisicamente il bersaglio e, in caso di mancato risultato, poter ritornare in guardia velocemente.
E ora, permettimi, la solita tiritera: chi si discosta dai canoni dei trattati inficia progressivamente la qualità del colpo, che può perdere la sua precisione, la sua potenza e la sua incisività, in una parola, la sua efficacia.
L’assalto di scherma si risolve in una guerra di trincea, ma con la particolarità che la trincea non è scavata e quindi stabile, ma al contrario in perenne spostamento: in effetti se ti sai muovere in avanti e all’indietro nel migliore dei modi hai l’opportunità di poter influire positivamente sulle variazioni di misura e quindi, nelle due ottiche contrapposte, di potenzializzare il tuo attacco o di depotenzializzare quello del tuo avversario.
Hai presente il gatto che gioca col povero topolino?
Ecco, sulla pedana cerca sempre di essere il gatto e mai il topo!
Le modalità di spostamento in avanti e all’indietro, come sai già, sono varie: il passo, il passo incrociato e il balzo.
E’ da sottolineare che nella tecnica schermistica avviene un ribaltamento rispetto al normale deambulare fuori della pedana: in genere quando passeggiamo per la strada incrociamo le gambe, invece lo schermitore sceglie di muovere per primo il piede dalla parte della direzione in cui intende andare.
Ciò è dovuto al fatto che l’assetto di guardia è quello che garantisce la massima possibilità di ambivalenza nello spostamento e che assicura in ogni istante lo scatenamento dell’affondo.
I trattati comunque contemplano anche il passo incrociato, anche se il gesto non viene quali mai effettuato sulla pedana.
La vera alternativa al passo è il balzo, che assicura sia una maggiore ampiezza di spostamento spaziale, sia una maggiore tempestività; le controindicazioni, devi saperlo, sono la trasmissione del movimento all’intero sistema – schermitore con susseguente perdita di precisione del colpo, sia un maggiore dispendio di energie fisiche.
A questo proposito accetta un consiglio: alterna le due modalità in quanto è la situazione di pedana che il più delle volte lo suggerisce (il passo si esegue ordinariamente, il balzo quando se ne presenta una specifica necessità).
Quando il tuo affondo risulta insufficiente per raggiungere il bersaglio, ovviamente non resta altro da fare che farlo precedere almeno da un passo.
Le motivazioni possono essere le più varie: il tuo avversario non ti concede la tua ideale misura, sei marcatamente più basso di lui oppure ti trovi di fronte ad una difesa mista, cioè l’antagonista para e retrocede simultaneamente.
Precisato tutto questo, si tratta ora di riflettere sull’aspetto puramente tecnico dello svolgersi dell’azione portata con passo avanti affondo.
Innanzitutto il colpo si fa più complesso rispetto a quella portato con il semplice allungo: il tempo esecutivo si allunga e insorgono ulteriori problemi di coordinazione tra attività del braccio armato e attività delle gambe.
In pratica diminuisce la sorpresa del nostro attacco e l’avversario ha di conseguenza più tempo per organizzare la sua difesa; anzi, approfittando proprio della stasi del passo, ha maggiori possibilità di costruirci sopra un’uscita in tempo, cioè di stoppare sul nascere la nostra iniziativa.
Ora non fraintendermi, non ti esorto certo a rinunciare nei tuoi attacchi al passo avanti affondo; ci mancherebbe altro che cancellare dai trattati il cosiddetto attacco camminando.
Quello che mi preme farti capire è che più allunghi la fase antecedente e preparatoria all’esplosione del tuo affondo, più ti esponi all’avversario.
Proprio per questo mi raccomando di una cosa:: sulla pedana niente passeggiate composte da sequele di infruttuosi passi continui, le passeggiate è meglio farle nei boschi o in riva al mare.
Un altro modo di percorrere velocemente lo spazio che ci separa dall’avversario è costituito dalla frecciata, la francese flèche.
Il corpo si slancia, quasi in un tuffo, verso il bersaglio avversario: nel suo protendersi in avanti lo schermitore si ritrova per un attimo letteralmente sollevato da terra.
Tutto inizia allungando il braccio armato senza muovere, come si fa nell’affondo, la gamba che gli sta sotto: lo schermitore s’invola letteralmente verso l’antagonista.
Ti faccio osservare che, se nell’affondo si trattava di traslocare il corpo da un certo sistema di equilibri statico ad un altro (cioè dalla guardia a quello dell’affondo), cosa che come abbiamo visto procurava già tutta una serie di difficoltà, qui si tratta di giocarsi notoriamente il tutto per tutto, impegnando ogni risorsa fisica nello spostamento.
Ti ricordi? Siamo alla solita storia: ogni attività che lo schermitore svolge sulla pedana concede delle opportunità, ma offre anche simultaneamente il fianco a determinate controindicazioni.
La frecciata costituisce senz’altro un modo estremamente dinamico per raggiungere l’avversario, ma in caso d’insuccesso espone maggiormente alla rappresaglia della difesa; inoltre, proprio in virtù della sua estrema velocità, costringe lo schermitore ad utilizzare solo azioni composte da pochi tempi tecnici; quindi, ad esempio, un colpo dritto, una battuta e colpo, una presa di ferro e filo.
Il segreto, se così si può chiamare, è quello di riuscire a portare il colpo sul bersaglio prima che inizi la parabola discendente dovuta alla forza di gravità che richiama il corpo verso terra. Per cui ricordati di valutare al meglio la misura e soprattutto cerca di utilizzare il braccio dietro per raddrizzare perfettamente le spalle.
Finalmente ecco che compare sulla pedana il nostro antagonista; dopo aver costruito al meglio i nostri fondamentali, dobbiamo cominciare a relazionarci con lui.
E lo faremo in vari ambiti.
Innanzitutto in quello spaziale, in cui esamineremo con attenzione prima la distanza che ci divide da lui, poi la superficie dei suoi bersagli, per passare infine alla cosiddetta linea direttrice.
In seguito nell’ambito delle applicazioni delle leggi della Fisica affronteremo la questione dell’applicazione della forza e la questione dell’opposizione di pugno.
Infine tratteremo specificatamente dei rapporti che si possono instaurare nell’ineludibile dialogo tra le lame dei due contendenti, che portano alla configurazione delle varie tipologie di attacco e delle relative azioni di difesa.
Insomma, amico mio, ti devi relazionare con l’avversario, avversario che, ci puoi giurare, cambia ad ogni match: uno alto, uno basso, uno della tua stessa altezza, uno veloce, uno velocissimo, uno lento, uno che para sempre, uno che non para mai… e chi più ne ha, più ne metta!
Ma questo è il bello della scherma!
Non condividi?
Ora che abbiamo finalmente impugnato un’arma, ti devo subito parlare del saluto perché è un segno esteriore che esprime qualcosa di veramente importante.
In effetti è una forma, pur indotta dal Regolamento, di rispetto reciproco: il saluto iniziale e quello finale costituiscono due parentesi cortesi che racchiudono lo scontro sulla pedana.
Ossequiare l’avversario, anche nel contrapposto stato d’animo generato dall’esito finale del match, è un privilegio che poche altre discipline concedono ai loro adepti.
Fai traslare l’arma lateralmente al volto, dal basso con la sciabola e dall’alto per le altre specialità,
distendi la lama verso l’avversario, portala al volto e ridistendila parzialmente davanti, poi a sinistra e a destra, se c’è qualcuno.
Quando prima dell’inizio dello scontro fai questo gesto fissa negli occhi il tuo avversario per sortire due preziosi effetti: magari nascondere e dissimulare i tuoi timori e ricercare quelli del tuo avversario.
Con questo argomento che andiamo a trattare, caro amico, siamo definitivamente usciti da quelli che per comodità ho definito i fondamentali della scherma: sinora l’avversario è solo comparso indirettamente, molto indirettamente, nei nostri discorsi e nelle nostre elucubrazioni; abbiamo concentrato la nostra attenzione sul nostro assetto di combattimento e su alcune personali gestualità da cercare di eseguire al meglio.
Scommetto che, leggendo il titolo del paragrafo, hai subito pensato alla distanza che intercorre tra i due schermitori in guardia.
Non ci piove: questa è la definizione che ne danno i trattati; ma cerchiamo di andare oltre e inoltriamoci nella dimensione spaziale del colpo.
Ti sei mai seduto davanti ad un caminetto acceso?
Per poterti riscaldare ti devi porre ad una giusta distanza dal fuoco, né troppo vicino perché altrimenti ti scotti, né troppo lontano perché altrimenti geli.
Sono sicuro che hai già capito l’esempio: ad un certo punto del match uno dei due schermitori vuole bruciare l’altro, mentre quest’ultimo cerca di evitarlo; poi, magari subito dopo, le parti s’invertono.
E in questo giochetto le cose si complicano: infatti tra i due contendenti ci può essere una significativa differenza di altezza ed ecco che la misura, cioè la distanza da un qualcosa, diventa fondamentale per ciascuno dei due schermitori, che, magari anche per altri motivi tecnici e tattici, cercano d’impostarla come meglio conviene loro.
Cerca di non dimenticarlo: chi vince la battaglia per imporre la propria misura, ha già staccato un buon biglietto per giungere a bersaglio.
Le possibili configurazioni della misura sono tre: normale, corta o lunga: questa almeno è la definizione che ogni buon trattato fornisce circa le modalità per poter raggiungere il bersaglio: normale tramite l’affondo, corta tramite la sola distensione del braccio armato, lunga sommando preventivamente all’allungo un passo avanti.
Detto questo a me qui preme farti riflettere su un’altra accezione di misura, collegata più direttamente alla potenziale spazialità del colpo.
Non ti preoccupare di questi paroloni, indicano concetti abbastanza elementari.
Il primo di essi s’incentra sulla gittata del colpo d’attacco: se l’avversario ti tiene ad una certa misura significa che la ritiene sufficiente per avere tutto il tempo per organizzare la propria difesa; ne deriva che partire in attacco da tale misura sfavorisce l’attaccante e favorisce il difensore. Ergo, prima di prendere l’iniziativa, è necessario cercare di avvicinarsi maggiormente all’avversario, ciò che in gergo viene detto accorciare misura; scopo che si può ottenere con varie tecniche sulla quali ti intratterrò a suo tempo.
