Traduzione: La strategia nell’assalto di scherma


 

Introduzione

Considerazioni generali 

Esperienza e strategia

La contraria

La conduzione dell’assalto

Strategia in relazione alla tecnica

La strategia nella postura di guardia

La misura

Diverse tipologie di misura

Il raddoppio

Meccanica delle azioni

La pedana come luogo strategico

Alternanza attacco / difesa

Attacco

Schemi di difesa

Il Tempo

Lo spazioherma e la strategia

Schemi strategici

Commiato

 

 

 

 

 

Introduzione

            Dopo La Didattica nell’insegnamento della tecnica schermistica e La Didattica nell’insegnamento della Tattica schermistica incombeva su di me giocoforza un obbligo, diciamo sistematico: La Strategia schermistica, come  un’indotta trilogia.

            Non più ottica didattica, ma semplicemente e solamente strategia: tecnica e tattica invero sono oggetto di studio e di approfondimento armi alla mano sulla pedana, ma la strategia, come dottrina dei fini ultimi, talvolta  è impalpabile e i suoi parametri sono sovente umbratili, come piaceva dire a Giordano Bruno.

            In effetti, come vedremo nel corso di questo specifico studio, lo schermitore va oltre l’utilizzo del suo braccio armato, va alla ricerca di tutto ciò che può utilizzare per lo scopo per cui combatte, cioè sconfiggere il suo avversario.

            Tutto questo è possibile in quanto la nostra disciplina è veramente poliedrica, come poche altre riescono ad esserlo: la tecnica che costituisce allo stesso tempo un vero e proprio mondo delle idee platonico e un’appendice ai celebri Elementi di Euclide –  la tattica che è la versione pragmatica della teoria finalizzata al successo di ogni singola stoccata – il tempo nelle sue innumerevoli sfaccettature – lo spazio anche lui nelle sue multiformi accezioni – l’interiorità dello schermitore con la sua razionalità e le sue emozioni – le mutevoli situazioni dello sviluppo del match – il Regolamento che riguarda l’aspetto comportamentale dello scontro sulla pedana – l’equipaggiamento ovviamente standardizzato.

            Un’arte (o una scienza) antica la strategia; i grandi condottieri della storia erano molto attenti allo scenario del campo di battaglia: sceglievano il terreno più idoneo al rapporto di forze con l’avversario, cercavano di essere addirittura in vantaggio di sole, preparavano un’eventuale via di fuga e quant’altro; e cosa dire degli assedi alle fortificazioni, dove spesso tutto entrava in gioco, lasciando solo alla fine l’uso delle armi.

            Lo schermitore, pur nella sua limitata dimensione di scontro, ha la possibilità di servirsi di tutta una serie di accorgimenti ed espedienti, che talvolta possono costituire la chiave di volta del suo successo: ciò è il distillato della sua esperienza di pedana, che ha accumulato assalto dopo assalto, quasi stoccata dopo stoccata.

            La strategia viene dunque a costituire un prezioso valore aggiunto al suo potenziale tecnico – tattico: la capacità di coordinare a suo favore tutto ciò che caratterizza e costituisce l’habitat dello scontro, la possibilità di utilizzare qualsiasi anfratto situazionale a proprio pro.

            Questo con l’ovvia precisazione che la mancanza dell’attuazione di una propria strategia non solo priva lo schermitore di una componente essenziale per raggiungere la vittoria, ma che di conseguenza lo espone anche pericolosamente ad una potenziale strategia messa in campo dall’avversario.

            Ciò che segue è il mio personale sforzo alla ricerca, come dicevo poco sopra, di questo prezioso valore aggiunto, necessario alla piena maturazione di ogni schermitore, qualsiasi sia il suo valore.

                                                                                                        M° Stefano Gardenti

a Firenze nell’undicesimo mese del 2021

 

 

Considerazioni generali

            Come abbiamo appena detto, lo scontro sulla pedana è globale ed ognuno dei contendenti mette, o dovrebbe riuscire a mettere, sul suo piatto della bilancia tutto ciò che possiede.

            Innumerevoli sono i campi e gli anfratti della nostra disciplina, per cui cominciamo a vagliare singolarmente tutti i singoli settori che possano presentare interpretazioni strategiche; passeremo in un secondo momento ad evidenziare poi i sinergismi tra diversi settori, alla ricerca di qualche utile loro combinato disposto.

            Non nascondiamo la difficoltà di questa indagine che molto spesso si aggirerà in zone diafane dove regnano, come abbiamo appena sopra detto, innumerevoli tonalità di grigio: da schermitore, quale sono ancora almeno nel mio intimo, assumo la difficoltà come stimolo e spero di produrre pagine che possano veramente arricchire il paziente lettore; in effetti in molte zone dove si muove chi combatte sulla pedana ci sono alcuni veli che spero proprio di riuscire a sollevare.

            D’altra parte nessuno schermitore potrà sentirsi mai completo: la sua onesta intellettuale lo porterà sempre a mettersi in doverosa discussione con se stesso, qualunque sia il suo palmares; anzi sarà proprio la qualità di quest’ultimo a rappresentare il vero sprone a spingersi sempre oltre al consentito, ultra vires dicevano i nostri padri latini. Questa è una prima fondamentale strategia di rapportarsi a se stesso.

            Preparazione atletica, lezione tecnica, assalti di allenamento; oggi pesistica, guida psicologica, riflessologia e nutrizionista; domani chissà!

            Tutto ciò messo nello shaker dell’allenamento, per qualcuno addirittura quotidiano; tutte componenti di un’unica omnicomprensiva sostanza finale, la strategia d’assalto: corpo, mente e interiorità protese inscindibilmente insieme al rispetto di leggi quasi non scritte; tutto per il fine escatologico della prevaricazione finale ai danni dell’avversario di turno; avversario sempre cangiante nelle sue caratteristiche fisiche e tecniche, quindi sempre nuova ricerca di orientamenti strategici acconci per accostarsi e poi gestire la sfida.

            In effetti nulla è più variabile della strategia, un abito che lo schermitore deve velocissimamente indossare e poi, all’occasione, dismettere per ripresentarsi con vesti diverse.

            Quindi ecco un’altra importante considerazione di partenza: non esiste solo una strategia, ma innumerevoli strategie in funzione delle numerose variabili che caratterizzano lo svolgimento di un match sulla pedana.

           

 

Esperienza e strategia

            Ognuno ovviamente ha il proprio percorso esperienziale, che ovviamente cresce e si arricchisce con il passare del tempo e della pratica schermistica.

            Credo che il primo passo importante da compiere sia quello di oggettivare questo percorso, ovvero di non relegarlo solo a livello di insieme di istintualità, ma invece di eleggerlo e di organizzarlo con struttura di sistema; una specie di salvadanaio di conoscenza progressiva, di piccolo tesoretto di informazioni di diverso genere, destinato a diventare una specie di RAM informatica che soprassiede a tutti gli accadimenti di pedana.

            Quindi, a mio parere, la prima fonte strategica dello schermitore è costituita dalla propria esperienza, piccola o grande che sia: situazioni gara dopo gara, match dopo match, quasi stoccata dopo stoccata.

            Ci sono indubbiamente delle leggi, delle regole, dei consigli che costituiscono più o meno un sistema strategico condivisibile, ma il primo significativo passo è quello di diventare, magari inconsapevolmente, stratega di se stesso.

            Se sei in significativo vantaggio, allora non attaccare – Se il tempo regolamentare sta scadendo e sei in vantaggio, allora cerca di “perdere tempo” –  Se attaccando ti sei preso sempre parata e risposta dell’avversario, allora non attaccare più – Se, lasciando l’iniziativa all’avversario, stai perdendo, allora prendila tu – …

            Queste “strategie” di pedana probabilmente non ha fatto in tempo il maestro ad insegnartele: hanno supplito l’esperienza non solo di gara, ma anche e soprattutto i più frequenti assalti con i compagni di sala.

            Parimenti l’evitare un’eccessiva foga in pedana, soprattutto se sei in svantaggio di punteggio – come anche iniziare l’assalto in modo prudente per cercare di non partire con il piede sbagliato, per poi dover inseguire il punteggio  –  come il non “buttar via” l’ultima stoccata decisiva per la vittoria, pazientando invece per prepararla a dovere  –  come il non darsi mai per vinto, perché talvolta in pedana possono accadere dei miracoli – come il non voler chiudere l’assalto subito, senza attendere invece il momento più propizio  –  come il non ripetere la stessa identica azione senza aver fatto passare qualche istante perché possa “cancellarsi” dalla mente dell’avversario  –  come il non ripetere la stessa parata rivelatasi insufficiente ad evitare la stoccata antagonista, alternandola con un’altra metodologia difensiva o almeno cambiando la tipologia di parata – …e la lista potrebbe tranquillamente proseguire.

            In tutti questi frangenti lo schermitore si è trovato talvolta da una parte e talvolta dall’altra, per cui non può aver cancellato le tracce sul rigido della sua “memoria”.

            Queste singole esperienze concorrono sicuramente col tempo a fornirgli una specie di piano di battaglia, pronto sempre ad essere mutato con il responso del punteggio che si evolve. Quanto più si evolve tanto più è fornito di diversi piani di battaglia tanto più veloce e variegata è la sua possibilità di cambiare il cosiddetto “gioco”.

            Il maestro sicuramente ti aiuta in questa costruzione logica: ti può talvolta consigliare qualcosa di nuovo, può affinare qualche concetto e criticarne qualcuno; ma, in fin dei conti, sei e resti tu lo stratega che dopo l’a voi inizia, conduce e poi conclude il match.

            Questa, a mio parere, è l’intima essenza della strategia schermistica; torno a dire non sempre verità assolute uguali per tutti, ma principi molte volte dipendenti dalle caratteristiche fisiche – tecniche e caratteriali del singolo combattente. Non una strategia, ma mille!

 

 

La contraria

            Il valore di uno schermitore si può ottenere tramite la valutazione di molti parametri; tra questi uno della massima importanza è costituito dalla capacità di reperire in tempi brevi la celebre contraria, ovvero il colpo idoneo ad annichilire l’attacco o la difesa antagonista.

            Ad una prima lettura la contraria viene soprattutto recepita nel suo appariscente valore tattico, in quanto suo diretto compito è quello di trovare la giusta strada tecnica per far giungere la propria punta e/o lama su un bersaglio dell’avversario; è il contingente, l’immediato, ciò che si prefigge di realizzare nello scontro sulla pedana.

            Ma, subito dopo, non possiamo certamente trascurare l’utilizzo della contraria come importante e flessibile strumento strategico.

            Per quanto riguarda la nostra difesa tutto dipende ovviamente dall’operato del nostro antagonista: se vuole cascare nuovamente sulla stessa nostra identica efficace parata e risposta, si accomodi pure!

            Per quanto riguarda invece il nostro attacco ecco che emerge la possibilità di gestire strategicamente il precedente, vale a dire ciò che è avvenuto nell’ambito dell’ultima stoccata.

            In effetti, messo a segno un colpo vincente, come abbiamo ricordato qualche riga sopra, è vivamente sconsigliabile reiterarlo immediatamente, in quanto l’avversario potrebbe stare sull’avviso, pronto ad applicare a sua volta la giusta contraria a sua volta premeditata. Strategicamente è quindi necessario lasciar trascorrere un certo lasso di tempo prima di tentare nuovamente lo stesso percorso tecnico, nella speranza che l’antagonista ne abbia perso l’attuale memoria.

            La procedura vale per un secondo identico tentativo, poi ovviamente il tempo da far intercorrere per un’ulteriore ripetizione del colpo cresce progressivamente in modo geometrico; comunque, poi resta una spina infilata nella difesa antagonista e questa situazione può favorire la costruzione di una nuova contraria modellata appunto su questa aspettativa.

            Quindi l’intera gestione strategica del settore contraria è di fondamentale importanza; ma attenzione, non solo quello che concerne il da farsi, ma anche in modo paritario il non da farsi. In effetti, sotto questa prospettiva, la prima cosa che uno schermitore deve perseguire tecnicamente è quella di non commettere due volte lo stesso tipo di errore, fornendo così all’avversario un colpevole vantaggio.

           

                      

La conduzione dell’assalto

            Dopo aver speso qualche riga sullo specifico concetto di contraria, esaminiamo lo scontro di pedana da una prospettiva più ampia.            

            Uno degli elementi strategici fondamentali è quello della conduzione dell’assalto, cioè della gestione complessiva delle proprie risorse, siano esse di natura fisica, tecnica, psicologica o di altro genere.

            Ovviamente stiamo parlando di uno schermitore già sufficientemente maturo, in possesso di un discreto bagaglio tecnico, ben preparato fisicamente, emotivamente controllato e dotato di una certa esperienza.

            Due sono le condizioni per poter cominciare a gestire strategicamente un proprio match: la conoscenza di se stesso e il possesso del maggior numero di dati relativi all’avversario che ci si trova davanti.

            Il primo punto si basa su un raggiunto equilibrio psicologico raggiunto tra i due limiti rappresentati da un lato da una propria sopravvalutazione e dall’altro da una propria sottovalutazione; in concreto si basa sulla consapevolezza di riuscire o meno a realizzare con sufficiente correttezza tecnica un determinato colpo offensivo e/o difensivo.

            Il secondo ha due fonti: una conoscenza pregressa dell’avversario o l’utilizzo del cosiddetto scandaglio, cioè una serie di finte e di provocazioni per cercare di carpire i tempi di reazione dell’avversario e le sue risposte difensive tecniche più spontanee.

            Il compito dello schermitore è poi ovviamente quello di mettere in relazione i dati che rispecchiano le sue caratteristiche con i dati che invece caratterizzano il suo avversario; ovviamente l’avvicendarsi di antagonisti diversi costringerà sempre a nuove reciproche valutazioni.

            A questo punto si evidenzieranno due tipologie di possibili applicazioni tecniche: quelle da cercare di attuare ovviamente nel migliore dei modi e quelle assolutamente da evitare a priori.

            Con lo svolgersi del match compariranno sul desktop dello schermitore altri numerosi dati, quali l’analisi dell’accaduto, il giudizio tecnico sull’avversario, l’esito della verifica di eventuali errori commessi, la constatazione di un calo di rendimento fisico, la situazione di punteggio, l’approssimarsi della fine del tempo regolamentare e quant’altro.

            Lo schermitore deve avere la preparazione mentale acconcia per potersi svincolare dal contingente, ovvero dall’ottica squisitamente tattica che lo sta impegnando per la ricerca della stoccata in palio; deve invece prestare attenzione anche a tutti quei dati di contorno, che abbiamo cercato di elencare non certo esaustivamente poco sopra; chi riesce nel corso del match ad alzare la testa e a prendere in esame questi dati accessori potrà cercare di pilotare meglio gli accadimenti, che, così facendo, con maggiore probabilità lo porteranno al successo finale.

 

 

Strategia in relazione alla tecnica

          Come abbiamo detto nell’introduzione, la tecnica costituisce un mondo a sé, fatto di idee, concetti e processi appunto tecnici.

            Tuttavia, a mio parere, sono ravvisabili alcuni suoi settori in cui è possibile ravvisare degli aspetti strategici; si tratta di fare alcune considerazioni di carattere generale che prevaricano anche l’aspetto tattico e mettono in relazione la tecnica direttamente con elementi di diversa natura.

            Per esempio esiste un istante, antecedente al vero e proprio scandaglio, dove lo schermitore, ictu oculi, può già disporre di alcuni elementi di natura strategica.

            Innanzitutto la comparazione tra la propria statura e quella del  suo avversario, dato dal quale può già farsi un’idea del rapporto tra le reciproche velocità; in seconda battuta può già avere incontrato l’avversario in precedenti match o averlo visto già competere in pedana, per cui esso non appare come assoluta tabula rasa, ma ha già alcune sue configurazioni tecniche specifiche: è un paratore, è uno che esce in tempo, è uno che non attacca mai e quant’altro.

            Tuttavia, come ben sappiamo, tutte queste informazioni sono di carattere squisitamente relativo, in quanto una buona percentuale del tipo di scherma che si utilizza in pedana è anche il prodotto dell’incontro tra le proprie caratteristiche e quelle di un certo tipo di avversario. Secondo me è riduttivo pensare che uno sia un paratore costante… uno non attacchi mai …o cose simili: ciò sarà al limite una valutazione statistica dei dati tecnici prodotti dall’effettivo scontro sulla pedana.

            Passiamo ora al cosiddetto effetto sorpresa, che ha un altissimo valore strategico e non solo nel match di scherma.

            In un primo caso esso può essere attuato quando uno dei due schermitori è riuscito a cloroformizzare l’avversario appunto con la monotonia di una specifico movimento dissimulatorio, detto in gergo tecnico traccheggio: si batte di quarta, di quarta e di quarta ancora e poi invece si effettua una presa di ferro di terza e filo.

            Poi c’è un effetto sorpresa di altro genere: un antagonista si è dimostrato votato paratore e paratore e ancora paratore; poi invece spiazza l’avversario con una fulminea uscita in tempo. Il tutto quindi si basa sul mantenimento per lunghe fasi dell’incontro di un’impostazione tattica costante, per poi, appunto all’improvviso, passare una tantum ad una tattica completamente alternativa.

            Della stessa natura è il ricorso al cosiddetto raddoppio, che consiste notoriamente nel congiungimento dei due piedi prima di esprimersi in allungo; in tal modo si ottiene una maggiore espressione spaziale nell’avvicinamento all’avversario pari alla primeva distanza esistente tra i due piedi posizionati nell’originaria postura di guardia.

            In effetti il ricorso a tale sotterfugio deve essere del tutto eccezionale, in quanto, se invece fosse applicato costantemente, l’avversario registrerebbe a proprio vantaggio la misura di sicurezza. Quindi, diciamo un certo numero di affondi ordinari e poi uno all’improvviso di raddoppio.

            Altri esempi più specifici saranno citati poco appresso, quando prenderò in considerazione l’attacco e la difesa.

            Insomma l’essenziale è capire che anche la sola alternanza nel tempo di un certo tipo di tattica può costituire un’importante arma strategica messa a disposizione dello schermitore per cercare di confondere, almeno per quanto è possibile, le idee dell’avversario: è necessario non dare a quest’ultimo pericolosi punti di riferimento delle nostre iniziative sia in attacco che in difesa.

            Già è necessario, come già affermato altrove, rivelare il nostro gioco tutte le volte che riusciamo a toccarlo; quindi dobbiamo assolutamente, se mi è concessa l’espressione, mescolare bene le nostre carte tecniche dopo ogni stoccata, sia o meno andata poi a buon fine.

            Avere a questo proposito diversi schemi tattici da alternare, come vedremo in seguito, aumenta notevolmente le nostre possibilità di affermazione. Si tratta, diciamolo ancora, di variare strategicamente la tecnica nel suo impiego tattico.

 

  

L’impugnatura

          A ben pensare anche una cosa inanimata come l’impugnatura di un’arma può consentire allo schermitore l’utilizzo di una strategia.

            Naturalmente siamo nella specialità della spada e stiamo parlando dell’impugnatura di tipo francese ovvero di quella cosiddetta liscia; in effetti né l’unica tipologia del manico della sciabola, né tantomeno quello di conformazione anatomica permettono simili considerazioni.