Il secondo concetto è quello che ogni stoccata ha necessità di avere un suo minimo ambito spaziale per potersi esprimere: tutti capiscono che gli schermitori non si possono toccare quando si trovano ad una distanza eccessiva, ma pochi, ribaltando la situazione spaziale, si rendono conto che non si può toccare anche a causa di una vicinanza eccessiva tra i contendenti, in pratica quando la distanza tra i bersagli è marcatamente inferiore alla lunghezza dei bracci armati; sono le situazioni di cosiddetto corpo a corpo, delle quali parimenti tratteremo a suo tempo.
Un terzo concetto è quello della migliore espressività spaziale del braccio armato: riesci a configurare il problema pensando alla specialità della spada, quando un braccio completamente disteso impatta prima il bersaglio rispetto allo stesso braccio invece piegato; in questo specifico caso lo spazio, comprendi, lo spazio si converte in tempo.
Infine un quarto concetto relativo alle specialità dove sono presenti i bersagli avanzati: lo sciabolatore e lo spadista devono preventivamente decidere se impostare la propria misura di affondo rispetto all’avambraccio dell’avversario oppure, accostandosi maggiormente, rispetto al bersaglio grosso ovvero al tronco del corpo.
A questo punto spero proprio che tu abbia intuito quanto importante sia lo studio dello spazio ai fini della conduzione del match; se tu volessi approfondire questi temi ti rimando ad un altro mio lavoro dal titolo “Lo spazio ed il tempo nell’assalto di scherma”.
Tieni comunque sempre doverosamente presente, come ho accennato poco sopra, che i valori della misura non sono assoluti, ma relativi al rapporto che esiste tra alcune variabili esistenti tra i due schermitori: la possibilità di sviluppare una differente velocità, un braccio più o meno lungo, un’impugnatura di tipo liscio tenuta verso il pomolo nella spada, la scelta di tirare su un bersaglio avanzato rispetto all’avversario che invece sceglie il bersaglio grosso.
Non scordarti mai di prestare la massima attenzione alla misura, essa rappresenta il pentagramma su cui viene scritta ogni azione schermistica dalla più semplice a quella più complessa.
Vuoi vedere che il titolo di questo paragrafo ha richiamato alla tua mente la diversità dei bersagli tra il fioretto, la sciabola e la spada!
Lo so che l’induzione è molto forte, ma tu sai bene che gli argomenti che qui c’interessano sono altri, quelli della scherma in genere.
Affrontiamo qualche argomento che spero tu possa trovare interessante dal punto di vista meccanico e successivamente da quello tattico.
Innanzitutto per attivare la registrazione della stoccata sull’apposito apparecchio segnalatore non sempre è sufficiente raggiungere il bersaglio: questo si verifica solo nella sciabola in cui basta il semplice contatto della lama; differentemente nelle altre due specialità, una volta raggiunta la sospirata meta, la punta deve essere in grado di esercitare la pressione prescritta dal Regolamento (come sai, più di 500 grammi nel fioretto e 750 nella spada) e ciò anche per una determinata durata.
La punta quindi deve impattare il piano su cui giace il bersaglio con una certa angolazione che consenta il necessario incaglio per poter esercitare lo schiacciamento della molla presente nella bussola.
Mi raccomando tieni conto di questa esigenza meccanica e, girando il pugno, cerca di orientare sempre al meglio la tua punta rispetto al bersaglio che hai prescelto.
Sempre parlando di meccanica hai capito perché gli sciabolatori preferiscono colpire con la lama e non con la punta?
A parte altri motivi, ti sembra più probabile colpire un bersaglio con un segmento, rappresentato appunto dalla lama, o con una superficie esigua come la punta?!
Ma passiamo ora ad alcune considerazioni sui bersagli nell’ottica tattica; sono alquanto ovvie, ma essendo questo nostro intrattenimento un ABC, non ho scelta.
L’attaccato non conosce a priori dove finirà il colpo dell’attaccante e questo, come sappiamo, è uno dei vantaggi di prendere l’iniziativa.
Da ciò ovviamente deriva che non variare spesso il bersaglio su cui indirizzare la stoccata è un gravissimo errore in quanto favorisce e non di poco l’attività difensiva. Nella scherma è come nel diritto anglosassone: il precedente ha una grandissima importanza.
Sai, se paragoniamo con un po’ di fantasia lo schermitore in guardia ad un castello, è come attaccarlo dove c’è il ponte levatoio; non credi sia più proficuo fare un giro attorno al castello in parola e verificare dove la fortificazione dia meno prova di poter essere validamente difesa.
Traduciamolo in schermese: invece di finire sul suo bersaglio interno, che risulta il più facile da tutelare, non sarebbe meglio tentare qualche stoccata al fianco, alla spalla o, comunque, da qualche altra parte?!
Credo proprio di sì.
Quando due schermitori sono in guardia l’uno di fronte all’altro è meglio che si collochino su un’ipotetica linea, denominata direttrice, linea che congiunge i loro piedi ed i loro bracci armati in guardia.
In effetti ti sei accorto che, divergendo da essa, viene alterata la simmetria tra destri o la specularità con un mancino?
In pratica accade che la postura spaziale distonica alteri le linee di attacco e di difesa, allungandone macroscopicamente la lunghezza: per gli schermitori di mano uguale i bersagli esterni diventano irraggiungibili per l’attacco, mentre quelli interni diventano scarsamente difendibili.
Ecco perché ti raccomando di essere sempre in asse rispetto al tuo avversario: seguilo sempre nei suoi spostamenti laterali e sintonizzati sulla sua linea.
Sulle pedane che ora sono in uso anche alle gare più importanti non dovresti incontrare eccessive difficoltà: sono in pratica dei corridoi indotti per i due contendenti.
Quando la polvere da sparo fu applicata nella pratica bellica, la scherma mutò di colpo: le corazze, potendo essere facilmente trapassate dai pallettoni delle armi da fuoco, furono buttate alle ortiche e di conseguenza i pesanti spadoni a due mani, che dovevano riuscire ad offenderle, seguirono la stessa sorte.
La tecnologia dell’epoca soppiantava alla forza l’agilità, facendo nascere le armi bianche leggere, delle quali le nostre odierne sono la versione sportiva.
La forza comunque, dopo essere stata cacciata dalla porta, è rientrata come si suol dire dalla finestra; forza tuttavia non più intesa come forza bruta, ma come oculata applicazione delle leggi della Fisica, soprattutto quelle tanto care ad Archimede.
In effetti il braccio armato, nel suo rapporto con quello antagonista, costituisce nel suo insieme una leva, meccanismo in cui, come ti ricorderai dai tuoi studi scolastici, non è tanto importante la quantità di forza applicata, quanto piuttosto un certo tipo di posizionatura spaziale.
Non ti preoccupare, non è mia intenzione tenerti una lezione di Fisica: sarà sufficiente che tu tenga sempre a mente che la tua lama è grosso modo distinta in tre zone o gradi che dir si voglia, che, allontanandosi progressivamente dalla tua mano, sono caratterizzate da una decrescente potenza.
Oltre a ciò devi comunque prestare attenzione ad un altro fattore determinante: il punto di contatto tra la tua lama e quella dell’avversario: per avere sufficienti garanzie di dominare il suo ferro nell’espletamento di un legamento devi sempre essere avvantaggiato di almeno un grado nei suoi confronti; la migliore realizzazione è quella che vede il tuo forte sul suo debole, supportato anche dalla presenza della tua coccia.
Differente è il caso di una battuta: trattandosi di una percussione, per sortire il miglior effetto di spostamento, pur sempre con il guadagno di un grado rispetto all’avversario, è conveniente utilizzare il proprio medio forte sul medio debole antagonista. In questo caso per produrre l’effetto desiderato è necessario che la forza applicata incontri un certo tipo di resistenza, pur minore ad essa.
Se per errore non ti ricorderai di applicare queste semplici regole di Fisica, quella forza che abbiamo riconosciuto non più determinante sulla pedana, invero ti può giocare, come vedremo appresso, dei brutti scherzi.
La tecnica schermistica giustamente utilizza tutte le possibili risorse fisiche di chi sale in pedana per combattere, ricorre anche alla capacità del polso di potersi articolare.
A questo proposito ti voglio fornire una specie di descrizione visiva di ciò che nel gergo schermistico viene definita opposizione di pugno.
Immagina due colpi dritti, vibrati in simultanea con traiettoria rettilinea dai due contendenti: mentre uno dei due mantiene il braccio e l’arma sulla stessa linea venendo a costituire un segmento continuo, l’altro, spezzando il polso, crea un angolo con vertice sulla lama nemica e con la punta indirizzata sul suo bersaglio.
Non occorre molta fantasia per intuire cosa avviene, almeno nella maggior parte dei casi: il colpo del primo, indotto a divergere all’esterno, manca il bersaglio, mentre quello del secondo giunge felicemente a bersaglio
Ora che lo sai, tirerai mai più colpi finali senza l’opportuna opposizione di pugno?
Non t’impegnare in proponimenti che poi non riuscirai certo a mantenere!
Comunque io mi accontento di averti esposto questo semplice ma stupefacente meccanismo dinamico tra le lame… poi dipende tutto da te.
Ci siamo, amico mio: finalmente abbiamo l’avversario davanti e dobbiamo inoltrarci nella variegata tessitura di rapporti che con lui possiamo e dobbiamo realizzare.
Cominciamo a parlare di come sviluppare un attacco.
Vorrei che a questo proposito tu avessi subito molto chiaro un concetto: muoversi in avanti anche con una certa decisione e continuità non significa attaccare, implica soltanto attuare un avvicinamento verso l’avversario.
In effetti l’attacco è caratterizzato solo dal prendere un’iniziativa specifica e concreta, innestando un fraseggio schermistico, dal più semplice al più complesso, che ha lo scopo di portare il colpo sull’avversario.
Non farti acchiappare inopinatamente dal retaggio delle armi convenzionali: chi attacca ha la precedenza nella ricostruzione della frase schermistica.
E’ assolutamente infondato il seguente sillogismo: l’attacco ha ragione, chi si muove in avanti attacca sempre, quindi io mi muovo in avanti e ho sempre ragione.
E questo per due semplici motivi:
Il primo che anche nelle armi convenzionali l’attacco per essere ritenuto idoneo ad avere la precedenza deve possedere determinate caratteristiche come la completa distensione del braccio armato e la minaccia portata con la punta su un bersaglio valido.