            Tutto si incentra nella nota possibilità di poter allungare il proprio braccio armato: infatti in questo caso la spazialità, acquisita grazie all’impugnatura allungata sul manico, si traduce in precedenza temporale soprattutto in occasione dei colpi d’arresto; ciò è connesso in modo diretto all’unica regola di combattimento esistente per i triangolari, ovvero la precedenza temporale del proprio colpo rispetto a quella dell’avversario.         Ma il potere strategico del manico non si concretizza con un costante uso monovalente di questo tipo, altrimenti resteremmo in un ambito squisitamente tattico; bensì con l’alternanza dell’altro modo di potersi relazionare con l’arma, cioè a piena mano. Sarà la situazione di pedana a suggerire l’atteggiamento migliore da adottare; torniamo a dirlo, le stoccate si succedono una dietro l’altra e quindi l’impugnatura ha una valenza squisitamente tattica, ma la visione d’insieme dell’incontro, quella prettamente strategica, consente appunto di variare anche più volte: ad esempio in caso di vantaggio di punteggio un braccio armato più lungo favorirà senz’altro la ricerca di un sospirato colpo doppio, mentre in caso di svantaggio una presa a mano piena favorirà le prese di ferro e filo a tutela maggiore dei propri bersagli.

            Ciò del resto è uno dei principi fondamentali della teoria schermistica: non ci sono scelte definitive e migliori rispetto ad altre, ma si tratta solo di capire i vantaggi e parimenti gli svantaggi di dette scelte.

            Scendendo nel particolare: il manico francese, come abbiamo detto poco sopra, allunga significativamente il proprio braccio armato, ma parallelamente limita la qualità delle azioni sul ferro sia di attacco che difensive e costituisce un grosso handicap negli ormai frequentissimi corpo a corpo, dove il problema è proprio costituito dal poter accorciare il proprio arto armato. Invece il manico anatomico favorisce lo schermitore in queste due ultime situazioni tecniche, ma nulla aggiunge a madre Natura circa la lunghezza del proprio braccio.

            Ecco il valore strategico del manico francese: è una potenziale variabile a disposizione di chi combatte e si trova in una particolare situazione.

            Comunque da non sottovalutare anche la questione dell’alea tecnica dell’avversario, che nella costruzione del suo colpo non ha mai un riferimento fisso circa l’utilizzo dell’arma di chi ha di fronte, in quanto l’impugnatura può essere variata di continuo e velocemente: l’unico limite è costituito dalla norma del Regolamento che ne vieta espressamente il pur parziale lancio durante gli istanti topici del match.

            Prima di realizzare qualsiasi iniziativa è quindi consigliabile gettare un’occhiata sul tipo di impugnatura adottata dall’antagonista, anche se quest’ultimo, nel continuo gioco pirandelliano delle parti, può repentinamente cambiare la sua presa.

           

           

La strategia nella postura di guardia

            La presenza dei cosiddetti bersagli avanzati suggerisce agli sciabolatori e agli spadisti, differentemente dai fiorettisti che invece non ne presentano, una particolare postura del braccio armato nell’impostazione della propria guardia.

            In effetti in queste due specialità ci si deve preoccupare di tutelare il polso e l’avambraccio dai colpi dell’avversario: l’arto armato abbandona il parallelismo con la sottostante linea direttrice e si pone, pur leggermente, all’esterno del corpo, nella cosiddetta guardia di terza.

            Il dettame tecnico qui assume valori strategici in quanto la geometria dei colpi non trova quella simmetria tra esterno ed interno comune, come appena sopra detto, per i fiorettisti. In effetti la linea di attacco esterna è già preclusa in partenza e solo un’acconcia azione di finta che abbia come risposta una parata di tasto può quindi violarla, in quanto una parata di contro andrebbe subito a coprire dalla stessa parte il bersaglio minacciato.     Ne consegue quindi che nelle due specialità in oggetto il teatro delle azioni dovrebbe svolgersi in modo preponderante sulle linee interne. Ovviamente, questo ce lo dimostra poi la realtà dei colpi tirati sulla  pedana, questo non è un valore assoluto; comunque, più che in linea teorica, almeno statisticamente questa è un’induzione strategica della surricordata guardia di terza.

            Una particolare considerazione può poi essere fatta per la spada: la punta, tramite un acconcio angolo al polso, viene posta non in direzione del bersaglio grosso del tronco, bensì verso quello dell’interno del braccio armato antagonista. Lo scopo è quello di tenere sotto costante minaccia la linea d’attacco interna dell’avversario, che, magari producendosi senza cautela in un avvicinamento spaziale, potrebbe andare letteralmente ad infilzarsi sulla punta antagonista senza che quest’ultima faccia nulla di particolare: tutto si basa sulla geometria del rapporto spaziale tra le due lame.

            In questo caso l’aspetto strategico consiste nel costringere colui che intende portare un attacco a farsi carico di distogliere la minacciante punta dell’avversario.

            Ciò comporta ovviamente un proseguo che è più strategico che non tattico: in effetti, se si presume una quasi necessaria azione sul proprio ferro, allora si può essere pronti ad effettuare un’azione di cosiddetto svincolo, cavazione o circolata che sia; la punta dell’avversario, impegnata in queste necessarie traiettorie spaziali, ritarda, ovviamente per il tempo necessario a realizzarle, a generare il pericolo del colpo e quindi diventa ancor più soggetta alla possibilità di un acconcio colpo d’arresto da parte dell’attaccato.

            Ciascun spadista in guardia di terza quindi tende a configurare davanti ai propri bersagli una specie di campo minato di natura tecnica, cioè in buona sostanza crea una barriera di natura strategica che obbliga l’attaccante a determinate e prevedibili contromisure.

            Ecco il perché, a differenza delle armi convenzionali molto più arrembanti, nella spada l’attacco viene molto più meditato e più raramente applicato.

 

   

La misura

            Come sappiamo nella scelta e nell’attuazione della distanza che separa i due schermitori intervengono vari fattori, tra cui in modo preponderante la capacità di spostamento e, nel caso specifico della difesa, la reattività.

            Uno dei primi elementi da prendere in considerazione per impostare sin da subito strategicamente al meglio lo scontro è quello del rapporto tra le fisicità dei due contendenti: altezza, relativa lunghezza del braccio armato ed infine stazza.

            Naturalmente ogni tipo di corporatura ha le sue caratteristiche: lo schermitore di bassa statura in genere sarà dotato di una discreta velocità proprio in dipendenza delle caratteristiche del suo corpo – quello molto alto avrà lunghe leve, ma normalmente si muoverà con maggiori difficoltà – il normotipo tenderà ad avere delle prestazioni standardizzate rispetto ai suoi simili – quello fuori peso pagherà indubbiamente un grosso dazio alle sue capacità motorie e così via.

            La dinamica della variazione della misura ha un aspetto tattico, che è quello connesso in genere all’esigenza di raccorciare la distanza con i bersagli prima di intraprendere l’attacco.

            Ma nell’accezione più generale e soprattutto nell’ondivaga esigenza di accorciarla o di romperla, la misura ha una natura squisitamente strategica: la sua funzione è quella di ottimizzare e di saper gestire lo spazio in tutte le contingenze che si possono venire a creare sulla pedana.

            In effetti è sufficiente pensare a quando due schermitori si incontrano per la prima volta: il sospetto reciproco li porta ad utilizzare una misura anche più lunga del necessario e occorreranno magari alcuni lunghi istanti per poterla registrare al meglio.

            Poi, soprattutto in caso di una marcata differenza di altezza tra i contendenti, si scatenerà su di essa una vera e propria battaglia per l’attuazione di quella più consona a ciascuno dei due, battaglia che non sarà altro che il necessario vestibolo tecnico per poter impostare le reciproche azioni d’attacco. Chi saprà imporre la propria misura avrà sicuramente le migliori probabilità di uscire vittorioso dal match.

            In effetti quest’ultima si potrà gestire strategicamente: una misura oltremodo garantista permetterà magari un reciproco studio senza correre alcun pericolo oppure concederà un possibile intervallo nell’intensità del combattimento, una misura registrata in modo acconcio permetterà una minima distanza di preventivata sicurezza, una misura ulteriormente più corta sarà invece il giusto prodromo per scatenare una propria iniziativa d’attacco.

            Quindi la misura non solo come oggettivo elemento spaziale o come duttile strumento tattico per l’espletamento del colpo, ma anche come fondamentale capacità dello schermitore per gestire strategicamente il match e le sue diverse possibili evoluzioni di punteggio.

 

  

Diverse tipologie di misura

          L’esistenza nella sciabola e nella spada dei surricordati bersagli avanzati ci induce ad ulteriori specificazioni.

            In effetti, la misura, concretizzandosi in pratica nella distanza tra i bersagli dei due contendenti, in presenza di una bipartizione degli stessi solleva alcune problematiche.

            Lo schermitore che vuole sviluppare un attacco deve prima doverosamente rapportare il proprio spostamento in avanti rispetto al bersaglio che si prefigge di raggiungere, perché potrebbe commettere degli errori in plus o in minus tali da interdirgli o comunque complicargli spazialmente il colpo: se è a misura di allungo rispetto ai bersagli avanzati, non potrà colpire il bersaglio grosso se non tramite il passo avanti affondo – se invece è già a misura di allungo rispetto al tronco del corpo, per colpire i bersagli avanzati non potrà utilizzare l’affondo, ma solo l’allungamento del proprio braccio armato.

            Questa geometria ovviamente vale per uguali estensioni dell’arto; invece nel caso di marcate differenze della sua lunghezza pone delle problematiche a colui che risulta essere il più corto.

            In effetti, mentre il più dotato può tranquillamente indirizzare un colpo diretto al tronco dell’avversario, quest’ultimo è costretto a recuperare la minore spazialità cercando invece di colpire il bersaglio avanzato antagonista. Dico “cercando” in quanto la superficie d’impatto nel primo caso risulta alquanto più estesa di quest’ultimo.

            Ecco che quindi, in caso di presenza sulla pedana di due avversari di diversa lunghezza del braccio armato, chi è più “corto” può (e in qualche caso deve) farsi carico di un maggior rischio rispetto alla natura del bersaglio dei suoi colpi.

            Questa sua capacità tecnica verrà a costituire un elemento di indubbia valenza strategica a sua disposizione durante lo sviluppo di tutto l’assalto.

            E non sarà poi alla fine tanto il numero di stoccate che tatticamente sarà riuscito a portare felicemente in tal modo, quanto, se mi passate l’espressione, lo “spauracchio” tecnico che sicuramente avrà condizionato non poco l’avversario, soprattutto nel casi in cui l’avversario sia meno abile nella precisione di punta necessaria per poter raggiungere gli esigui bersagli avanzati.