Il secondo, molto pragmatico, credo di avertelo già fatto osservare: prolungare una fase d’attacco non è conveniente affatto, in quanto la sua parte apicale è l’esplosione finale portata usualmente con l’affondo, mentre tutta la fase preparatoria espone alle uscite in tempo dell’avversario per tutto il suo protrarsi.
Attaccare è come accendere la miccia di un cannone, sai quelli che sparavano quelle grosse palle: quando il fuoco ha raggiunto la polvere si salvi chi può, ma pensaci bene, se in un modo o nell’altro riesci a spengere la miccia che sta bruciando, il cannone resta inoffensivo, non produrrà alcun danno e durante questo pur breve periodo si potrà intervenire su chi vuol sparare.
Comunque, come al solito, temo che tu possa male interpretare i miei pensieri: non sto affatto parlando male dell’attacco, sto semplicemente riflettendo su tutte le sue possibili implicazioni.
Ascolta, quando guardi due schermitori che lottano sulla pedana ci sono degli istanti in cui entrambi sono in guardia: li vedi in fase di studio e di attesa, nessuno si scopre e appaiono in pieno possesso di tutte le loro potenzialità.
Chi decide di attaccare abbandona la propria posizione garantita appunto la guardia e si slancia verso un bersaglio, scoprendo mano a mano le proprie intenzioni; per colpire deve prodursi almeno in un affondo e così facendo si abbassa notevolmente davanti all’avversario, che invece resta comodamente assiso nella sua postura di guardia, mantenendo intatta tutta la sua reattività.
Quali sono allora i vantaggi che inducono ad attaccare?
Sono tre.
Il primo che consiste nel poter sfruttare il fattore sorpresa: meno l’attacco è prevedibile, più problematiche suscita ovviamente all’organizzazione della difesa.
Il secondo incentrato sulle modalità dell’attacco stesso: chi subisce, ignorando come verrà attaccato, deve prima poter catalogare l’attacco stesso e poi sintonizzare ad esso la propria difesa.
Il terzo poggiante sul fatto che l’attaccato ignora dove si cercherà di colpirlo, cioè dove sarà indirizzato il colpo finale di chi ha preso l’iniziativa.
Ricordati bene, più rinunci a questi tre teorici vantaggi, più depotenzi il tuo attacco; e ciò non significa solo avere meno possibilità di portare il colpo, ma anche e soprattutto di esporsi al colpo di rimando dell’avversario; in effetti lui è lì sempre pronto a sfruttare ogni tuo piccolo errore.
Tutto ciò premesso, si tratta ora di capire come poter sviluppare un attacco.
Il fine è quello di raggiungere con la nostra punta o lama un bersaglio avversario, risolvendo però prima un piccolo problemino: passare indisturbati la vigilanza del braccio armato antagonista. Innanzitutto va fatta una scelta di fondo: mettere o non mettere in preventivo una sua reazione compiuta.
Iniziamo con la prima ipotesi.
Affinché l’avversario non reagisca in modo utile per difendersi è necessario sorprenderlo, cioè non dargli tempo di organizzarsi.
Per ottenere ciò ci dobbiamo affidare alla velocità del colpo e questa velocità dipende da precisi fattori come la forza esplosiva dei nostri muscoli, il riuscire a partire da un’idonea misura, dipende dalla scelta del momento più opportuno per scatenare l’attacco e, soprattutto, da una meccanica essenziale del colpo, avente cioè il minor numero di tempi schermistici.
Proprio per quest’ultima considerazione i trattati parlano di azioni di attacco semplice.
Tutto ciò premesso, la scelta di un attacco semplice si basa sulla previsione che l’attaccante deve doverosamente fare circa il rapporto di velocità in campo: quella del suo attacco e quella di difesa dell’avversario.
Ora vieni con me ed entriamo nello specifico, cominciando cioè ad analizzare i singoli colpi di attacco semplice.
Anche in questo caso lo schermitore è avversario – dipendente, nel senso che le iniziative tecniche dipendono dalle differenti posture tenute dall’avversario stesso; posture che, se perdurano nel tempo, concedono a chi prende l’iniziativa di attaccare, come si dice, a propria scelta di tempo; posture che, se invece mutano e si configurano in modo diverso, costringono l’attaccante a muoversi in tempo, cioè vincolato ai tempi di movimento dell’antagonista.
Il concetto comunque è quello di contraria: ad ogni postura o iniziativa di uno dei due schermitori, l’altro ne può opporre una o più di segno contrario.
Esaminiamo i vari tipi di colpo semplice.
Iniziamo parlando del colpo dritto.
E’ l’azione concettualmente più semplice: un bersaglio dell’avversario, volontariamente o involontariamente, risulta scoperto, e la stoccata gli viene indirizzata sopra.
I trattati la indicano come contraria specifica all’invito.
Non ti far imbrogliare dall’elementarità del suo meccanismo: è una delle stoccate più difficili da realizzare in quanto, escludendo ogni contatto con la lama antagonista, basa il suo successo esclusivamente sulla migliore interpretazione data ai cosiddetti tre elementi costitutivi della scherma, cioè alla velocità, alla misura e al tempo.
Passiamo alla battuta e colpo, che rappresenta la contraria al ferro in linea dell’avversario.
E’ questo il caso in cui il braccio armato antagonista vigila davanti ai suoi bersagli che risultano quindi tutti coperti.
La necessità è quella di procurarsi un varco nella guardia nemica e a questo proposito un primo meccanismo consiste appunto nel percuotere il ferro avversario per aprirsi la strada nella sua guardia.
La percussione deve essere di misurata violenza in quanto ogni eccesso di forza può penalizzare, coinvolgendo anche la sua lama, chi esegue la battuta.
Una volta deviata la punta dell’avversario dalla linea, si deve ovviamente al più presto effettuare il colpo sul relativo bersaglio scoperto, prima che il ferro antagonista, tornando indietro, riesca a riacquistare la sua piena operatività.
Approfitto di questo colpo per esporti un principio molto importante per l’esecuzione di ogni attacco: il lavoro del braccio armato deve essere concluso prima di coinvolgere il corpo nell’affondo o nella frecciata, cioè esso dopo le eventuali evoluzioni nello spazio deve risultare allineato completamente rispetto al bersaglio su cui dovrà portare il colpo.
Il motivo è di facile comprensione: spostando il corpo mentre ancora il braccio armato sta lavorando, si trasmetterebbero alla lama, soprattutto alla sua punta, degli spostamenti che la renderebbero senz’altro meno precisa.
Ora ti presento la presa di ferro e colpo, la contraria che i trattati propongono come alternativa alla battuta quando l’avversario si trova con il ferro in linea.
In questo caso le lame entrano in un certo tipo di contatto che viene staticamente definito legamento: una domina l’altra in quanto con il suo grado forte cattura l’altra nel suo grado debole con il coacervo della coccia, spostandola inoltre dalla sua linea di offesa.
Quindi, una volta sottomesso il ferro avversario, si vibra il colpo sul bersaglio che appunto per effetto di questo movimento viene ad essere scoperto.
E qui non posso non parlarti del cosiddetto filo: una volta catturata la lama antagonista, invece di abbandonarla nell’istante del colpo, il contatto perdura sino alla fine.
La meccanica si basa su un’idonea opposizione di pugno in corrispondenza del ferro avversario e su un successivo scorrimento della propria lama su quella avversaria che svolge quasi la funzione di binario.
L’effetto è quello di far divergere all’esterno senza pericolo la punta dell’avversario, garantendosi la corrispondente linea, e controllando la lama avversaria sino all’espletamento finale del colpo.
Riesci a capire l’importanza del filo?
E questo non solo in attacco, ma anche, come vedremo a suo tempo, nella risposta dopo una parata.
E’ arrivato ora il turno della cavazione, che è un’altra azione di attacco semplice, la contraria al legamento dell’avversario.
Ne approfitto per richiamare la tua attenzione su un altro concetto molto importante per lo schermitore, quello dell’inversione prospettica: prima eri tu che effettuavi un legamento, ora è il tuo avversario che lo esegue su di te.
Ti esorto a considerare molto importante il fatto di mettere in relazione posture, meccanismi e tempistica di una stessa azione eseguita o subita: sarai facilitato non poco nella piena comprensione delle reciproche opportunità e controindicazioni; di questo concetto ne riparleremo in seguito .
Ma torniamo alla cavazione: dalla posizione di sudditanza che hai sotto il ferro avversario, puoi scatenare il tuo attacco; tra l’altro per poter effettuare tale legamento il tuo antagonista si deve trovare ad un’idonea misura.
Con uno stretto movimento, detto appunto cavazione, puoi liberare il tuo ferro e con traiettoria spirale in avanti puoi andare direttamente su quel bersaglio opposto al legamento, che il tuo avversario, spostando il suo braccio armato appunto per realizzare il legamento stesso, ha dovuto necessariamente lasciare incustodito.
Invero devi sapere che per svincolarsi dalle grinfie del legamento del tuo antagonista esiste anche un altro meccanismo alternativo alla cavazione, la cavazione angolata, chiamata coupé dai nostri cugini francesi.
In questo caso la lama si libera ricorrendo non solo all’articolazione delle dita e del polso, ma anche a quella del gomito: il ferro percorre all’indietro una traiettoria rasente quello dell’avversario per poi far ridiscendere la punta verso il suo bersaglio lasciato indifeso proprio per effetto del suo legamento.
Devi aver ben chiaro il fatto che, mentre con la cavazione la punta si posiziona prontamente sul corpo dell’antagonista, con il coupé essa naviga alquanto nello spazio, concedendo all’avversario un ampio margine per intervenire con un suo colpo d’arresto.
Ebbene, queste che abbiamo appena finito di descrivere sono le azioni che i trattati definiscono azioni semplici di offesa.
Ma torniamo ora alla scelta di fondo che lo schermitore deve fare prima di iniziare un attacco.
Ti ricordi, ne abbiamo parlato qualche pagina fa: mettere o non mettere in preventivo una reazione compiuta da parte dell’avversario.
Per la prima eventualità abbiamo appunto esaminato le azioni semplici di attacco, ora si tratta di prendere in considerazione il caso in cui si deve invece affrontare da parte del nostro avversario la realizzazione compiuta di una risposta alla nostra iniziativa.
A ciò siamo indubbiamente costretti quando, pur velocizzando al massimo il nostro attacco, non riusciamo a prevaricare la sua reattività difensiva.