           

              

Il raddoppio

            Come sappiamo il raddoppio è un meccanismo delle gambe che permette di guadagnare nello slancio di attacco la primeva distanza tra i due piedi in guardia; in effetti è stato sufficiente congiungerli prima di andare in affondo.

            E’ facilmente intuibile che, se lo schermitore utilizzasse in modo costante questo potenziamento del suo allungo, dopo la prima o comunque al massimo dopo la seconda stoccata, l’avversario registrerebbe la sua capacità di spostamento in avanti e per il futuro il suo utilizzo non procurerebbe alcun risultato utile.

            Diversamente può accadere se l’uso del raddoppio viene diluito nel tempo, ovvero se lo schermitore non lo applica costantemente: invero se l’utilizzo non è solo tattico, ma anche strategico, allora la sorpresa dello spostamento più lungo espresso può sortire nuovamente il suo benefico effetto.

            Questo significa che una soluzione tecnica può assumere due valenze: quella immediata e a breve che porta magari alla sospirata stoccata è di natura tattica; mentre quella a più ampio respiro, risolta appunto nello spalmare nel tempo il suo uso, assume una natura essenzialmente strategica.

 

   

Meccanica delle azioni

            Ho già richiamato la vostra attenzione sul fatto che, a mio parere, l’applicazione statistica di un’opzione tecnica prevarichi il suo immediato contenuto tattico, ovvero legato alla finalità della singola stoccata, e che invece rappresenti un significativo valore strategico.

            In effetti la teoria schermistica ha elaborato delle meccaniche relazionali tra le lame che più delle altre offrono la garanzia di portare il colpo e simultaneamente di garantirsi rispetto a quello potenziale dell’avversario.

            Fughiamo subito un dubbio: non esiste ovviamente il colpo perfetto in sé, diciamo come quello delle famose cento pistole o quello forse più celebre dei Gonzaga – Newer, un colpo tanto per dire che, se comunque ben eseguito, garantisca sempre l’esito felice della stoccata; ci mancherebbe altro! La scherma diventerebbe, tra l’altro, molto monotona!

            Il senso invece, come mi sono permesso già di esprimere nelle precedenti righe, è statistico: vale non per la singola stoccata, ma per la legge dei grandi numeri.

            Mi spiego con un primo esempio: la maggior parte delle azioni nel loro espletamento possono entrare o meno in contatto con la lama avversaria, cioè essere sul ferro o a ferro libero, ma solo una offre, in teoria come nella pratica, una garanzia aggiunta: sto parlando dell’azione di filo, che notoriamente si espleta utilizzando il ferro antagonista come binario per giungere a bersaglio e, cosa che ci interessa da vicino, proprio per il meccanismo che mette in campo sorte l’effetto di far divergere progressivamente la lama dell’avversario verso l’esterno dei bersagli di chi opera il filo stesso; in effetti per il principio fisico del cuneo più avanziamo, più il ferro antagonista diverge.

            Un secondo esempio è quello del cosiddetto angolo al polso, cioè quello che si ottiene inclinando il pugno armato in corrispondenza alla linea occupata dalla lama avversaria; anche in questo caso, pur in presenza di una botta a ferro libero, si ottiene di realizzare una specie di barriera che preserva i nostri bersagli dall’eventuale incontro con la punta antagonista. Detto in breve: se tiro una botta dritta col pugno normale, posso essere raggiunto dal colpo dell’avversario, se invece realizzo l’opposizione di pugno sono geometricamente protetto.

            Ovviamente queste provvidenziali garanzie tecniche possono essere realizzate dallo schermitore non solo in attacco, ma anche in difesa: in effetti dopo il felice esito di una parata, la risposta può essere portata di filo, sortendo gli stessi desiderati effetti di protezione.

            Cosa vuol dire questo che lo schermitore deve utilizzare solo il filo ed eseguire ripetute opposizioni di pugno su tutte le linee? Assolutamente no, perché in tal modo tra l’altro contraddirebbe il principio fondamentale strategico di continuare a variare il proprio comportamento tecnico per non dare riferimenti fissi all’avversario.

            Lo ribadisco, il concetto dell’utilizzo statistico di un certo tipo di meccanica sconfina nella strategia: sia sufficiente pensare a certe situazioni di pareggio nel punteggio, alla vicinanza dello scadere del tempo regolamentare o nel tirare in una data arma (argomenti che affronteremo a suo tempo).

 

  

La pedana come luogo strategico

            Come sappiamo la pedana regolamentare è lunga 14 metri, ma altrettanto bene dovremmo sapere che non tutti i suoi luoghi hanno la stessa valenza strategica: la parte centrale è quella di maggior libertà in quanto può essere applicata una delle tecniche difensive più diffuse statisticamente, cioè l’arretramento sia sulla pressione dell’avversario, ma anche in caso dello scatenamento del suo attacco – esiste poi una parte di pre-allarme costituita dalla porzione di spazio che è il vestibolo prima dell’ultimo metro regolamentare a disposizione: qui lo schermitore comincia a percepire la carenza di spazio all’indietro e di conseguenza doverosamente cerca di applicare una controspinta per guadagnare del prezioso spazio  –  la porzione finale della pista costituisce la famosa “ultima spiaggia”, in quanto, sorpassandone il limite, si perde, senza la possibilità di controbattere, la stoccata sotto forma di sanzione.

            Naturalmente questi “luoghi” vengono vissuti con diversi stati d’animo: chi  effettua la spinta vuol fruire del fatto di “mettere alle corde” l’avversario, riducendone la facoltà di spostamento spaziale; chi invece è soggetto alla spinta vuole recuperare la sua libertà di movimento. In effetti, se intendiamo la misura che separa i due contendenti come un segmento, quest’ultimo tende a raccorciarsi sull’incalzare dell’uno in quanto l’altro ha difficoltà di arretramento.

            Tatticamente (e non strategicamente) si pressa il contendente affinché ad un certo punto quest’ultimo sia costretto a venire avanti in attacco; poi la tecnica schermistica offre un ventaglio di soluzioni per neutralizzare questo attacco, come ad esempio una parata e risposta, un controtempo o addirittura un’uscita in tempo; ma d’altra parte, la stessa teoria schermistica offre pari armi concettuali per sfuggire a chi attua la pressione, armi come l’attacco con finta oppure la finta in tempo; ma l’attacco può essere anche al limite prodotto da chi pressa con l’intento di sfruttare la sorpresa.

            Insomma si viene a costituire uno stato di fatto dove in genere prevale chi ha più vigile appercezione tra i due contendenti e soprattutto chi ha più senso della misura; questo almeno per la legge dei grandi numeri.

            Ma dov’è che in queste situazioni si transita dalla tattica del singolo colpo, come abbiamo affermato poco sopra, alla strategia?

            Sicuramente quando qualcuno ha interesse, ad esempio in situazione di svantaggio di punteggio in vista dello scadere del tempo regolamentare, a giungere al più presto al “reddere actionem” dell’ultimo metro; oppure quando uno dei due contendenti ha avuto, tramite la conquista di un precedente colpo, la certezza o anche la semplice impressione di essere favorito in questa speciale situazione spaziale.

            D’altra parte, la stessa Storia, quella con la S maiuscola, insegna che quasi tutte le grandi battaglie sono state vinte dal generale che è riuscito ad imporre al nemico la sua scelta del terreno. Ecco perché è pura strategia quella di riuscire a portare l’avversario nella porzione di pedana più idonea per preparare e svolgere un certo tipo di colpo.

  

  

Alternanza attacco / difesa

            I due maxi – contenitori della teoria schermistica, come sappiamo, sono due: l’attacco e la difesa o, se dobbiamo esprimerci in termini concettualmente più esatti, la determinazione di attacco e la reazione a questa iniziativa (in effetti nel caso degli attacchi di seconda intenzione e nel controtempo si possono ingenerare pericolose confusioni).

            Attaccare significa esporsi, cioè uscire dalla guardia e andare alla ricerca della stoccata, ma parimenti godere anche di indubbi vantaggi, come la sorpresa, la scelta della meccanica del colpo, l’opzione del bersaglio e, nelle armi cosiddette convenzionali, anche la precedenza nella ricostruzione del fraseggio ai fini dell’attribuzione della stoccata.

            Difendersi, significa dover interpretare in tempi brevissimi le intenzioni dell’avversario, adattarsi ai suoi schemi tecnici e contrapporre un’idonea contraria e, se tutto è andato per il meglio, alla fine poter finalmente lanciare di rimando la propria stoccata: una risposta nel caso di una riuscita difesa col ferro oppure un’idonea uscita in tempo sull’attacco avversario stesso.

            Ovviamente strategicamente nessuna delle due rappresenta l’opzione migliore: in effetti è tutto un gioco di comparazione e d’incastro con le caratteristiche dell’avversario; l’ottimo è sicuramente alternarle con i dovuti tempi  e modi nel corso del match.

            Intendiamoci si può benissimo vincere un match solo attaccando o per contro solo difendendosi, ma in questo caso sicuramente ci mette lo zampino un avversario alquanto sprovveduto.

            In effetti ogni attacco rappresenta un tentativo e solo alla fine del fraseggio schermistico (e non è nemmeno detto) si ha la prova della sua positività o meno.

            Entra qui in gioco una doverosa capacità di analisi da parte dello schermitore e la sua strategia ovviamente è dettata dal risultato: una stoccata vincente è senz’altro da riproporre, anche se è necessario ovviamente interporre un certo periodo di tempo in quanto l’avversario si sarà reso conto della meccanica del colpo – una stoccata perdente apparentemente è da non riproporre, però, se la sua esecuzione sarà stata valutata come mal eseguita, può essere ritentata, anche in questo caso dopo un certo lasso di tempo.