A questo punto, concorderai anche tu, si tratta di mettere bene a fuoco quale forma di difesa attui l’antagonista.
Lo schermitore per cercare di neutralizzare l’attacco che subisce può ricorrere a varie tipologie di difesa, ognuna informata ad un diverso concetto.
Può arretrare, almeno sino a quando può farlo, in modo da portarsi fuori della gittata dell’attacco e in questo caso si parla di difesa di misura.
Può utilizzare in vario modo la propria lama per cercare di deviare quella dell’avversario che sta per arrivare a bersaglio e in questo caso si parla di difesa col ferro.
Può utilizzare congiuntamente queste due metodologie, cioè arretrando e simultaneamente parando; e in questo caso si parla di difesa mista.
Può infine, utilizzando determinati colpi, portare un proprio attacco sull’attacco che sta subendo; e in questo caso si parla di uscita in tempo.
Analizziamo insieme questi differenti modi tramite i quali potersi difendersi.
Direi che c’è poco da aggiungere a quanto abbiamo già detto sull’argomento; comunque avrai già dedotto da solo che tale tipo di difesa, ammesso che riesca nel suo intento, non risolve il match, ma lo dirime soltanto nel tempo.
Ricollochiamo per un solo istante nell’ottica dell’attaccante ed esaminiamo come poter sorpassare tale difesa cercando di aumentare lo spazio dello spostamento prodotto in avanti.
Ovviamente si può far precedere l’allungo da un passo, ma si può anche ricorrere al sotterfugio del raddoppio: esso consiste nel congiungere il piede dietro a quello avanti prima di eseguire l’affondo, guadagnando in pratica in avanti quella che inizialmente era l’apertura dei piedi in guardia.
In una sola parola significa parare, cioè impedire mediante l’uso della propria lama che quella dell’avversario giunga sul nostro bersaglio.
In specie, quando l’attacco è portato di punta, il ferro del difensore deve intercettare quello dell’attaccante, riuscendo poi a trascinarlo fuori della sagoma del bersaglio e a deviare completamente il colpo; invece, quando l’attacco è portato di lama, il ferro del difensore deve riuscire ad ergere davanti al bersaglio destinatario del colpo una barriera contro la quale la stoccata dovrebbe andare ad infrangersi senza produrre alcuna conseguenza.
In questa ottica difensiva l’attività di movimento del ferro può espletarsi con traiettorie diverse, fornendo allo schermitore varie opzioni.
Se lo spostamento atto ad intercettare la lama avversaria che sta per giungere a bersaglio è rettilineo, ovvero percorre la via più breve, le parate vengono denominate semplici e fanno divergere il colpo dalla stessa parte della linea d’attacco; se invece, descrivendo un moto circolare attorno alla lama, la intercettano e la trasportano sulla linea opposta, le parate vengono denominate di contro.
Sulle quattro linee d’attacco si configurano per la cosiddetta scuola italiana quattro parate, semplici e di contro: quella di prima con il pugno di terza in quarta a tutela del petto, quella di seconda con il pugno di seconda a tutela del fianco, quella di terza con il pugno di seconda in terza a tutela della spalla e quella di quarta con il pugno di terza in quarta a tutela del ventre.
La scuola francese ne configura altre due, parimenti semplici e di contro: quella di settima e quella di ottava: la prima tutela il ventre, ma non con il pugno di terza in quarta bensì di prima; la seconda tutela il fianco, ma non con il pugno di seconda, bensì quello di terza.
Ti ricordo velocemente che le varie tipologie di polso si ottengono ruotando il braccio armato attorno al suo asse: polso di prima quando stando in guardia il dorso della mano armata risulta ad ore nove, di seconda quando è a ore dodici, di terza ad ore tre e di quarta ad ore sei; le posizioni intermedie vengono denominate di prima in seconda, di seconda in terza e di terza in quarta.
Sperando che questa serie di specificazioni non ti abbia frastornato… continuiamo il nostro cammino.
In relazione ad alcune traslazioni particolari che le lame possono compiere nello spazio alla ricerca del ferro avversario ci sono anche le cosiddette parate di mezza contro: in effetti le traiettorie non compiono una traslazione completa di 360°.
Esse si realizzano quando dalla posizione di quarta si va ad intercettare un colpo al fianco tramite la parata di seconda e quando dalla posizione di terza si va ad intercettare un colpo al petto tramite una parata di prima.
Non credere che sia finita, caro mio!
Buone ultime ci sono anche le parate di ceduta che si possono eseguire quando l’avversario esegue il suo attacco tramite un filo: sono due e precisamente la ceduta di quarta in opposizione al filo di seconda dell’avversario e la ceduta di prima in opposizione al filo di terza. Il meccanismo, veramente subdolo come evoca la stessa denominazione, consiste nell’assecondare inizialmente il filo dell’avversario per poi reagire tramite uno spostamento repentino del polso che produce la fuoriuscita della punta antagonista ed invece favorisce il nostro colpo.
Quasi dimenticavo, la lama dell’avversario che sta per giungere a bersaglio si può deviare in due modi: trascinandola al di fuori del nostro bersaglio e mantenendo con essa per un pur breve periodo il contatto e queste sono le cosiddette parate di tasto; oppure percuotendole durante la loro traiettoria e facendo divergere il colpo e queste sono le cosiddette parate di picco.
Ti rendi conto, amico mio, di che tipo di ragnatela può tessere con la propria lama lo schermitore che si difende!
Meno male che ci soccorre un principio basilare della teoria schermistica: ad ogni azione se ne può contrapporre validamente sempre un’altra.
E lo vedremo insieme tra non molto, quando parleremo delle azioni con finta.
La difesa, come ti immagini bene, ha un imperativo categorico: rendere nullo l’attacco dell’avversario.
Ma la storia non può e non deve finire solo così: in effetti per portare il suo attacco il nostro avversario ha dovuto abbandonare la sua guardia, ti ricordi, quella specie di castello dove era rintanato.
Ebbene quale occasione migliore di contrattaccarlo dopo esserci riusciti a difenderci?
Infatti, prendendo l’iniziativa, ha dovuto spostarsi in avanti, far svolgere al braccio armato alcuni movimenti e, facendo l’affondo o peggio ancora la frecciata, ha dovuto impegnare molta parte della muscolatura del suo corpo.
Diversamente noi siamo rimasti comodamente seduti in guardia, ancora in possesso di tutta la potenzialità dei nostri movimenti.
Dopo l’esito positivo di una parata è quindi opportuno, anzi il non farlo costituisce un errore grave, cercare di colpire a nostra volta l’attaccante; questo colpo si chiama risposta.
Certi meccanismi per eseguirla sono gli stessi dei colpi d’attacco: la risposta può essere semplice, cioè andare a colpire direttamente un bersaglio; può essere fintata per rendere nulla la controparata dell’attaccante; può essere eseguita a ferro libero, cioè abbandonando il ferro dopo la parata; oppure essere eseguita tramite il filo.
Tirala come ti pare, ma tirala: è una specie di vendetta dell’attaccato.
Bene, ora che conosciamo in dettaglio i meccanismi difensivi delle parate, rimettiamoci nell’ottica di coloro che desiderano svolgere un attacco su schermitori che appunto ricorrono alla difesa col ferro.
Se attacchiamo con azioni semplici, l’avversario ci para il colpo; quindi, se perseveriamo nella nostra convinzione di attaccarlo, dobbiamo escogitare qualcosa di diverso.
Cerchiamo di ragionare.
Se ad un nostro movimento l’avversario reagisce facendone un altro, potremmo attirarlo in una specie di trappola, pronti ad evitare il suo intervento difensivo e successivamente a colpirlo da un’altra parte.
Ormai hai già capito, stiamo parlando della finta.
Elementare, direbbe Sharlock Holmes: a questo punto possiamo solo fintare un’azione scegliendola tra tutte le azioni semplici che conosciamo, eludere la sua parata e finalmente portare indisturbati il nostro colpo.
Però c’è un piccolo problema, vero?
La cosa può funzionare solo se preventivamente sono a conoscenza del tipo di parata che l’avversario opporrà alla finta: in effetti ogni tipologia di parata, descrivendo specifiche traiettorie, necessiterà di altrettanto specifici movimenti elusori; in caso contrario la lama sarà comunque intercettata.
Infatti, se eseguirà una parata semplice, mi sarà sufficiente eseguire una cavazione: scosterò cioè la mia lama nel preciso istante quando transiterà quella avversaria; invece, se eseguirà una parata di contro, dovrò compiere un giro completo, anticipando il movimento circolare del ferro nemico.
Ti riassumo un po’: per attaccare con successo un avversario che si presume sia in grado di parare i nostri colpi semplici, è necessario innanzitutto verificare di che parata sia solito servirsi, poi bisogna innestare il meccanismo della finta che deve ovviamente risultare così veritiera da ingannare l’avversario e attirarlo nella trappola, al momento opportuno dobbiamo eseguire il necessario movimento elusorio già preventivato, infine, spianataci la strada, possiamo colpire il bersaglio scoperto.
Hai capito perché i trattati chiamano queste azioni composte?
Prima c’è una finta, poi un’elusione e infine il colpo.
Inoltriamoci ancora in questo terreno, indubbiamente complesso, ma tranquillamente percorribile con un buon filo di Arianna mentale.
Come t’immagini lo scambio di colpi tra i due schermitori può idealmente protrarsi all’infinito, avvicendandosi nel tempo le reciproche contrarie.
A questo proposito noi faremo come ogni buon trattato, che opportunamente si ferma al concepimento di due finte successive, configurando quelle che vengono denominate appunto azioni di doppia finta.
In effetti, se non possiamo ingannare l’avversario con una sola finta, è necessario eseguirne due.
Il meccanismo, come t’immagini bene, diventa sempre più complesso anche perché l’avversario con i suoi movimenti e la sua tempistica diventa sempre più un fondamentale coprotagonista dell’azione.
Se ci preoccupava il fatto di scoprire anticipatamente quale fosse la tipologia della sua parata, ora il problema si duplica; essendoci due meccanismi difensivi, le parate semplici e quelle di contro, le possibili combinazioni di due parate successive sono: entrambe semplici, entrambe di contro, la prima semplice e la seconda di contro, la prima di contro e la seconda semplice.
Mi raccomando, non t’impressionare e ricordati del filo di Arianna!
Comunque ti faccio un esempio concreto per comprendere meglio; ragiona per categorie e poi evoca l’azione prescelta, configurandola nella successione di parate che ti ho appena esposto.
Intanto ti ricordo ancora una volta che tutti i colpi semplici possono essere fintati e che una cavazione elude una parata semplice, mentre una circolata elude una parata di contro.
Considera ora il colpo dritto.
Prima ipotesi in cui l’avversario esegue due parate semplici: finta dritta e doppia cavazione.
Seconda ipotesi con due parate di contro: finta dritta e doppia circolata.
Terza ipotesi con una parata semplice ed una di contro: doppia finta dritta circolata.
Quarta ipotesi con una parata di contro ed una semplice: finta dritta circolata e cavazione.
Ora divertiti, magari da solo, con tutte le altre tipologie di finta; trasporta, come ti ho già detto prima, tutti diversi colpi nelle diverse categorie.
Hai capito da cosa nasce la dicitura tessere un colpo!
Facciamo ora un paio di salti indietro e torniamo a quel bivio concettuale davanti al quale ci eravamo fermati; ti ricordi?
Volendo effettuare un attacco, avevamo già esaminato il caso in cui ci proponevamo di prevaricare direttamente e subito la difesa dell’avversario, in pratica in questo caso lo consideravamo solo come un bersaglio, quasi passivo. Era questo il campo delle azioni di attacco semplice.
Ci siamo poi posti la questione di una reazione compiuta dell’antagonista ed anche in questo caso abbiamo già esaminato come comportarci in presenza di una sua difesa col ferro. Ed è questo il campo delle azioni con finta, semplice o doppia che sia.
Ci resta infine da parlare del caso in cui l’avversario si difenda con un comportamento tutto particolare, quello incentrato sul concetto dell’uscita in tempo.
Lo stesso nome evoca il meccanismo che è alla base dell’azione: non si attende più per intervenire, come nel caso della difesa col ferro, che l’attacco giunga nella sua fase conclusiva, al contrario si gioca d’anticipo, sviluppando un attacco sull’attacco.
Ovviamente, lo capisci bene, si tratta di un puzzle, di un gioco ad incastro: a determinate azioni d’attacco caratterizzate da certe peculiarità si può opporre una o più uscite in tempo idonee al caso.
Ci sono varie tipologie di uscita in tempo, andiamo a conoscerle.
Più di ogni altra uscita in tempo, il colpo d’arresto evoca quale filosofia stia alla sua base: la stoccata deve letteralmente interrompere lo sviluppo dell’attacco.
Il meccanismo non si risolve solo in un significativo anticipo temporale come principalmente viene concepito in una specialità realistica come la spada, ma si deve anche concretizzare, come ad esempio nelle armi convenzionali, in un’interruzione fisica del fraseggio schermistico dell’avversario.
Devi ricordarti a questo proposito di un concetto molto importante su cui ho già avuto occasione di parlarti: più complesso è l’attacco e quindi composto da più tempi tecnici, cioè da finte ed elusioni del ferro, più l’attacco è esposto all’interruzione perpetrata dal colpo d’arresto.
Già sai, perché ne abbiamo parlato nelle pagine precedenti, che eseguire un appropriato legamento sul ferro avversario procura notevoli vantaggi, come ad esempio la possibilità di eseguire un attacco tramite il meccanismo del filo.
Tuttavia questa ricerca nello spazio del ferro antagonista espone a certi rischi: l’avversario può intuire il movimento ed eluderlo preventivamente andando a colpire il bersaglio che proprio lo spostamento stesso ha lasciato scoperto.
Anche in questo caso si gioca d’anticipo.
Ti ricordo che il meccanismo di elusione è ovviamente condizionato dal tipo di ricerca del ferro operata dall’avversario: se effettuerà un legamento semplice, tu dovrai eseguire una cavazione in tempo, se invece effettuerà un legamento di contro, dovrai eseguire una circolata in tempo.
Ti ricordi dell’opposizione di pugno? Si, di quel meccanismo creato dal nostro pugno armato in corrispondenza della lama avversaria.
Ne abbiamo parlato come importante garanzia nella fase finale dell’espletamento del colpo d’attacco: grazie alla creazione di un angolo, la punta antagonista diverge dal nostro bersaglio, mentre la nostra va a colpire indisturbata.
Applica lo stesso concetto sull’attacco del tuo avversario e avrai eseguito una contrazione.
Per favorire la meccanica del colpo è opportuno spostarsi in avanti: in tal modo si favorirà l’ottimale configurazione spaziale del colpo e, sommando la propria velocità di spostamento a quella dell’attaccante, si abbrevieranno i tempi esecutivi.
Per non essere raggiunti dal colpo dell’avversario si può ricorrere al sotterfugio di sottrargli il nostro corpo, defilandolo opportunamente nell’istante immediatamente precedente l’impatto; contemporaneamente è possibile innestare un meccanismo per portare a nostra volta la stoccata vincente.
Ecco come puoi realizzare in pratica questi concetti.
Inquartata: verificato che l’avversario è solito portare i suoi colpi all’interno della tua guardia, sul suo attacco puoi scartare col tuo corpo all’esterno, portando il braccio armato ben in linea ed eseguendo un’opposizioni di quarta..
L’effetto desiderato è quello di evitare di essere colpiti e contemporaneamente di riuscire invece a colpire l’avversario per effetto del suo spostamento in avanti.
Passata sotto: verificato che l’avversario è solito portare i suoi colpi ai bersagli alti, sul suo attacco puoi abbassarti, accucciandoti, indirizzando il braccio armato ben in linea verso l’alto.
Anche in questo caso l’effetto perseguito è che l’avversario mandi a vuoto il suo colpo, infilzandosi contemporaneamente sulla nostra punta.
Torniamo ancora una volta indietro nei nostri pensieri: abbiamo appena visto e considerato che il nostro avversario può difendersi, oltre che con le parate, anche con le uscite in tempo.
Si pone quindi ora la questione, una volta assicuratisi che attui questo tipo di difesa, di come riuscire ad attaccalo.
E qui, mio caro, ti devo intrattenere su un concetto alquanto sottile, ma assolutamente indispensabile per portare chiarezza nei tuoi schemi mentali di schermitore, devo cioè farti capire la differenza tra due categorie di azioni, quelle cosiddette di prima intenzione e quelle di seconda intenzione.
Nel primo caso il principio è quello di riuscire a toccare subito l’avversario, lascia perdere se congetturiamo di farlo direttamente con le azioni semplici o indirettamente con quelle composte; il concetto è che cerchiamo di ingannare la difesa non dandole il tempo o almeno l’opportunità di realizzarsi compiutamente.
Nel secondo caso invece la questione base è che provochiamo la reazione difensiva, ne concediamo la realizzazione, per poi costruirci sopra il nostro colpo vincente.
Ora dobbiamo applicare ancora una volta una delle leggi fondamentali della scherma: esaminare il rapporto tra azione e reazione.
Quindi anche in questo caso dobbiamo sfruttare la precognizione basata sul meccanismo difensivo che innesca la nostra iniziativa d’attacco.
Se l’avversario esegue un’uscita in tempo, la nostra contraria non potrà che essere il cosiddetto controtempo.
Per comprendere il meccanismo indubbiamente complesso di questo tipo di azione ti faccio uno schema: colui che vuole attaccare non attacca in realtà, ma fa solo finta di attaccare – attende la reazione di uscita in tempo dell’avversario – neutralizza come già preventivato tale uscita in tempo – infine porta il definitivo colpo d’attacco sull’antagonista.
Il fraseggio comincia ad essere abbastanza lungo e basta una semplice distonia posturale o temporale da parte di entrambi i protagonisti per inficiare l’intera azione.
Ti soccorro con un esempio: percepito che l’avversario è solito tirare un colpo d’arresto sul mio attacco, inizio l’attacco senza portarlo a compimento o magari eseguendolo in modo imperfetto in modo tale da attirare ulteriormente l’antagonista nella trappola, appena sono in presenza del suo braccio in linea eseguo una presa di ferro e tiro il colpo sul bersaglio opportuno.
Caro mio, abbiamo già percorso molta strada nel campo della tecnica: nelle reciproche costruzioni di attacco e difesa ci manca da considerare un’ultima teorica possibilità , quella di chi subisce un attacco impostato sul controtempo.
In pratica lo schermitore si accorge che l’avversario non lo sta attaccando direttamente, ma tende solo a provocare la sua uscita in tempo per poi farne appunto preda del suo controtempo.
Per risolvere questo problema basta richiamare alla mente il fatto che la finta si può applicare a tutte le azioni, quindi anche in questo specifico caso.
Ecco lo schema: tutto ha inizio quando l’avversario, prendendo l’iniziativa, finta il suo attacco, a questo punto la nostra uscita in tempo non sarà reale ma solo fintata, in seguito si tratterà di attendere il suo movimento preordinato per neutralizzare il nostro colpo, la sua elusione ci spalancherà la porta su un suo bersaglio, alla fine si tratterò solo di vibrare il nostro colpo.
Quest’azione, denominata finta in tempo, costituisce il colpo più elaborato che i trattati sono soliti teorizzare, oltre c’è solo la fantasia degli scrittori di romanzi di cappa e spada; siamo alle soglie estreme della scherma praticata.
Per essere ancora più chiaro mi rifaccio all’esempio citato poco sopra circa il controtempo: percepito che il mio avversario marcia in controtempo cioè che costruisce il suo attacco su un mio colpo d’arresto, attendo l’inizio del suo falso attacco, appena questo viene sviluppato non eseguo il colpo atteso ma lo finto solamente, quando l’avversario va a ricercare tramite una presa di ferro la mia lama, eseguo prontamente una cavazione o una circolata in funzione della tipologia del suo legamento, infine vibro il colpo sul bersaglio lasciato scoperto dal movimento del braccio armato dell’antagonista.
Con la riga che hai appena letto siamo usciti dallo scibile schermistico relativo alle cosiddette azioni fondamentali.
Sussistono comunque altre e diverse situazioni relative sia alle posture errate dell’avversario, sia a rapporti tra le lame.
Entriamo quindi insieme nel mondo delle cosiddette azioni ausiliarie.
Esamineremo quelle che reputo più utili e più applicabili rispetto all’odierno modo di tirare di scherma: il filo sottomesso, la ripigliata, lo sforzo e il disarmo.