            Con questo abbiamo incidentalmente evidenziato un altro principio strategico, ovvio ma comunque importantissimo: ogni stoccata proposta da uno dei due schermitori, che sia o no andata a buon fine, è rivelata all’avversario, che in genere l’annota sulla scheda personale che ha intestato al nostro nome; l’importanza del precedente storico sulla pedana, soleva dirmi un mio maestro.

            Lo stesso andamento del punteggio del match può influire sul libero arbitrio dello schermitore, indeciso se attaccare o difendersi.

            Il primo caso è quello statistico: se uno schermitore risulta sempre toccato dall’attacco dell’avversario cui non riesce a far argine, perdere per perdere doverosamente deve giocare con logica l’altra carta in suo possesso, cioè deve anticiparlo tramite un proprio attacco.

            Un altro caso è rappresentato da un congruo vantaggio accumulato da un contendente rispetto all’altro, ciò a prescindere dalla tipologia delle azioni pregresse: il primo non ha particolari motivazioni per rischiare l’attacco e in genere preferisce far trascorrere il tempo; il secondo invece è costretto al recupero e deve osare di più, soprattutto quando la lancetta del tempo regolamentare si avvicina sempre più al suo limite finale.

            Un altro caso ancora è quello della parità di punteggio sul finire del  match: nella totalità dei casi una vera e propria guerra dei nervi, dove, se sbagli, esci di scena.

            Un buon stratega inquadra ogni colpo nel divenire mutevole del match e, valutando i pro ed i contro, sceglie tra attacco e difesa la soluzione che statisticamente può dargli maggior probabilità di successo.

            Le stesse caratteristiche tecniche e le regole di combattimento delle tre specialità influiscono e non poco sull’opzione attacco/difesa; ma affronteremo questo argomento nelle prossime pagine.

 

 

Attacco

            A parte alcune eccezioni, delle quali parleremo poco appresso quando tratteremo delle diverse specialità della scherma, la strategia dell’attacco sembra consistere nel …non attaccare!

            Ancora nei miei turbinati echeggia il perentorio consiglio urlato più volte dal maestro da bordo pedana: non attaccare, aspettalo in parata; e, per conferma, ricordo che il consiglio attacca, attacca giungeva solo quando il tempo regolamentare stava  per finire e mi trovavo in svantaggio.

            In effetti attaccare, come abbiamo già detto altrove porta i suoi vantaggi, ma, se riflettiamo bene, mentre la nostra azione è delineata e ben definita nella sua unicità, la risposta tecnica del difensore può essere molto differenziata, spaziando dalla classica difesa col ferro, a quella di misura, a quella mista ferro – misura e addirittura al ventaglio delle uscite in tempo.

            Le motivazioni per attaccare devono quindi essere alquanto valide e non per nulla la Convenzione schermistica premia l’attaccante con la priorità nella ricostruzione dell’azione ai fini dell’attribuzione della stoccata; una conferma indiretta arriva anche dalla specialità della spada, dove le regole pragmatiche di combattimento rendono parsimonioso il ricorso all’attacco.

            Ovviamente queste non sono affermazioni categoriche, ma si rifanno alla statistica, quindi con tutte le eccezioni del caso.

            L’attacco comunque è un opzione e quindi va sfruttata ovviamente quando se ne vedono i potenziali vantaggi; la sua altra accezione è quella di iniziativa, che forse fa meglio comprendere che strategicamente l’attacco è un’interruzione della fase di non belligeranza per innescare appunto un processo di attacco, andando a stimolare in questa direzione l’avversario: cioè simulo io un attacco, per stanarti dalla tua guardia.

            Attacca chi si sente in grado di prevaricare la difesa antagonista o almeno ci prova; attacca chi vuole cercare di prendere le redini dell’incontro o chi è costretto a farlo per lo sviluppo degli eventi di pedana.

            Comunque sia la scelta il più delle volte va oltre il limitato orizzonte tattico e caratterizza lo sfondo strategico dell’intero match; quindi, lo ripetiamo nello specifico: attacco perché la mia velocità esecutiva è marcatamente superiore a quella dell’antagonista – attacco un avversario di manifeste capacità tecniche inferiori alle mie – nelle armi convenzionali attacco perché vedo che il mio antagonista utilizza in modo errato le sue uscite in tempo –  attacco a ferro libero se, tirando nella specialità della spada, sono in vantaggio nel punteggio e il mio avversario di pari braccio armato tira solo arresti – attacco perché mi rendo conto di non riuscire ad effettuare una difesa opportuna – attacco perché sono in svantaggio di punteggio è sta per finire il tempo regolamentare.

            Alla fine del match il numero di attacchi che ho tentato di sferrare a buon fine non può e non deve essere solo la mera sommatoria delle situazioni tattiche che mi ha portato a svilupparli volta per volta; in effetti, dovendomi guidare oculatamente nelle mie decisioni tecniche il rapporto tra loro esiti positivi e loro esiti negativi, è stato invero una valutazione strategica a condizionarmi; o almeno così dovrebbe essere andata!

            Come prova a contrariis basta citare alcuni esempi: tendere ad attaccare sempre, subito dopo l’a voi – magari sviluppare ripetutamente lo stesso schema d’attacco con poche variabili tecniche – per riassumere con un’espressione nota, attaccare a testa bassa – continuare ad attaccare un avversario che ti para tutto – …

            Le azioni tecniche contemplate dalla teoria schermistica non sono certamente poche; se poi le moltiplichiamo per i diversi bersagli e le vediamo in chiave di azioni composte magari con una o due finte, diventano tante, anzi tantissime.

            Quello che dobbiamo capire che esse agiscono solo in due ambiti: uno è l’attacco, l’altro è la difesa; questo è il loro limitatissimo ambito di realizzazione. La frequenza dell’uno e dell’altro non possono essere lasciati al puro caso o all’istinto dello schermitore, ma vanno doverosamente calibrati sotto un’oculata ottica strategica.

           

 

Schemi d’attacco

          La tattica schermistica consiste, stoccata dopo stoccata, nell’applicazione sulla pedana della tecnica schermistica: ognuno dei due contendenti è alla perenne ricerca, nella rispettiva ottica, della cosiddetta contraria.

            Tra l’altro un match tra due schermitori sufficientemente esperti non si dovrebbe risolvere in singoli episodi isolati, ciascuno dei quali porta alla sospirata stoccata; piuttosto dovrebbe essere un continuum logico – esperienziale in quanto entrambi, appunto combattendo, sono costretti a far conoscere progressivamente all’antagonista il proprio modo di interpretare la scherma, eliminando quindi ogni effetto sorpresa.

            Ovviamente questo avviene in teoria; poi sulla pedana capita, nemmeno troppo poco spesso, che si ripetano uguali stoccate con il conseguente dubbio che sia da premiare l’abilità di chi tocca oppure da compatire al contrario l’ingenuità di chi viene toccato.

            Comunque, già a tavolino, si possono costruire delle sequenze tecniche che, in quanto tali, abbiano una valenza strategica, poggiante appunto su un concetto di sequel logico.

            Facciamo alcuni esempi per capire meglio l’esprit strategico che sta alla base del meccanismo.

            Dopo aver espletato un colpo semplice, come una battuta e botta, un secondo tentativo, da mettere in campo né troppo presto né troppo tardi, è quello di realizzare lo stesso colpo, ma fintato; quindi nella fattispecie una battuta e cavazione. Se lo schema strategico funziona, continuando il match, si può ritornare all’azione semplice e così via.

            L’importante è sottolineare il fatto che la prima stoccata non deve essere necessariamente andata a buon fine: in effetti serve solo ad innestare quella procedura strategica che, nel prosieguo, dovrebbe dare i suoi frutti.

            Un secondo esempio potremmo mutuarlo da un match di spada: nel momento più opportuno si tira un colpo al piede dell’avversario. Se si tocca, meglio, in quanto portiamo a casa una stoccata; ma, se questo non succedesse, abbiamo comunque fornito all’avversario l’informazione che noi, scoprendoci non poco, siamo soliti tirare questo colpo.

            In seconda battuta, non dovremo tirare il colpo al piede, ma solo fintarlo al fine di stimolare il colpo d’arresto dell’antagonista messo appunto sull’avviso del nostro precedente tentativo; a questo punto, in pieno controtempo, dovremmo raccogliere il ferro e andare a bersaglio, magari di filo per una maggiore tutela.

            Se le cose sono andate per il giusto verso, dovremmo avere un paio di stoccate di vantaggio, ma se anche così non fosse, avremmo comunque generato nel nostro avversario il preoccupante dubbio di come comportarsi di fronte alla reiterazione del nostro colpo; come sapete, l’unico modo per uscirne tecnicamente sarebbe la finta in tempo, colpo che, essendo l’ultimo contemplato dai trattati, non è certo comunque il più facile da eseguire.

            Data la ricchezza e la vastità della tecnica schermistica, ognuno può realizzare svariati diversi schemi personali, naturalmente adattandoli non solo alle proprie caratteristiche fisiche e  tecniche, ma anche variandole anche rispetto a quelle dei diversi avversari da affrontare.

            Sì quindi al cosiddetto libero assalto, ma con la possibilità di utilizzare schemi logico – consequenziali preordinati: in pratica ricercare la famosa contraria non tutte le volte ex novo, ma andare a vagliare alcune tipologie di contraria già ideate e meccanizzate tramite la lezione con il maestro. In una parola, meno alea e più arte strategica pregressa.

            In fin dei conti, come già espresso altrove, le tipologie degli avversari non sono infinite, anzi sono riconducibili ad un modesto numero di fattispecie; per cui non dovrebbe essere impossibile fornirsi di un prezioso archivio comportamentale da utilizzare in ottica strategica.

           

     

Difesa

            Chi subisce l’attacco ha poche scelte: o rompe misura, se ne ha la possibilità spaziale, e si porta quindi fuori della gittata dell’avversario (e in tal modo dirime solamente lo scontro) oppure deve contrastarlo in un qualche modo.

            Comunque c’è situazione e situazione quando si subisce: o l’attacco sorprende veramente il difensore oppure quest’ultimo, magari avendo già cogitato come neutralizzarlo, è proprio lì ad aspettarlo.