Quando ti ho parlato del legamento ti ho detto di prestare la massima attenzione al punto di contatto tra le due lame: i tuoi gradi forti, quelli vicino alla coccia, devono dominare quelli deboli dell’antagonista.
In effetti questa è la condizione necessaria affinché il braccio armato di chi effettua il legamento assuma la configurazione di leva fisica utile.
Chi non esegue il proprio legamento in tal modo crede erroneamente di poter dominare il ferro avversario: l’antagonista, a suo piacimento, può ribaltare in ogni istante la situazione e, impostando il prescritto rapporto tra i due ferri, può eseguire una felice azione di filo.
Anche questo colpo come il precedente è reso possibile da un errato comportamento dell’avversario.
In questo caso l’antagonista, dopo essersi validamente difeso, indugia e non risponde, concedendo all’attaccante una seconda chanche, consistente appunto in una ripresa dell’attacco originario.
Se il colpo è indirizzato allo stesso bersaglio viene denominato rimessa, se invece è indirizzato a quello opposto prende la denominazione di secondo colpo.
La dinamica spaziale della stoccata può essere duplice: se l’avversario dopo il primitivo affondo è a portata di braccio armato si effettua il colpo dallo stesso allungo; se invece l’avversario è arretrato, occorre ritornare in guardia con il piede sinistro e ripetere lo spostamento in avanti.
Sinora ti ho parlato di un duplice possibile contatto tra i ferri: il legamento che perdura per un apprezzabile periodo di tempo e la battuta che invece si risolve in una veloce percussione.
Ebbene, invero ne esiste un’ulteriore tipologia, quella dello sforzo: il meccanismo consiste nel relazionarsi al ferro avversario strusciandoci letteralmente sopra il nostro e provocando per effetto della dinamica fisica innestata (i nostri gradi forti su quelli deboli dell’avversario) una divergenza del ferro stesso.
Ricordati, non si vive di solo sforzo, ma conoscerne l’esistenza e applicarlo saltuariamente nelle situazioni opportune può dare insperati frutti.
Capisci bene che si fa così per dire, perché appena il presidente di giuria vede che uno dei due schermitori perde di mano l’arma deve subito interrompere per Regolamento l’assalto.
Capisco altresì che l’immagine ti può esaltare, ma ricordati che siamo sulla pedana di una sala di scherma e non sul set di un film di cappa e spada!
In effetti il disarmo si prefigge solo di far perdere momentaneamente a chi lo subisce il controllo completo dell’arma.
Il meccanismo è quello dello sforzo che abbiamo appena visto nel paragrafo precedente: tramite esso si possono eseguire il disarmo spirale a destra (partendo dalla quarta e divergendo all’esterno della nostra guardia), spirale a sinistra (partendo dalla terza verso l’interno della nostra guardia) e verticale (dalla terza verso il suolo).
Rarefacendosi sulle pedane il contatto tra le lame, ovviamente questi tipi di colpo diventano sempre più obsoleti.
Lo scandaglio ed il traccheggio
Lo scandaglio è un mezzo d’indagine sulle propensioni difensive dell’avversario e si attua fintando l’attacco per registrare le sue reazioni.
Il traccheggio è un mezzo per nascondere la propria iniziativa d’attacco e si attua con tutta una serie di movimenti dissuasori attuati siaq con il corpo sia con il braccio armato
Con le ultime righe che hai letto siamo giunti ai confini della galassia tecnica schermistica.
Il cammino che abbiamo percorso insieme non è stato breve, ma diciamolo tranquillamente non è stato nemmeno lunghissimo.
D’accordo, siamo andati un po’ di fretta per rispettare i proponimenti che ci eravamo fatti, ma anche allungando il discorso e riproponendoci magari l’esempio di ogni colpo su tutte e quattro le linee d’attacco – difesa esistenti, lo scibile schermistico si rivela abbastanza contenuto, soprattutto rispetto alle fantasie dei neofiti e di chi ignora totalmente la Scherma.
E allora è il contorno ambientale che moltiplica le situazioni, le opportunità e le controindicazioni: sono il tempo e lo spazio che rappresentano specifici contenitori, è l’avversario sempre diverso e che può alternare diversi comportamenti a rappresentare un’infinita casistica, è l’alterno e accidentale sviluppo di una situazione di punteggio assalto per assalto a rappresentare un divenire continuo.
I temi che ora affronteremo sono solo accennati, sono solo degli input parziali che si prefiggono una tua partecipazione attiva: lasciando mano a mano il mondo della tecnica, che appartiene al mondo dell’oggetto, entro in punta di piedi nella personalizzazione della conduzione del match; siamo nel tuo mondo esclusivo, dove attraverso scelte, idee e fantasie tu hai il diritto – dovere di costruire giorno per giorno il tuo modo di tirare di scherma.
Molte, anzi moltissime sono le diverse accezioni di tempo che devi conoscere per riuscire a sfruttare al meglio ogni opportunità sulla pedana.
Innanzitutto c’è il tempo cronologico, connesso all’esecuzione dei tuoi gesti tecnici, ne abbiamo già parlato, te ne ricordi: movimenti in successione, come ad esempio la precedenza di punta rispetto all’utilizzo delle gambe, e movimenti in sincronia, come ad esempio la linea coincidente con il passo avanti nel cosiddetto attacco camminando.
Poi c’è il tempo tecnico, che è l’unità di misura di tutte le azioni schermistiche: ad esempio la botta dritta consta di un solo tempo, mentre una finta dritta e cavazione ne ha tre, quello della finta, quello dell’elusione del ferro avversario e infine quello del colpo vero e proprio.
Il tempo caratterizza la categoria della tua azione, che può essere a tua scelta di tempo o in tempo, come abbiamo già considerato quando abbiamo parlato dell’attacco in genere.
Il tempo è molto importante anche nell’ottica di una sua oculata scelta in occasione del tuo attacco, lo abbiamo già detto: ovviamente è più proficuo attaccare l’avversario nell’istante in cui appaiono ridotte le sue capacità difensive.
Il tempo è anche attesa, cioè saper aspettare con pazienza l’istante più opportuno per effettuare una certa azione..
Il tempo può essere interpretato anche nella sua accezione di anticipo: pensa ad esempio ad un colpo d’arresto che si prefigge d’interrompere il divenire di un attacco composto dell’avversario.
Il tempo può essere preparazione: ad esempio quando, prima di decidere di scatenare un proprio attacco, si studia un avversario non conosciuto e si verificano con lo scandaglio le sue tendenze difensive.
Il tempo si presta anche ad un’interpretazione tattica, quando il proprio punteggio viene messo in relazione allo scadere regolamentare del match.
Anche lo spazio può essere oggetto di numerose interpretazioni.
Innanzitutto dal punto di vista posturale: ogni assetto dello schermitore, sia complessivo che di ogni sua singola parte , può essere più o meno funzionale in relazione alla sua qualità; ad esempio stai pure in guardia come la torre di Pisa… poi vedrai come andrà a finire sulla pedana
Lo spazio poi può essere recepito come dinamico: è questo il caso della cosiddetta misura, degli spostamenti in avanti e all’indietro, della proiezione verso l’avversario tramite l’affondo o la frecciata ed è il caso delle reciproche evoluzioni dei ferri nella tessitura del loro fraseggio schermistico.
Lo spazio può essere riferito ad alcune coordinate tecniche, come ad esempio la linea direttrice o ai quattro siti relativi alle linee di attacco e di difesa.
Lo spazio riguarda anche i bersagli validi, ovvero le parti corporee ritenute idonee, se raggiunte, all’attribuzione della stoccata; in questa accezione risalta il concetto di superficie e di angolo d’impatto dei colpi.
Lo spazio ha inoltre un significato di contenitore, nel senso di delimitare il campo dello scontro, comminando vari tipi di sanzioni in relazione alle violazioni del campo stesso.
Lo spazio ha infine una valenza tattica, cioè la misura e le distanze diventano dei veri e propri paradigmi dei vari tipi di colpo prescelto: ad esempio quando sei riuscito a portare il tuo avversario in prossimità del suo limite posteriore, quando lo incalzi ulteriormente puoi star certo che indietro non potrà più andare e quindi, prevedendo una sua uscita in tempo, potrai costruire un idoneo controtempo.
Se prima ti ho parlato del tempo e dello spazio separatamente, ora affrontiamo il tema del rapporto tra queste due entità, cioè della velocità: la velocità in Fisica è lo spazio fratto il tempo.
Scommetto che il pensiero immediato che si formato nella tua mente è del tipo: è veloce chi fa presto.
Innanzitutto non scordare mai che sulla pedana si disputa di volta in volta una gara di velocità a due ed il risultato è sempre relativo: in effetti rispetto ad un certo avversario puoi apparire una lepre, mentre rispetto ad un altro puoi sembrare una lumaca.
Detto questo, lo studio e la verifica della velocità dell’avversario è ciò che determina innanzitutto il tipo di misura che devi cercare d’imporre e in seguito condiziona l’opzione tra attacco semplice e attacco composto.
Devi comprendere un’altra cosa fondamentale: la velocità non è soltanto e solo il frutto di un’adeguata massa muscolare: ovviamente essa è importante, ma la velocità dipende anche da altri fattori.
Innanzitutto dalla traiettoria dei tuoi gesti tecnici: a parità di velocità, una traiettoria più breve consente ovviamente tempi di percorrenza più brevi; pensa ad esempio ad una cavazione stretta attorno al ferro avversario, rispetto ad una molto più larga.
La velocità dipende anche dalla qualità delle posture che realizzi: ad esempio un braccio naturalmente disteso impatta il bersaglio prima di un braccio flesso.
Tieni anche presente che una specie di moltiplica della velocità si ottiene tramite la cosiddetta scelta del tempo, di cui ti ho già parlato.
C’è un’altra osservazione della massima importanza sulla quale voglio attirare la tua attenzione: sulla pedana non c’è solo un tipo di velocità, ma due, quella assoluta e quella relativa.
Lo schermitore si deve infatti adeguare a due diverse ed opposte situazioni.
Quando decide di eseguire un’azione di attacco semplice o effettua una parata e risposta deve affidarsi alla massima velocità che riesce ad esprimere, l’essenza del colpo infatti risiede appunto nella rapidità di esecuzione.