            Nel primo caso l’applicazione del meccanismo difensivo è squisitamente tattica in quanto lo scopo immediato è quello di annichilire l’improvvisa iniziativa antagonista e magari, se possibile, cercare di crearsi la possibilità di colpire di rimando.

            Nel secondo caso invece si tratta di realizzare quello che in termini bellici potrebbe essere definita un’imboscata: artatamente si attende l’iniziativa dell’avversario, pronti a neutralizzarla tramite uno strumento difensivo già prescelto nel ventaglio delle soluzioni tecniche; può essere una parata o un’uscita in tempo, si attende solo il quando e non il come, almeno questa è la viva speranza del difensore. Al di là del valore della singola stoccata che può produrre questo atteggiamento, indubbiamente siamo in presenza di una vera e propria strategia d’insieme, soprattutto poi se questo atteggiamento viene riconfermato per un significativo lasso di tempo dello scontro.

            Un atteggiamento del genere poi produce anche benefici influssi nel caso in cui l’avversario, assuefatto alla reiterata passività della controparte, presti ovviamente meno attenzione alla propria difesa e venga poi fatto oggetto di un fulmineo attacco; in altri termini una ripetuta difesa può far da paravento ad un proprio attacco. Quindi addirittura una strategia nella strategia.

            Ci sono da fare anche alcune considerazioni sul meccanismo difensivo che l’attaccato può mettere in campo.

            L’abbiamo probabilmente già detto, ma siccome repetita iuvant: la monotonia difensiva, ovvero il ricorrere sempre agli stessi strumenti difensivi, è un vantaggio che nessun schermitore può concedere all’avversario; le azioni composte sono teorizzate proprio per risolvere queste situazioni.

            Quindi la prima regola strategica difensiva è quella di variare senza alcuna particolare cadenza la meccanica del colpo; e non dico solo di passare da un tipo di parata ad un altro, ad esempio da una semplice a una di contro, ma cambiare proprio anche il modulo difensivo, utilizzando un’uscita in tempo che naturalmente si incastri tecnicamente con la tipologia dell’attacco subito.

            Tale strategia, se ben applicata, dovrebbe confondere profondamente l’avversario, inibendo, o comunque riducendo di fatto, le sue pulsioni ad attaccare: in effetti tutte le volte dovrebbe affidarsi alla buona sorte, sperando che l’attaccato abbia quella specifica reazione difensiva sulla quale ha costruito la sua contraria.

            Un’altra tipologia di strategia difensiva può ravvisarsi nella chiusura di misura: anche in questo caso la dimensione tattica della singola stoccata viene superata dal modulo tecnico complessivo e generalizzato.

            Una marcata differenza di altezza e quindi di braccio armato o la presenza di un avversario che utilizza sistematicamente le stoccate di fuetto può indurre lo schermitore a ricercare il cosiddetto corpo a corpo, situazione spaziale nella quale ravvede in funzione delle proprie possibilità grandi vantaggi proprio per le caratteristiche sopra esposte. Ovviamente sono escluse le chiusure di misura nelle armi convenzionali dopo le parate dell’avversario in quanto sono esplicitamente vietate e sanzionate dal Regolamento.

            D’altra parte data la dinamicità dell’attuale scherma fatta sulla pedana, i corpo a corpo sono ormai diventati molto frequenti e quindi può essere estremamente fruttuosa la strategia di provocarli e ricercarli in modo reiterato per poi approfittare della situazione.

            In chiusura di argomento vorrei parlare del famoso detto la miglior difesa è l’attacco.

            Non è questa la sede per impostare una discussione tecnico/filosofica sul rapporto preferenziale tra attacco e difesa: lo schermitore esperto è a perfetta conoscenza che è soprattutto la reale situazione del divenire del match che funge da polo attrattivo rispetto a queste due soluzioni, questo soprattutto nella specialità della spada. Talvolta è conveniente attaccare, talvolta invece è conveniente difendersi: nella scherma non ci sono mai valori assoluti, ma solo valori relativi, relativi anche rispetto alle caratteristiche dell’avversario che hai di fronte.

            Quindi il detto in discussione, a mio parere, vale soprattutto per la situazione in cui uno schermitore subisca per più stoccate l’iniziativa vincente dell’avversario, per cui, per reagire, deve cambiare assolutamente il suo modulo e quindi cercare di anticipare nell’attacco il proprio antagonista.

            Intendiamoci, anche questa strategia può rivelarsi non vincente, ma una lettura appunto strategica, quindi complessiva, dello scontro impone un cambiamento nel cosiddetto “gioco”; è un’ultima speranza che lo schermitore deve concretizzare per tentare di ribaltare la piega che ha preso l’andazzo dello scontro e, di conseguenza, il punteggio.

            Comunque, se mi è permesso, vorrei ribadire con forza il concetto che la miglior strategia difensiva è quella consistente nell’utilizzo, anche nel medesimo match, di tutto il ventaglio tecnico che la teoria schermistica mette a disposizione dello schermitore per inibire l’iniziativa dell’avversario: per quest’ultimo il difensore deve apparire come uno, nessuno, centomila di pirandelliana memoria.

           

 

Schemi di difesa

          Quanto abbiamo concettualmente già espresso in occasione dell’attacco, possiamo tranquillamente ora applicarlo nella dimensione difensiva.

            Il punto, torniamo qui a ripeterlo, è quello di avere già delle soluzioni tecniche preordinate all’A voi dell’arbitro; soluzioni ovviamente che non possono essere la panacea di tutti i problemi che assillano chi si deve difendere dall’attacco dell’avversario, ma che comunque devono costituire una solida base strategica nel match.

            Lo abbiamo appena detto: mai dare, soprattutto in difesa, un riferimento fisso a chi congettura un attacco; in altre parole non utilizzare ricorrentemente la stessa tipologia di difesa e quantomeno lo stesso tipo di parata.

            Per contrastare le azioni semplici di attacco l’unica soluzione è quella di curare al meglio la misura, registrandola opportunamente alla potenzialità di spostamento dell’avversario; e qui non c’è strategia che tenga; poi entra in campo la propria reattività e la velocità del braccio armato.

            Diversamente accade circa le azioni composte di attacco, dove notoriamente si ricorre all’elemento finta: come sappiamo quest’ultima deve entrare in necessaria relazione con le parate, che addirittura stimola per poi poterle ingannare.

            Ed ecco che in questo caso c’è un valore strategico di primaria importanza per chi si difende: variare il tipo di parata.

            Questo perché l’attaccante per riuscire appieno nel suo intento deve conoscere in modo predeterminato il meccanismo della parata in quanto, se la parata sarà semplice, allora l’elusione del ferro dovrà avvenire tramite lo spostamento spaziale denominato cavazione, altrimenti, in caso di parata di contro, il meccanismo dovrà necessariamente essere quello della cosiddetta circolata. In caso contrario l’azione di attacco composto fallirà. Ecco perché, torno a dirlo, non si devono dare certezze all’avversario.

            Quindi, tramite la lezione con il maestro e gli esercizi con i compagni di sala, allo scopo si devono meccanizzare alcune successioni di un paio di parate ciascuna, tanto per esemplificare: una parata di tasto di quarta seguita da una parata di contro di quarta  –  una parata di tasto di contro di terza seguita da una parata di tasto di quarta  –  una parata di contro di seconda seguita da una parata di tasto di prima …e così via.

            L’importante è di non cedere all’istinto, inforcando magari una serie di parate di tasto di quarta e di terza, le più facili da eludere con una doppia finta.

            Ma la valenza strategica di una difesa, non ci stancheremo mai di ripeterlo, s’incentra soprattutto sulla possibilità reale di alternare senza apparente costrutto logico l’intero ventaglio delle azioni difensive: dalla semplice rottura di misura tramite l’arretramento, dal combinato disposto di una difesa col ferro e indietreggiamento, dall’applicazione di una delle numerose uscite in tempo, magari ispirate e stimolate dalla tipologia ricorrente di attacco dell’avversario.

            Un mio maestro mi suggeriva ricorrentemente: Stefano, il tuo avversario non deve capire con chi ha a che fare; questo è almeno il tentativo della miglior difesa possibile.

            Lo schermitore deve cercare di attuare questa impostazione nella costruzione della sua generale strategia difensiva.

 

 

Il controtempo

            Conosciamo tutti il complesso meccanismo di questo colpo, che si traduce materialmente in un vero e proprio tranello tecnico: io ti induco ad un certo tipo di comportamento – tu abbocchi all’amo – io ho già chiara la configurazione in cui verranno a trovarsi le nostre lame e ho già preordinato un’acconcia contraria – inibisco il tuo colpo – finalmente vibro il mio. Questo è il lungo cammino tecnico di questa affascinante stoccata.

            Un esempio pratico: cerco più volte di legare di quarta il ferro avversario – induco quest’ultimo a cercare di colpirmi tramite l’uscita in tempo denominata cavazione in tempo – eseguo una presa di ferro in terza – di filo giungo finalmente sul bersaglio antagonista.

            Il controtempo è un’azione di seconda intenzione sui generis: ti attiro su un terreno a me favorevole e qui ti sconfiggo. La natura strategica del colpo è innegabile: l’esecuzione è ovviamente tecnica e lo scopo è quello di mettere la stoccata, ma l’intima essenza del meccanismo è prettamente strategica in quanto non ci si pone l’obiettivo di prevaricare direttamente e subito l’avversario, ma al contrario di costruire sulla sua reazione da noi provocata il nostro colpo finale vincente.

            L’indiscusso vantaggio di questa tipologia di stoccata è quello di ridurre la casistica delle reazioni tecniche dell’avversario, rendendo quindi meccanicamente congetturabile in precedenza la giusta contraria da applicare poi proficuamente; in effetti si potrebbe affermare che il controtempo è una specie di imbuto tecnico, creato spazialmente ad arte per circoscrivere la tipologia di contraria provocata nell’avversario tramite la finta di attacco iniziale. Ovviamente, più lo schermitore adotta questa tipologia di stoccate, più innalza le probabilità del suo successo.

            Tuttavia nell’altro lato della medaglia, ci sono due controindicazioni di non trascurabile importanza: la prima è il notevole tasso tecnico necessario per poter sviluppare un’azione di controtempo, una specie di meccanismo da precisissimo orologio svizzero; la seconda che, soprattutto quando si ha a che fare con un avversario di qualità, il controtempo suggerisce direttamente all’avversario la nota contraria della finta in tempo, meccanismo ancor più sofisticato, ma di possibile attuazione.

            D’altra parte, com’è ben noto, nella scherma non esiste (fortunatamente!) in teoria il colpo risolutivo: il dialogo tra le lame potrebbe teoricamente protrarsi all’infinito come dice lo scrittore Arturo Pérez-Reverte nel suo bel libro “Il maestro di scherma”, ma s’interrompe necessariamente al primo errore di uno dei due contendenti.

            Il concetto strategico del controtempo risiede comunque nel tentativo di ingabbiare una prevista reazione offensiva dell’avversario, riducendo, almeno da un punto di vista teorico, il ventaglio delle possibili risposte tecniche dell’antagonista che si vede assalito.

 

 

Il Tempo

            Tra le numerose valenze che caratterizzano il maxi contenitore Tempo ne rinveniamo qualcuna che per lo schermitore assume un’essenza strategica.

            Il primo posto, forse quello più ovvio, è la durata: in effetti, essendo previsto un tempo massimo per la conclusione del match, chi è in vantaggio di punteggio, poco o tanto che sia, ha un prezioso alleato appunto nello scorrere del tempo, in quanto il Regolamento molto ovviamente sancisce la vittoria di colui che allo scadere è in testa; invece chi è in svantaggio si deve fare parte diligentissima per evitare la sconfitta.

            A questo punto, come sappiamo bene anche per esperienza diretta, avviene uno stranissimo fenomeno: lo scorrere oggettivo del tempo viene filtrato diversamente nelle due diverse ottiche, per cui il tempo per chi è in vantaggio di punteggio e quindi tende a farlo trascorrere senza colpo ferire si dilata all’inverosimile, mentre per chi deve recuperare si contrae spaventosamente.

            Percezioni a parte, il tempo è indubbiamente una notevole risorsa per chi è in testa: mantenere una ancor più buona misura di garanzia, saper resistere alla progressiva spinta in avanti attuata per necessità da chi deve necessariamente produrre un attacco, utilizzare i più acconci strumenti della tecnica schermistica per situazioni del genere, sono queste le arti specifiche dello schermitore, che assurge in questa situazione a vero e proprio stratega del tempo.

            Oggi si hanno maggiori elementi a disposizione in quanto la scansione temporale è visibile sull’apparecchio di segnalazione automatica, mentre nei tempi antecedenti il tempo residuo era secretato, per cui i maestri suggerivano in queste situazioni di tenere il conto dei secondi …cosa praticamente impossibile.

            Una seconda valenza temporale di vago sapore strategico è l’interruzione: in caso di una sequenza a senso unico di punteggio a favore dell’avversario o in qualche raro caso di cosiddetto fiato corto c’è sempre la possibilità di bloccare il fluire regolamentare del tempo.

            Il Regolamento, preoccupato di garantire la continuità dello scontro, tuttavia non può vietare di serrare meglio i lacci di una scarpa o di chiedere il cambio dell’arma; si tratta il più delle volte di una manciata di pochi secondi, ma tentar non nuoce e meglio poco che nulla. E’ un costume piuttosto diffuso, per cui non si configura in alcun modo un comportamento antisportivo. E’ un tentativo di reset un po’ disperato, ma è tutto ciò che la strategia concede in queste situazioni. Un mio maestro mi suggeriva spesso: In pedana è necessario tentare tutto e di tutto.

            Una terza valenza del tempo apprezzabile dall’ottica strategica è quella dell’esordio: inutile negare che le prime stoccate di un match prevarichino il loro formale significato numerico.

            A parte il peso psicologico che sicuramente grava sull’inseguitore, un vantaggio nel punteggio, anche non particolarmente significativo, può indirizzare e condizionare tecnicamente il suo svolgimento; sono le famose pieghe della realtà, nelle quali lo schermitore abile deve sempre avere la capacità di muoversi al meglio.

            Soprattutto nella specialità della spada dove, come sappiamo, è previsto il colpo doppio, una partenza di un certo tipo nel punteggio può veramente condizionare l’intero match, certamente negli assalti alle 5 stoccate del primo turno, ma anche nella parte finale di un incontro ad eliminazione diretta alle 15 stoccate.

            Inoltre lo stratega sa a priori che l’inizio dello scontro è di grande importanza per un altro motivo: se non si conosce l’avversario, è necessario prendersi i giusti tempi di raccolta dei dati, di valutazione e di decisione, oltre naturalmente a quelli di attesa per la migliore applicazione tecnica. Non si deve partire con il cosiddetto piede sbagliato e concedere in questa ottica alcun vantaggio all’antagonista, che invece può oculatamente esordire in modo più guardingo.

            Questa è l’accezione del tempo come stasi, cioè come pattuita presunta non belligeranza; torno a dire, periodo di reciproco studio e di tentativo di acquisizione di quanti più dati veritieri possibili sull’avversario.

            L’osservazione delle sue caratteristiche fisiche, l’attività di scandaglio tecnico, la verifica dei suoi tempi di risposta motoria, magari una conoscenza pregressa e quant’altro rappresentano gli elementi di analisi dello schermitore che, dopo l’a-voi, si deve procurare quanto prima per elaborare una strategia comportamentale nei confronti dell’antagonista: attacco per ora no – attacco si, ma con quale tipologia – difesa col ferro o utilizzo delle uscite in tempo – possibile applicazione del controtempo e così via.

            Queste ultime, neanche a dirlo, sono tutte procedure tecniche, tutti elementi tecnici della teoria schermistica.

            Ma nell’istante in cui lo schermitore, dopo questa iniziale visione d’insieme, decide il da farsi esprime un atteggiamento squisitamente strategico: la scelta di una categoria schermistica, tipo attacco o difesa, prevarica l’azione che si va ad impostare sulla pedana ed esprime sicuramente una visione d’insieme che in questa fase di inizio dello scontro è molto più vicina alla strategia che non alla tattica.

            Anche Cesare, prima di vincere era solito dire veni, vidi (vicit).

           

           

Lo spazio

            Anche lo spazio, come il tempo, ha numerose valenze strategiche per lo schermitore impegnato sulla pedana.

            Su quella relativa al concetto di distanza abbiamo già ampiamente disquisito nelle pagine precedenti quando abbiamo affrontato il tema della misura, ovvero la distanza tra la punta/lama e i bersagli sui quali deve pervenire il colpo.

            Approfittiamo dell’occasione per ribadire la fondamentale importanza strategica della misura come spazio di sicurezza da cui gestire lo scontro e come strumento difensivo da alternare o sommare alla parata; ricordiamo che non meno importanti sono gli aspetti squisitamente tattici: guadagno sulla misura per eseguire un attacco e scelta dell’istante più idoneo per scatenarlo.

            Passiamo ora ad un’altra valenza dello spazio sempre in tema di strategia schermistica, la vicinanza: spesso il fatto di non riuscire a toccare l’avversario viene assimilato al fatto di essere troppo lontano dai suoi bersagli; invero la stoccata diventa impossibile o poco ci manca anche nel caso in cui ci si trovi ad esso troppo vicini.

            E’ questo il caso del cosiddetto corpo a corpo, situazione che il Regolamento affida al giudizio critico dell’arbitro, che deve interrompere il match quando i due contendenti non sono più in grado di sviluppare un compiuto fraseggio schermistico; il legislatore, non trovando elementi oggettivi, concede quindi una certa discrezionalità a chi dirige l’incontro.

            Con il dinamismo che ormai domina sulla pedana, ricorrenti sono questi corpo a corpo; strategicamente è quindi a disposizione dello schermitore (o anche di entrambi) la possibilità di bloccare l’assalto semplicemente riducendo drasticamente la misura.

            L’unico limite a questo sotterfugio lo dà il Regolamento, che giustamente punisce nelle armi convenzionali la chiusura sull’avversario che ha effettuato una valida parata; la ratio della sanzione è che chi  è riuscito a difendersi col ferro ha diritto alla risposta, appunto per pareggiare le probabilità della stoccata.

            Nella spada, arma più rude e senza dubbio di natura più pragmatica, la chiusura è ammessa, a condizione ovviamente che non si realizzi con un impatto violento.

            In un altro capitolo abbiamo anche espresso il concetto che lo schermitore di braccio armato sensibilmente più corto rispetto a quello dell’avversario e presumibilmente anche in grado di sviluppare una reattività in tempi più brevi può artatamente cercare di produrre questa situazione di estrema vicinanza in cui ha maggiori probabilità di toccare.

            Dello spazio inteso come settore della pedana abbiamo già ampiamente trattato nel capitolo appunto intitolato “La pedana come luogo strategico”, per cui, non volendoci inutilmente dilungare, vi rimandiamo ad esso. Incontrovertibile comunque è l’importanza di dove lo schermitore si trova a combattere: un luogo della pedana non è uguale ad un altro, naturalmente in ottiche contrapposte.

           

 

Le tre specialità della scherma e la strategia

            La tecnica schermistica è una, nel senso che il minimo comune multiplo delle tre armi e senz’altro molto più esteso delle singole specificità: in effetti si para anche nella spada, si tira il colpo d’arresto anche nel fioretto e nella sciabola addirittura si possono alternare colpi di lama a pur sporadici colpi di punta.

            In effetti le geometrie e le leggi della fisica valgono per tutti i tipi di lama; poi intervengono dei fattori che, opportunamente e diciamo noi anche fortunatamente, innestano diverse soluzioni tecniche: questi elementi diversificatori sono il fatto, come appena accennato poco sopra, che si possa toccare oltre che di punta anche di taglio e la sovrapposizione alla realtà, almeno in prima battuta, di una regola convenzionale sia circa un sistema indotto di precedenze nella ricostruzione del fraseggio schermistico ai fini dell’attribuzione della stoccata, sia circa una  differenziazione tra bersagli validi e non validi.