Invece quando svolge un’azione composta deve inizialmente adeguarsi alla velocità di reazione dell’avversario sollecitata appunto tramite la propria finta: infatti deve attendere l’arrivo della parata per poterla eludere e solo dopo questo movimento del suo ferro, quando si sarà spianata la strada verso il bersaglio, potrà esprimere appieno la massima capacità di spostamento in avanti che riesce personalmente ad esprimere.
Devi capire un’altra cosa fondamentale: nella velocità di esecuzione di un qualsiasi gesto tecnico esiste un punto di rottura, oltre il quale la velocità influisce in modo negativo sull’esecuzione del gesto stesso, inficiandone l’efficacia e quindi il risultato finale; sarebbe come partecipare ad una corsa automobilistica ed essere il più veloce di tutti…per poi uscire prima del traguardo ad una curva!
Cerca quindi di essere il più veloce possibile, ma cerca di mantenere sufficientemente corretto il tuo gesto tecnico.
Ogni stoccata, semplice o complessa che sia, necessità di un suo ambito spaziale per potersi esprimere.
A questo proposito una prima osservazione: tutti danno per scontato che i due schermitori non sono in grado di potersi colpire se sono separati da una distanza eccessiva; sicuramente in numero minore sono coloro che altrettanto ovviamente si rendono conto che una distanza troppo angusta sorte lo stesso effetto.
In effetti tutte le volte che la misura risulta inferiore alla lunghezza del braccio armato insorge la difficoltà di riuscire a colpirsi.
La situazione è nota come corpo a corpo: d’altra parte il Regolamento contempla che il Presidente di Giuria interrompa il combattimento solo nel caso in cui constati, data appunto la vicinanza tra i due, l’impossibilità di svolgere una compiuta azione schermistica.
Ma sino all’alt dell’arbitro, amico mio, devi essere competitivo e non puoi certo lasciare l’iniziativa solo al tuo avversario.
Quindi eccoti poche ma buone regole da applicare in questo frangente.
Innanzitutto allena la tua appercezione: cioè vigila sulla stoccata con tutti i tuoi sensi.
Se sei nell’ottica giusta controlla l’accensione della tua luce sull’apparecchio – verifica acusticamente il suo trillo – affidati alla sensibilità del tuo tatto per capire se hai impattato il bersaglio – in ultima analisi, se hai dei dubbi, continua anche sei forse hai già toccato… tanto poi ti ferma comunque l’arbitro.
Da un’ottica tecnica ti consiglio vivamente di non cercare di allontanarti dal un corpo a corpo con il tuo avversario, anzi semmai cerca di accentuarlo come fanno i pugilatori sul ring per ottenere il break: allontanandoti e cercando peraltro di colpire comunque l’antagonista t’impegneresti in due attività, mentre al tuo avversario lasceresti solo il compito di cercare di toccarti.
In secondo luogo per accorciare la lunghezza del braccio armato, che rappresenta l’impedimento al colpo, ovviamente non puoi che ricorrere al piegamento più opportuno delle articolazioni del polso, del gomito e della spalla, accartocciando letteralmente il corpo sempre col fine di recuperare spazialità al tuo colpo.
Non ti preoccupare dell’estetica, in questi frangenti, più che in ogni altro, l’importante è toccare!
Ricordati che l’esito del match è anche il risultato di una statistica: se crei un numero di opportunità di toccare maggiore rispetto a quello che riesce a realizzare il tuo avversario, sicuramente hai più probabilità di uscire vittorioso dal confronto.
Spazialità del colpo significa anche applicazione di un idoneo avvicinamento all’avversario e scelta del bersaglio più opportuno: ad esempio significa sviluppare un attacco camminando solo se lo richiede l’effettiva necessità di avvicinamento, perché, non te lo scordare mai, appropinquarsi troppo al bersaglio rende spesso difficoltoso portarci poi sopra il colpo, soprattutto se si tratta di un colpo di punta.
Per cui, tirando di sciabola e di spada, devi discernere oculatamente il tipo di misura in relazione al bersaglio che ci ti prefigge di raggiungere e viceversa: la presenza in queste due specialità dei cosiddetti bersagli avanzati deve indurti ad indirizzare il colpo su quello spazialmente più idoneo.
Non mi vorrai mica far credere che, trovandoti a portata di affondo rispetto al bersaglio grosso ovvero al tronco del corpo, cercheresti invece di colpite il suo polso o il suo avambraccio!
Così facendo incorreresti in due errori clamorosi: il primo concettuale, in quanto preferiresti cercare di colpire un bersaglio più piccolo mentre nelle stesse condizioni spaziali potresti cercare di colpirne uno più grosso; il secondo in quanto per portare la stoccata, vista l’estrema vicinanza, non solo non potresti colpire a braccio disteso, ma addirittura dovresti piegarlo al gomito per recuperare lo spazio necessario appunto per la spazialità del colpo.
Situazione assurda e alquanto incresciosa, assolutamente da evitare.
Non ti fare impressionare dai paroloni del titolo, dietro c’è un concetto molto semplice, che potrei riassumerti con un celebre detto popolare: chi la fa l’aspetti.
Voglio dire che una stessa azione può ovviamente essere congetturata ed eseguita alternativamente dai due contendenti: uno pone in essere certi gesti tecnici e l’altro deve contrapporsi con la cosiddetta contraria e, magari un attimo dopo, la situazione si ribalta in quanto chi ha subito un certo tipo di azione la esegue a sua volta e l’antagonista di conseguenza deve adeguarsi.
A questo proposito sono convinto che mettere in relazione in modo pregresso le due attività non può che portarti ad una migliore consapevolezza tecnica: ad esempio, se cerco di legare il ferro dell’avversario, devo mettere in preventivo una sua elusione in tempo, perché sarebbe proprio quello che magari effettuerei io stesso se a legare il ferro fosse l’avversario.
Questa particolare attenzione sicuramente ti metterà in condizione di valutare per ogni gesto tecnico, dal colpo più semplice a quello più complesso, tutti i pro e i contro, ovvero le opportunità e tutte le rispettive controindicazioni.
La costruzione della tua frase schermistica, stanne sicuro, diventerà senz’altro più consapevole.
Tutti noi qui sulla terra abbiamo un amico inseparabile e non solo nella scherma: si tratta dell’errore.
Ma, se mi perdoni il bisticcio di parole, si può anche errare sull’errore.
Mai sentito il detto “sbagliando s’impara”?
Ragioniamoci insieme: l’errore nella fase di apprendimento può rappresentare un prezioso strumento; si tratta solo di rapportarci a lui con una dote umana, purtroppo diventata sempre più rara, l’umiltà.
In effetti l’errore mi permette di capire dove e perché sbaglio, dandomi quindi l’opportunità di perfezionarmi.
Quindi niente sterile aspetto censorio, soprattutto a cura di chi insegna, ma desiderio di analisi, di verifica e di miglioramento.
Rispolveriamo il solito esempio veloce veloce che puoi fare anche subito: mettiti in guardia e sposta quasi tutto il peso del tuo corpo su una delle due gambe; prova poi a spostarti in quella direzione; potrai verificare che, variando l’equilibrio, passerai dall’assoluta impossibilità di muoverti ad una sempre migliore facilità di spostamento.
Tramite un errore, pur indotto, hai scoperto uno dei pilastri fondamentali della postura di guardia… ora, facendo questi esperimenti su te stesso, cercherai di correggerti al meglio?!
Sai quale deve essere una delle maggiori doti per lo schermitore?
Quella di saper catalogare gli avversari.
Quando affronti qualcuno sulla pedana, se lo hai già precedentemente incontrato, ovviamente lo conosci già e sai quale misura impostare, sai le sue tendenze difensive e come ama attaccare.
Questa conoscenza pregressa è importantissima, sia perché ti risparmia la fase di studio sull’antagonista, sia perché, almeno in teoria, dovresti già conoscere i suoi lati deboli del tuo avversario.
La situazione comunque è ovviamente reciproca.
Al di là di questo ricordo di tipo personale, legato quindi ad uno specifico avversario, devi cercare di ampliare il tuo archivio, rendendolo impersonale.
In tal modo, tirando ad esempio con un antagonista molto più alto di te, partendo dalle tue informazioni pregresse, racimolate magari combattendo contro quel tale tuo compagno di sala, riuscirai a fruirne anche contro ogni antagonista con le medesime caratteristiche.
In fin dei conti, ti sei reso conto che le variabili costituite dai tratti fisici e dalle scelte tecniche di chi devi affrontare in pedana non sono infinite?!
Non sono certo poche, ma con una paziente opera di archiviazione, progredendo nella tua formazione di schermitore, potrai mano a mano disporre di un utilissima fonte di informazioni per orientare il tuo comportamento sulla pedana.
Non ti preoccupare eccessivamente di questo: è un’attività spesso inconscia, che quindi si innesta quasi a livello subliminale.
Io ho voluto parlartene proprio perché a me queste cose non le ha dette mai nessuno; spero solo che ti possano essere utili.
Il concetto di schema sembra che sia più calzante per uno sport di squadra come ad esempio la pallacanestro o il calcio.
Io invece ti devo dire che è proficuamente applicabile anche alla scherma, soprattutto in una specialità pragmatica come la spada, che, come sai, è svincolata nel giudizio della stoccata da obbligatorie concatenazioni teoriche di colpi.
Vuoi un esempio?
Messo a fuoco che il tuo avversario non è propenso al colpo d’arresto, al momento giusto tenti di colpirlo con un colpo al piede.
I casi ovviamente sono due: o riesci a portare con successo la tua stoccata oppure no.
Comunque vadano le cose, sorti tuttavia un effetto molto importante, cioè che ora il tuo avversario, in attesa di una ripetizione dello stesso colpo,con molta probabilità ti sta aspettando al varco per tirarti un colpo d’arresto.
Ebbene, quale occasione migliore per fintare un nuovo attacco al piede per poi effettuare un controtempo sulla sua uscita in tempo?
Se le cose sono andate per il verso giusto ti trovi già in vantaggio sul due a zero.
Non solo: avrai anche e comunque mostrato al tuo avversario di saper applicare un ventaglio di azioni contro le quali si può difficilmente trovare a priori una sicura contraria; …non dovrebbe più capirci nulla!
Di schemi se ne possono fare tanti, adattandoli alla proprie caratteristiche fisiche e tecniche.
Perché non provi a farlo anche tu?!
Non ti alambiccare troppo la testa, come diciamo qui a Firenze: la differenza tra questi due termini è alquanto labile.
Invero la tattica attiene più ad una fase episodica degli eventi, mentre la strategia riguarda l’esito finale di un certo divenire.
Se ti fidi di me, quello che è importante capire in questo campo è che sulla pedana non si può combattere a vanvera, senza cioè cercare di seguire un determinato piano, cioè un filo logico.
Lo stesso concatenarsi dei colpi dovrebbe, dico dovrebbe, tener presente il precedente storico del match: non dovresti ad esempio cadere due volte sulla stessa parata dell’avversario, se attacchi più volte e ti prendi la stoccata dovresti smettere di attaccare o, viceversa, se stai perdendo e subisci l’avversario, devi reagire tentando l’attacco, se l’avversario ti esce in tempo è inutile continuare a fare azioni composte… e così via.
A questo proposito tieni conto di una cosa: ogni stoccata non solo vincente, ma anche solo tentata, svela il suo meccanismo e quindi può, anzi deve, fornire a chi l’ha subita una chiave di lettura per impostare le fasi successive dell’assalto.
Elaborare un certo tipo di contraria è talvolta il frutto di un’impostazione tattica, prendi ad esempio l’esecuzione di un controtempo: pressi e assali l’avversario proprio con la precisa finalità di scatenare la sua reazione basata su un’uscita in tempo, la metti in preventivo per neutralizzarla e costruirci sopra il tuo colpo finale.
Per contro essere in vantaggio nel computo delle stoccate e, cercando di conservarlo, far trascorrere il tempo è un tipico esempio di strategia finale.
Quindi, se mi concedi un’estrema schematizzazione: la tecnica costituisce il modo con cui colpire l’avversario, la tattica è lo scenario in cui si svolge l’azione, la strategia è l’utilizzo di tutto ciò che può supportare il raggiungimento della vittoria nel match.
Non ti fermare quindi alla sola tecnica: sulle basi della tua esperienza, cioè di quello che accumuli tutte le volte che combatti sulla pedana, ragiona, elucubra, rifletti, fantastica… tra l’altro, oltre l’indubbia utilità che comporta, questo è uno dei divertimenti accessori dell’attività schermistica.
Desidero approfondire un tema che ti ho appena accennato poco sopra.
Non voglio credere che tu possa pensare che la successione delle stoccate che si alternano sulla pedana sia casuale: in effetti dovrebbe essere l’assoluto contrario.
Un colpo, che riesca o anche che non riesca a raggiungere il bersaglio, svela comunque a chi lo subisce ciò che ha in mente e riesce ad eseguire l’esecutore; questo sia in fase di attacco (chi si difende ora conosce una modalità di attacco), sia in fase di difesa (chi attacca ora conosce le modalità di difesa dell’altro ).
Di conseguenza l’esecuzione di un colpo successivo dovrebbe trovare l’antagonista più consapevole e pronto a rispondere adeguatamente; ad esempio ora cerco di parare il tuo colpo d’attacco o, all’inverso, ora faccio una finta per eludere una tua parata.
Quindi, almeno in teoria, le azioni, congetturate ed eseguite ovviamente da schermitori di un certo livello, dovrebbero succedersi con una certa logica progressiva; quantomeno in un’alternanza di colpi diversi su diversi bersagli.
Ecco questo, a parer mio, significa innanzitutto saper condurre l’assalto.
Ma non è tutto, anzi, siamo solo all’inizio.
Condurre un assalto significa anche calarlo consapevolmente ed in modo utile nelle due dimensioni dove esso si svolge, cioè nello spazio e nel tempo.
Di queste due entità abbiamo già parlato, qui si tratta di fare solo qualche esempio concreto.
Spazio vuol dire avere ancora la possibilità di retrocedere oppure essere sul punto di uscire dalla linea posteriore ed essere quindi penalizzati con una stoccata; oppure, nell’ottica contrapposta, spazio significa spingere l’avversario fuori pedana.
Tempo significa tenere d’occhio lo scorrere dei secondi e mettere in relazione il nostro punteggio con il residuo periodo regolamentare di combattimento.
Impostare bene un assalto comporta anche dare la massima importanza allo scambio delle prime stoccate, che possono condizionare, in un senso o nell’altro, lo svolgimento di tutto il match.
Condurre uno scontro, nelle due ottiche contrapposte, comporta anche saper gestire un vantaggio o tentare in modo idoneo e quindi non precipitoso un recupero.
Condurre un assalto significa anche saper gestire le proprie risorse atletiche, alternando quindi periodi di attività più o meno intensi.
Sei mai stato in una cabina di volo di un aereo?
Io no, comunque so che è piena di strumentazioni di ogni tipo, che danno la possibilità di controllare tante situazioni essenziali al volo.
Ebbene la situazione sulla pedana è la stessa: come fa il pilota, così lo schermitore deve continuamente tenere d’occhio l’aggiornamento di tutta una serie di dati, che gli sono indispensabili per impostare nel migliore dei modi il prosieguo del suo combattimento e costruire letteralmente la sua vittoria.
La formazione dello schermitore
Potresti chiedermi: ma in fin dei conti come fa uno schermitore ad evolversi, quali sono i modi migliori per diventare sempre più competitivi?
E con questo hai fatto centro, amico mio: il fine ultimo di tutta la preparazione dello schermitore è quello di diventare sempre più forte e avere, di conseguenza, sempre più probabilità di battere l’avversario che gli si para contro, in sala o a qualsiasi gara cui possa partecipare.
La nostra disciplina richiede a chi la pratica una partecipazione ad ampio raggio di tutto il suo essere globale, coinvolgendo ogni aspetto del suo corpo e delle sue attività mentali.
Guardiamo un po’ insieme.
Dalla prestazione fisica ti devi aspettare: un veloce supporto ai tuoi spostamenti spaziali di ogni tipo, grande destrezza nel senso di capacità di adeguamento dei tuoi schemi motori alle mutevoli situazioni posturali di pedana, reattività ovvero possibilità di rispondere adeguatamente in tempi brevi alle iniziative del tuo avversario, infine resistenza alla fatica.
Tutti questi obiettivi, ovviamente con il limite delle tue potenzialità personali, li puoi raggiungere attraverso una seria, costante e guidata preparazione atletica.
Dalla preparazione tecnica ti puoi aspettare: la progressiva conoscenza di tutto lo scibile della teoria schermistica e la capacità di effettuare i colpi, sia di attacco che di difesa, realizzandoli, anche in questo caso, con una progressiva e crescente qualità esecutiva.
Questi obiettivi li puoi perseguire innanzitutto tramite la lezione con il maestro, ma un apporto notevole può essere garantito anche dai cosiddetti esercizi a coppia con un tuo compagno di sala, esercizi che riproducono una dimensione intermedia tra quella caratterizzata dal rapporto ideale con l’insegnante e quella invece realistica con l’avversario.
Dalla tua progressiva esperienza ti puoi aspettare: una crescente capacità di focalizzare la giusta contraria con cui contrapporti all’antagonista, la possibilità di ambientare sempre al meglio la tua condotta di gara sotto l’ottica dei principi tattici e strategici, la naturale crescita di un tuo personale modo d’interpretare la scherma.
Dalla tua progressiva crescita come persona ti puoi aspettare: una capacità di controllare le tue emozioni, d’informare le decisioni che prendi ad un’oculata valutazione delle diverse situazioni, di gestire sempre al meglio le tue risorse di qualsiasi natura siano, di equilibrare la tua personalità.
Dalla tua intensità partecipativa alla preparazione, infine, non potrai attenderti null’altro di ciò che potrai verificare inoltrandoti mano a mano nell’attività agonistica: fatti guidare soprattutto da una genuina passione per la scherma in sé per sé e vedrai che nessun risultato agonistico, anche il più deludente, potrà mai causare la tua disaffezione per il nostro mondo.
Questo, caro amico, te lo auguro di tutto cuore.
Mi dispiace deluderti, ma nella scherma di trucchi non ce ne sono.
Almeno io, dopo circa cinquant’anni di militanza, non ne ho scoperto alcuno.
Ne abbiamo appena parlato nel precedente paragrafo: il pragmatico epilogo di ogni match dipende da un mixer molto variegato di componenti: la tua preparazione atletica, il livello della tua evoluzione tecnica, la tua personalità, il tuo coraggio o la tua sfrontatezza, l’istante in cui competi, i tuoi carismi, il rapporto con le pari qualità dell’avversario e, buon ultimo, talvolta anche un pizzico di fortuna.
Quindi non trucchi, ma sudore, pazienza, volontà e dedizione; in una sola parola amore per la scherma.
Ecco perché ti devi regolare da solo.
Dopo qualche stoccata ti penzola la lingua?
Allora fai più ginnastica.
Non ci capisci nulla contro un certo avversario? Allora studialo con l’aiuto del tuo maestro.
Ti mancano coraggio e determinazione?
… fatteli venire, combattendo quanto più puoi.
Se vuoi diventare uno schermitore non devi mentire a te stesso: devi amare il combattimento, la disputa, lo scontro.
E non mi parlare di voglia di vincere!
La cosa è talmente ovvia che non voglio sprecare fiato (pardon inchiostro) su questo superfluo argomento.
Certo che vincere è bello ed utile: si ottiene gloria, successo, popolarità e oggi, in certi casi, anche una fonte di sostentamento.
Ma non scordarlo mai, lo schermitore deve amare prima battagliare, poi guarda l’esito dello scontro; altrimenti la Scherma sarebbe un mezzo e non uno scopo.
Questo, amico mio, è il mio personale pensiero quando ripenso alla mia piccola porzione di gloria agonistica che sono riuscito a racimolare nella mia pur breve e disinteressata militanza sportiva.
L’ultimo messaggio che ti voglio lanciare al termine di questo cammino che abbiamo percorso insieme riguarda l’essenza della nostra disciplina.
Non è bello solo tirare di scherma, è bello anche studiarla, parlarne, confrontarsi e rifletterci sopra: capisci ora cosa mi ha mosso a impegnarmi in questa fatica letteraria?!
Non credere che tutto ciò sia solo materia da maestri.
Smentiscimi, se puoi: quando sali sulla pedana e dopo il saluto ti cali la maschera, con il ferro in pugno sei solo contro il tuo avversario di turno… sei tu il maestro di te stesso!
Ora distendo idealmente in avanti la mia lama verso di te e ti saluto… voglio andare a divertirmi in pedana scambiando qualche botta con i miei amici.