            Il fioretto, attrezzo non storicamente esistente, ma concepito solo per l’insegnamento nelle sale, è arma convenzionale per antonomasia e proprio per queste sue caratteristiche estremamente standardizzate non gode di specifiche potenziali strategie, se non quelle di carattere generale, che abbiamo già esaminato nelle precedenti pagine.

            La sciabola invece ci permette di fare alcune importanti considerazioni, valevoli solo per il mondo a sé che questa specialità viene a costituire per il fatto che la stoccata, oltre che di punta, può essere portata anche di lama, anzi direi, statisticamente, quasi sempre di lama.

            Ciò è dovuto a due ordini di fattori: il primo è che colpire un bersaglio con un segmento, quello rappresentato dalla lama, è senz’altro più facile che colpirlo con l’esigua superficie della punta; il secondo che per la lama basta il semplice contatto con la superficie del bersaglio, mentre per la punta si deve anche riuscire ad esercitare una minima pressione regolamentare della testina nell’alveo della bussola.

            Inoltre va sottolineato che una sciabolata può essere portata con una velocità più elevata di una puntata e che i bersagli, rispetto a quelli del fioretto sono molto più numerosi, contemplando anche quelli avanzati e la stessa testa.

            Se uniamo tutte queste considerazioni al fatto che anche la sciabola    è un’arma convenzionale, dove quindi l’attacco ha una priorità di giudizio per l’assegnazione della stoccata, risulta evidente perché è più conveniente per lo sciabolatore attaccare che non difendersi; questo concetto è espresso in chiare parole anche nell’introduzione al Manuale di Sciabola, riconosciuto come testo ufficiale dell’esame per il titolo di Maestro.

            In effetti da sempre in questa specialità c’è il problema dei cosiddetti tempi comuni, cioè di attacchi simultanei.

            La Federazione Internazionale, potendo fruire dei moderni sistemi video, ha cercato logicamente di dirimere la questione, invitando l’arbitro a valutare, oltre che il movimento delle gambe, anche e soprattutto quello del braccio armato, andando a premiare colui che, allungando il proprio braccio armato, tira un colpo diretto.

            Tutte queste considerazioni portano ineluttabilmente alla constatazione che per lo sciabolatore l’utilizzo dell’attacco (naturalmente ben eseguito) rappresenta un valore strategico di grandissima importanza.

            La cosa importante da sottolineare a questo proposito è che soprattutto lo sciabolatore non deve essere monotono circa i bersagli su cui indirizza i propri colpi: in effetti in una serie di attacchi simultanei una marcata ripetitività favorirebbe non poco l’elaborazione da parte dell’avversario del controtempo.

            Quindi nella specialità della sciabola attaccare sì, ma cum grano salis, direbbe Plinio il Vecchio.

            Ora intratteniamoci sulla spada, arma strategica per eccellenza; e, prima di tutto, cerchiamo di capire le profonde motivazioni di questa affermazione.

            Come sappiamo in questa specialità non sussiste la Convenzione schermistica, per cui ciò che accade in pedana per aggiudicarsi ogni singola stoccata più di ogni altra arma si avvicina alla realtà del duello sul terreno di una volta; il miracolo sportivo è che dopo ogni singolo colpo arrivato a segno lo schermitore, appunto toccato, resuscita a nuova vita e lo scontro si riaccende.

            Da questa eredità storica deriva un primo concetto strategico, quello dell’utilizzo della misura quale distanza di assoluta sicurezza e questo non solo e tanto per complicare spazialmente l’attacco avversario come del resto avviene anche nelle altre due specialità e favorire la propria difesa, ma anche per avere a disposizione la possibilità spazio – temporale di intervenire con un acconcio colpo d’arresto ai bersagli avanzati nell’ipotesi che l’antagonista invece tiri il colpo al più lontano bersaglio del tronco.

            In effetti è l’attaccante che, abbandonando la postura di guardia, si produce in uno spostamento che interessa muscolarmente tutto il corpo e che in base ad esso abbassa notevolmente la sua posizione; tutto questo mentre l’attaccato rimane nella sua comoda posizione di guardia, mantenendo tutta la potenzialità reattività del suo braccio armato.

            Per questi motivi per chi subisce l’attacco si impone una vitale attenzione all’osservanza dell’ottimale misura imposta dalle caratteristiche fisiche dell’avversario e la sua parametrazione di norma non rispetto al cosiddetto bersaglio grosso, bensì ai suoi bersagli avanzati, tali il polso e l’intera superficie del braccio.

            Ovviamente più spazio a disposizione significa avere anche più tempo per reagire compiutamente e riuscire soprattutto ad intercettare con la propria punta, lasciata a presidio spaziale, i bersagli avanzati dell’avversario che si sta spostando in avanti; in gergo si chiama appunto colpo lasciato, il colpo che non viene vibrato dal difensore, ma quello che si produce per effetto dell’avanzamento dell’antagonista.

            Questo ultimo concetto tattico dello spadista, assurge al rango di vera e propria strategia: massimo utile con il minimo sforzo, recita il principio dell’economista Pareto.

 

 

Schemi strategici

            Consentitemi una similitudine da ex pescatore: prima costruivo le lenze sul posto assemblando pelo, amo, sugherino e piombo secondo le diverse necessità; poi in seguito preparavo vari tipi di lenza a casa e li montavo direttamente sulla canna prima di pescare, risparmiando in tal modo parecchio tempo e quindi pescando di più.

            La strategia non è dissimile: non necessariamente devo costruire una particolare strategia di volta in volta sulla pedana in funzione delle varie contingenze, ma posso benissimo applicarne un tipo precedentemente elaborato e archiviato tra i files schermistici.

            L’affermazione tutti gli schermitori sono diversi tra loro può anche essere pronunciata dai relativisti convinti, ma la verità, lo credo fermamente,  è  che            si può invece parlare di tipologie ricorrenti di schermitori: in riferimento alle loro caratteristiche fisiche ecco gli alti e lenti, quelli bassi e velocissimi e infine i normotipi tuttofare; per le caratteristiche tecniche ecco quelli che quasi sempre parano tutto e quelli che invece quasi sempre escono in tempo – quelli che parano quasi sempre semplice e quelli invece quasi sempre di contro e così via.

            Ebbene, questo modo di catalogazione dell’avversario non può essere utile solo nell’ottica tattica di elaborazione della singola contraria, ma anche in quella ben più lungimirante della strategia.

            Ovviamente devo tener conto del rapporto tra probabili aspettative tecniche di un tipo di avversario e mio atteggiamento strategico, ma posso benissimo sfruttare schemi, torno a dire strategici, precedentemente elaborati e meccanizzati con l’aiuto del maestro.

            Ed ecco capacità di resistere al meglio alla pressione di un avversario che, essendo in svantaggio, cerca di recuperare tanto più pressantemente quanto minor tempo manca allo scadere del tempo regolamentare; oppure al contrario, capacità di elaborare schemi tattici progressivamente cangianti, se invece siamo noi a dover rincorrere l’antagonista.

            Ed ecco la possibilità, già studiata a tavolino strategicamente, di poter tirare in modo alternativo magari l’ultima stoccata valida per la vittoria nel match.

            Insomma credo sia importante avere già un canovaccio strategico a disposizione per le varie contingenze di pedana: più esso sarà definito, tanto più potrò concentrarmi nell’applicazione del colpo e non nella sua pregressa e affannosa ricerca. Avrò più tempo, come nell’esempio della pesca, per fare scherma.

            Il tema, già affrontato in precedenza, è quello del rapporto tra esperienza ed elaborazione della miglior strategia nelle varie contingenze di pedana: non è una dote che si acquisisce esercitandosi con il maestro o tantomeno studiando su un testo specializzato (come questo!), non è una capacità che si affina in un determinato numero di anni di agonismo; è piuttosto un patrimonio comportamentale che si accumula, quasi inconsapevolmente, sulla pedana giorno per giorno; è un patrimonio che esprime il tuo valore di schermitore.

            La strategia è la RAM del combattente.

 

 

Commiato

            Siamo così giunti alla fine di questo lungo cammino che ci ha portato a percorrere i sentieri della tecnica, poi della tattica ed infine quelli della strategia schermistica; tutti importanti per giungere alla sospirata vittoria sulla pedana ai danni dell’avversario di turno.

            Una cosa pur ovvia dovevamo ribadire: che l’esito finale dell’assalto o del match risulta un esteso coacervo di una moltitudine di fattori e di variabili. Più saranno tenuti in giusto conto i primi e più ossequiate le seconde, più probabile sarà la vittoria.

            La Tecnica rappresenta il Come, la Tattica il Quando, la Strategia il Perché: un’azione, o meglio un comportamento tecnico, viene prima scelto in quanto tale, poi applicato alla singola contingenza ed infine proiettato nei fini ultimi, cioè la vittoria.

            Mente e corpo, corpo e mente; entrambi uniti per produrre la migliore prestazione possibile.

            Ogni schermitore, in ogni istante della sua evoluzione, è portatore di una sua personale potenzialità: la costituzione fisica, il bagaglio tecnico acquisito, il suo modo di combattere.

            Strategia è quindi saper approfittare delle caratteristiche della propria persona in relazione al tipo di avversario: maggiore velocità rispetto ad una maggiore fisicità o all’inverso.

            Strategia è quindi piena conoscenza della teoria schermistica e capacità di applicarla al meglio in modo continuativo.

            Strategia è quindi gettare lo sguardo oltre la singola stoccata e vedere il traguardo della vittoria.

            Anche dopo il primo assalto che si disputa da neofita si comincia ad essere strateghi; magari ancora non siamo in grado di comprenderlo, ma, secondo il mio parere, stiamo cominciando ad accumulare preziose informazioni per diventarlo.